Patto del Nazareno. Si dimette il relatore di Forza Italia, Paolo Francesco Sisto

di Silvio Rossi

 

Lo aveva annunciato l’altro giorno Silvio Berlusconi: per Forza Italia il patto del Nazareno può considerarsi concluso, da oggi in poi voteremo solamente le riforme che ci piacciono.
Il primo atto di questo cambio di posizione è rappresentato dalle dimissioni da relatore del testo sulle riforme dell’onorevole Francesco Paolo Sisto, uno degli elementi più dialoganti nel panorama del partito di centrodestra, che fino a ieri condivideva parte del percorso col governo.
Con le dimissioni odierne si ufficializza il passaggio di Forza Italia da una forma intermedia di “opposizione ma non troppo”, a una più decisa avversione rispetto alle scelte dell’esecutivo, azione attesa dopo lo strappo in seguito all’elezione del Colle, ennesimo “coup de theatre” dell’ex Cavaliere, sempre pronto a sparigliare il tavolo, chiunque sia il suo interlocutore.
Ora bisogna vedere quali saranno le conseguenze a questa decisione. Il governo, da parte sua, per voce del ministro Boschi ha affermato che le riforme non si bloccheranno, e che la maggioranza ha i numeri per proseguire il cammino. Il rischio, per Berlusconi è la sostituzione del suo partito con altre formazioni (potrebbero essere avvicinati i parlamentari di SEL o i dissidenti grillini), con la modifica del testo previsto, in particolare per l’Italicum, verso scelte non facilmente digeribili a Piazza San Lorenzo in Lucina.
Se da una parte la rottura rischia di mettere in discussione i punti di mediazione raggiunti negli incontri al Nazareno, la posizione di netta opposizione permette a Berlusconi di partire all’attacco contro il governo a 360 gradi, riaprendo quel clima da perenne campagna elettorale in cui il leader del centrodestra si trova molto a suo agio.
Oltretutto, proseguire gli incontri con Renzi avrebbe rischiato di far perdere quella parte di elettorato più radicale, che stava allontanandosi dalle scelte “soft” per avvicinarsi al polo che si stava organizzando intorno a Salvini e la Meloni, che stanno crescendo nei sondaggi, proprio a scapito di Forza Italia.
A questo punto ci s’interroga sulle scelte che farà Denis Verdini, colui che è stato il collante del patto, e che conta su alcuni suoi fedelissimi, come Luca D’Alessandro, Massimo Parisi, Altero Matteoli, e secondo alcune indiscrezioni anche un collaboratore stretto di Berlusconi come Gianni Letta.
L’ex sottosegretario all’epoca dei governi del PDL è uomo di mediazione, non certo a suo agio nella contrapposizione. Verdini e i suoi hanno poco gradito la scelta di Berlusconi, tanto da dichiarare "Matteo non fa prigionieri, lo ammazza".
Tra breve, dopo il passaggio in aula della riforma elettorale, prevista per il prossimo sabato, le posizioni delle fazioni interne al partito si delineeranno più chiaramente, e le possibili alleanze con la parte più estrema dello schieramento o con le componenti più centriste legate idealmente ad Alfano e al Nuovo Centro Destra, rischiano di dare uno scossone tale da far ipotizzare una scissione.




ROMA, IL "BEE HAPPY FEST" FA IL PIENO CON OLTRE 10MILA VISITATORI

di Silvio Rossi

Roma – In epoca di crisi economica la fantasia degli operatori commerciali deve essere più sviluppata che in altri periodi, perché il potenziale cliente può essere attirato anche dall’originalità della proposta.
È quanto devono aver pensato alcuni operatori che hanno personalizzato la loro offerta, affidandosi a uno dei simboli storici di un’Italia che si affacciava, da matricola, nell’albo delle nazioni più sviluppate. Un motoveicolo che, assieme a Vespa e Lambretta, e con automobili come 500 e 600, ha rappresentato la versione “3 ruote” della motorizzazione di massa che tra gli anni Cinquanta e Sessanta ha permesso agli italiani di rompere il vincolo rappresentato dalle distanze.

Che siano allestiti per la vendita di beni alimentari, bigiotteria o vestiti, gli espositori di “Bee Fest”, una kermesse dedicata al furgoncino della Piaggio (che era sponsor dell’iniziativa), erano tutti a bordo di motoveicoli Ape opportunamente allestiti.
Numerosi gli stand di prodotti alimentari, dai nomi fantasiosi: Pizza e Mortazza, Ape Magna, Diogene (cibo da strada), ApeFritto. Uno street market che ha visto la partecipazione entusiasta di molte persone, organizzato presso le Officine Farneto da Le Cool, con oltre diecimila presenze, tra curiosi, divertiti dall’eccentricità della proposta, molti hanno degustato panini, fritti, altri hanno curiosato tra vestiti, gioielli, curiosità.

Alcuni DJ hanno intrattenuto i presenti con piacevoli session, la musica era presente ma non troppo invasiva. Anche gli amanti della disco hanno potuto comunque deliziarsi sulla piattaforma che era sopra allo street market.
Tra le proposte più simpatiche c’era Ape Pizza, un gruppo di ragazzi giunti da Isola Liri, alla loro prima uscita ufficiale, che impastavano, infornavano e condivano le pizze a bordo di un’Ape opportunamente modificata (con tanto di forno con fiamma a gas).
Unico neo, mentre per mangiare l’offerta era notevole, non c’era un’Ape adattata a fornitura bevande (ne esistono alcune, nel nord Italia o in Austria, ma forse questa iniziativa nella capitale ancora non ha trovato qualcuno disposto a investire in tal senso), e il banco delle bevande sembrava messo lì per guadagnare oltremodo, non è giusto pagare per una birra da 200 cc cinque euro, tanto quanto una pizza e quasi il doppio di un panino con mortadella.

L’idea dello street market tematico sui furgoni Ape è comunque ripetibile in altre manifestazioni, in contesti diversi, potrebbe essere un’ottima iniziativa per le località turistiche marine o lacuali nelle vicinanze della capitale, oppure in altre città, perché sembra che la mania dell’Ape negozio non sia prettamente romana, ma è presente anche in altre città d’Italia e non solo. Anche nella Mitteleuropa la simpatia generata dal motoveicolo di Pontedera ha contagiato diverse realtà, tanto che esiste un settore dell’industria chiamata “Ape innovationen” nella filiale austriaca della società raggiungibile al sito http://www.piaggio-ape.at/home




CALCIO SCOMMESSE. CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER 130 INDAGATI

di Silvio Rossi

Centotrenta indagati, tra questi nomi eccellenti, campioni come Giuseppe Signori e Cristiano Doni, il capitano della Lazio, Stefano Mauri, e soprattutto, anche se con un capo d’accusa meno importante, il Commissario Tecnico della nazionale Antonio Conte.
L’inchiesta è relativa al campionato 2010-2011, quando diciotto partite, tra cui quattro match di serie B e uno di serie A (Inter Lecce 1 a 0) sono finite sotto il mirino della procura. All’epoca dei fatti Antonio Conte era l’allenatore del Siena, Cristiano Doni era il capitano dell’Atalanta, e Mauri militava nella Lazio (squadra di cui è attualmente il capitano).

Le posizioni più gravi, da quanto si può leggere nella richiesta di rinvio a giudizio, sono per una ventina d’indagati, tra cui figurano Mauri, Doni, Signori, gli ex calciatori Stefano Bettarini e Alessandro Zamperini, i commercialisti Manlio Bruni e Francesco Giannone e l’allenatore dell’Atalanta Stefano Colantuono, che allena la squadra orobica proprio dal campionato in cui, secondo gli inquirenti, sono avvenuti gli illeciti.

Se molti degli accusati avevano già subito provvedimenti restrittivi dalla giustizia sportiva pochi mesi dopo gli avvenimenti contestati, per Colantuono l’accusa è arrivata senza che in passato fosse stato contestato nulla all’allenatore.

Con un’accusa minore (frode sportiva), ma comunque imbarazzante, visto il ruolo che ricopre, è indagato anche il selezionatore della nazionale, Antonio Conte, accusato di aver compiuto “atti, anche fraudolenti, diretti a ottenere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento dell’incontro di calcio Novara-Siena del 30 aprile 2011”. Secondo gli inquirenti, Conte “comunicava ai giocatori del Siena che era stato raggiunto dalle squadre l’accordo sul pareggio, così condizionando, anche in considerazione del ruolo di superiorità nei confronti dei calciatori della sua squadra… il risultato”.

Per queste accuse il CT ha già scontato una squalifica del Tnas (Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport) di quattro mesi, dopo che i primi gradi di giudizio sportivo avevano visto la condanna dell’allenatore, che nel frattempo era stato ingaggiato dalla Juventus, di dieci mesi.

A questo punto, la sua posizione alla guida della squadra azzurra potrebbe essere messa in discussione, rischiando di trascinare nel baratro anche il Presidente della Federazione Carlo Tavecchio, criticato da molti addetti ai lavori per l’incarico offerto al tecnico leccese, non tanto per le indiscusse capacità di Conte, quanto per la delicatezza del ruolo, non affidabile a chi aveva la Spada di Damocle dell’inchiesta calcioscommesse (che si sapeva aveva tra gli indagati il CT).




Berlusconi torna all'attacco

di Silvio Rossi

 

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È tornato a essere il comandante barricadero. Con l’obiettivo di ricompattare il partito, dopo lo strappo di Fitto, le proteste di Brunetta, i mugugni che molti parlamentari e quadri del partito, contrari dai primi tempi al patto del Nazareno, dopo l’elezione di Mattarella, vissuta come uno sgarbo effettuato da Matteo Renzi nei propri confronti, Silvio Berlusconi ha assunto nuovamente il comando della nave, e ha iniziato a protestare veemente contro le iniziative governative.

La scelta del Presidente della Repubblica digerita male, la necessità di farsi nuovamente sentire, per evitare di restare bloccato dalla morsa del patto, quasi come nelle sabbie mobili, la ritrovata libertà, dopo la riduzione della pena dei servizi sociali annunciata, che vedrà di nuovo Berlusconi libero tra un mese esatto, l’hanno convinto a rompere gli indugi e partire all’attacco.

«Sosterremo le riforme che riterremo positive, ma non accetteremo più ciò che avevamo accettato per amore di un risultato positivo…». Questo il punto principale del Berlusconi-pensiero. Non una cesura definitiva al dialogo, cosa che rischierebbe di relegarlo in un cantone troppo lontano dalle stanze dei bottoni. Non se lo può permettere l’ex cavaliere, di attendere che arrivi il 2018, data prevista per le nuove elezioni, se non si verifica una crisi nell’esecutivo. Non potrà nuovamente competere all’età di 82 anni se non fa sentire la sua voce, e non è solo la presenza al tavolo degli accordi che può mantenere viva la speranza di incidere nel panorama politico.

Le parole di Berlusconi sono giunte con una telefonata al primo incontro del “governo ombra”, organizzato dall’ex ministro Gianfranco Rotondi, presso il Centro Congressi Hotel Parco Tirreno a Roma. Nell’intervento si lamenta della “deriva autoritaria” conseguente all’azione del primo ministro. In questa definizione lo strappo è più evidente. Fino a pochi giorni fa il Premier era apprezzato dal suo avversario proprio per il decisionismo che ne ricordava i suoi primi passi in politica. Oggi quindi l’attivismo altrui diventa un pericolo di deriva autoritaria?

L’iniziativa berlusconiana, se da una parte non sembra riuscire a riconquistare Fitto, che ha annunciato per il 21 febbraio un’iniziativa dove esporrà le proprie proposte per il rilancio di Forza Italia e del paese (dicendo: non siamo rottamatori, ma ricostruttori, perché “nel centrodestra italiano quasi tutto è già sfasciato”, ha avuto l’effetto collaterale di scontentare colui che, per conto suo, è stato il regista del Patto, Denis Verdini, che ha commentato: «Osservo nani e ballerini far festa per la fine del Patto».

La posizione dell’ex premier sta diventando sempre più precaria. Lo schieramento che pochi anni fa era compatto sotto la sua leadership è sempre più frammentato. A oggi non è lontanamente possibile immaginare una qualsiasi forma di collaborazione tra la Lega e il Nuovo Centro Destra. Corrado Passera sta cercando di conquistare una fetta di elettorato scontento per quanto sta succedendo nello schieramento moderato. Forza Italia è attualmente spaccata, non lasciando facilmente comprendere, nel caso si ponesse la necessità di una scelta, con chi allearsi. Forse, la scelta odierna di dissotterrare (solo in parte però) l’ascia di guerra, può far credere che le azioni di Salvini e della Meloni, a casa Arcore, siano più convincenti rispetto a quelle di Alfano.




MORTE CELEBRALE PER LA FIGLIA DI WHITNEY HOUSTON

di Silvio Rossi

Stesso sfortunato destino della madre. Bobbi Kristina, figlia di Whitney Houston, la cantante trovata senza vita in una stanza d’albergo l’undici febbraio di tre anni fa, è in fin di vita presso l’Emory University Hospital di Atlanta. La giovane è stata ritrovata nella vasca da bagno lo scorso 31 gennaio, per lei si parla di morte cerebrale, tanto che i medici hanno chiesto ai parenti di staccare la spina. La ragazza è stata ritrovata dal compagno, Nick Gordon, rientrato a casa insieme a un amico. I due hanno cercato di rianimarla fino all’arrivo dei soccorsi.
Dopo le prime indagini le accuse della polizia si riversano proprio su Nick. Secondo alcune testimonianze tra i due è scoppiata una violenta lite poco prima che lui stesso diede l’allarme. Mentre la ragazza si trova in coma, e le speranze di salvarla si affievoliscono col passare del tempo, il compagno è stato formalmente indagato.
Bobbi Kristina Brown si trovava nella stessa posizione in cui è stata trovata senza vita la madre, morta per annegamento, seguito a un’assunzione di droghe collegata a una malattia vascolare. Bobbi e Nick, che si frequentavano da tempo, hanno deciso di rendere pubblica la loro unione solo dopo la morte di Whitney




Oddio. Mi si รจ rotto il Patto

di Silvio Rossi

 

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La spaccatura in Forza Italia, con i frondisti di Fitto decisi a mettere in discussione la leadership di Berlusconi, è stato il primo risultato della politica spregiudicata di Renzi durante l’elezione del Presidente della Repubblica. Fino a qualche mese fa tutti i tentativi dei suoi colleghi di partito, o alleati di coalizione, di mettere all’angolo Silvio, sono stati destinati a trovare poca fortuna. Questa volta però il politico pugliese può trovarsi davanti ad un avversario meno sicuro che in passato, indebolito dalla condanna che lo ha relegato a un ruolo da comprimario nel panorama politico, e soprattutto dal boccone amaro che ha dovuto ingoiare con l’elezione dell’inquilino del Quirinale, non tanto forse per la persona, ma per il metodo utilizzato che lo ha estromesso dalla scelta.

I fedelissimi del Cavaliere hanno accusato il premier di aver rotto, con la candidatura non concordata di Sergio Mattarella, il “Patto del Nazareno”, dandogli del traditore, del falso, della persona poco affidabile.

Certamente tra i due leader uno sta dicendo il falso. Renzi e Berlusconi danno due letture del patto che non sono conciliabili, per cui non è possibile che entrambi siano in buona fede.

Se fosse vero che l’accordo tra i due leader prevedeva il nome da mandare al Quirinale, e Renzi non ha rispettato il patto, Berlusconi si è trovato nella stessa situazione del gangster Doyle Lonnegan nel film “La Stangata”. Non può appellarsi all’onestà del suo interlocutore, perché l’oggetto del “contratto” era di natura disonesta, tanto che i suoi l’hanno sempre negato fino al momento in cui hanno iniziato le consultazioni per l’elezione.

Se invece l’accordo era, così come Renzi afferma dall’inizio, limitato alla legge elettorale e alle riforme costituzionali, non prevedendo quindi l’elezione del Presidente, la strategia di Berlusconi, che ha cercato di sfruttare le voci alimentate ad arte dai professionisti del complottismo, appare un goffo tentativo di apparire come la vittima sacrificale dell’arroganza del Primo Ministro.

Non risulta però facile immaginare Berlusconi come lo sprovveduto che viene ingannato dall’imbonitore di turno, in una promessa allettante che nasconde una realtà diversa da quella prospettata. Se c’è un politico italiano che ha costruito la sua carriera nel far credere qualsiasi cosa ai suoi interlocutori, salvo poi irriderli con cambiamenti spiazzanti, questo è stato proprio il leader di Forza Italia.

Lo fece con D’Alema nel febbraio 1998 ai tempi della Bicamerale, quando ribaltò la posizione adottata fino a quel momento, provocando la rottura delle trattative. Stessa cosa fece nel 2007 col discorso del predellino, con cui dichiarò la nascita del Popolo della Libertà, nonostante le rassicurazioni fornite ai suoi alleati, in primis Gianfranco Fini, allora segretario di Alleanza Nazionale, di non voler costituire un partito unico.

Vale per cui, in questo caso, il detto: chi la fa, l’aspetti. Se Renzi gli ha tirato un tranello, non è certo lui che può cercare di passare per “verginella”, a cui si è “rotto il patto”.




ANGUILLARA: VIGNA DI VALLE ISOLATA PER FRANA SU STRADA PROVINCIALE

di Silvio Rossi

Anguillara – La provinciale che da Anguillara porta a Vigna di Valle è stata chiusa al traffico per una frana avvenuta questa notte nei pressi della “Curva del Pizzo”, un punto molto delicato, perché la strada si trova tra un costone montuoso e il lago, senza possibilità di usare alternative, a meno di non fare lunghi e tortuosi giri.

Lo smottamento, così come confermato dalla Polizia locale di Anguillara, è stato di notevoli dimensioni, tanto da far pensare che l’interruzione non sia di breve durata, analogamente a quanto avvenuto due anni fa, quando la strada rimase chiusa per oltre due mesi, proprio in questo periodo, fino a Pasqua.

La priorità del Comune e della Città Metropolitana di Roma, cui sono state cedute le competenze della Provincia per quanto riguarda la viabilità, è la sistemazione e messa in sicurezza della strada, che al momento isola il quartiere di Vigna di Valle con qualche centinaio di residenti e diverse attività commerciali, in particolare della ristorazione. Sarà necessario, però, una volta superata l’emergenza, intervenire profondamente sul costone, per evitare che alle prossime piogge si ripeta di nuovo ciò che è successo stanotte.
I cittadini di Vigna di Valle ci informano come la chiusura di questo tratto di strada li costringe ad allungare il percorso di circa 9 chilometri, raggiungendo la via Braccianese, poiché l’altra alternativa, passare su via dei Monti, in località Barattoli, nei giorni piovosi, come non mancano certamente in questo periodo, è particolarmente rischiosa a causa della scarsa aderenza dell’asfalto, cosa che ha provocato una serie di incidenti stradali, come testimoniano alcuni residenti del quartiere periferico.




FIUMICINO: SVOLTA POSITIVA PER I LAVORATORI GROUNDCARE

di Silvio Rossi

Fiumicino (RM) – Una soluzione positiva per i lavoratori Groundcare, grazie all’accordo trovato tra il curatore fallimentare e la società Aviation Services, che aveva presentato la proposta migliore per l’acquisizione delle attività di handling e il riassorbimento delle oltre settecento unità lavorative. La trattativa è stata particolarmente complessa, perché alcune società che avevano partecipato alla gara avevano presentato ricorso, provocando l’allungamento dei tempi, cosa che aveva fatto temere a un certo punto la liquidazione della società con la conseguente perdita del posto di lavoro per tutto il personale.

“Fondamentale è stato l’apporto delle organizzazioni sindacali del trasporto aereo Cgil, Cisl, Uil e Ugl – ci spiega in una nota Tommasino Torzi, segretario provinciale dell’UGL Trasporto aereo – che hanno raggiunto l’accordo, e sottoposto questo a referendum. I lavoratori l’hanno accettato, per salvaguardare i 629 posti di lavoro, accettando una decurtazione media del 15% sulle buste paga”.

Ieri sera le due parti sono andate dal notaio, per ufficializzare l’accordo tra il curatore e la società che dal 2006 opera nel settore hanling, capofila di un gruppo che vede anche la partecipazione di Bcube, che assorbirà 44 unità, impegnate nella movimentazione delle merci, e da Airpartner, che si farà garante dell’occupazione di 125 operatori del settore handling.

Con l’accordo si conclude quindi una trattativa che è iniziata il 25 marzo 2014, quando l’assemblea dei soci di Groundcare Holding ha deliberato la liquidazione della società. Nel mese di maggio il Tribunale di Civitavecchia (che ha competenza per Fiumicino), ha decretato il fallimento, affidando la società a un curatore che, in amministrazione controllata, avrebbe dovuto trovare in breve tempo un acquisitore per mantenere i posti di lavoro e l’attività.

I tempi sono stati più lunghi di quanto previsto inizialmente, cosa che ha inasprito i contrasti tra i lavoratori e le parti in gioco, con una serie di manifestazioni organizzate dai lavoratori cui stavano sfuggendo le garanzie occupazionali. Dopo l’ultimo rinvio, in un momento in cui sembrava non si riuscisse a concludere positivamente la vertenza, due lavoratori hanno iniziato da domenica uno sciopero della fame, per sollecitare la soluzione, accompagnata dalla protesta di alcuni rappresentanti sindacali, che hanno rischiato una denuncia per tutelare i lavoratori.

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MORTE DELLA MUSICA: 3 FEBBRAIO 1959

di Silvio Rossi

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Fu così definito l’incidente aereo avvenuto il 3 febbraio del 1959 nello Iowa in cui persero la vita tre degli artisti più apprezzati in quel momento. Erano gli anni Cinquanta, quelli immortalati dai telefilm di Happy Days, o da American Graffiti, film di George Lucas. Negli States si affacciava una nuova categoria, quella degli adolescenti, che consumavano beni voluttuari, in particolare musica. Giovani che volevano distinguersi dalla generazione precedente, adottando stili e idoli nuovi, “sposando” un genere musicale, il Rock & Roll, che da Billy Haley, passando per Elvis Presley e Little Richard, ha tracciato un solco tra chi era sopra o sotto l’età della maturità.

Questo fenomeno ha anticipato di un decennio quanto in Europa, in particolare nel Regno Unito, è avvenuto solo negli anni Sessanta, con Beatles, Rolling Stones e decine di gruppi che hanno infiammato le folle giovanili del vecchio continente.

Tornando da un concerto a Clear Lake, una cittadina dello stato dello Iowa, nel midwest statunitense, i cantanti Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens, tre giovani idoli degli adolescenti americani, sono precipitati a bordo di un Beechcraft Bonanza, decollato nonostante le condizioni metereologiche avverse, nella zona stava nevicando, morendo sul colpo insieme al pilota Roger Peterson.

The Big Bopper aveva raggiunto un discreto successo, grazie alla sua irruenza, tipica di molti interpreti del Rock americano, la sua canzone più nota è Chantilly Lace, inserita più tardi nella colonna sonora di American Graffiti.

Ritchie Valens era un ragazzo di sicuro avvenire. A 17 anni era già una star, la sua canzone “Donna” ha raggiunto il secondo posto nella classifica americana, ma il nome di Ritchie passerà alla storia per il lato “B” del disco, una canzone cantata in spagnolo (era di origine messicana), un azzardo per il tempo, che diverrà un evergreen, La Bamba.

Il più affermato del gruppo era certamente Buddy Holly. A 22 anni aveva già portato diversi brani al vertice delle classifiche, risultando una delle voci più interessanti del panorama musicale nordamericano.

La vicenda, che ha scosso l’ambiente discografico, è stata ricordata dal cantautore Don McLean, nella canzone American Pie, con i versi:
 « I can't remember if I cried
when I read about his widowed bride,
but something touched me deep inside

the day the music died ».

Come afferma il detto proveniente dalla consuetudine circense ottocentesca, “The show must go on”, la musica non si è fermata, ma nel febbraio ’59 ha lasciato sul campo alcuni dei suoi più promettenti interpreti. Sul luogo del disastro è stato eretto nel 2003 un monumento in memoria dei tre cantanti.




Quirinale. Eletto Mattarella, e ora?

di Silvio Rossi

 

La fragilità del sistema politico, specialmente nei rapporti all’interno dei partiti, è emersa in maniera lampante durante l’elezione del Presidente della Repubblica. La tre giorni di camere riunite in seduta comune ha restituito i gruppi parlamentari con spaccature più profonde di quanto gli stessi protagonisti si attendessero all’inizio.
Il caso più evidente è Forza Italia. La dichiarazione di voto per Mattarella pronunciata da Raffaele Fitto è una vera e propria dichiaratone di guerra nei confronti del leader del partito, Berlusconi, che aveva dato indicazione di votare scheda bianca. La divisione tra i due non è certo stata provocata dalle scelte nella votazione, i rapporti sono tesi dal primo incontro al Nazareno, ma il risultato ottenuto può fornire la possibilità a Fitto di porre condizioni che fino a pochi giorni fa sarebbero state impensabili.
Non se la passa meglio il Nuovo Centro Destra. L’indecisione di Alfano, richiamato “al dovere” da Renzi in virtù del suo ruolo istituzionale ha fatto emergere i malumori di quanti, nel partito, non hanno accettato di vedersi dettare l’agenda dal Premier, tra cui l’ex ministro Sacconi e la portavoce Barbara Saltamartini, che ha votato scheda bianca.
Discorso diverso per il Movimento Cinque Stelle. In questo caso la spaccatura era precedente, e apparentemente il gruppo ha votato compatto per Imposimato. Resta però la sensazione di aver sbagliato strategia, preferendo una scelta dettata dal mero conteggio dei voti sul blog, rispetto alla possibilità di mettere in crisi il PD con un’eventuale candidatura di Prodi, che avrebbe suscitato più di un’indecisione tra i grandi elettori del Nazareno.
I partiti suddetti possono essere considerati gli sconfitti dall’elezione del Presidente. Anche il PD, che sulla carta si è ricompattato, convincendo a votare il proprio candidato anche diversi deputati di altre formazioni, e recuperando, almeno sul tema istituzionale, un dialogo con SEL, non può ignorare i tanti malcontenti che sono stati esternati da esponenti della minoranza, coi vari Fassina e Civati onnipresenti nelle trasmissioni TV o nelle interviste dei telegiornali, che non hanno mai lesinato critiche al gruppo dirigente, e che non possono ammettere oggi di aver sbagliato.
Le uniche formazioni che non hanno subito danni diretti sono state la Lega e SEL, pur senza però avere dei vantaggi reali. I primi con Salvini in testa stanno proseguendo la loro opera si proselitismo, puntando sull’uscita dall’euro, su un’alternativa a tutto il sistema che non poteva certo trattare sull’appoggio a qualsiasi candidato fosse stato proposto da Renzi. La formazione di Vendola, invece, ha sostenuto compattamente il candidato governativo, forse per non rischiare di rimanere spiazzati come i grillini. Se i loro voti fossero stati determinanti per l’elezione del Presidente, avrebbero potuto gridare al trionfo, ma i numeri hanno detto altro.




SERGIO MATTARELLA: STESSO STILE DI PAPA FRANCESCO

di Silvio Rossi

La figura di Sergio Mattarella, neo Presidente della Repubblica Italiana, può essere accostata, sul piano comunicativo, a papa Bergoglio. Il Santo Padre, nel suo discorso d’insediamento, ha detto: “…sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo alla fine del mondo”, il nuovo inquilino del Quirinale siamo andati a prenderlo alla fine d’Italia, in quella Sicilia che è stata amministrata per due anni dal fratello Piersanti, ucciso dalla mafia quando era in carica.

Papa Francesco ha, sin da quando era cardinale in Argentina, improntato la sua vita alla semplicità, l’ha continuato a fare anche dopo il conclave, rinunciando agli sfarzi, decidendo di non utilizzare l’appartamento papale, affidando gli incarichi nella curia a persone che interpretano il suo stesso stile di vita. Il popolo dei cristiani, e anche molti di coloro che sono poco vicini alla Chiesa, ha da subito amato il pontefice. È entrato in contrasto con Bertone, quando questi si è concesso un appartamento che non appariva, ai suoi occhi di persona umile, adeguato per un servitore della Chiesa.

Anche di Mattarella si può elogiare la parsimonia, nel giorno in cui lo scrutinio l’ha eletto, le televisioni di tutta Italia hanno inquadrato la sua panda grigia, vettura in linea con lo spirito francescano del pontefice. Quando era a Roma, per svolgere il suo compito nella Consulta, viveva in un appartamento nella foresteria della stessa, rinunciando a case con vista Colosseo, attici panoramici, ville lussuose.

Anche sul piano dei calunniatori c’è un parallelo tra i due. Appena eletto, il papa è stato accusato di essere stato complice di Videla, di aver fatto arrestare e uccidere due sacerdoti, non si sa per quale motivo, però faceva tanto “fico” mettersi contro il capo della cristianità. Nel caso di Mattarella non abbiamo neanche dovuto attendere l’elezione, il giorno prima è stato accusato di aver negato la presenza di uranio impoverito nei proiettili usati in ex Jugoslavia, mentre l’allora ministro istituì una commissione d’inchiesta per far luce sulla vicenda.

Non sappiamo se il Presidente riuscirà a entusiasmare fiumi di folla come fa il pontefice in occasione delle sue uscite pubbliche, in Vaticano come quando si trova in visita pastorale in Italia e all’estero. Certamente non ha dalla sua parte, così come Bergoglio, il favore delle persone meschine, che non sopportano figure istituzionali sincere e di valore.