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Covid-19, forse la svolta. Gli esperti: “Non c’e’ bisogno di terapia intensiva, si cura a casa con l’eparina”

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Il Coronavirus si cura a casa, non c’è bisogno di fare ricorso alla terapia intensiva. Lo dimostrano i dati degli ultimi dieci giorni, in cui i malati continuano ad aumentare considerevolmente ma sono crollate le ospedalizzazioni, ed è il risultato degli studi tutti italiani sulla lotta al Covid-19.

Ad illustrare la soluzione contro la malattia è il professor Sandro Giannini, direttore della Clinica I presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli e del Laboratorio di Gait Analysis, autore di più di 600 presentazioni a congressi nazionali ed internazionali e più di 400 articoli in riviste Science Citation Index. Un profilo scientifico di altissima rilevanza, che mette a tacere tutti i sapientoni che nelle scorse settimane hanno barbaramente etichettato come “bufala” questa chiave di lettura scientifica (e adesso dovrebbero solo nascondersi).

“Non vorrei sembrarvi eccessivo – ha detto il prof. Giannini – ma credo di aver dimostrato la causa della letalità del Coronavirus. Solo al Beato Matteo ci sono due cardiologi che girano su 150 letti a fare ecocardio con enorme fatica. Uno di questi sono io. Di quello che alcuni supponevano, ma non ne riuscivano a essere sicuri, ora abbiamo i primi dati. La gente va in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto polmonare. Se così fosse, non servono a niente le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire queste tromboembolie. Se ventili un polmone dove il sangue non arriva, non serve. Infatti muoiono 9 pazienti 10. Perché il problema è cardiovascolare, non respiratorio. Sono le microtrombosi venose, non la polmonite a determinare la fatalità! Perché si formano trombi. Perché l’infiammazione come da testo scolastico, induce trombosi attraverso un meccanismo fisiopatologico complesso ma ben noto. Allora? Contrariamente a quello che la letteratura scientifica, soprattutto cinese, diceva fino a metà marzo era che non bisognava usare antinfiammatori. Ora in Italia si usano antinfiammatori e antibiotici (come nelle influenze) e il numero dei ricoverati crolla. Molti morti, anche di 40 anni, avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente. Qui l’infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi. Perché il problema principale non è il virus, ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Infatti nei nostri reparti COVID non sono mai entrati malati di artrite reumatoide. Perché fanno il cortisone, un potente antinfiammatorio. Pertanto, in Italia ospedalizzazioni si riducono e sta diventando una malattia che si cura a casa. Curandola bene a casa eviti non solo ospedalizzazione, ma anche il rischio trombotico. Non era facile capirlo perché i segni della microembolia sono sfumati, anche all’ecocardio. Ma questo weekend ho confrontato i dati dei primi 50 pazienti tra chi respira male e chi no e la situazione è apparsa molto chiara. Per me si può tornare a giocare e riaprire l’attività commerciali. Via quarantena. Non subito. Ma il tempo di pubblicare questi dati. Vaccino può arrivare con calma. In America e altri stati che seguono la letteratura scientifica che invita a non usare antinfiammatori è un disastro. Peggio che in Italia. E sono farmaci vecchi e che costano pochi euro. In altre parole la causa del danno anche polmonare è lo svilupparsi di una coaugulopatia che va sotto il nome di coagulazione intravasale disseminata o DIC, da qui anche l’incremento caratteristico del dimero D e del LDH”.

La notizia è stata poi confermata da ulteriori studi e analisi

Il professor Alessandro Mascitelli, responsabile del centro flebologico di Villa Tirrena di Livorno, era stato il primo a decifrare l’efficacia delle terapie anticoagulanti nei trattamenti per frenare il Coronavirus: “Le statistiche lo confermano, perché gli anticoagulanti si stanno dimostrando in grado di alleggerire, almeno di un 25% (dati ricavati in ospedali Covid, ndr), i ricoveri nei reparti che accolgono pazienti affetti da Coronavirus. La premessa parte da un’osservazione clinica: nelle autopsie svolte su pazienti affetti da Covid, è stato identificato il segno di una trombosi massiva. Il che ha fornito indizi chiari sulle cause improvvise che hanno scatenato il dramma dei decessi in molti ospedali d’Italia. Quindi, da questa intuizione, ecco partire un protocollo che sta portando i primi effetti positivi in molti ospedali Covid, dalla Toscana alle zone del Nord (vedi Bergamo) martoriate dal dilagare del virus”.

Il professor Mascitelli ha aggiunto: “L’eparina, se utilizzata fin da subito su prescrizione medica, ovvero durante la comparsa dei primi sintomi, può aiutare. Ma esclusivamente sotto controllo medico. Adesso anche l’Oms ne è convinta, perché il professor Pietro Muretto dell’università di Pesaro mi ha confermato che la terapia eparinica è stata posizionata come farmaco di base nella lotta al Covid. I primi a credere nella mia intuizione e a spronarmi ad andare avanti sono stati il professor Mario Petrini, ematologo del Santa Chiara, la società scientifica Afi e il professor Mario Forzanini coordinatore area Covid Nord Italia per area Nord Est […]. E in queste ore, a dimostrazione dell’efficacia della terapia eparinica, mi arrivano testimonianze da Bergamo, dall’infettivologo Enrico Bombana, o da Padova, dove la professoressa Patrizia Pavei conferma che l’eparina è in uso da qualche giorno con una netta riduzione delle evoluzioni negative dei pazienti Covid”.
Dopo gli studi degli italiani, anche gli esperti cinesi e inglesi hanno pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis guidato dall’ematologo Jecko Thachil del Department of Haematology del Manchester Royal Infirmary, uno studio che conferma come l’uso di eparina nei pazienti Covid-19 potrebbe avere effetti anticoagulanti, oltre che antinfiammatori e persino antivirali.

“Per sintetizzare si può dire che vi sono parecchie strade attraverso cui l’eparina potrebbe essere utile nella terapia del Covid-19 come peraltro di qualsiasi altra grave infezione. Riguardo a ciò un campo di immediato interesse è trovare la dose adatta, poiché un farmaco è efficace se si somministra in dose corretta, altrimenti può essere inutile o addirittura pericoloso“. Lo ha scritto in un articolo sul ‘Messaggero’ di oggi Antonio Rebuzzi, docente di Cardiologia dell’Università Cattolica di Roma, parlando del medicinale anti-trombotico nel trattamento del Covid-19. “Questo sarebbe sicuramente il caso della enoxeparina – evidenzia l’esperto – farmaco che, è bene ricordarlo, è efficace solo se è in atto nel sangue del paziente infetto un’alterata coagulazione, altrimenti non sembrerebbe modificare la prognosi. Peraltro se venisse data in dosi inferiori al necessario non eserciterebbe la sua azione anticoagulante. Dato invece a dosi elevate potrebbe dare origine ad emorragie gastriche, vestitali o anche cerebrali. Da notare per di più che negli anziani o in coloro con alterazioni della funzionalità renale, la dose di enoxeparina deve essere ridotta perché tale farmaco viene eliminato per via renale e potrebbe quindi accumularsi. Non ha pertanto senso, anzi sarebbe pericoloso somministrare l’enoxeparina a chiunque fosse sospettato di essere colpito dal Covid perché qualsiasi farmaco è davvero utile solo se lo diamo alle persone tra i due gruppi“.

“In questo periodo di incertezze perla nostra vita – sottolinea Rebuzzi – se ne è aggiunta una importante riguardante i farmaci utilizzati per la terapia dei pazienti Covid. Più precisamente tale incertezza è spesso determinata dalle numerose notizie sui tantissimi farmaci che sono oggetto di sperimentazione o meno, ma dei quali, attraverso internet o chat più o meno accreditate, tutti hanno informazioni. Noi medici siamo quindi subissati da richieste di spiegazioni e talora di suggerimenti terapeutici da parte dei nostri pazienti, la cui conoscenza della farmacopea è stata formata su internet. Ultimo arrivato, in ordine di tempo, è l’utilizzo delle eparine a basso peso molecolare nei pazienti adulti con Covid-19, sulla cui utilità e sicurezza (in particolare su quella di una di queste: l’enoxeparina) è iniziato uno studio multicentrico dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) su 300 pazienti in 14 centri in Italia. L’enoxeparina è un farmaco conosciuto e usato da molti anni nella profilassi sia del tromboembolismo venoso sia dopo un intervento chirurgico sia in pazienti non chirurgici ma affetti da gravi patologie quali l’infarto, lo scompenso cardiaco o l’embolia polmonare. E’ inoltre utilizzata (a dosi basse) nei pazienti che stanno a letto per parecchio tempo onde impedire la formazione di trombi nelle vene delle gambe con successive possibili embolie. Nell’ultimo mese sono stati pubblicati numerosi lavori scientifici sull’utilizzo di enoxeparina in pazienti Covid.

Sul Journal of Thrombosis and Haemostasis, Ning Tang e coll, del Tongji Hospital, Huazhong University di Wuhan (Cina), hanno studiato 449 pazienti con severa infezione da Covid-19 reclutati tra il primo gennaio e il 13 febbraio di quest’anno. Tra questi, 99 pazienti sono stati trattati con enoxeparina per almeno 7 giorni. Mentre la mortalità non differiva, se si consideravano solo i più gravi, in cui le analisi facevano intuire un aumento della coagulazione (ad esempio pazienti con livelli di D-dimero elevati) l’enoxeparina riduceva di molto la mortalità a un mese (dal 52,4% al 32,8%). In un interessante editoriale sulla stessa rivista, Jecko Thachil del Department of Haematology, Manchester Royal Hospital inglese, analizza tutti i vari meccanismi attraverso i quali l’eparina potrebbe esercitare un’azione benefica. Questi vanno dalla sua azione anticoagulante a quella anti infiammatoria, da quella di aiuto alle cellule endoteliali che rivestono le arterie a quella di inibitore dell’attacco del virus Covid alle cellule polmonari (studiato però solo in modelli sperimentali e su un virus simile al Covid)“.

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Castelli Romani

Frascati: eletti i presidenti delle Commissioni Affari Istituzionali e Bilancio

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Eletti ieri i presidenti della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate del Comune di Frascati, rispettivamente Maria, detta Emanuela, Bruni e Roberto Mastrosanti.

Una nuova elezione che segue le dimissioni, sembrerebbe senza alcuna motivazione, di Anna delle Chiaie e Marco Lonzi.

La Commissione Affari Istituzionali, da Statuto del Consiglio Comunale, spetta di diritto alle opposizioni che siedono a Palazzo Marconi che oggi erano rappresentate dalla stessa Emanuela Bruni, Roberto Mastrosanti, Anna delle Chiaie e Matteo Angelantoni con la sola assenza di Marco Lonzi.

Maria, detta Emanuela, Bruni

All’unanimità dei presenti viene eletta la dottoressa Bruni, già candidata sindaco nel 2021 del centro destra Frascatano: un curriculum vitae che spazia dalla carriera giornalista, a ruoli istituzionali – la prima donna a presiedere il cerimoniale di Palazzo Chigi – ed, attualmente, consigliere del CdA del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.

Roberto Mastrosanti

Per la Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate viene eletto, sempre all’unanimità dei presenti compresi i capogruppo dei partiti di maggioranza di Palazzo Marconi, l’avvocato Roberto Mastrosanti, già sindaco della città: una regola non scritta, ma sempre rispettata dall’assise tuscolana, attribuisce sempre alle opposizioni tale presidenza in virtù del fatto che trattasi, pur sempre, di una commissione di controllo.
Si ricuce così il rischio di un blocco dell’attività politica del Consiglio Comunale.
A caldo il commento del commissario cittadino di Forza Italia, nonché membro della segreteria provinciale, il dottor Mario Gori: “Eletti due consiglieri comunali con grande esperienza Amministrativa ed Istituzionale, oltre che stimati professionisti, che, sicuramente, eserciteranno le loro funzioni nell’interesse della collettività”. Si aggiunge poi, nella serata, dalle pagine Facebook, il commento della Lega Frascati che oltre ad augurare un “buon lavoro” ai neoeletti scrive: “su queste commissioni parta un percorso di costruzione di una alternativa politico-amministrativa all’attuale giunta a guida PD”.

Ai neo presidenti auguriamo un buon lavoro.

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Ambiente

ANBI, trasparenza e sicurezza lavoratori: Consorzi di Bonifica bresciani primi firmatari protocollo con Prefettura

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Massimo Gargano: “E’ il nostro, fattivo contributo a far sì che il 1 Maggio non sia mera celebrazione della Festa dei Lavoratori, ma impegno quotidiano”
 
“E’ un impegno concreto non solo per la trasparenza nell’utilizzo di risorse pubbliche, ma anche per il controllo sull’osservanza rigorosa delle disposizioni in materia di collocamento, igiene, sicurezza sul lavoro, tutela dei lavoratori sia contrattualmente che sindacalmente: temi di drammatica attualità e su cui ribadiamo la nostra, massima attenzione in tutta Italia.”
 
Ad affermarlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), annunciando la  firma del Protocollo di Legalità per la Prevenzione dei Tentativi di Infiltrazione della Criminalità Organizzata negli Appalti Pubblici tra il Prefetto di Brescia, Maria Rosaria Laganà ed i Presidenti dei locali Consorzi di bonifica, Luigi Lecchi (Cdb Chiese) e Renato Facchinetti (Cdb Oglio Mella).
 
I due enti consortili sono impegnati nella realizzazione di importanti opere per la gestione dell’acqua, grazie alle risorse pubbliche, stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.), nonchè da fondi nazionali e regionali; da qui l’esigenza di salvaguardare la realizzazione delle opere da possibili tentativi di infiltrazione da parte di gruppi legati alla criminalità organizzata, in grado di condizionare le attività economiche.
 
Come strumento efficace, per conseguire gli obbiettivi di tutelare la trasparenza nelle procedure concorsuali di appalto, è stato esteso l’obbligo di acquisire le informazioni antimafia prima della sottoscrizione dei contratti, che vedranno l’inserimento di precise clausole nel merito.
 
“Mai come ora devono essere rafforzati gli strumenti di prevenzione antimafia ed anticorruzione salvaguardando, al contempo, l’esigenza di assicurare certezza e celerità nell’esecuzione dei lavori pubblici” dichiara il Prefetto, Laganà.
 
La sottoscrizione del Protocollo di Legalità nasce su iniziativa dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) e vede i Consorzi di bonifica bresciani tra i primi firmatari.
 
“L’atto sottoscritto a Brescia conferma l’impegno dei Consorzi di bonifica ed irrigazione per la trasparenza e la prevenzione dei tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata: ora sono ampliate le informazioni antimafia nei bandi di gara e viene rafforzata la vigilanza sulla sicurezza dei lavoratori. E’ il nostro, fattivo contributo a far sì che il 1 Maggio non sia mera celebrazione della Festa dei Lavoratori, ma impegno quotidiano” dichiara Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
 
Con il Prefetto, i Presidenti dei Consorzi di bonifica “Chiese” ed “Oglio Mella” hanno condiviso anche la necessità di proseguire gli investimenti dedicati alle infrastrutture idriche, indispensabili all’intera provincia sia per l’irrigazione, sia per la salvaguardia di un territorio idrogeologicamente fragile.
 
Privo di virus.www.avast.com



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Politica

Pescara, convention FdI: Meloni annuncia candidatura alle europee

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Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”.

Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti.


Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.
La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi.

Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo. Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”.


“Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei. Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo.


Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria. E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento).


Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”. 

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