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Editoriali

Palermo, festa del M5S: onestà onestà e poi non pagano lo chef

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Tempo di lettura 4 minuti 4mila arancince vendute all'organizzazione della Festa durata due lunghi giorni di cui solo la metà sembra siano state pagate

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di Paolino Canzoneri


PALERMO – La famosa festa del Movimento 5 Stelle tenutasi a Palermo nella meravigliosa cornice del Foro Italico lo scorso settembre del 2016 non è passata in sordina per tutta una serie di ragioni. È stato un evento organizzato e gestito in pompa magna curato in ogni dettaglio e la partecipazione di tutte le rappresentanze dei comuni d'Italia dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto il M5S sia diventato una forza politica espansa in modo capillare su tutto il territorio nazionale acquisendo giorno dopo giorno consensi e nuovi attivisti pronti ad offrire il loro aiuto e contributo. In controtendenza, però, il Movimento sembra stia remando verso una precisa e ottusa gestione che appare irragionevole, intransigente e in netta contraddizione con i proclami di onestà e legalità costantemente urlati che portano alla memoria slogan francesi del passato come "Liberté, Égalité, Fraternité" senza che, almeno per il momento, i raggi del sole non riflettano sulle lame grigio metallizzate di marchingegni ideati dai fratelli "Guillotin" posti ai lati del palco pronti per essere usati contro renziani o qualsiasi altra appartenenza e colore politico. È difficile fare "satira scritta" ed è comunque risibile scherzare con la storia ma la ripresa della "direzione" di Grillo appare una corsa ai ripari, come una atto urgente e necessario per provare a riordinare le fila di un caos fatto da dissensi e disobbedienze maturate  dall'esperienza diretta del vivere quotidianamente all'interno di un sistema politico e sociale che da sempre non è immune da imperfezioni e "inciuci" con la casta che non consente un comportamento controtendente e non ne prevede neanche lontanamente l'illusione di essere diversi dagli altri pur credendo e volendo essere riconosciuti e considerati "come gli altri".

Le falle che si aprono la dicono lunga su una precisa e forse presuntuosa linea di pensiero piena zeppa di discorsi tondi e ragionevoli che deliziavano le orecchie regalando tiepide sensazioni piacevoli e accentuandone le tinte dei colori regalando vere e proprie allucinazioni artificiali di scenari e panorami sempre più belli da immaginare ma più simili ad effetti dall'assunzione di LSD che da reale e concreta visione di un futuro credibile. Il recente scandalo delle firme false ha reso Palermo una città a tratti indigesta per il M5S e l'aggettivo "indigesta" andrebbe riusato una seconda volta, a scanso di refusi inappropriati, per la causa avviata dallo Chef Roberto Lombardo titolare dell'impresa "Un Pò Capiri".


Il caso riguarda oltre 4mila arancince vendute all'organizzazione della Festa
durata due lunghi giorni di cui solo la metà sembra siano state pagate. Circa 5mila euro che ancora non sono stati corrisposti a seguito dell'ingaggio basato su un accordo verbale e non contrattuale ritenuto inutile visto che il movimento "sarebbe" dovuto essere una garanzia assoluta, un baluardo della legalità a scanso di qualsiasi sospetto o timore. Lo Chef che per tre giorni ha fornito personale e attrezzature non indifferenti prima d'ogni cosa ha offerto l'opportunità di poter deliziare il palato con una primizia assoluta che fa parte dell'enorme carico di bontà e unicità che riserva il cibo palermitano, notoriamente riconosciuto in ogni dove da Chef di elevatura internazionale e per i palermitani e non solo "l'arancina" rappresenta quasi una specialità "sacra" da rispettare senza se e senza ma.

Lo Chef Lombardo ha commentato: "A fatica ho avuto un acconto ma dopo la manifestazione non ho visto più un euro e sono trascorsi mesi. Ho subito anche un danno d'immagine visto che allo stand con la mia insegna le arancine sono state vendute dall'organizzazione al prezzo di € 3,50 anzichè di 2 euro come pratico io nel mio negozio. Prezzo che avevo consigliato. Ho deciso di avviare azione legale. Ho tutte le carte in regola e dall'altra parte credo stiano cercando scuse per non pagare. Non si può predicare bene e razzolare male". L'organizzazione sembra contestargli il pagamento dovuto a presunte inadempienze, lentezze nella preparazione e un non appropriato smaltimento degli oli esausti per tutta la durata dell'evento, ragioni che lo Chef contesta in primis perché afferma di non essere stato messo a priori in condizione di lavorare al meglio. Uno sconfortante episodio ad ulteriore testimonianza di come il M5S potrà ricorrere a sua difesa alla mancanza dell'accordo contrattuale legale scritto e quindi "quatto quatto" ricorrerà alla burocrazia solo quando gli converrà mentre nei comizi continuerà ad illuderci di un mondo automatizzato, moderno e online sempre più distante da cavilli e carte ritenute oramai obsolete. Un piccolo caso foriero di una precisa consapevolezza che troppe illusioni di una presunta politica e gestione innovativa basata sull'ideale di smaltimento delle pratiche burocratiche, non potrà mai corrispondere alla realtà e non potrà mai attuarsi perché la burocrazia sancisce ufficialità e accordi in modo inoppugnabile senza che si possa insinuare lo spazio, un varco per cambi di interpretazione o punti di vista dell'ultimo momento. Il M5S appare come un treno in corsa senza che il macchinista ne possa rallentarne la velocità per poter avere una visuale migliore della direzione presa. L'appuntamento con la storia dovrà in qualche modo stimolare la necessità di allineare parallelamente idee e "concretezza di attuazione" senza che si perdano quelle risorse al momento usate e sprecate nell'inutile vigilanza supponente del rispetto delle regole senza invece spendersi umilmente in una reinterpretazione di quanto originariamente creduto palese e fuori da ogni dubbio. Rimettere in discussione le certezze ha da sempre mostrato apertura mentale, maturità e capacità di sapersi proiettare verso un futuro che porta sempre cambiamenti che si devono saper sempre comprendere e interpretare. 
 

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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