ROMA, AUTOMOBILISTI A RISCHIO SU STRADE SENZA TOMBINI

di Silvio Rossi

Roma – Via Jonas Edward Salk è una strada che collega la zona di Labaro con via di Grottarossa, in prossimità dell’ospedale Sant’Andrea, percorsa la mattina da un gran numero di autovetture che preferiscono effettuare percorsi alternativi invece di imbottigliarsi nel traffico di via Flaminia, una costante per gli spostamenti cittadini.

Fuori dalle ore di punta, però, è una strada “secondaria”, dove per un lungo tratto non insistono abitazioni, e l’unica attività commerciale è un centro di recupero auto, quindi poco frequentata.
Percorrendola si possono notare, ai due margini della carreggiata, diversi punti segnalati con le reti di plastica arancioni, di colore catarifrangente, tipiche dei cantieri stradali. All’autista distratto potrebbero sembrare segnalazioni per lavori, anche se non si vede a nessun’ora del giorno alcun operaio nei pressi.

Le reti sono state invece messe per impedire alle autovetture di cadere nei tombini posti a lato della strada, cui sono state tolte le coperture in ghisa. Il furto di materiale metallico, in maniera analoga a quanto avviene con i cavi di rame che bloccano i trasporti ferroviari, con grave disagio per i pendolari, mette in questo caso a rischio l’incolumità degli automobilisti che percorrono la strada. Non è l’unico tratto di strada che ha subito questo tipo di attenzione. Anche su Via Enzo Tortora sono state asportate le coperture dei tombini, nel tratto prospicente l’edificio pericolante che ha determinato la chiusura della strada al traffico.

Ma se nel caso di via Enzo Tortora il pericolo è minimo, proprio per via della chiusura al traffico, su via Salk il rischio di vedere un’autovettura con una ruota dentro al tombino, nonostante le reti, è reale.
È mai possibile che la sicurezza delle nostre strade venga messa a rischio così impunemente per racimolare quattro spicci dalla vendita della ghisa dei tombini? Non si può adottare una sorveglianza maggiore? 




CESANO, PARCHEGGI SELVAGGI: PARTE L'OPERAZIONE DI BONIFICA

di Silvio Rossi

Cesano di Roma (RM) – Finalmente dopo tante richieste da parte dei comitati cittadini, la Polizia municipale del XV gruppo sta cercando di risolvere il problema “sosta selvaggia” davanti alla Stazione di Cesano. Decine di macchine che, in barba alla decenza e al rispetto delle regole del codice della strada, erano parcheggiate sull’aiuola al centro della rotatoria davanti all’edificio delle FFSS, sono state multate per sosta irregolare.

Un maggiore controllo sul territorio e la lotta alla sosta selvaggia era nel programma del Presidente del municipio, Daniele Torquati che, raggiunto telefonicamente, ci ha confermato come la presenza dei vigili sul posto fa parte di un piano della giunta per restituire alla località periferica un aspetto dignitoso.

Il piazzale antistante la stazione di Cesano, da quando in occasione del Giubileo del 2000 la linea FM3 (oggi FR3) ha visto raddoppiare i binari proprio fino alla località che rappresenta il limite del territorio urbano capitolino, subisce un parcheggio selvaggio che invade le aiuole, gli spartitraffico e le strade che circondano il capolinea della linea ferroviaria.

Combinando la sosta con le fermate occasionali dei veicoli che accompagnano o riprendono i pendolari che usufruiscono della linea, che spesso ostruiscono la strada proprio davanti alla stazione, si crea abitualmente una strozzatura che rende difficile il transito per i bus dell’ATAC e del Cotral, che percorrono via della Stazione di Cesano.

Anche gli agenti impegnati nell’operazione ci hanno confermato come nonostante le contravvenzioni elevate, il numero delle vetture che invadono ogni angolo della strada è notevole, e se alcuni anni fa, quando al servizio della stazione c’era solo un parcheggio che alle otto di mattina risultava già pieno, oggi gli indisciplinati non hanno scusanti, dato che hanno aperto lungo la strada, a duecento metri dalla stazione, un secondo parcheggio più grande che vede diversi posti vuoti, la sosta sulle aiuole non è quindi un elemento di necessità, ma un deliberato mancato rispetto delle norme.




AUGUSTO MINZOLINI CONDANNATO IN APPELLO A DUE ANNI E SEI MESI

Redazione

Condannato a due anni e sei mesi per peculato. Il processo d’appello ribalta la sentenza di assoluzione dello scorso anno per peculato, nei confronti del senatore Augusto Minzolini, per l’uso improprio della carta di credito aziendale quando era Direttore del TG1.
La vicenda iniziò nel 2011, a seguito di un esposto presentato dall’Italia dei Valori, quando al discusso ex vicedirettore della Stampa, berlusconiano fino all’osso, era stato accusato di aver sforato il budget a sua disposizione per circa 65 mila euro. Minzolini si difese affermando che non erano state date indicazioni restrittive sull’uso della carta, e che i suoi predecessori avevano avuto lo stesso suo trattamento e a loro non era stato chiesto nulla.
Il processo di primo grado iniziò l’otto marzo 2012, e si concluse il 14 febbraio dell’anno successivo, pochi giorni prima della sua elezione al senato, con la sentenza di assoluzione perché “il fatto non costituisce reato”. Dopo la sentenza, il consigliere d’amministrazione Rai, Antonio Verro, chiese il reintegro di Minzolini come Direttore del TG1, ma il tribunale del lavoro di Roma nel settembre 2013 respinse la richiesta presentata dai legali del senatore.
La sentenza odierna, accompagnata dall’interdizione dai pubblici uffici, potrebbe costare, dopo l’allontanamento dalla direzione della testata giornalistica, anche il posto di senatore per effetto della legge Severino.
I legali Fabrizio Siggia e Franco Coppi stanno valutando l’opportunità di ricorrere alla Cassazione.




Anguillara – Poste affollate, servizio inefficiente

Sono anni che i cittadini di Anguillara si lamentano, ma nonostante reclami, raccolte di firme, lettere mandate dalle amministrazioni che si sono succedute ad Anguillara, l’ufficio postale non riesce a soddisfare i bisogni della città che, con una popolazione che sfiora i ventimila abitanti, chiede un’attenzione maggiore.

L’unico ufficio postale è quasi costantemente congestionato, nonostante l’ampliamento che ha avuto ormai sette anni fa, e i cittadini reclamano l’apertura di un secondo ufficio, o perlomeno l’estensione dell’orario, che attualmente è limitato alla fascia antimeridiana.

La necessità di apertura di un secondo ufficio non è nuova. Già dal 2008, subito dopo l’apertura dell’attuale locale, che ha aumentato solo parzialmente l’offerta al pubblico, disponendo di alcuni sportelli in più rispetto al precedente ufficio di Via San Francesco, si era compreso come l’orario ridotto fosse comunque una penalizzazione che non consentiva una fruizione adeguata.

Da allora sono state numerose le segnalazioni di disservizi, nel maggio 2010 l’allora Capogruppo UDC, Sergio Manciuria, presentò un’interrogazione al sindaco Pizzigallo per sollecitare l’intervento della Giunta nei confronti di Poste Italiane per estendere l’orario di apertura anche nelle ore pomeridiane.

Nel dicembre dello stesso anno è stato il consigliere Silvio Bianchini, oggi vicesindaco, a chiedere che il Comune potesse aprire un tavolo di mediazione con Poste e col Ministero dell’Economia, in quanto ente proprietario.

Nel 2012 fu Immagina Anguillara a lanciare una petizione per chiedere il raddoppio della posta, che in pochi giorni raccolse oltre settecento firme, segno evidente che il problema è sentito dalla cittadinanza.

Siamo arrivati alla fine del 2014, gli amministratori anguillarini che si sono avvicendati hanno provato a chiedere una maggiore presenza delle Poste, senza ottenere grandi risultati per via dell’incomprensibile mancanza di buona volontà della controparte. Se può risultare difficile, o perlomeno di non immediata soluzione l’istituzione di un secondo ufficio, che comporta la divisione del territorio interessato alle singole realtà, prolungare l’orario di apertura comporta solamente un aumento di personale che, giudicando dal flusso di clienti che usufruiscono dell’ufficio, è ampiamente ripagato.

 

Sono le stesse Poste a certificarlo. In ogni ufficio postale c’è un cartello che indica l’afflusso medio agli sportelli, rappresentando con i colori verde, giallo e rosso l’affluenza, e alle poste anguillarine il colore prevalente è quello più congestionato. Non è giustificabile perciò non accogliere le richieste di tutta la cittadinanza.




Anguillara – Enel rafforza la presenza sul territorio

Nell’ottica di presidiare il territorio, per far si che l’apertura del mercato dell’energia non sottragga all’azienda troppi clienti, Enel sta puntando su una rete commerciale agile e distribuita, con una serie di partner che fungano da terminale per accogliere le richieste dei clienti finali.
In una società che sta smaterializzando sempre più le attività di front-end, concentrando l’assistenza al cliente in centri sempre più delocalizzati, irraggiungibili da chi ha bisogno di una consulenza, se non passando attraverso le forche caudine di call center che hanno come mission demotivare anche la persona più ostinata, la società torna a porre davanti a chi ha bisogno d’aiuto una persona che, con la faccia e la voce, restituisce un po’ d’umanità nel rapporto azienda-cliente.
In quest’ottica venerdì scorso, ad Anguillara Sabazia, in via Anguillarese 117, è stato aperto un Punto Enel, grazie all’intraprendenza di Maurizio del Coco, che vanta un’esperienza ventennale nel settore energia. Hanno partecipato il responsabile del settore commerciale Enel del Lazio, Massimiliano Caponnetti, la responsabile delle provincie di Roma e Viterbo, Paola Cuomo, e l’ing. Evangelisti, della struttura “Identity” della società, a dimostrare che l’apertura di questi punti sul territorio non è solo una vendita di spazi in franchising, ma una politica di attenzione attuata a 360 gradi.
Le autorità cittadine hanno supportato questa scelta, con la presenza del sindaco Pizzorno, intervenuto personalmente all’inaugurazione del centro che serve tutto il comprensorio sabatino.
Il punto Enel è aperto dal lunedì al venerdì con orari 8:30 – 12:00 e 14:00 – 17:00.




Italicum. Braccio di ferro tra Renzi e Berlusconi

Era stata la mossa con cui Berlusconi si era rimesso in gioco. Dopo la condanna nel processo Mediaset, il leader azzurro sembrava sul viale del tramonto. Non aveva più i numeri per incidere sul piano parlamentare, per via della defezione dal gruppo dei senatori e deputati passati al Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano, i sondaggi indicavano un calo di consensi, che è stato in seguito confermato dal risultato alle elezioni europee, per cui Silvio si è “aggrappato” all’unica carta che gli rimaneva a disposizione: trattare sulle riforme costituzionali.
Nacque così, nel gennaio scorso, il “Patto del Nazareno”, che ha preso nome dall’indirizzo della sede del Partito Democratico, dove si è svolto il primo incontro tra i due leader.
Dopo l’incontro chi sembrava rafforzato dall’accordo sembrava proprio il Cavaliere, i suoi veti avevano bloccato la possibilità di introdurre le preferenze, il premio di maggioranza con una soglia molto bassa, la coalizione. Renzi, per non sciogliere il patto, che gli garantiva un’opposizione più “morbida” (un mese dopo il primo incontro il Segretario del PD è diventato Primo Ministro), ha inizialmente accettato tutte le imposizioni della controparte.
Oggi i rapporti di forza sembrano cambiati, alle elezioni europee il PD ha ottenuto un risultato oltre le aspettative, mentre Forza Italia è apparso in caduta libera. Passata l’estate, la tendenza non è cambiata, anzi si è accentuata, e le recenti esternazioni di Francesca Pascale non hanno certo aiutato Berlusconi a recuperare l’elettorato perduto, poco avvezzo ad aperture sul fronte dei diritti gay.
C’era bisogno di un “ritorno alle origini”, un Cavaliere che prende in mano la situazione e pone le sue condizioni a un Renzi che sta diventando troppo invadente per mantenere la propria forza.
L’occasione per alzare la voce si è presentata nel momento in cui Renzi, forte dell’appannamento in cui sembrava caduto Berlusconi, ha provato a forzare la mano. È bastato spostare il premio di maggioranza dalla coalizione al partito (in un momento in cui il centrosinistra è unito mentre il centrodestra è frammentato in almeno quattro formazioni) per far incrinare l’accordo, per far dire a Berlusconi che la riforma così come la vuole modificare il Premier è «pessima» (affermazione smentita in un secondo momento).
Forse l’idillio tra i due sembra essere al capolinea. Renzi ha iniziato a calcolare che, una volta superato lo scoglio dell’abolizione del senato, nessuno può più fermare la sua azione, se non il suo partito, e quale migliore biglietto da visita della testa del Cavaliere può esibire per riconquistare i dissidenti interni?
La legge elettorale sembra diventata una partita a poker, in cui i due giocatori sono entrambi con punteggi bassi, e stanno misurando su chi sa bleffare meglio.




ELENA CESTE, L'AMICA MORENA DEIDDA: "ORA BISOGNA SCOPRIRE LA VERITA'!"

di Silvio Rossi

Costigliole D'Asti – “Non è cambiato molto, con il riconoscimento del DNA abbiamo solamente la certezza di che ciò che in cuore nostro sentivamo. Elena non era il tipo che poteva scappare da casa lasciando i suoi figli, non abbiamo mai creduto all’allontanamento volontario”.
Questo è il primo pensiero che Morena Deidda, compagna di classe ai tempi del liceo, ci ha esternato quando le abbiamo chiesto cosa pensasse del risultato dell’esame autoptico che ha confermato l’attribuzione alla casalinga di Costigliole d’Asti dei resti ritrovati sabato in un campo a pochi chilometri da casa sua.
“Adesso il nostro principale obiettivo è quello di giungere alla verità sulla vicenda, perché se è vero che ora sappiamo con certezza che Elena è morta, dobbiamo ancora sapere chi l’ha uccisa, quando e com’è stata portata in quel terreno”.
Il ritrovamento circoscrive le ipotesi investigative, anche se da un po’ di tempo nessuno credeva più alla fuga (a parte alcune segnalazioni che sembravano più funzionali all’aumento di ascolti di qualche trasmissione televisiva, che a un reale aiuto alle indagini). Le condizioni in cui è stato ritrovato il cadavere di Elena, però, non potrà offrire molti elementi riguardo al colpevole. Difficilmente sarà possibile estrarre un DNA dell’assassino, così com’è avvenuto ad esempio nel caso di Yara Gambirasio.
Morena conclude con una riflessione: “Il mio pensiero comunque va oggi a quei quattro bambini. Sicuramente hanno iniziato a soffrire dal 24 gennaio (giorno della scomparsa – NDR), ma sapere ufficialmente che la loro mamma è morta sarà comunque un duro colpo per loro”.
Anche Paolo Lanzilli, che con Morena ha organizzato il comitato per giungere alla verità su Elena, concorda sul fatto che il ritrovamento del cadavere è la conferma di quanto pensavano. Ci ha detto “Nei primi mesi potevamo anche pensare che fosse sparita, ma col passare dei mesi non lo ritenevamo possibile, ci siamo fatti una ragione, per noi Elena era morta. È inutile che qualcuno si inventa che è a Tenerife o cose di questo genere. Come si può pensare che una madre prende e parte così. Chi è che si mette a falsificare i documenti per far entrare una persona scomparsa?
C’è stato sciacallaggio su questa cosa, a questo punto bisogna solo trovare la verità. Oltretutto la verità sta uscendo solo ora che noi, insieme a Morena abbiamo organizzato il comitato, abbiamo smosso qualcosa, volevamo mandare i biglietti di auguri, come se qualcuno si è messo paura e ha voluto far ritrovare il corpo di Elena. La cosa ci fa sollevare molte domande”.




Elena Ceste, l'amica Morena: Ora bisogna scoprire la verità

“Non è cambiato molto, con il riconoscimento del DNA abbiamo solamente la certezza di che ciò che in cuore nostro sentivamo. Elena non era il tipo che poteva scappare da casa lasciando i suoi figli, non abbiamo mai creduto all’allontanamento volontario”.
Questo è il primo pensiero che Morena Deidda, compagna di classe ai tempi del liceo, ci ha esternato quando le abbiamo chiesto cosa pensasse del risultato dell’esame autoptico che ha confermato l’attribuzione alla casalinga di Costigliole d’Asti dei resti ritrovati sabato in un campo a pochi chilometri da casa sua.
“Adesso il nostro principale obiettivo è quello di giungere alla verità sulla vicenda, perché se è vero che ora sappiamo con certezza che Elena è morta, dobbiamo ancora sapere chi l’ha uccisa, quando e com’è stata portata in quel terreno”.
Il ritrovamento circoscrive le ipotesi investigative, anche se da un po’ di tempo nessuno credeva più alla fuga (a parte alcune segnalazioni che sembravano più funzionali all’aumento di ascolti di qualche trasmissione televisiva, che a un reale aiuto alle indagini). Le condizioni in cui è stato ritrovato il cadavere di Elena, però, non potrà offrire molti elementi riguardo al colpevole. Difficilmente sarà possibile estrarre un DNA dell’assassino, così com’è avvenuto ad esempio nel caso di Yara Gambirasio.
Morena conclude con una riflessione: “Il mio pensiero comunque va oggi a quei quattro bambini. Sicuramente hanno iniziato a soffrire dal 24 gennaio (giorno della scomparsa – NDR), ma sapere ufficialmente che la loro mamma è morta sarà comunque un duro colpo per loro”.




VALENTINO ROSSI: QUEL TERRIBILE "VECCHIETTO"

di Silvio Rossi

Quando da ragazzo iniziava a vincere le gare, nella classe 125, gli esperti di motociclismo prevedevano per il ragazzo di Tavullia un futuro roseo. Aveva i “numeri” per scalare le classifiche anche delle serie maggiori.
Valentino Rossi non ha smentito chi puntava sulle sue qualità. In diciotto anni di carriera ha vinto nove titoli mondiali, più di cento gran premi, è salito sul podio quasi duecento volte. Nella classe regina ha vinto sette volte il titolo, secondo solo a Giacomo Agostini che vinse nella 500 un titolo in più di quanto Rossi ha ottenuto tra 500 (l’ultima stagione in cui si è corso col mezzo litro) e MotoGP.

Dopo le prime vittorie, e le goliardiche manifestazioni che accompagnavano i trionfi di Valentino, fu battezzato, dai suoi colleghi più anziani “il ragazzino terribile”, perché nonostante la giovane età, dimostrava da subito di saper gestire il successo, senza mai perdere lo spirito corsaro che ne ha caratterizzato lo stile in corsa.

Oggi, dopo alcuni anni di retroguardia, per colpa di mezzi meccanici non adatti alle sue grandi doti di pilota, è tornato a vincere due gran premi nel giro di un mese circa, all’età di 35 anni, ben quattordici più del suo avversario diretto, lo spagnolo Marc Marquez, matematicamente campione per il secondo anno della MotoGP.

Valentino Rossi è il veterano della compagnia, il più anziano sia anagraficamente che per partecipazione alle gare sulle due ruote, ma non ha dimenticato come lottare alla pari contro tutti, trasformandosi da “ragazzino” a “vecchietto terribile”.




Alfano, Cardinale inflessibile

In questi giorni, sia in Vaticano che nelle istituzioni della Repubblica, c’è un argomento che vede un’accesa discussione: il riconoscimento delle unioni omosessuali.
Il Sinodo sulla Famiglia, che da due settimane vede riuniti 191 padri sinodali, provenienti dai cinque continenti, e altri sessantadue partecipanti, tra cui quattordici coppie, ha affrontato una serie di argomenti, tra cui la condanna alla violenza sulle donne e sui minori, la possibilità per i divorziati risposati di accostarsi ai sacramenti, e appunto il riconoscimento delle unioni omosessuali.
Era ampiamente preventivato il dibattito sulle unioni gay, in particolare dopo che, lo scorso anno, fu proprio papa Francesco, al ritorno dal viaggio pastorale in Brasile, pronunciò la frase, divenuta celebre, (spesso semplificata) “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte”.
Non è stata quindi una semplice dichiarazione d’apertura, dovuta a un mutamento dei costumi. Il ragionamento del papa pone un interrogativo di tipo strettamente dottrinale, una ricerca di un rapporto più vicino con quanto previsto dai dettami divini.
Ovviamente l’apertura ha rappresentato per le gerarchie ecclesiastiche un problema. Non tutti hanno accolto favorevolmente la dichiarazione di Bergoglio, e durante i lavori sinodali sono emerse chiaramente le due posizioni diverse, che al voto sull’argomento ha visto 118 favorevoli e 62 contrari.
Anche dall’altra sponda del Tevere si è affrontato l’argomento, ma a differenza di quanto è avvenuto in Vaticano, non c’è stato un dibattito, una mediazione. Ognuno ha deliberato atti favorevoli alla propria posizione, chiuso nelle proprie stanze, sfidando la controparte a suon di registrazioni e cancellazioni.
Succede così che, proprio il giorno in cui si chiudeva l’incontro sinodale, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha registrato sedici coppie omosessuali che si erano sposate all’estero, così come in precedenza avevano fatto i suoi colleghi Pisapia e Merola, a Milano e Bologna. La guerra dei sindaci non rappresenta una battaglia di schieramento, anche a Fano, dove il sindaco Stefano Aguzzi è di centrodestra, ha trascritto il matrimonio tra due uomini celebrato in Olanda.
A queste decisioni dei primi cittadini di alcune delle maggiori città italiane, ha risposto il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ha ordinato ai prefetti di annullare gli atti prodotti dai sindaci “disobbedienti”, in quanto contrari alle leggi italiane.
Eppure fu proprio un tribunale, a Grosseto, che impose lo scorso aprile al sindaco Emilio Bonifazi di trascrivere nel registro di stato civile il matrimonio celebrato all’estero, in quanto non contrario all’ordine pubblico, e non esiste nella legislazione nazionale una norma che lo vieti.
Alla luce della sentenza grossetana, quindi, la reprimenda del ministro ai primi cittadini non appare supportata dall’ordinamento, e appare come lo scontro tra alcuni vescovi più aperti ai diritti delle persone, contro il “Cardinale Alfano”, che ha adottato lo stesso atteggiamento dei sessantadue sinodali che hanno negato l’accoglimento degli omosessuali nella Chiesa.