PAKISTAN: 50 MORTI DOPO UNO SCONTRO TRA AUTOBUS E CAMION CISTERNA

di Maurizio Costa

Pakistan – Un autobus si è schiantato contro un camion cisterna pieno di benzina. Subito dopo lo schianto, entrambi i mezzi hanno preso fuoco e i morti accertati sono più di 55. Il bus sarebbe stato travolto dal camion e la strage è stata inevitabile.

Secondo le prime rilevazioni, l'autobus era sovraffollato e le norme di sicurezza erano bassissime. La pratica di riempire i mezzi pubblici fino all'estremo, in Pakistan, è molto frequente. La polizia pakistana afferma che l'incidente sarebbe stato causato da un'imprudenza dell'autista del camion cisterna, che si sarebbe distratto e avrebbe centrato in pieno l'autobus pieno di persone.

Gli incidenti in Pakistan sono frequentissimi: secondo alcune stime, ne avvengono 9.000 l'anno, causando più di 4.500 morti. 




PARIGI: DUE MILIONI DI PERSONE PER DIRE NO AL TERRORISMO

di Maurizio Costa

Parigi – Il popolo francese si schiera contro il terrorismo e sfila in piazza per dimostrare al mondo che gli attentati non fermeranno la libertà di stampa. Più di un milione e mezzo di persone stanno percorrendo le vie parigine offrendo uno spettacolo unico. Il corteo è cominciato da Place de la Republique e continuerà per tutta la giornata di domenica. Come avvenuto anche nei giorni scorsi in varie città europee, migliaia di matite sono state alzate dai manifestanti, un gesto che è diventato il simbolo della libertà di stampa dopo la strage di Charlie Hebdo. Non vengono dimenticate neanche le persone morte i giorni successivi, tra le quali una vigilessa e degli ostaggi del negozio kosher del quartiere ebraico di Parigi.

Molti capi di stato hanno partecipato alla marcia: Hollande e Sarkozy per primi; il palestinese Abu Mazen e l'israeliano Benjamin Netanyahu; anche Petro Poroshenko, il primo ministro ucraino, e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov hanno partecipato alla manifestazione, sebbene la situazione in Ucraina sia ancora instabile; il re Abdallah II di Giordania con  la regina Rania e il premier turco Ahmet Davatoglu; infine anche Angela Merkel e Matteo Renzi hanno sfilato per le vie parigine.

Intanto, i ministri degli Interni statunitense e Ue hanno partecipato ad un meeting per cercare di mettere a punto delle nuove misure di sicurezza internazionale per arginare il problema del terrorismo.

Non sono mancate, però, le polemiche: non è stata gradita la presenza del ministro russo e del premier turco, che hanno partecipato alla manifestazione sebbene le rispettive nazioni non rispettino appieno la libertà di stampa.




ROMA, CHARLIE HEBDO: LE MATITE SI MOLTIPLICANO PER LA LIBERTA' DI STAMPA E DI ESPRESSIONE


[ VIDEO INTERVISTA NICOLA ZINGARETTI ]

[ VIDEO INTERVISTA GIOVANNI TOTI ]

[ VIDEO INTERVISTA MAURIZIO GASPARRI ]

[ VIDEO INTERVISTA KHALID CHAUOKI ]

 

di Maurizio Costa

Roma – Una piazza Farnese piena di luci, con centinaia di persone che gridano alla libertà di stampa, all'uguaglianza tra i popoli e alla fraternità tra Italia e Francia: con questa immagine, Roma ha mostrato tutta la vicinanza al popolo francese dopo la strage di Charlie Hebdo, un attentato di matrice islamica che ha portato alla brutale uccisione di 12 persone. Tra i morti ci sono 4 vignettisti della testata di Parigi, rea solamente di aver fatto satira su argomenti che riguardavano il popolo islamico e la religione di Allah.

Centinaia di persone hanno alzato le loro matite in segno di protesta per far capire che la libertà di esporre i propri pensieri è sacrosanta. La fiaccolata organizzata a Roma è stato un successo di fratellanza e di coesione, di uguaglianza davanti a un bene comune: la libertà. Alcuni cartelloni recitano la famosa frase “io sono Charlie”, diventata ormai il cavallo di battaglia di tutti coloro che si sentono vicini a quei poveri vignettisti uccisi a Parigi. In piazza Farnese erano presenti anche alcuni francesi, che hanno cantato ininterrottamente l'inno nazionale, baluardo fondamentale dei diritti che sorreggono la repubblica di Parigi.

Presenti anche centinaia di giornalisti italiani, che hanno voluto così far sentire tutta la vicinanza al popolo francese. A tal punto che, verso la fine della fiaccolata, dalle finestre dell'ambasciata di Francia sono stati esposti fogli con la scritta “merci”: un grazie che vale più di mille parole.

La Camera dei Deputati, inoltre, ha interrotto per un'ora i lavori per permettere ai vari parlamentari di partecipare alla manifestazione. Un gesto che non è piaciuto a tutti: i vari Gasparri, Chaouki, Toti e altri sono stati accolti con applausi ironici. La fiaccolata non doveva diventare una passerella politica.

Dai vari capannelli che formavano la piazza si alzavano voci di indignazione, protesta e sgomento; alla fine, anche l'Inno di Mameli si è unito a quello francese, in un mix che ha rappresentato il vero spirito di questa fiaccolata. Le candele accese, spesso strumentalizzate dai media, si muovevano per la piazza come fuochi indipendenti ma portati da persone che la pensano allo stesso modo: morire così è ingiusto e in un paese “strano” come l'Italia, per quel che riguarda la libertà di stampa, dobbiamo combattere tutti i giorni per non far ripetere una situazione del genere. Non c'entra l'Islam o Maometto: poter scrivere quello che si pensa è la base della democrazia e del libero pensiero.

Alla fine, le candele quasi spente sono state messe per terra. L'immagine aveva quello spirito lugubre, che si avvicina alla morte, ma una morte strana, che ancora mantiene un barlume di luce. L'attentato di Parigi è stato gravissimo ed ha portato all'uccisione di 12 persone, ma una speranza ancora c'è. La voglia di far sentire la propria voce è grande e sicuramente ha diminuito le distanza tra due popoli profondamente diversi. Nelle tragedie c'è sempre fratellanza.

Siamo tutti Charlie, oggi.

[ VIDEO INTERVISTA NICOLA ZINGARETTI ]

[ VIDEO INTERVISTA GIOVANNI TOTI ]

[ VIDEO INTERVISTA MAURIZIO GASPARRI ]

[ VIDEO INTERVISTA KHALID CHAUOKI ]




ROMA: MAZZETTE E CORRUZIONE PER EVITARE CONTROLLI EDILIZI

di Maurizio Costa

Roma – La Guardia di Finanza della capitale ha accusato 28 persone di corruzione e concussione in un giro di mazzette che sarebbero servite a evitare controlli edilizi a imprese e privati. Tra i fermati ci sono 10 funzionari pubblici, 13 imprenditori e 5 professionisti, che, in cambio di 1.000 o 1.500 euro, si sarebbero accordati illecitamente, omettendo atti e controlli.

Questa operazione, denominata “Vitruvio”, ha portato anche a 40 perquisizioni in abitazioni private e in uffici pubblici della capitale. Infatti, il giro di tangenti avrebbe interessato l'Ispettorato edilizio del XIV Municipio di Roma e l'Asl Roma E. Gli ispettori, che avrebbero dovuto controllare irregolarità edilizie, in cambio di soldi, avrebbero omesso di verificare abusi edilizi che regolarmente sarebbero stati commessi dagli imprenditori.

Inoltre, i funzionari pubblici sono accusati di aver consigliato agli imprenditori “amici” alcune modifiche illecite per trarre il massimo profitto dai cantieri. Tra le accuse, questi lavoratori comunali avrebbero anche compiuto gravi irregolarità nelle pratiche di concessione delle autorizzazioni per l'allaccio alla rete fognaria.

Dopo un giro di intercettazioni, pedinamenti e rilevamenti nella contabilità, la Guardia di Finanza ha riscontrato pratiche illegali anche allo Spresal (Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) dell'Asl Roma E. In questo caso, le mazzette sarebbero servite per passare sopra alle irregolarità che caratterizzavano la sicurezza negli ambienti di lavoro.

Tra le 28 persone fermate, alcune sono detenute al Regina Coeli (Roberto Biagini e i funzionari municipali Stefano Urbinati, Simone Casale, Giovanni Grillo, Maurizio Paiella e Marcello Fioravanti); 16 agli arresti domiciliari (Gianluca Sicari, Gianfranco Morani, Sandro Costantini, Rodolfo Ercolani, Claudio Pompei, Franco De Angelis, Giovanni Ceci, Andrea Dionisi, Guido Bizzarri, Costantino D'Amico, Giacomo Ceccarelli e i funzionari Andrea Costa, Claudio Guidi, Maurizio Sabatini, Franco Di Carlo e Claudio Rantazzi).

Nei registri delle intercettazioni telefoniche risulterebbe che anche altri Municipi capitolini sono interessati nel giro di mazzette.




POMEZIA: LA VIA ARDEATINA INVASA DAI RIFIUTI INDUSTRIALI

di Maurizio Costa

Pomezia (RM) – Una delle arterie più importanti della città di Roma da mesi è immersa nel degrado totale: parliamo della via Ardeatina, che da decine di giorni viene utilizzata come discarica a cielo aperto. Ogni giorno, incivili scaricano di tutto sul ciglio della strada: dall'immondizia agli scarti alimentari. Anche le piccole e medie industrie, però, invece di smaltire i propri scarti presso ditte specializzate, preferiscono lasciare cataste di rifiuti sul ciglio della strada.

La zona dove vengono scaricate queste scorie è anche molto trafficata: centinaia di autovetture e di camion percorrono giornalmente questo tratto di Ardeatina, che collega uno dei poli industriali più importanti della zona di Pomezia.

Tra i rifiuti abbandonati si intravedono dei pneumatici enormi, dei tubi di plastica sicuramente di derivazione industriale, dei laminati di ferro e anche degli scarti ferrosi di dubbia provenienza. Tra questi troviamo anche rifiuti privati, come sacchi di plastica domestici e rifiuti organici.

Più avanti, verso le rotatorie di Campoleone, un'altra discarica a cielo aperto campeggia in uno slargo isolato. Qui, l'Ardeatina Bis, inaugurata qualche mese fa, versa in una situazione pietosa. In questo caso, centinaia di buste di toner usati sono state abbandonate sul bordo della strada da qualche azienda limitrofa. Certamente non si tratta di scarti domestici. In questa zona, fino a qualche mese fa, erano presenti anche laminati di amianto, che sono stati evidentemente smaltiti.

La situazione è molto grave e aggrava le condizioni di zone già densamente colpite da problemi quali l'immigrazione, la prostituzione e l'elevata viabilità. Seguiremo le vicende per cercare di sollecitare la risoluzione del problema.




CADE IL GOVERNO GRECO: NUOVE ELEZIONI IL 25 GENNAIO

di Maurizio Costa

Grecia – Il parlamento ellenico ha votato tre volte per le elezioni del presidente della repubblica e non è riuscito a eleggere il nuovo capo di stato. Per questo, secondo la legge, Antonis Samaras, il premier greco, sarà costretto a sciogliere le camere e ad indire nuove elezioni per cambiare i vertici parlamentari.

Il voto politico si terrà il 25 gennaio, data fondamentale per il corso che intraprenderà una delle nazioni più colpite dalla crisi internazionale. La paura di Samaras è che Alexis Tsipras, leader del partito Syriza, fortemente contrario alle politiche di austerità europee, possa vincere le elezioni e allontanare la Grecia dalle politiche comunitarie.

Stavros Dimas, il candidato presidente della repubblica proposto da Samaras, ha ottenuto 168 voti su 180 necessari per raggiungere la soglia. Le votazioni si sono tenute per ben tre volte e il parlamento non è riuscito a superare lo scoglio dell'incertezza.

La borsa di Atene, già duramente colpita nei giorni scorsi, ha perso il 10,7% dopo le votazioni parlamentari.

Le forti incertezze che stanno caratterizzando la politica greca potrebbero portare ad un nuovo corso: se dovesse vincere Tsipras, candidato numero uno per succedere a Samaras, la Grecia potrebbe rinegoziare le norme imposte dall'Europa per uscire dalla crisi. D'altro canto però, la Grecia in questi anni ha ricevuto più soldi dall'Europa rispetto a quelli versati come tutti i paesi membri. Uno strappo con l'Ue potrebbe gettare la Grecia in una crisi ancor più grave di quella attuale.




USA: POLIZIOTTO UCCIDE GIOVANE AFROAMERICANO

di Maurizio Costa

Usa – Un poliziotto ha ucciso un ragazzo di colore a Berkeley, colpendolo con diversi colpi di pistola. Il ragazzo ucciso, Antonio Martin, un diciottenne della zona, si sarebbe opposto ad un normale controllo di routine della polizia e avrebbe estratto una pistola.

Secondo la famiglia, invece, Antonio si sarebbe trovato insieme alla fidanzatina. Il fatto è avvenuto alle 23.15, ora locale: il poliziotto stava facendo un normale controllo presso un distributore di benzina quando ha visto due ragazzi. Uno di loro avrebbe tirato fuori una pistola e l'agente, sentendosi in pericolo, avrebbe sparato e ucciso il diciottenne afroamericano.

La polizia avrebbe recuperato l'arma del ragazzo ucciso. Un cordone di agenti ha protetto la zona, subito assediata da centinaia di manifestanti. Il fatto è avvenuto a pochi chilometri da Ferguson, divenatata famosa dopo l'uccisione di un altro ragazzo nero, solamente pochi mesi fa.

"Cosa avrebbe fatto il ragazzo per meritarsi questo?" continuano a ripetere i manifestanti. La ragazza di Antonio si rifiuta di parlare.

La situazione negli Usa sta diventando insostenibile: lo stato più democratico del mondo continua ad uccidere ragazzi neri senza nessun motivo. Obama dovrà prendere delle decisioni importanti per porre fine a questa carneficina.




ALMENO 60 GIORNALISTI SONO STATI UCCISI NEL 2014 IN ZONE DI GUERRA

di Maurizio Costa

 

Sono almeno 60 i giornalisti morti in territori di guerra nel 2014. Il dato è stato fornito dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti. Un quarto di loro sono corrispondenti internazionali, ma quelli che rischiano di più sono i freelance che lavorano localmente, meno protetti e meno rinomati.
 
Rispetto all'anno precedente, il numero dei giornalisti morti in zone di guerra è diminuito di 70 unità, ma le cifre degli ultimi tre anni sono le più alte dal 1992, anno in cui il comitato ha iniziato le sue attività.
 
Tra tutti i conflitti che hanno caratterizzato quest'anno, il più pericoloso per la categoria dei giornalisti è stato quello in Siria, che ha causato ben 17 morti tra freelance e corrispondenti di guerra. Dall'inizio dei combattimenti, i giornalisti uccisi sono addirittura 79. In Siria sono avvenute le due uccisioni da parte dell'Isis di James Foley e Steven Sotloff, freelance decapitati brutalmente davanti alle telecamere dell'autoproclamato califfato islamico.
 
Anche il conflitto in Ucraina tra separatisti filorussi e governo statale ha causato 5 vittime tra i giornalisti. Molti di loro sono stati uccisi per sbaglio, ma il confine tra volontà e casualità è molto sottile durante una guerra.
 
I cinquanta giorni di guerra tra Israele e Palestina nella Striscia di Gaza hanno provocato la morte di 4 corrispondenti e di tre operatori dei media internazionali. Anche conflitti meno famosi, avvenuti in Paraguay e in Myanmar, hanno causato la morte di alcuni freelance.
 
Gli addetti della stampa, in zone di guerra, sono sempre provvisti di casacche che contraddistinguono i giornalisti dai civili, ma questo sembra non bastare per salvare la vita di alcune persone che stanno solamente svolgendo il loro lavoro. Senza contare che anche l'ebola ha causato la morte di tre giornalisti in Guinea.



ROMA, UN "CADAVERE" A SAN PAOLO: ACCORDO SCELLERATO TRA COMUNE E PRIVATI

di Maurizio Costa

Roma – Una struttura abbandonata nel centro del quartiere San Paolo immersa nel totale degrado, nell'incuria e nel disinteresse dell'amministrazione capitolina. Parliamo dell'albergo fantasma costruito dalla società “Acqua Marcia” e da Mezzaroma, che hanno edificato la struttura dopo aver stabilito una convenzione con il comune di Roma.

Un enorme palazzo bianco, coperto da graffiti variopinti e occupato spesso da persone che non possiedono una casa: l'ex albergo si presenta così, come un contenitore vuoto che avrebbe dovuto ospitare turisti e avventori e che invece rovina l'intero quartiere. Le finestre ancora ci sono, sebbene siano tutte aperte. Vandali e ladri hanno rubato molte parti dell'impianto elettrico che si trovavano all'interno della struttura e adesso i cittadini non sopportano più la vista del “mostro bianco”.

Anche il comune di Roma, però, ha le sue responsabilità. Infatti, nel 2004, sotto la giunta di Walter Veltroni, l'amministrazione stipula una convenzione che avrebbe permesso la costruzione, da parte dei privati, di strutture come l'albergo. In cambio, il comune aveva richiesto, sempre da parte delle aziende che avrebbero costruito questi stabili, la creazione di aree verdi, parcheggi sotterranei, di un circolo bocciofilo e di un asilo nido. Alla fine, l'albergo è stato costruito ma mai ultimato, e il comune non ha ricevuto in cambio nulla, se non un'area deturpata dal “bidet”, nome dato dai cittadini all'ex albergo.

L'ordinanza:

Il Municipio VIII, dopo le occupazioni abusive e visto la stato dello stabile, aveva ordinato alla società “Acqua Marcia” di provvedere alla messa in sicurezza della struttura, con l'obiettivo di terminarla e di recintarla a dovere. Ad oggi, la situazione è sempre la stessa e nessuno si è mosso per sistemare la zona.


La convenzione:

L'accordo tra il comune e i privati per il recupero del quartiere San Paolo prevedeva costruzioni per 150.000 metri cubi. I privati non hanno mantenuto gli accordi e la situazione è quella che si presenta agli occhi di tutti. Acqua Marcia e le altre imprese avrebbero dovuto costruire anche un sottopasso sotto la via Cristoforo Colombo, che non è mai stato fatto.

La stipula di questa convenzione ha gravato anche sulle casse comunali:

I privati dovrebbero ancora versare 21 milioni di euro al comune di Roma, mentre l'amministrazione ha già pagato 600.000 euro per avviare le procedure cautelative in ragione della pubblica incolumità. Nella convenzione, che risulta essere poco chiara, si legge che il comune di Roma “intende assumere il ruolo di coordinamento del processo attuativo, in qualità di stazione appaltante, procedendo eventualmente al diretto finanziamento delle opere previste, con proprie risorse”. Quindi, anche l'amministrazione avrebbe dovuto spendere soldi di tasca propria.
Il progetto di costruzione di 2262 posti auto è fallito insieme a quello di rifacimento dell'ex deposito Atac di San Paolo, che tutt'oggi versa in condizioni pietose. Un progetto da 85 milioni di euro, che però sarebbero stati coperti solamente in parte dai privati, per una quota di 38 milioni.

Una convenzione sbagliata in partenza, che avrebbe comunque pesato sulle casse del comune. L'albergo abbandonato si trova ancora lì: l'“Acqua Marcia”, intanto, è fallita e i cittadini non ne possono più.




LA GRECIA SPAVENTA L'EUROPA

di Maurizio Costa

Il premier greco, Antonis Samaras, anticipa a dicembre l'elezione del presidente della repubblica e mette in lizza il suo candidato, Stavros Dimas, che però potrebbe non essere votato dalla maggioranza del parlamento ellenico. Se il governo greco dovesse crollare non riuscendo a raggiungere la maggioranza dei deputati all'elezione del nuovo presidente, Samaras potrebbe decadere e con lui la stabilità della Grecia. In caso di nuove elezioni di governo potrebbe vincere Alexis Tsipras, contrario a qualsiasi austerità europea. Questa instabilità greca ha affossato la Borsa di Atene, che ha perso il 12,78%, il dato peggiore in 27 anni. Se la Grecia dovesse uscire dal controllo della Troika dell'Ue, le conseguenze potrebbero creare una valanga in stile domino in tutti i paesi europei contrari all'austerità di Bruxelles. Prima tra tutti l'Italia, che già è stata bacchettata dalla Merkel per non aver "attuato misure addizionali adeguate a fronteggiare rischi identificati". Renzi ha già intenzione di tagliare lo 0,1% del Pil, invece dello 0,5%, per colmare il debito pubblico: una quota molto bassa che mette in agitazione i piani alti dell'Unione. Anche la Francia potrebbe rivoltarsi, visto che ha già annunciato che non scenderà sotto il 3% del rapporto deficit/Pil nemmeno nel 2015. La Grecia, aiutata dall'Europa dopo la grave crisi che ha portato un lungo periodo nero per l'economia, potrebbe rinascere dalle sue stesse ceneri, ma la Borse e soprattutto l'Ue non crede che possa farlo distaccandosi dai programmi di austerità. In tutto questo, l'Europa sembra capire il disagio e prova, in qualche modo, ad elogiare il lavoro di Francia e Italia, per non rischiare l'effetto domino che potrebbe instaurare la Grecia: "L'Italia ha appena approvato una impressionante riforma del lavoro, e anche la Francia sta accelerando le riforme". Sarà anche vero, ma la tensione dell'Unione è elevata e la Grecia sembra non volersi piegare più a Bruxelles.




ROMA: 37 ARRESTI PER MAFIA E APPALTI COMUNALI TRUCCATI

di Maurizio Costa

Roma – Dopo due anni di indagini, l’operazione denominata “Mondo di mezzo” ha portato i suoi frutti: 37 persone sono state arrestate per associazione di stampo mafioso. I Ros hanno verificato irregolarità nella concessione di appalti comunali e nello stanziamento di finanziamenti pubblici erogati dal comune di Roma e dalle municipalizzate capitoline. Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio.

A capo di tutta l’organizzazione sarebbe l’ex terrorista dei Nar, Massimo Carminati. Anche l’ex presidente dell’Ente Eur, Riccardo Mancini, e l’ex presidente di Ama, Franco Panzironi, sono stati arrestati dei Ros. Questi soggetti avrebbero fornito all’organizzazione di stampo mafioso uno stabile contributo per l’aggiudicazione di appalti.

Anche l’ex sindaco Gianni Alemanno è indagato nell’operazione: la sua abitazione alla Camilluccia è stata perquisita della forze dell’ordine. Tra gli indagati, il consigliere regionale del Pd, Eugenio Patanè, quello del Pdl, Luca Gramazio, e il presidente dell’assemblea capitolina, Mirko Coratti.

Un’indagine che colpisce le sfere più alte del Campidoglio nuovo e vecchio. Gianni Alemanno ha già dichiarato di aver sempre combattuto le organizzazione mafiose e che è totalmente estraneo alla vicenda.

L’ex presidente di Ama, Panzironi, era molto legato a Gianni Alemanno. Quando l’ex sindaco era ministro dell’Agricoltura, Panzironi è stato scelto per guidare l’Unire (Ente nazionale per la tutela delle razze equine). Successivamente passò all’Ama per poi finire come segretario della Fondazione Nuova Italia.

Riccardo Mancini, invece, ex presidente dell’Ente Eur, è indagato per una tangente pagata da una società legata al gruppo Finmeccanica per la costruzione del filobus sulla Laurentina.

Un’inchiesta che assesta un duro colpo alla mafia che gira dietro la gestione del comune di Roma e di tutte le municipalizzate. 

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