BOSSETTI: "MENTONO TUTTI". ISRAELE, MAIL TOP SECRET E DNA ARTIFICIALE

Redazione

Bergamo – L'esame di Bossetti è appena cominciato e proseguirà la prossima udienza ma già ci sono state le avvisaglie del clima con cui proseguirà tra continui battibecchi tra pm e i difensori. Cominciati peraltro  con un duro scontro relativo ad alcune e-mail inviate dall'amministratore delegato di Hacking Team, David Vincenzetti al personale interno alla società e a investitori in cui il manager scriveva di presunte congratulazioni da parte dei carabinieri del Ros di Roma riguardo la soluzione del caso. Le mail lette dai legali di Bossetti provenienti dalla società di sicurezza informatica della quale cinque ex dipendenti sono indagati a Milano per accesso abusivo in sistema informatico e violazione del segreto aziendale, erano dei giorni successivi al fermo del muratore di Mapello, il 14 giugno del 2014. Il pm Ruggeri e i legali di parte civile si erano opposti alla lettura delle mail perché "non sappiamo da dove provengano". I difensori hanno spiegato che i documenti erano stati ricavati dal sito di Wikileaks.org. "Ci opponiamo alla lettura – avevano spiegato – perché tra le altre cose vi potrebbero essere anche dei reati legati alla violazione della privacy, in quanto non sappiamo come queste mail siano state acquisite". In una mail si faceva inoltre riferimento a un Paese, Israele, e alla possibilità di creare un Dna artificiale. L'avvocato Andrea Pezzotta, parte civile, si era opposto alla lettura con toni molto decisi: "Io non posso presentarmi con un documento che mi ha dato mia sorella e leggerlo alla Corte. Tra le altre cose, vi potrebbero essere estremi per un reato". Il pm Letizia Ruggeri avevo definito la vicenda "semplicemente esilarante". I giudici hanno ritenuto queste mail "non pertinenti alla materia" di cui si stanno occupando e non le hanno ammesse, anche alla luce delle dichiarazioni di due carabinieri del Racis che avevano estrapolato i primi dati dai computer della famiglia Bossetti e che hanno escluso di aver utilizzato il software Galileo fornito da Hacking team. Anche se i difensori hanno definito quei documenti "allarmanti". Chi si è seduto su quella sedia e ha parlato a quel microfono prima dell'unico imputato Massimo Bossetti, nell'aula della Corte d'assise di Bergamo nella quale dal luglio scorso si sta celebrando il processo per l'omicidio di Yara Gambirasio, "ha mentito". La pesante, inedita accusa del carpentiere di Mapello arriva nel tardo pomeriggio, pochi minuti dopo aver ricostruito la sua vita lavorativa ("ho cominciato a 14 anni come manovale") e familiare, dal matrimonio con Marita Comi nel '99, ai tre figli fino alla decisione di andare a vivere a Mapello.

Il 26 novembre 2010, giorno in cui Yara scomparve dalla palestra di Brembate di Sopra, gettando un intero paese nell'angoscia che divenne disperazione tre mesi dopo, quando il corpo della ragazza fu trovato in un campo di Chignolo d'isola, non lo ricorda. "E' passato tanto tempo, è insensato chiedermelo, come faccio a ricordarmi?", ha detto più volte. E' convinto di essere andato al lavoro, quel giorno, come sempre: "Io garantivo tutti i giorni la presenza nei cantieri (che in quel periodo erano due, a Palazzago e Bonate, ndr), poi si decideva se dovevamo andare avanti o no". Perché passava per Brembate per tornare a casa? "Perché era la via più scorrevole". Comunque "non ho mai visto né conosciuto Yara", afferma sicuro. Bossetti racconta che era solito "tutte le sere" fermarsi a una delle tre edicole che trovava lungo la strada per "comperare figurine, braccialetti" per i suoi figli "tanto che mia moglie mi sgridava perché li viziavo troppo". Ed è alla contestazione del pm che gli rammenta come degli edicolanti sentiti in aula nessuno lo ricorda come cliente abituale che Bossetti risponde a muso duro: "Mentono". Chi mente? E l'imputato allarga la platea: "Presidente, io non sto mentendo, ma tutti quelli che hanno preso questo posto prima di me hanno mentito, salvo i miei consulenti". Bossetti non ricorda se quel pomeriggio del 26 novembre di oltre cinque anni fa pioveva o nevicava. Ma nei colloqui intercettati con la moglie in carcere, riferisce che c'era brutto tempo. "Probabilmente ne avevamo parlato poi ma guardi dottoressa che tutte queste domande che lei mi sta facendo, me le ha fatte anche mia moglie. Mia moglie mi ha fatto un terzo grado anche più di lei, perché aveva fiducia negli inquirenti e a me sembrava quasi mi mancasse di rispetto".