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Roma, la Raggi presenta il PUMS e cerca di sfatare un mito: “M5S favorevole alle grandi opere… utili”.

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Tempo di lettura 6 minuti Presentato in Campidoglio il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Critiche le opposizioni: “Roma in ritardo rispetto altre città”

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ROMA – Nuove infrastrutture su ferro tram e metro, piste ciclabili, nodi di scambio, trasformazione delle linee ferroviarie in metropolitane. Sono i punti cardini del PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile), votato a maggioranza dell’Assemblea Capitolina e presentato nella giornata del 7 agosto in Campidoglio. Un percorso avviato nel 2016, scandito dalla partecipazione dei cittadini, associazioni, comitati di quartiere e Municipi, con l’obiettivo di dotare Roma, nei prossimi dieci anni, di un sistema di trasporto sostenibile e integrato con la mobilità dolce, attraverso interventi a medio e a lungo termine. “Oggi gli spostamenti di auto e moto sono più del 64 per cento e solo il 36 per cento utilizza i mezzi pubblici, bici e sharing”, ha dichiarato la Sindaca Virginia Raggi. “Con il Pums avremo una completa inversione di marcia: parliamo del 52 per cento di spostamenti con i mezzi pubblici e del 48 per cento con quelli privati”.

Estensione metro. Oltre all’ammodernamento della Linea A e B della metropolitana e la chiusura dell’Anello Ferroviario, il Piano prevede l’incremento dei chilometri delle sotterranee: prolungamento della metro “A” da Battistini alla stazione FL3 Monte Mario, passando per Torrevecchia (5,2 Km e 4 fermate); prolungamento della “B” da Rebibbia a Casal Monastero (2,9 Km e 2 fermate); il prolungamento della “B1” da Jonio a Colle Salario (5,1 Km e 5 fermate); il completamento della tratta Colessio-Farnesina della Linea C (6,5 km e 7 fermate) e la realizzazione della Metro D OjettiEur Agricoltura (18,8 Km e 19 fermate). Per un totale di 38,5 km di estensione.

Ferrovie concesse. La rinnovata “cura del ferro” in salsa pentastellata contempla inoltre, la trasformazione in metropolitana sia della Roma-Lido (Metro E) che della tratta urbana Flaminio-Montebello (Metro F) della Roma-Civita Castellana-Viterbo; visioni, però, che appaiono in contrasto con quanto stabilito dalla Regione Lazio. La terza ex-concessa, l’attuale Laziali-Centocelle, sarà, invece, trasformata in un metrotram con l’estensione da un lato a Termini e dall’altra a Tor Vergata via Giardinetti. Certo, una volta definito il passaggio dell’infrastruttura dalla Regione al Comune e, di conseguenza, sottratta la linea dalla giurisdizione dell’ANSF, che potrebbe inserirla, considerate le peculiarità e criticità tecniche, non conformi a quanto dettato nelle sue direttive, in una sorta di lista nera e chiederne l’immediata sospensione dell’esercizio. Il tempo stringe.

Funivie. La grande novità del Piano è la realizzazione dei nuovi sistemi a fune, grande scommessa della Raggi fin dall’inizio del suo mandato. Quattro le opere individuate, Battistini MACasalotti (3,8 Km e 7 fermate), Jonio MB1-Bufalotta/Porta di Roma (3,6 Km e 7 fermate), Eur Magliana MB/MDVilla Bonelli FL1 (1,0 Km e 3 fermate) e Clodio-Ponte della Musica.

Tranvie. Grande investimenti sono inseriti anche per l’ampliamento dell’odierna rete tranviaria con oltre 58 chilometri di sviluppo, altro discorso di indiscussa importanza. Prevista la realizzazione della Verano-Stazione Tiburtina e i collegamenti Largo Corrado Ricci-Piazza Venezia, Subaugusta- Ponte Mammolo e, infine, Torre Angela MC-Anagnina MA, anch’esso già inserito nel Piano Regolatore Generale. Nel PUMS trova inoltre spazio la famigerata TAV, per troppi anni rimasta nel cassetto, con la costruzione dell’asse tranviario Termini-Venezia-Risorgimento.

Mobilità Dolce. Una nuova rete di ciclabili e isole pedonali. Obiettivo del Piano realizzare altri 293 chilometri di nuovi percorsi ciclabili, nuove interconnessioni, definite grazie alle proposte pervenute dal processo partecipativo. Implementare le aree pedonali e zone 30 non solo nel centro città, ma anche nelle periferie di Roma, favorendo la valorizzazione degli spazi verdi, l’integrazione della rete di trasporto con la mobilità dolce e il coinvolgimento attivo della cittadinanza e delle scuole.

“Roma si dota finalmente di una vera programmazione sulla mobilità, una strategia futura di medio e lungo periodo che risponde a una visione precisa di quello che vogliamo per la Capitale”, spiega la Raggi. “Idee che prendono forma all’interno di questo corposo documento, che è la base per lo sviluppo di Roma. Negli anni la nostra città, purtroppo, è diventata a servizio del traffico privato. Il PUMS rimette al centro la persona, a favore del trasporto pubblico, con un piano pensato soprattutto per le periferie. Abbiamo immaginato la Roma del futuro e abbiamo iniziato a costruirla passo dopo passo. Un processo concreto, reso possibile grazie a una programmazione capillare: dalle nuove linee tranviarie, alle ciclabili e preferenziali. A dicembre scorso Roma Capitale ha chiesto al Ministero delle Infrastrutture i finanziamenti per sette progetti contenuti nel PUMS: tre nuove tranvie; il potenziamento e l’estensione di linee ferroviarie urbane; due funivie e l’acquisto di nuovo materiale rotabile per la rete tranviaria di Roma”.

La Sindaca poi, durante la conferenza stampa, tenta di togliersi un macigno dalla scarpa nell’istante in cui al Senato, a pochi chilometri di distanza dal Campidoglio, veniva bocciata la mozione NO-TAV del M5S, mandando letteralmente in frantumi maggioranza e Governo. “Sfatiamo un mito, il MoVimento non è contrario alle grandi opere, noi siamo a favore delle opere utili”.

“Nei prossimi dieci anni Roma si doterà della rete di infrastrutture per il trasporto pubblico su ferro rimasta irrealizzata per decenni”, ha aggiunto Pietro Calabrese, Presidente Commissione Mobilità, “tutto quello di cui la città ha bisogno, così come richiesto dalle romane e dai romani, è contenuto nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Ora il nostro obiettivo è realizzarlo. Si guarda al futuro, non solo a quello prossimo in cui verranno ovviamente costruite le opere meno impegnative, ma anche ai lavori più complessi che necessitano di una programmazione di lungo periodo”. Sulla stessa linea il consigliere Enrico Stefàno, uno degli alfieri di questo progetto. “Il Pums rappresenta una visione di città, un’idea, una programmazione che mancava da troppo tempo e che consentirà di ottenere dal Ministero e dalla Regione i fondi necessari alla realizzazione delle opere, delle infrastrutture che sono fondamentali per il rilancio della città, per aumentare l’attrattività e la competitività di Roma”.

Per l’assessore alla Città in Movimento, Linda Meleo, “i principi guida del Piano si basano sull’integrazione tra le diverse tipologie di mobilità, la promozione di diverse modalità di trasporto alternative all’auto privata, il rafforzamento degli standard di sicurezza nel trasporto pubblico e per il traffico stradale, l’aumento della capacità di trasporto pubblico, progetti e strategie per la mobilità dolce e condivisa. Tra i progetti inseriti nel Pums, e recentemente presentati al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per avere accesso ai fondi governativi, ci sono tre tramvie, due funivie e l’acquisto di nuovi tram”. “È un importante pezzo della visione che questa Amministrazione ha e che guarda alle città come luoghi in cui si giocano le sfide del futuro. Un futuro – ha sottolineato Luca Montuori, l’assessore all’Urbanistica – che si lega anche agli impegni che Roma ha sottoscritto con altre grandi città del mondo per raggiungere obiettivi condivisi sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Una visione integrata che prevede diversi interventi sia per quanto riguarda gli obiettivi già definiti e finanziati, quindi in corso di realizzazione, sia quelli per lo scenario di programmazione dei prossimi anni. Stiamo dialogando anche con altri attori fondamentali per raggiungere risultati attesi da tempo, come ad esempio il completamento dell’anello ferroviario, dello sviluppo dei nodi delle stazioni, sia con il recupero delle aree urbane esistenti, da piazza dei Cinquecento a piazzale Ovest a piazzale Ostiense e piazzale Flavio Biondo, che con lo sviluppo delle aree dismesse previste dall’ambito strategico: la revisione del piano di assetto di Tiburtina, in collegamento, tra gli altri, con l’area dello Sdo di Pietralata e di Tuscolana”.

Critica l’opposizione. Da Fratelli d’Italia si è levata la voce del capogruppo Andrea De Priamo sul modus operandi della maggioranza pentastellata: “il documento del Pums, approvato dalla Giunta a febbraio è arrivato in commissione a inizio luglio, venti giorni fa al massimo. Stiamo parlando dell’idea di mobilità sostenibile per i prossimi dieci anni, si tratta di un modo di immaginare il futuro della città. Qualcuno lo può definire il libro dei sogni, ma in ogni caso è uno strumento importante che avrebbe meritato un maggiore rispetto in assemblea capitolina che invece è costretta a lavorare sempre di fretta perché voi arrivate tardi”. “Siamo in forte ritardo nell`approvazione del documento sulla mobilità sostenibile”, ha incalzato invece Ilaria Piccolo, consigliera Pd e vicepresidente della commissione Trasporti. “Peraltro non si è dato corso a sinergie istituzionali utili a rendere più forti i progetti che verranno presentati, così come è accaduto per Milano e la Lombardia. Il nostro voto di astensione al PUMS, nasce dalla constatazione che circa il 90% dei progetti che verranno presentati recuperano piani ideati nelle passate giunte di centrosinistra. Non ci convincono invece progetti poco utili e realistici come la funivia Casalotti-Battistini o il people mover a Ionio. Siamo fortemente contrari al Tram sui Fori Imperiali che non è una strada qualsiasi ma una bellissima passeggiata archeologica”. Inoltre ha precisato che “resta peraltro la preoccupazione per il proseguimento dei lavori della metro C, mentre a Milano si apprestano a dare avvio alla quinta linea metropolitana, che si attesterà nella città di Monza. Sfidiamo ora la Giunta e la maggioranza a tenere fede agli impegni e a realizzare opere importanti e necessarie a cambiare e a rendere più fluida e compatibile la mobilità cittadina. Ci auguriamo che per dicembre tutti i progetti da presentare al bando siano stati redatti correttamente per vincere la competizione con altre città e che gli uffici non siano costretti a riporli nel cassetto per assenza di un minimo cofinanziamento da parte di questa Amministrazione”. “Ogni Amministrazione che si succede alla guida della nostra città presenta un piano per la mobilità, il problema è che sia reso effettivo, che ciò che c’è scritto diventi realtà e non il libro dei sogni”. È stato il commento di Dario Nanni, Coordinatore per Roma e provincia di Italia in Comune. “E poi come ci si può fidare di chi quando era all’opposizione si opponevano al prolungamento della Metro C, presentando atti affinché il suo percorso terminasse a Lodi, ed oggi afferma l’esatto opposto? In tre anni di governo 5 Stelle, abbiamo visto stazioni della metropolitana chiuse per mesi, ascensori e scale mobili rotte, metà degli autobus che non escono dalle rimesse per svolgere il servizio di trasporto pubblico, ed ora vorrebbero far credere che nei prossimi 22 mesi di governo faranno tutto quello che sta nel PUMS? Dove tra l’altro si parla della trasformazione in metropolitana della tratta urbana della ferrovia RomaNord. Cosa intendono per questo? Chiudere il restante tracciato extraurbano, dove sono stati previsti finanziamenti, e sostituirlo con bus? Ce lo spieghino, e lo spieghino soprattutto ai pendolari e ai lavoratori”. “I cittadini – ha concluso – sono stanchi non solo dai disservizi e di una città congestionata, ma soprattutto dal fatto di essere presi in giro, spero che qualcuno prima o poi lo capisca”.

Economia e Finanza

Quale futuro per i diritti dei lavoratori? intervista al professor Alberto Lepore, professore associato di diritto del Lavoro

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Alberto Lepore classe 1972, professore associato in Diritto del Lavoro presso l’Università di Roma 3, membro del Labour Law Group presso l’University College of London. Decine di pubblicazioni in ambito del Diritto al Lavoro ma, principalmente, un grande amico.

Alberto ci diamo del tu, ovviamente: ieri, 1° Maggio, Festa del Lavoro e dei Lavoratori mi è venuta spontanea l’idea di rivolgerti qualche domanda in merito al Diritto al Lavoro proprio per comprendere se, ancora oggi, quelle conquiste sociale figlie dell’800 hanno ancora valore.

La prima domanda prende spunto dall’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Quanto valore ha, ancora oggi, questa affermazione nel nostro Paese?
Quanto affermato dall’articolo 1 della nostra Costituzione ha ancora un grande valore e una portata fondamentale perché a seguito della promulgazione della Costituzione del 1948 vengono superati quell’insieme di privilegi, di retaggio aristocratico e feudale che caratterizzavano l’ordinamento monarchico preesistente.
Secondo l’articolo 1 della Costituzione il cittadino si qualifica all’interno della società non più attraverso quello che ha, ma attraverso quello che fa. Il lavoro quindi diventa da un lato ciò che qualifica la persona, nel contempo il lavoro è anche lo strumento attraverso cui la persona trova la sua collocazione all’interno della società.
Il lavoro diventa in forza dell’articolo 1 il collante tra cittadino e corpo sociale; senza l’esecuzione di una prestazione lavorativa il cittadino non può partecipare al corpo sociale, non può avere una collocazione nella società e non può neanche ricoprire una determinata posizione economica; rimane sostanzialmente emarginato; tagliato fuori dalla società. Quindi l’articolo 1 ha ancora un ruolo fondamentale all’interno della nostra Repubblica, tant’è che si è detto appunto che la Repubblica italiana è una Repubblica lavorista. Ma il principio da questo espresso va protetto perché i privilegi possono sempre, in altra forma, rinascere e, pertanto, bisogna stare sempre in guardia.

Lo sai, sono nato il 20 maggio 1971 ad un anno esatto dalla promulgazione dello Statuto dei Lavoratori. Qualcuno dice che sia stata profondamente scardinata dal Job Act di Matteo Renzi.
Cosa di buono mantiene questa intuizione di cui fu padre putativo Gino Giugni?

Il Jobs Act di Matteo Renzi ha colpito al cuore lo Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n.300 n.d.s.), perché ha abrogato una norma di civiltà e cioè l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che prevedeva, a certe condizioni, qualora il licenziamento fosse illegittimo la reintegrazione nel posto di lavoro, in altri termini, il ritorno nello stesso posto di lavoro come se il licenziamento non fosse mai stato intimato.
Con il decreto legislativo n. 23 del 2015 il Jobs Act ha sostanzialmente modificato la tutela prevista in caso di licenziamento illegittimo sostituendola con la tutela indennitaria: la reintegrazione è stata conservata soltanto in casi marginali, mentre nella maggior parte dei casi nelle ipotesi di licenziamento illegittimo al lavoratore verrà pagata un’indennità monetaria commisurata alla durata del rapporto.
La cancellazione della reintegrazione nel posto di lavoro come tutela generale rende la posizione del lavoratore nel rapporto di lavoro molto più debole.
Il Jobs Act di Renzi poi ha colpito un’altra norma molto importante che tutela la professionalità del lavoratore e cioè l’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori introduttivo del 2103 del codice civile sulle mansioni: ha previsto che è oggi possibile demansionare in ipotesi molto ampie tra cui anche per ragioni economiche legate alle esigenze dell’impresa. Anche questa norma che colpisce la professionalità e la progressione di carriera lede un’altro dei patrimoni del lavoratore e rende molto più debole la sua posizione; anche la norma sul divieto dei controlli sul posto di lavoro (art.4 dello Statuto dei lavoratori n.d.s.) è stata riformata nel senso di consentire controlli molto più pervasivi sul posto di lavoro.
Lo Statuto conserva ancora norme importanti soprattutto nella dimensione collettiva come gli articoli 19 e seguenti che introducono i diritti sindacali; l’articolo 28 sulla repressione della condotta antisindacale; l’articolo 15 sulla non discriminazione.
C’è quindi ancora molto nello Statuto di buono e di protettivo per il lavoratore ma certamente la cancellazione dell’articolo 18 ha creato un vulnus notevole perché ha sostanzialmente monetizzato il posto di lavoro: il datore di lavoro oggi può anche intimando un licenziamento illegittimo sapere che anche se perde in causa dovrà pagare solo una somma di denaro commisurata alla durata del rapporto di lavoro per togliersi dai piedi un lavoratore non più desiderato.

Spesso non si coniuga il diritto al lavoro con i doveri che scaturiscono dal lavoro stesso. A tuo avviso dove sta il punto di rottura tra queste due situazioni?
Il diritto al lavoro come anche il dovere di lavorare sono enunciati dall’art. 4 della Costituzione. Questi due principi sono tra loro complementari, perché la repubblica deve far sì che sia garantito il diritto al lavoro, d’altro canto il cittadino deve fare tutto il possibile per poter trovare un’occupazione.
L’articolo 4, però, è una norma programmatica cioè detta praticamente un programma, un progetto che deve essere realizzato attraverso leggi ordinarie e infatti abbiamo assistito nel corso degli anni all’introduzione una serie di leggi per realizzare il diritto al lavoro.
Dalla introduzione degli uffici di collocamento fino alla creazione delle agenzie accreditate per attuare concretamente il diritto al lavoro. Ma essendo l’art. 4 una norma programmatica il diritto al lavoro e’un principio tendenziale, anche perché non vi è una sanzione se il lavoro non è garantito a tutti tant’è che siamo in un’epoca nella quale la disoccupazione è molto elevata, nonostante gli sforzi che la Repubblica ha fatto, la piena occupazione non è stata mai raggiunta.
D’altro canto il dovere di lavorare è fondamentale perché si lega all’art. 1: il cittadino partecipa al corpo sociale e acquisisce una posizione sociale ed economica nella società soltanto se lavora. Indirettamente la Costituzione stessa sanziona colui che non vuole lavorare: l’articolo 38 prevede prestazioni previdenziali, quindi provvidenze economiche di sostegno al reddito o quando il lavoratore è inabile al lavoro oppure quando il lavoratore è disoccupato, quindi abbia già lavorato ma ha perso il lavoro oppure sia subentrato un evento che abbia reso impossibile lavorare. Quando invece non vuole lavorare il sistema previdenziale non lo supporta, essendo il reddito di cittadinanza una parentesi anomala nel nostro ordinamento, se non addirittura incostituzionale, e, infatti, è stato rapidamente espunto dall’ordinamento previdenziale.
È evidente però che se non è garantito il diritto al lavoro, il cittadino non potrà’ nonostante i suoi sforzi adempiere al dovere di lavorare.

Un’ultima domanda: quale è il futuro stesso dei diritti dei lavoratori ai giorni nostri?
A fronte della globalizzazione dei mercati e della competizione mondiale il futuro dei diritti dei lavoratori non mi pare roseo. Già negli ultimi anni abbiamo assistito, come accennato, ad una riduzione notevole dei diritti a tutela dei lavoratori e probabilmente nei prossimi anni assisteremo a un’ulteriore riduzione dai diritti. Oggi, oltretutto, il lavoro è minacciato dalla informatizzazione e dalla meccanizzazione dei processi produttivi. Il lavoro digitale è eseguito attraverso strumenti elettronici e sicuramente ridurrà ulteriormente le chance di trovare lavoro. Quindi le sfide future per i diritti dei lavoratori sono grandi e molto difficili, ma quale lavorista sono pronto ad affrontarle.
Ringraziamo il professor Alberto Lepore per la sua disponibilità e per averci fatto comprendere, con le sue parole, l’alto senso istituzionale della giornata di oggi Primo Maggio Festa del Lavoro e dei Lavoratori.

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Costume e Società

A Milano l’arte elegante del pugliese parigino

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Palazzo Reale a Milano  sta celebrando, per la prima volta, con una mostra monografica, il talento di Giuseppe De Nittis esponendo una novantina dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Leontine De Nittis.
 
La consacrazione di Giuseppe de Nittis come uno dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo è avvenuta grazie alla fortuna espositiva di cui ha goduto a partire dalla magnifica retrospettiva dedicatagli nel 1914 dalla 11a Biennale di Venezia. Altre tappe fondamentali sono state la mostra ‘Giuseppe De Nittis. La modernité élégante’ allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11, e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova a Palazzo Zabarella.
 
In ‘De Nittis. Pittore della vita moderna’ si intende esaltare la statura internazionale di un pittore che è stato, insieme a Boldini, il più grande degli italiani a Parigi, dove è riuscito a reggere il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.
 
I francesi e De Nittis, che si è sempre sentito profondamente parigino di adozione, hanno affrontato gli stessi temi, come il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna che De Nittis ha saputo catturare lungo le strade delle due metropoli da lui frequentate, in quegli anni grandi capitali europee dell’arte: Parigi e Londra. Ha saputo rappresentare con le due metropoli, in una straordinaria pittura en plein air, i luoghi privilegiati della mitologia della modernità, che saranno collocati al centro di un percorso espositivo articolato lungo un arco temporale di vent’anni, dal 1864 al 1884, ricostruendo un’avventura pittorica assolutamente straordinaria, conclusasi prematuramente con la sua scomparsa a soli 38 anni di età. I risultati da lui raggiunti si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con la pittura giapponese allora diventata di moda.La mostra vede infine la collaborazione di METS Percorsi d’Arte, che ha contribuito al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il Kimono color arancio, Piccadilly e la celeberrima Westminster.
 
Tutto questo è sottolineato dalla mostra e dal ricco catalogo Silvana Editoriale.
 
Una vita breve ma sufficiente per entrare nella storia dell’arte
 
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta il 25 febbraio 1846. A pochi mesi dalla sua nascita, il padre si suicidò dopo due anni di carcere per motivi politici e Giuseppe crebbe con i tre fratelli nella casa dei nonni paterni. Fin dall’infanzia manifestò una forte propensione alla pittura e, nonostante il parere contrario della famiglia, si iscrssee nel 1861 all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Insofferente agli schemi accademici, fu espulso due anni dopo ed iniziò a dipingere en plen air con altri artisti, come Federico Rossano e Marco De Gregorio. Nel 1866 partì per Firenze dove prese contatto con il gruppo dei Macchiaoli. Dopo aver visitato Palermo, Roma, Venezia e Torino, nel 1867 si trasferì a Parigi dove due anni dopo sposò Léontine Lucile Gruvelle. Nel 1869 partecipò per la prima volta al Salon con opere molto vicine al gusto parigino. Il soggiorno napoletano del 1870 vide il suo stile arrivare alla maturità e all’indipendenza artistica e il ritorno a Parigi nel 1872 segnò il suo successo con la partecipazione al Salon dell’opera ‘Una strada da Brindisi a Barletta’. Il dipinto ‘Che freddo!’ esposto al Salon nel 1874 rappresentò l’affermazione definitiva dell’artista, che si meritò anche l’appellativo ‘peintre des Parisiennes’ (pittore della parigine). Nello stesso anno partecipò con ben cinque tele alla prima esposizione di quello che sarà il gruppo impressionista tenutosi nello studio del fotografo Nadar. In cerca di nuovi stimoli partì poco dopo per Londra, dove realizzò una serie di opere dedicate alla vita quotidiana della città. Partecipò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 con dodici lavori che polarizzarono l’attenzione sia del pubblico che della critica. Negli ultimi anni si concentrò particolarmente sulla tecnica del disegno a pastello. Colpito da una forte bronchite nel 1883, rimase per mesi bloccato a letto e dipingere diventò sempre più difficile; morì a  Saint-Germain-en-Laye (Francia)   il 21 agosto del 1884 a causa di un ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise (divisione 11) ed il suo epitaffio fu scritto da Alessandro Dumas figlio. Sua moglie Léontine donò molti suoi quadri alla città natale del pittore, ora conservati nella Pinacoteca De Nittis collocata nel Palazzo della Marra a Barletta.
 
Informazioni:
 
Una mostra Comune di Milano – Cultura | Palazzo Reale | CMS.Cultura
 
A cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti , fino al  30.06.2024
 
Orario: Da martedì a domenica ore 10:00-19:30, giovedì chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un’ora prima. Lunedì chiuso.
 
Biglietti
 
Aperto: € 17,00; Intero: € 15,00;Ridotto: € 13,00; Esclusi i costi di prevendita.
 
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it     mostradenittis.it
 
Privo di virus.www.avast.com



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Cronaca

Prevenzione e contrasto dei crimini informatici: siglato accordo tra Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea

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È stato siglato a Roma l’accordo tra la Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea, capogruppo del Gruppo BCC Iccrea, per la prevenzione e il contrasto dei crimini informatici che hanno per oggetto le reti e i sistemi informativi di supporto alle funzioni istituzionali della società.
La convenzione, firmata dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani e da Mauro Pastore, Direttore Generale di BCC Banca Iccrea, è finalizzata a sviluppare una collaborazione strutturata tra le parti, per l’adozione ed il potenziamento di strategie sempre più efficaci in materia di prevenzione e contrasto al cybercrime, considerato il delicato e strategico settore di intervento del Gruppo.
Il Gruppo BCC Iccrea è il maggiore gruppo bancario cooperativo, l’unico gruppo bancario nazionale a capitale interamente italiano e il quarto gruppo bancario in Italia per attivi. BCC Iccrea, in qualità di Capogruppo esercita le attività di direzione, coordinamento e controllo sulle Società del Perimetro di Direzione e Coordinamento e, in tale ambito, supporta l’operatività bancaria delle BCC, fornendo prodotti, servizi e consulenza al fine di soddisfare le esigenze dei loro Soci, clienti, famiglie e territorio di riferimento.
La tutela delle infrastrutture critiche informatizzate di istituzioni e aziende che erogano servizi essenziali è una delle mission specifiche della Polizia Postale, l’articolazione specialistica della Polizia di Stato deputata alla prevenzione e contrasto della criminalità. La Polizia di Stato assicura attraverso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, Organo del Ministero dell’Interno deputato alla sicurezza delle comunicazioni. In particolare, tale compito viene assolto attraverso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) che, con una sala operativa disponibile h24, rappresenta il punto di contatto per la gestione degli eventi critici delle infrastrutture di rilievo nazionale operanti in settori sensibili e di importanza strategica per il Paese.
Alla firma della convenzione erano presenti per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato, Prefetto Renato Cortese, il Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Dott. Ivano Gabrielli mentre per BCC Banca Iccrea erano presenti Renato Alessandroni,
Responsabile Sicurezza e Continuità Operativa, Chief Information Security Officer, Pasquale De Rinaldis, Responsabile Sicurezza delle Informazioni, Giuseppe Cardillo, Head of Architecture & Innovation e Raffaella Nani, Responsabile Comunicazione Istituzionale.



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