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Editoriali

Strage di Erba: verso la revisione del processo

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Tempo di lettura 11 minuti Prof. Carmelo Lavorino: “Non dico che Rosa e Olindo siano innocenti o colpevoli: dico solo che i reperti vanno sempre analizzati tutti.”

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di Roberto Ragone

 

La sera dell’11 dicembre 2006, attorno alle ore 20, a Erba, in provincia di Como, qualcuno uccise, a sprangate e coltellate, quattro persone,due donne, un uomo e un bambino di due anni e tre mesi,  lasciando per morto un ferito grave, che poi divenne l’unico testimone oculare del fatto criminoso. Per quell’evento omicidiario sono stati condannati, e sono tuttora detenuti, due coniugi, Rosa Bazzi e Olindo Romano, i quali, dopo aver confessato il crimine, pur con una confessione zoppicante e lacunosa, dopo qualche tempo ritrattarono, ma non furono creduti. Nei due gradi di giudizio, però, ci furono quelle che potremmo definire omissioni, nell’esame dei vari reperti rinvenuti sul luogo del delitto, ora in mano ai RIS di Parma e all’Università di Pavia. Per questo motivo, l’avvocato Schembri, coadiuvato dall’avvocato Nico D’Ascola e dall’avvocato Luisa Bordeaux, ha presentato un’istanza di incidente probatorio per esaminare davanti al giudice del tribunale di Corte d’Appello, a Brescia, almeno sette, ma probabilmente di più, reperti relativi alle indagini sull’omicidio, che non furono ammessi all’esame di giudici dei primi due procedimenti.  Il processo a Rosa e Olindo suscitò molto rumore, come tanto chiasso aveva suscitato la strage e la sua efferatezza, e , come accade ormai da diversi anni, i media se ne impadronirono, a caccia di sensazioni, influenzando, come è già stato ampiamente dibattuto, il sentire comune, e di conseguenza anche tutto l’andamento della vicenda. Il popolo della TV si divise fra innocentisti e colpevolisti, e purtroppo fin dall’inizio le indagini furono indirizzate in un’unica direzione. Ora la Corte di Cassazione, accogliendo la richiesta del collegio di difesa, ha ordinato che venga effettuato un esame dei reperti il cui esame, alla luce della confessione resa dai due indagati, non venne ritenuto necessario. L’esame avverrà  in incidente probatorio, e sarà, se positivo per la difesa,  propedeutico ad una richiesta di revisione del processo. Si sono aperte così nuove ipotesi investigative, che si vogliono approfondire, e c’è la possibilità che il processo di secondo grado venga rifatto con altri presupposti, e che i due ora ergastolani possano essere riconosciuti innocenti.  A proposito di questa spinosa vicenda, che, se dimostrata secondo le tesi della difesa, avrebbe tenuto in carcere due innocenti per quasi undici anni, abbiamo voluto chiedere un parere al noto criminologo professor Carmelo Lavorino, già consulente della difesa di numerosi processi di grande rilevanza mediatica, come, ad esempio, fu il caso dell’omicidio di via Poma, a Roma, e titolare del CESCRIN, Centro di Criminologia e Investigazione Criminale.

Professore, innanzitutto grazie per la sua consueta cortesia e disponibilità. Avrà letto sui giornali della probabile revisione del processo a Rosa e Olindo per la strage di Erba. Nonostante lei non se ne sia occupato in prima persona, sappiamo che lei è sempre molto attento a questi avvenimenti di cronaca giudiziaria, e quindi sempre bene informato.  Per questo mi farebbe piacere avere un suo parere sulla vicenda.

Il giorno dopo la strage venni intervistato dal quotidiano ‘La Padania’, dove dichiarai che le modalità omicidiarie, cioè lo sgozzamento tramite coltello e il fracassamento con una sbarra, potevano anche far pensare ad una banda di balordi, di criminali, appartenenti ad una etnia africana ed agenti per “dare una lezione”; questo, perché il modus operandi esecutivo lascia una serie di tracce comportamentali molto importanti.

Detto questo, a mio avviso, contro Rosa Bazzi e Olindo Romano, ci sono soltanto tre elementi, cioè: il riconoscimento tardivo e contraddittorio di Frigerio [l’unico testimone oculare, lasciato per morto ndr], per il quale, a mio avviso, ci possiamo trovare anche di fronte ad una suggestione ed alla psicopatologia della testimonianza, anche perché nel suo riconoscimento vi sono molte contraddizioni. Poi, la macchia sangue rinvenuta sul copritacco della macchina di Olindo; in ultimo, la confessione dei due.

Confessione illogica, strana e contraddittoria. Non vorrei entrare nel merito di questi elementi, perché la confessione può sempre essere spinta, estorta, manipolata; ci può essere una situazione di soggezione psicologica da parte dei due e di terrore della divisione e della fine del loro rapporto, e quindi ogni confessione va vagliata scientificamente sotto il profilo dei riscontri e della logica.

Riconoscimento contraddittorio, incerto e tardivo. La dichiarazione di Frigerio potrebbe anche essere non attendibile, sia perché il riconoscimento può essere frutto di suggestione e spinto abilmente da qualcuno che vedeva in Olindo l’assassino, sia perché all’inizio aveva descritto l’aggressore come una persona di colore olivastro, da solo; poi invece parlò di Olindo, e in seguito parlò di una donna, asserendo che sicuramente quella donna era la moglie di Olindo. Quindi, secondo me, ci potremmo trovare di fronte a una psicopatologia della testimonianza e ad una distorsione della stessa, sfociata nell’autoconvincimento riverberante.

Una sola traccia di sangue in luogo accessibile a chiunque. La macchia di sangue sul copritacco della macchina di Olindo potrebbe essere una contaminazione, volendo fermarci in questo ambito e senza fare i diffidenti e i maliziosi. Vedremo poi cosa è successo.

Mancano troppe tracce che dovevano esserci, e l’assenza di tracce è una traccia. Noi sappiamo che sulla scena del crimine, molto ampia, anche se parzialmente distrutta, non venne trovata alcuna traccia di Olindo e Rosa, così come in casa di Olindo e Rosa non venne trovata alcuna traccia del sangue e/o  biologica delle cinque vittime che, secondo gli investigatori, Olindo e Rosa avrebbero dovuto colpire con due coltelli ed una spranga di ferro con almeno un centinaio di colpi: come mai?

All’interno dell’auto di Olindo non fu rinvenuta alcuna traccia di sangue, né sui sedili, né su alcuna parte, tranne che su quel copritacco, forse una contaminazione o “il destino”, come ho già detto. Nondimeno, ricordo che l’avvocato Schembri trovò duecentottantaquattro contraddizioni nella ricostruzione della scena del crimine fatta dai due coniugi quando si erano autoincolpati. 

 

Accertamenti tecnici non approfonditi. Il problema è che in questo processo, molti reperti relativi alla strage non vennero analizzati perché immediatamente dopo la pista Marzouk -, che si sciolse come neve al sole, perché lui al momento dell’incursione era in Tunisia, in visita ai genitori, e quindi lontano dalla scena del crimine -, gli inquirenti puntarono Olindo e Rosa. Automaticamente tutte le altre piste non vennero seguite e molte tracce non vennero analizzate. E purtroppo sappiamo che molti errori giudiziari avvengono per la c.d. “fretta investigativa unita alla certezza di “averci azzeccato””. Quindi, a prescindere dal fatto che Olindo e Rosa siano colpevoli o innocenti, dato che in definitiva la loro confessione lascia il tempo che trova, la testimonianza di Frigerio a mio avviso potè essere suggestionata, e quella macchia di sangue potrebbe dire poco, avrebbero dovuto  essere analizzati tutti i reperti  trovati sulla scena del crimine.

 

I reperti che ora devono essere analizzati. Giustamente la difesa ha chiesto che molti reperti che non sono stati analizzati debbano essere analizzati, e la Cassazione ha detto sì, che questi reperti siano analizzati. Vediamo un po’, partiamo dal bambino, da Youssef. Su di lui sono stati trovati quattro capelli, di cui, uno castano-nero, uno castano-chiaro lungo dieci centimetri, un altro nero lungo un centimetro e mezzo e un altro ancora: due frontali e due sulla schiena del bimbo. Oltretutto le unghie del bambino non sono mai state analizzate. Per cui potrebbero essere trovate tracce del soggetto ignoto che ha aggredito il bambino. Quindi se la struttura  di questi capelli dovesse essere  riferibile a Rosa Bazzi e Olindo Romano, il problema è loro. Se però i capelli non appartengono a questi due soggetti, c’è da chiedersi come mai almeno tre soggetti abbiano manipolato il bambino, quindi, tracce di soggetti  non riferibili a Rosa, a Olindo  e tanto meno alla piccola vittima. Quindi,  questi reperti che devono essere analizzati: è un quesito che dev’essere sciolto.

È stato rinvenuto sul pianerottolo un accendino, che potrebbe essere quello con cui è stato appiccato il fuoco. Su questo accendino dovrebbero trovarsi tracce di DNA, sudore o tessuto epiteliale, e tracce papillari (le impronte digitali) di chi lo ha usato. Queste tracce dovrebbero essere riferibili, quindi, o a Rosa, o a Olindo,  a una delle vittime, o a un soggetto ignoto: in quest’ultimo caso la situazione è a favore di Rosa e Olindo.

È stato anche rinvenuto un mazzo di chiavi, che non si sa a chi appartenga: vediamo, sempre tramite la ricerca del DNA e delle tracce papillari, a chi possa essere riferibile un insieme di tracce del genere. Questo serve proprio a verificare se Rosa e Olindo possano essere esclusi o meno.

Nemmeno sono stati analizzati i giubbotti delle tre vittime, cioè di Valeria Cherubini, di Raffaella Castagna e di Paola Galli, gli adulti. Poiché sono stati colpiti a coltellate, pugnalate, fendenti e con una spranga di ferro, è probabile che ci sia del DNA degli assassini sui loro giubbotti. Può esserci sangue dell’assassino che si è ferito, o tessuto epiteliale, sudore o saliva. Ricordiamo che nel caso del delitto dell’Olgiata, sull’asciugamani che copriva il volto della contessa Alberica Filo della Torre, c’erano una cinquantina di macchie di sangue, di cui quarantotto erano della vittima, e due dell’assassino. Con il passare degli anni sono state analizzate anche le due macchie di sangue residue, e hanno fatto individuare l’assassino nel filippino Manuel. È ovvio che tutti i reperti devono essere analizzati, e bisogna vedere ogni reperto che cosa ci dice, cosa parla, cosa comunica a livello scientifico e criminalistico.

Sono stati rinvenuti dei mozziconi di sigaretta,  che non sono stati analizzati: sappiamo perfettamente che i mozziconi di sigaretta conservano tracce di saliva, e quindi, di DNA, vediamo a chi appartengono.

È stato rinvenuto un cellulare. Non si sa di chi sia, ma presenta certamente tracce di DNA, come al solito, sudore, tessuto epiteliale e saliva, più impronte digitali. In più, guardando il codice IMEI si può vedere a chi è intestato, si possono ricavare altri dati. Naturalmente i tabulati non esistono più, perché vengono cancellati dopo due anni, però il cellulare può parlare ancora.

Sul terrazzino dell’appartamento di Raffaella Castagna è stata rinvenuta una macchia di sangue: vediamo di chi è, e a chiunque appartenga, vittima o altro soggetto, il risultato dev’essere contestualizzato nell’analisi criminale totale.

Le unghie del bambino sono state analizzate in maniera superficiale, così come anche quelle delle altre tre vittime: le unghie delle vittime ci potrebbero dare, come sappiamo perfettamente, le solite tracce merceologiche (tessuti, fibra …), sudore, pelle, DNA  eccetera.

Vi ho elencato gli elementi che la difesa di Olindo e Rosa chiese a suo tempo alla Corte d’Appello di Brescia di analizzare e che la Corte d’Appello di Brescia rifiutò, invece la Procura Generale presso la Cassazione ha dato parere positivo, è stata d’accordo. Qui noi non possiamo dire che Rosa e Olindo sono innocenti o colpevoli: diciamo che questi elementi dovevano essere analizzati a loro tempo, che purtroppo non vennero analizzati  e che, infine, potrebbero raccontare una storia ben diversa dalla sentenza di condanna. Per cui, se tutti questi reperti escludono Rosa e Olindo, e congiuntamente individuano le tracce di una o più persone, a mio avviso il processo di potrebbe riaprire, e si effettuerebbe il processo per revisione.

Valutiamo il modus operandi della combinazione assassina, chiunque essa sia.  Analizzando ciò che è successo, ci troviamo una vittima colpita con trentaquattro pugnalate e otto sprangate, parlo della Cherubini. La mamma del bambino è stata colpita con otto pugnalate e sprangate, la nonna del bambino con molte pugnalate e sprangate, a differenza del bambino che ha avuto una sola ferita alla gola, così come Frigerio, che è stato preso a colpi di spranga e pugnalate, una alla gola: il risultato è che tutte e cinque le vittime sono state colpite alla gola e le quattro adulte sono state “fracassate” con la spranga. La tecnica di sgozzamento, applicata a tutte e cinque le vittime, ci parla di una tendenza a colpire in quel modo particolare verso il bersaglio speciale e preferito della gola, che può fare parte di tradizioni ataviche, di un’abitudine, di un modus operandi aggressivo di attacco particolare originato da tradizioni particolari. Così come usare la spranga è una maniera punitiva primitiva e bestiale, perché si è ricevuta un’offesa gravissima e la si vuole lavare col “fracassamento altrui”. Constatiamo, inoltre, che i soggetti che hanno commesso questa strage, siano Olindo e Rosa, o altri soggetti ignoti, hanno anche bruciato la casa, sia per eliminare le tracce sia per vendetta come parte finale di un rituale primordiale, quindi questo ci porta anche a delle forme ancestrali ataviche, barbare, di distruzione, che significano: “… io vengo a casa tua, violento o fracasso e uccido tua moglie, uccido tuo figlio, brucio la casa se tu non ci sei e distruggo la tua famiglia e la tua progenie”: ebbene, tutto questo ci potrebbe portare all’interno di un regolamento di conti, o con la sola mamma del bambino, quindi Raffaella Castagna, o nei confronti di Azouz Marzouk. Avremmo quindi come  obiettivo primario della strage proprio la famiglia di Azouz, cioè la suocera, la moglie e il figlio, poi sono intervenuti i coniugi Frigerio (vittime impreviste e danni collaterali), che sono stati eliminati per tacitazione testimoniale, in quanto davano fastidio come testimoni. Il fatto che Frigerio non sia morto è stato “un inconveniente esecutivo”,  in quanto l’uomo aveva una malformazione congenita alla carotide, che lo ha salvato dal dissanguamento

Ora dobbiamo aspettare gli esiti di queste analisi scientifiche. Noi lo abbiamo sempre detto, che la scena del crimine deve essere analizzata sotto tutti gli aspetti, bisogna ipotizzare tutto quello che è possibile, non bisogna tralasciare nulla, e non bisogna prediligere una sola pista, perché se poi questa pista ci fa prediligere alcuni reperti utili solo alla nostra pista, ci fa discriminare l’azione analitico-scientifica, e questo è grave.

 

Cioè, un altro caso, come dice lei, di innamoramento della tesi accusatoria?

 

Sì, però qui c’è stata la maledetta simbiosi diabolica dell’innamoramento del sospetto  e innamoramento  della tesi accusatoria senza elementi totalizzanti. Una pista lasciava ipotizzare, a livello investigativo, che potessero essere stati  Olindo e Rosa, poi, a livello inconscio, il sospetto è stato spinto nei loro confronti ed ha coinvolto l’intero apparato investigativo. Io non dico che sono innocenti. Dico soltanto che tutto dev’essere analizzato. Devono essere effettuate tutte le analisi scientifiche, tutti gli accertamenti tecnici possibili. Se la difesa degli imputati chiede delle verifiche scientifiche, queste devono essere fatte, perché altrimenti  succede quello che è successo a Perugia [omicidio Meredith Kercher ndr.], dove il DNA è stato analizzato in un secondo momento, o all’Olgiata [omicidio Filo della Torre ndr.], dove il sangue è stato analizzato in un secondo momento. Bisogna fare tutto, maledetto  e subito, senza farsi fuorviare da convincimenti o da pregiudizi.

Non sono neanche state considerate le testimonianze di due testimoni oculari, che hanno riferito di aver visto dei soggetti di pelle scura, scendere dal terrazzino della casa di Castagna su via Diaz, e poi allontanarsi in direzione di Piazza del Mercato. In Piazza del Mercato altre persone hanno riferito di aver visto in orario concomitante con quello della strage, due persone di colore, in compagnia di un terzo soggetto di pelle chiara, presumibilmente italiano, viene da pensare che la dinamica degli omicidi sia stata: un ‘palo’, l’italiano, che aspetta di sotto, e i due che vanno di sopra, uccidono tutti quelli che trovano davanti e danno fuoco alla casa. Queste sono, lei giustamente non l’ha voluto dire, ma sono tecniche omicidiarie islamiche, come apprendiamo dai media. Quindi nei confronti di Marzouk.


Certo, io su questo sono pienamente d’accordo, ma ora dobbiamo vedere quello che ci vengono a dire le nuove analisi, che avrebbero dovuto essere effettuate immediatamente. Lei sa perfettamente che per quanto riguarda Bossetti io sono colpevolista, anche perché appena dopo il rinvenimento del cadavere della povera Yara Gambirasio, tracciai un profilo che si adattò completamente e immediatamente a Bossetti; però ho sempre detto che la Corte doveva disporre tutte le perizie che la difesa di Bossetti ha chiesto, più altre, perché quando si condanna una persona, la si deve condannare al di là di ogni ragionevole dubbio. Quindi in OGNI PROCESSO devono essere effettuati tutti gli accertamenti tecnici possibili, perché se non sono effettuati, poi ci piangeremo addosso.

Perciò, che cosa abbiamo notato, anche per la questione che lei ha detto, della presenza di  due persone di carnagione scura: essa si va a sovrapporre, a congiungere alla mia ipotesi  di sgozzamento per mano di soggetti adusi a tecniche del genere, e si sposa anche con la prima dichiarazione di Frigerio, che dice di aver visto l’assassino, uno con la carnagione olivastra. Poi piano piano questa carnagione olivastra si è sbiancata, ed è diventata quella di Olindo. Al che gli inquirenti, poiché avevano già una loro idea che potrebbe essere definita anche “ pregiudizio” – che si chiama ‘innamoramento del sospetto’, e diventa poi ‘innamoramento della tesi accusatoria’, un mio cavallo di battaglia, – cos’hanno fatto? Hanno applicato proprio il principio di Schopenauer. Questa è una cosa che ripeto sempre. Schopenauer dice: un’idea svolge nella testa la stessa vita di un organismo; prende e accetta soltanto ciò che le piace e che le conviene per prosperare e progredire, e rifiuta ogni altro elemento ed aspetto non gradito.  E qui è successa la stessa cosa. Poiché queste testimonianze non erano gradite all’ipotesi accusatoria, automaticamente sono andate a escludersi, e questo è quello che noi chiamiamo anche nella logica l’errore genetico. Cioè, andare a prendere soltanto ciò che è conveniente per la tesi in cui si crede, e rifiutare tutte le alternative perché non gradite.

A quanto riferisce l’avvocato Schembri, in questo pare abbia avuto una grossa responsabilità un investigatore dei Carabinieri. Penso che questa condotta sia piuttosto grave, se dimostrata,

Guardi, quando c’è un errore, o una inadeguatezza giudiziaria, è sempre colpa degli investigatori e del loro “metodo e sistema”, proprio perché gli investigatori o hanno tralasciato qualcosa, o si sono fatti fuorviare, o hanno sbagliato, o si sono innamorati del sospetto e della tesi e poi hanno agito in tal senso. Se facciamo una carrellata su tutti gli errori giudiziari italiani, o anche sulle investigazioni andate a finire male, ci accorgiamo che ci sono sempre l’errore investigativo e  l’inadeguatezza investigativa. Che può essere per l’innamoramento del sospetto e della tesi, può essere per non capacità totale di analisi criminale, può essere per pregiudizio, o per altri motivi.

Come sempre, l’analisi del professor Lavorino è lucida, completa, esauriente, metodica, meticolosa. Aspettiamo, a questo punto, che la Corte d’Appello di Brescia ospiti l’incidente probatorio disposto dalla Cassazione, e speriamo, dopo undici anni, che venga fatta luce sui troppi punti oscuri di questo crimine di una rara efferatezza, che, ad un occhio profano, mostra la mano di due o più professionisti dell’assassinio. Non è facile uccidere un altro essere umano, e ancor più difficile farlo in quel modo cruento e selvaggio, brutale, feroce, se non lo si è già fatto altre volte. Specialmente se si è modesti  operai impiegati in una ditta di smaltimento rifiuti, o donna delle pulizie.

Editoriali

Giornalismo, giornalettismo e giornalaismo: urge un fronte comune per arginare l’informazione pilotata

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Occorre tornare a suscitare opinione seriamente, a rimettere al centro le competenze e a spegnere e ignorare qualsiasi sensazionalismo

C’è l’urgenza e la necessità di fare fronte comune tra giornalisti seri e professionisti che credono nella deontologia professionale e dedicano il loro tempo agli approfondimenti e indagini per garantire il diritto all’informazione contro una malainformazione sempre più faziosa e sciatta.

Le trasmissioni tv “strillate” e costruite artatamente per portare avanti una propaganda o gogna mediatica contro il nemico di turno, i siti (soprattutto i locali territoriali) che si dedicano esclusivamente al copia e incolla al servizio del “padrone” di turno, i giornali pilotati dalla politica, la continua corsa spasmodica a caccia dello scoop stanno minando irreversibilmente una professione che va rimessa al centro con serietà e rigore prima che i lettori si ritrovino in una rete di pubblicità malsane e informazioni costruite che non rappresentano la realtà e non ricercano la verità sostanziale dei fatti.

Occorre tornare a suscitare opinione seriamente, a rimettere al centro le competenze e a spegnere e ignorare qualsiasi sensazionalismo. Ma vediamo di cosa stiamo parlando.

Nel panorama mediatico contemporaneo, la distinzione tra giornalismo, giornalettismo e giornalaismo diviene sempre più rilevante e complessa. Questi tre termini, pur avendo radici comuni, delineano sfaccettature diverse dell’informazione e della comunicazione, ognuna con le proprie caratteristiche e implicazioni.

Il giornalismo

Il giornalismo, nella sua forma più tradizionale, rappresenta l’attività professionale volta alla raccolta, alla verifica e alla diffusione di notizie attraverso mezzi di comunicazione di massa. Il giornalista, in questo contesto, opera secondo principi etici e professionali consolidati, come l’obiettività, l’imparzialità e l’accuratezza nella ricerca e nella presentazione delle informazioni. Il giornalismo tradizionale si basa su fonti verificate, ricerca approfondita e rispetto dei codici deontologici.

Il giornalismo è un pilastro fondamentale della democrazia e svolge un ruolo essenziale nel fornire informazioni accurate, analisi approfondite e dibattito pubblico. Questa professione si basa su principi etici e standard professionali volti a garantire l’obiettività, l’equilibrio e l’accuratezza nell’informare il pubblico.

Uno degli elementi chiave del giornalismo è la ricerca delle notizie. I giornalisti conducono indagini, intervistano fonti e raccolgono dati per fornire un quadro completo degli eventi e dei problemi che interessano la società. Questo processo richiede abilità come la capacità di ricerca, la curiosità intellettuale e la capacità di analizzare criticamente le informazioni.

Una volta raccolte le informazioni, i giornalisti devono verificarle accuratamente per assicurarsi che siano affidabili e veritiere. Questo processo di verifica coinvolge la conferma delle fonti, il controllo incrociato dei fatti e la ricerca di testimonianze multiple per confermare o confutare una storia. L’obiettivo è garantire che le informazioni fornite al pubblico siano il più possibile accurate e verificabili.

Oltre alla raccolta e alla verifica delle notizie, il giornalismo comprende anche la capacità di analizzare e interpretare gli eventi. I giornalisti forniscono contesto, prospettive e approfondimenti su questioni complesse, aiutando il pubblico a comprendere meglio il mondo che li circonda. Questo può includere reportage investigativi, reportage specializzati su argomenti come politica, economia, scienza e cultura, nonché l’analisi critica di eventi e tendenze.

Un altro aspetto cruciale del giornalismo è l’etica. I giornalisti devono operare secondo standard etici elevati, come l’onestà, l’integrità e il rispetto per la dignità umana. Questi principi guidano le decisioni editoriali, la gestione delle fonti e la presentazione delle notizie, contribuendo a mantenere la fiducia del pubblico nella professione giornalistica.

In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici e culturali, il giornalismo si sta evolvendo per adattarsi a nuove sfide e opportunità. Le piattaforme digitali e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui le notizie vengono create, diffuse e consumate, portando a nuove forme di giornalismo online, giornalismo partecipativo e giornalismo cittadino. Tuttavia, questi sviluppi presentano anche sfide come la diffusione di notizie false e la diminuzione delle entrate pubblicitarie per le organizzazioni giornalistiche tradizionali.

Il giornalismo copia e incolla

Esiste poi una forma di “giornalismo copia e incolla” consistente nella pratica giornalistica in cui i giornalisti o gli operatori dei media riproducono testi, informazioni o articoli da altre fonti senza apportare modifiche significative o senza verificarne l’attendibilità. Questa pratica può essere considerata una forma di plagio o una violazione dell’etica giornalistica, poiché non fornisce un valore aggiunto al pubblico e può diffondere informazioni errate o non verificate.

Il copia e incolla può avvenire per una serie di motivi, tra cui la mancanza di tempo o di risorse per condurre ricerche originali, la pressione per pubblicare rapidamente nuove notizie o la mancanza di rigore editoriale nel verificare le fonti e le informazioni. Tuttavia, questa pratica compromette l’integrità e la credibilità del giornalismo, minando la fiducia del pubblico nelle organizzazioni giornalistiche e nell’informazione in generale.

Per contrastare il giornalismo copia e incolla, è essenziale promuovere la responsabilità editoriale e l’etica giornalistica. I giornalisti devono essere incoraggiati a condurre ricerche originali, a verificare accuratamente le fonti e a fornire contesto e analisi alle notizie, anziché limitarsi a riprodurre informazioni senza critica. Le redazioni giornalistiche devono anche impegnarsi a stabilire procedure e standard rigorosi per garantire che le notizie pubblicate siano accurate, verificate e originali.

Nonostante le sfide, il giornalismo rimane un elemento essenziale della società democratica, svolgendo un ruolo critico nel garantire la trasparenza, la responsabilità e il dibattito pubblico. In un’epoca di crescente polarizzazione e disinformazione, il giornalismo di qualità è più importante che mai per garantire la salute e la vitalità della democrazia.

Il giornalettismo

Il giornalettismo è un termine utilizzato per descrivere una pratica giornalistica che si distingue per la sua superficialità, sensazionalismo e mancanza di rigore etico e professionale. Questo fenomeno si manifesta spesso attraverso la semplificazione e la drammatizzazione delle notizie, con un’enfasi sullo scandalo, sull’intrattenimento e sulla creazione di sensazioni forti piuttosto che sull’accuratezza e sulla completezza dell’informazione. Questa forma di comunicazione mediatica può essere spinta da interessi commerciali, politici o ideologici, sacrificando la completezza e l’accuratezza delle informazioni a favore dell’attrazione di pubblico e della generazione di click e visualizzazioni.

Una delle caratteristiche distintive del giornalettismo è il suo focus sulle notizie più spettacolari o sensazionali, a volte a discapito di questioni più rilevanti o complesse. Questo approccio può portare a una distorta percezione della realtà, in cui eventi minori o isolati vengono sovradimensionati mentre questioni cruciali vengono trascurate.

Il giornalettismo è spesso associato a una certa forma di giornalismo popolare, che cerca di attirare l’attenzione del pubblico attraverso titoli accattivanti, foto suggestive e articoli sensazionalistici. Questo tipo di giornalismo tende a privilegiare il lato emotivo delle storie piuttosto che la loro sostanza, incoraggiando una cultura di consumo veloce delle notizie piuttosto che una riflessione critica e approfondita.

Una conseguenza del giornalettismo è la perdita di fiducia nel giornalismo come istituzione e nel ruolo dei media come custodi dell’informazione pubblica. Quando le persone sono bombardate da notizie sensazionalistiche e spettacolari, possono diventare scettiche riguardo alla veridicità e all’attendibilità delle informazioni, alimentando la diffidenza nei confronti dei media e delle istituzioni democratiche in generale.

Il giornalettismo può anche avere implicazioni negative per il dibattito pubblico e il funzionamento della democrazia. Quando le notizie sono presentate in modo distorto o sensazionalistico, possono influenzare le opinioni e i comportamenti delle persone, portando a decisioni politiche o sociali basate su informazioni errate o parziali.

Per contrastare il giornalettismo e promuovere un giornalismo di qualità, è fondamentale sostenere e difendere il rispetto per i principi etici e professionali del giornalismo, come l’obiettività, l’imparzialità e l’accuratezza. Inoltre, i consumatori di notizie possono contribuire a contrastare il giornalettismo cercando fonti informative affidabili, valutando criticamente le notizie e cercando una varietà di punti di vista su un dato argomento.

Il giornalaismo

Infine, il giornalaismo rappresenta una nuova forma di produzione e diffusione di notizie che emerge dall’era digitale e dei social media. Caratterizzato dalla decentralizzazione della produzione e della distribuzione dell’informazione, il giornalaismo si basa spesso su fonti non tradizionali, come i social network, i blog e i forum online. Se da un lato questa democratizzazione dell’informazione ha contribuito a una maggiore diversità di voci e punti di vista, dall’altro ha anche sollevato preoccupazioni riguardo alla veridicità e all’affidabilità delle fonti, dato che spesso mancano i controlli e le verifiche tipiche del giornalismo tradizionale.

Il termine “giornalaismo” potrebbe essere una creazione linguistica che si riferisce a un’evoluzione o a una variante specifica del giornalismo, magari connotata da caratteristiche distintive rispetto alla pratica tradizionale del giornalismo.

Tuttavia, se intendiamo trattare questo termine come una fusione tra “giornalismo” e “alaismo”, potrebbe essere interessante esplorare come l’alaismo, in politica, si riferisce a un’ideologia o un movimento che cerca di seguire la dottrina o le politiche di un leader carismatico, adattandole o interpretandole a seconda delle circostanze o delle necessità del momento.

Quindi, se applichiamo questa concezione al giornalismo, potremmo ipotizzare che il “giornalaismo” sia una pratica giornalistica che segue o promuove le idee, le politiche o l’agenda di un individuo, di un gruppo o di un’ideologia specifica, piuttosto che aderire ai principi tradizionali di obiettività, imparzialità e verifica delle fonti.

In un contesto simile, il giornalaismo potrebbe essere caratterizzato da una marcata parzialità, sensazionalismo e mancanza di rigore nel fornire informazioni. Questo tipo di giornalismo potrebbe essere utilizzato per promuovere un’agenda politica o ideologica specifica, manipolando o distorcendo le informazioni per adattarle a una narrativa predefinita.

È importante sottolineare che, sebbene questa interpretazione del termine “giornalaismo” possa avere delle implicazioni negative, non rappresenta l’intera gamma di pratiche giornalistiche. Il giornalismo etico e professionale rimane fondamentale per garantire l’informazione accurata e la salvaguardia della democrazia.

La diffusione dei social media e delle piattaforme online ha inoltre alimentato la proliferazione di fenomeni quali le fake news, l’echo chamber e la polarizzazione dell’opinione pubblica. Questi sviluppi pongono nuove sfide per il giornalismo, che deve adattarsi a un ambiente mediatico sempre più frammentato e competitivo, senza compromettere l’integrità e l’attendibilità dell’informazione.

In conclusione, il giornalismo, il giornalettismo e il giornalaismo rappresentano tre approcci diversi alla comunicazione mediatica, ciascuno con le proprie caratteristiche e implicazioni. Mentre il giornalismo tradizionale cerca di garantire l’accuratezza e l’obiettività delle informazioni, il giornalettismo e il giornalaismo possono privilegiare sensazionalismo e semplificazione a scapito della qualità dell’informazione.

In un’era in cui la tecnologia e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui consumiamo e produciamo notizie, è essenziale riflettere sulle implicazioni di questi cambiamenti per il futuro del giornalismo e della democrazia.

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Editoriali

Da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni: 80 anni di percorso tra continuità e cambiamenti della destra italiana

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La politica italiana ha sempre ospitato una serie di correnti e movimenti, con la destra che ha attraversato varie fasi e trasformazioni nel corso del tempo. Da Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI), a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia (FdI), la destra italiana ha attraversato un percorso complesso, caratterizzato da cambiamenti ideologici, sociali e politici.

L’eredità di Giorgio Almirante e il Movimento Sociale Italiano (MSI)

Giorgio Almirante è stato una figura di spicco della destra italiana nel secondo dopoguerra. Come fondatore e leader del MSI, Almirante incarnava un nazionalismo conservatore e anti-comunista. Il MSI, nato nel 1946, era erede del Partito Fascista di Benito Mussolini e rappresentava un’ala estrema della politica italiana. Tuttavia, negli anni ’70 e ’80, sotto la guida di Almirante, il MSI cercò di rinnovare la sua immagine, cercando di allontanarsi dall’etichetta di “fascista” e di inserirsi nel panorama politico mainstream.

Il passaggio dall’MSI a Alleanza Nazionale

Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo, la destra italiana subì un cambiamento significativo. Nel 1995, il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale (AN), sotto la leadership di Gianfranco Fini. Fini cercò di allontanare il partito dagli elementi più estremisti e fascisti, adottando una retorica più moderata e democratica. AN divenne parte integrante del sistema politico italiano, entrando a far parte di coalizioni di governo e accettando i principi della democrazia pluralista.

La rinascita della destra con Fratelli d’Italia

Tuttavia, il vento della destra italiana ha continuato a soffiare, e nel 2012 è stato fondato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (Fdl-AN), guidato da Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa. Il partito si è posizionato come l’erede ideologico dell’AN e ha abbracciato un nazionalismo conservatore e identitario. Meloni, in particolare, ha portato una ventata di freschezza alla destra italiana, attrattiva soprattutto per i giovani e per coloro che si sentono trascurati dalle élite politiche tradizionali.

L’ascesa di Giorgia Meloni e la nuova destra italiana

Giorgia Meloni, nata nel 1977, rappresenta una nuova generazione di leader della destra italiana. Con una retorica forte e decisa, Meloni ha saputo capitalizzare sul malcontento verso l’establishment politico e sulle preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale. Fratelli d’Italia ha ottenuto risultati significativi nelle elezioni politiche, consolidando la sua posizione come uno dei principali partiti di destra in Italia.

La destra italiana nel contesto europeo

Il percorso della destra italiana, da Almirante a Meloni, riflette anche le tendenze più ampie all’interno della destra europea. La crescente preoccupazione per l’immigrazione, l’identità nazionale e la sovranità statale ha alimentato la salita di partiti di destra in molti paesi europei. Tuttavia, ciascun paese ha le sue specificità e la sua storia politica unica, che influenzano il modo in cui la destra si presenta e agisce.

La Frammentazione della Destra Italiana: Un’Analisi Politica

La politica italiana è stata da sempre caratterizzata da una molteplicità di partiti e movimenti, ognuno con la propria ideologia e visione politica. Tra questi, la destra italiana non è stata immune dalla frammentazione, che ha avuto un impatto significativo sul paesaggio politico del Paese.

Origini della Frammentazione

Per comprendere appieno la frammentazione della destra italiana, è necessario analizzare le sue origini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha visto la nascita di una serie di partiti politici di destra, che spaziavano dall’estrema destra nazionalista a movimenti conservatori più moderati.

Tuttavia, nel corso degli anni, la destra italiana ha subito numerose scissioni e divisioni interne, spesso dovute a conflitti personali, divergenze ideologiche e lotte di potere. Questi fattori hanno contribuito alla creazione di una serie di partiti e movimenti di destra, ognuno con il proprio leader carismatico e seguaci devoti.

Le Principali Fazioni

La frammentazione della destra italiana ha portato alla creazione di diverse fazioni e gruppi politici, ciascuno con le proprie caratteristiche e obiettivi. Tra i principali vi sono:

  1. Forza Italia: Fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia è stato uno dei principali partiti di centro-destra in Italia per diversi decenni. Tuttavia, nel corso degli anni, il partito ha subito diverse scissioni e ha visto la nascita di nuove formazioni politiche.
  2. Lega Nord: Originariamente un movimento separatista del Nord Italia, la Lega Nord si è trasformata in un partito nazionale di destra sotto la leadership di Matteo Salvini. La Lega Nord è nota per le sue posizioni anti-immigrazione e euroscettiche.
  3. Fratelli d’Italia: Un partito di destra nazionalista fondato da Giorgia Meloni nel 2012, Fratelli d’Italia è diventato uno dei principali attori della destra italiana. Il partito si basa su un nazionalismo conservatore.
  4. Movimento Sociale Italiano (MSI): Originariamente un partito neofascista fondato nel dopoguerra, il MSI è stato successivamente trasformato in Alleanza Nazionale e infine assorbito da Forza Italia. Tuttavia, una parte dei suoi ex membri ha continuato a operare all’interno di movimenti di estrema destra.

Impatto sulla Politica Italiana

La frammentazione della destra italiana ha avuto un impatto significativo sulla politica del Paese. Innanzitutto, ha reso difficile per la destra italiana presentare un fronte unito e coeso, spesso conducendo a coalizioni fragili e instabili.

Inoltre, la frammentazione ha alimentato la polarizzazione politica in Italia, con i vari partiti di destra che competono per attirare l’elettorato con discorsi populisti e promesse di cambiamento. Questo ha contribuito a una maggiore instabilità politica e ha reso difficile per il Paese affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.

Prospettive Future

Il futuro della destra italiana rimane incerto, con molte domande sulla sua capacità di unirsi e presentare un fronte coeso. Tuttavia, con l’aumento del nazionalismo e del populismo in Europa, è probabile che la destra italiana continui a giocare un ruolo significativo nella politica del Paese. In conclusione, la frammentazione della destra italiana è stata una caratteristica persistente della politica italiana, con profonde implicazioni per il Paese nel suo complesso. Mentre la politica italiana continua a evolversi, sarà interessante osservare come la destra italiana si adatterà e influenzerà il futuro del Paese.

Conclusioni

Il percorso della destra italiana da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni è stato caratterizzato da continuità e cambiamento. Mentre alcuni principi fondamentali, come il nazionalismo e il conservatorismo, sono rimasti costanti, il modo in cui questi principi sono stati interpretati e presentati è cambiato nel corso degli anni. Con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la destra italiana si trova oggi in una fase di rinnovato vigore e ambizione, giocando un ruolo sempre più centrale nel panorama politico nazionale.

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Costume e Società

Famiglie allargate si o no?

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Le ricerche sociologiche, oggi, vedono un forte cambiamento nell’assetto familiare. Tale condizione ha origine sia da un mutamento nel concetto di genitorialità che nel ruolo della famiglia all’interno della società: cambiano le persone, si modificano le strutture familiari, mutano le coppie, si spostano gli interessi di ogni singolo individuo, passando dalla condivisione all’individualizzazione.

Molti aspetti legati alla natura psicologica del singolo soggetto subiscono un cambio repentino: si pensa più a sé stessi che agli altri. In questo scenario, siamo di fronte a molte trasformazioni che vanno ad incidere, inevitabilmente, sulla composizione della famiglia stessa.

Quello che cambia oggi rispetto a circa 50 anni fa è legato alle cause della nascita delle nuove famiglie “allargate”, “ricomposte” o “ricostituite. Mentre un tempo le famiglie ricostituite si formavano dopo la morte di un coniuge, dagli anni ‘70, invece, con la possibilità anche in Italia di ricorrere a separazione e divorzio, si sono verificati cambiamenti sociali e culturali che hanno portato ad una nuova struttura di queste famiglie.

Le famiglie “allargate”, ovvero le famiglie composte da due partners che hanno vissuto l’esperienza della fine di un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro, hanno la caratteristica di avere confini più labili e incerti rispetto alla famiglia “tradizionale”, sia in termini biologici che legali. I processi relazionali sono sicuramente più complessi, sia nella comprensione che nella gestione, sono flessibili e hanno un inizio e un’evoluzione molto rapida.

Le famiglie ricostituite sono state definite “cespugli genealogici”, per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale. Mentre alcuni studiosi non appoggiano totalmente questi cambiamenti, altri fanno fronte alle nuove forme familiari che non possono essere ignorate, ma devono essere comprese e sostenute.

Le famiglie ricostituite vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare dei compromessi per affrontare insieme nuove situazioni.
Gli studi affermano che i precedenti rapporti coniugali e la loro chiusura siano stati rielaborati, con una buona definizione delle attuali relazioni e con confini chiari, in modo che i partner possano iniziare un nuovo rapporto senza rancori passati. È importante che i figli non abbiano un atteggiamento oppositivo verso il nuovo partner, sperando in una riappacificazione tra i suoi genitori. Questo sarà direttamente proporzionale ai livelli di chiarezza e definizione raggiunti.

L’età dei figli è importante: i bambini in età prescolare potrebbero manifestare regressioni, nascondendo il desiderio di farsi accudire. Per i ragazzi la necessità di conferme da parte del genitore biologico potrebbe invece lasciare il posto alla rabbia verso il genitore acquisito, soprattutto nella fase adolescenziale, all’interno della quale avviene il processo di costruzione della loro identità e questo totale mutamento potrebbe essere percepito come un ostacolo.
In questa fase, per i figli, il formarsi di una famiglia allargata, sancisce definitivamente la fine della relazione tra i genitori biologici, e spesso questo può portare alla paura inconscia che affezionandosi al genitore acquisito, in qualche modo si “tradisca” quello biologico. La causa che ne consegue è che ciò potrebbe portare i figli ad allearsi con quest’ultimo e sviluppare un senso di protezione morboso.

In ogni caso la genitorialità è ancora più difficile poiché i genitori dovranno imparare a gestire eventuali conflitti e gelosie tra i fratelli acquisiti. Nelle famiglie allargate è opportuno costruire nuove identità familiari, nuove stabilità ed equilibri.
A tale proposito, non si può dare una risposta definitiva alla domanda “Le famiglie allargate sì o no?”, poiché essendo in continua espansione necessitano di sostegno e di supporto. Sicuramente nelle famiglie ricostituite possono innescarsi situazioni particolari, ma dare una “valutazione” negativa o positiva non è certo il modo migliore per andare verso un processo di accettazione.

Di concerto, le famiglie ricostituite possono racchiudere al loro interno grandi risorse ed elementi di ricchezza per tutti i componenti, i quali si troveranno a contatto con abitudini, tradizioni, modelli e storie diverse dalle proprie.

Tutto questo, se integrato con nuovi “ingredienti” e abitudini comuni diviene un elemento fondamentale per la crescita e il benessere di tutti, portando alla costruzione di nuovi equilibri.

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