POTENZA, HOSPICE: ADELAIDE MASELLA NELLO SPLENDIDO RICORDO DI MAMMA CHICO

di Domenico Leccese
Potenza – Splendida testimonianza, ieri, di Chico De Fino, suocera di Gianluca Lasorella, e mamma di Adelaide Masella, morta lo scorso 5 ottobre 2015, che nella VII giornata della memoria organizzata dagli "amici dell'hospice", ha letto davanti ad un gremito pubblico, con grande coraggio ed una forza strepitosa: "Quando il dott. Ricciuti mi ha chiesto di testimoniare, raccontando come mia figlia Adelaide ha accettato ed affrontato la gravissima malattia che l’ha colpita a soli 38 anni, mi sono chiesta: cosa dire? Quali episodi raccontare? Ci sarebbe tanto da dire …. Dovrei raccontare ogni giorno di questi ultimi tre anni, poiché, nonostante la piena consapevolezza del suo male, Adelaide ha cercato di vivere intensamente e serenamente, come se nulla fosse cambiato.

Prima di tutto devo dire che mia figlia era una persona molto autonoma e indipendente, con una vita piena di amici e di interessi. Era il moto perpetuo. Si era diplomata all’ISEF, faceva l’istruttrice in palestra, teneva corsi di acqua-gym e di mini basket. Non è facile per nessuno accettare il tradimento del proprio corpo. Immaginiamo cosa può aver significato per chi, come lei, aveva un corpo giovane, sano, allenato. Eppure, fin dall’inizio, Adelaide non ha avuto paura della malattia, non si è chiusa in se stessa ed ha continuato a portare avanti tutti i suoi impegni, soprattutto durante il primo anno e, comunque, fino a che, fisicamente, ha potuto. Ricordo che durante una delle prime visite mediche ha chiesto al suo oncologo, strabiliandolo: dottore, potrò continuare a sciare anche se ho le metastasi alle ossa? Poi, invece, il tumore è avanzato, insieme ai dolori. La malattia e le medicine l’hanno fisicamente trasformata, ma lei non si è mai curata nemmeno di questo stravolgimento, anzi, ha portato in giro con fierezza il suo aspetto e ha cercato di fare tutto quello che faceva prima.

Voleva continuare a vivere con pienezza e non trascinarsi per sopravvivere. E lo ha fatto! Finanche quando non è più riuscita a camminare, non si è demoralizzata per niente. Diceva che essere costretta sulla sedia a rotelle non era un grave handicap e, addirittura, trovava anche in questo il lato positivo: non devo fare le file, ho priorità per entrare al cinema, alle partite, ai concerti, ai musei. Ho il posto riservato nei parcheggi! Seduta sulla sedia a rotelle, prendeva sulle ginocchia i figli delle amiche dicendo: dai, andiamo a passeggio sulla brum brum di zia Ade. Amava viaggiare e fotografare quello che catturava il suo sguardo ed ha cercato di continuare a farlo anche durante la malattia. Durante un viaggio ad Amsterdam, quando già camminava con le stampelle, mi ha telefonato e mi ha detto: ho girato per la città in bicicletta, ho avuto qualche difficoltà a pedalare, ho un po’ di dolore in più, ma ne è valsa la pena! Anche quest’estate, alla fine di agosto, ha chiesto al dott. Glisci dell’ANT – che ringrazio dal profondo del cuore insieme alla dottoressa Martorano e alle infermiere per il supporto fondamentale che ci hanno dato – : Per piacere, Saverio, aumenta il flusso della trasfusione, devo sbrigarmi, ho un aereo da Napoli per Milano, vado a visitare l’EXPO. Lei era così … era capace di fare la chemio al mattino e di andare la sera a cena fuori. Per oltre un anno, ogni settimana è andata a Milano, per sottoporsi ad una cura sperimentale.

Nonostante il viaggio, l’ospedale, i trattamenti, i farmaci, le analisi, la sera in cui pernottava cercava sempre di fare qualcosa di piacevole, di andare a teatro o al cinema, di assistere ad un evento sportivo, di cenare in posti carini, o anche solo di fare una passeggiata per vedere le bellezze della città. Naturalmente tutto questo è stato possibile anche grazie al marito Gianluca, che le è stato sempre vicino, supportandola sempre con immenso amore ed infinita pazienza, sino all’ultimo istante. Riusciva a trasformare anche le cose più spiacevoli in occasioni positive. Più volte ha fatto le trasfusioni di sangue seduta sul divano del salotto di casa, circondata dagli amici ai quali aveva preparato l’aperitivo. Amava stare con gli amici e la famiglia, soprattutto a tavola. Lo scorso Natale, sapendo di dover andare a Bologna per sottoporsi ad un intervento chirurgico e che sarebbe tornata solo nel tardo pomeriggio del 24 dicembre, prima di partire ha apparecchiato con cura la tavola per il cenone della vigilia, per accogliere tutti noi parenti a casa sua, come tanto le piaceva. Lei che amava tanto mangiare, tormentata dalla nausea, da mesi non aveva più appetito ma la voglia di stare insieme a persone care, di continuare a fare le solite cose, era più forte di tutto. Finanche quando è stata ricovera all’Hospice, con il consenso dei medici e la pazienza degli infermieri, ha trasformato la stanza in un salotto dove si ricevevano i parenti e gli amici per il the, si giocava a carte, si cenava tutti assieme.

Essere ricoverati all’Hospice spaventa, anche Adelaide è arrivata timorosa ma, l’atmosfera familiare che ha trovato, ha fatto sì che si sentisse subito a suo agio. Ecco perché non ho parole per esprimere il mio riconoscimento e la mia stima al dottor Ricciuti ed alla sua equipe per la professionalità e l’umanità con cui mia figlia è stata accolta ed accudita. Un ringraziamento va anche ai volontari “Gli amici dell’Hospice”. Per concludere, voglio raccontarvi un’ultima cosa. Solo tre giorni prima di morire è andata ad una cena, con il catetere nascosto nella borsa, solo per fare gli auguri alla festeggiata e svagarsi un po’ di tempo fuori casa con gli amici. Questa era Adelaide. Paradossalmente è stata proprio lei a dare la forza a noi tutti di affrontare la sua malattia. E’ stata coraggiosa, forte, fiera ed ha lottato fino alla fine come un leone perché lei, che era la gioia di vivere, voleva vivere. Il suo coraggio e la sua tenacia sono stati e rimarranno un esempio per tutti di come dovremmo apprezzare la vita, sempre e comunque. Ed è così che la dobbiamo ricordare e soprattutto la dobbiamo raccontare anche a chi non l’ha conosciuta!"