Monte di Procida e dolci natalizi: Enrico Schiano e quelle tradizioni d’altri tempi

MONTE DI PROCIDA – A rendere il periodo natalizio speciale sono le tradizioni insieme agli addobbi, le luci e le serate in casa in compagnia con i familiari o con gli amici, a rendere ancor di più speciale tutto il periodo sono anche i dolci natalizi che vengono gustati, l’Italia la ha una tradizione dolciaria ricca e ogni regione ha le sue prelibatezze.
Sulle tavole partenopee nel periodo natalizio non possono mancare i dolci tipici napoletani, la scelta è talmente vasta ed inimitabile da suscitare l’imbarazzo quando si hanno davanti un vassoio ripieno di questi dolci, dai famosissimi susamielli ai roccocò per poi passare ai mustacciuoli, struffoli, raffiuoli, divinamore ed infine la pasta reale, zeppole e sapienze. L’usanza prevede che si debbano gustare rigorosamente insieme ai familiari o con gli amici a partire dal giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione dell’8 dicembre fino alla fine delle festività del 6 gennaio il giorno dell’Epifania.

Il profumo e il loro sapore rievocano a chi li gusta ricordi passati, con il tempo tradizione ed innovazione si sono abbracciati e i maestri pasticcieri offrono con la loro arte delle prelibatezze dal sapore unico ed inconfondibile. I dolci partenopei hanno origini lontanissime e a quanto pare ad inventarli siano state per una buona parte le suore di Napoli e dintorni che con la loro laboriosità e creatività hanno lasciato un’eredità ricca di sapori ai napoletani e a tutti noi.

Nelle zone turistiche grazie alla richiesta dei turisti è possibile trovare questi dolci tutto l’anno in modo da dare un’indelebile ricordo al turista.
Tutti i dolci napoletani natalizi hanno origini secolari e molti sono nati nel centro storico della città di Napoli, ad esempio Il dolce che ha il nome di roccocò addirittura risale al 1320, ad opera delle monache del Real Convento della Maddalena, l’etimologia deriva dal francese rocaille perché ricorda la forma barocca tondeggiante come la conchiglia, l’odore delle mandorle, dei canditi e del pisto napoletano rendono davvero unico questo dolce, è un biscotto tipicamente duro e va gustato bagnandolo con il vermut, spumante o vino bianco, ma esiste anche la versione morbida grazie ad un’aggiunta in più di miele nell’impasto.
Anche i famosissimi struffoli contribuiscono ad un felice Natale tipico partenopeo, si tratta di palline fritte ricoperte di miele, canditi e da confettini che vengono chiamati dal nome simpatico di diavolilli, le sue origini sono antichissime, forse greche, oppure risalgono al medioriente, e a quanto pare sono state sempre le suore dei vari ordini a diffondere gli struffoli come regalo di Natale.
I mustacciuoli hanno questo nome perché ricordano i mustacchi, i vistosi e folti baffi che si portavano alla fine dell’Ottocento, le sue origini blasonate e di corte la si nota con l’uso di spezie ed ingredienti costosi come richiede la ricetta originaria.
Ad inventare i raffiuoli sono state le suore del settecento del monastero di San Gregorio Armeno nel famoso centro storico della città, si tratta di un dolce a base di pan di Spagna ricoperto di marmellata e glassa su una base di zucchero, esiste anche la versione “a gassata” ripiena di ricotta, cioccolata, zucchero, canditi, cannella maraschino e vaniglia.
Il nome del dolce “Divinamore” prende il nome del luogo dove è stato inventato nel Convento del Divino Amore presso Spaccanapoli, le sue origini risalgono addirittura al XIII secolo, le suore lo inventarono in onore di Beatrice di Provenza madre del re di Carlo II d’Angiò, si tratta di un dolce a forma ovale di cui l’impasto è composto da uova, zucchero, acqua e mandorle, arricchiti con canditi, vaniglia, scorza di limone e ricoperte di ostia, marmellata di albicocca e ghiaccia rosata.
Il “ re Lazzarone” così soprannominato il re Ferdinando IV apprezzò subito la pasta reale quando gli venne offerta come vuole la leggenda dalle suore del Convento di San Gregorio Armeno, gli ingredienti per la pasta sono mandorle, succo di limone, cannella, ostie, uova e bicarbonato. Ed infine le famosissime zeppole simile agli struffoli che vengono preparati al centro Italia, ne esiste una versione anche sorrentina come i susamielli che hanno una forma ellitttica mentre i susamielli napoletani hanno una forma ad “S” e con molta probabilità furono inventati dalle clarisse del Convento di Santa Maria della Sapienza a Napoli già intorno al XV secolo.

L’Osservatore d’Italia ha voluto intervistare il titolare e figlio d’arte Enrico Schiano della storica e conosciutissima in tutta la zona flegrea PASTICCERIA E CAFFETTERIA BAR PINA di Monte di Procida (NA) attività che venne fondata negli anni cinquanta dal padre Valentino, che con passione e volontà ebbe subito successo fin dagli inizio in un piccolo laboratorio, nel 1955 divenne anche caffetteria. Il nome della pasticceria fu dedicato alla moglie Giuseppina che insieme ai figli hanno dedicato la loro vita al lavoro.

1)L’impasto dei dolci segue la ricetta originaria o ha subito variazioni?
La produzione dei dolci natalizi, praticamente, a parte leggere varianti, si è mantenuta alla ricetta
tradizionale dei suoi inventori, per cui possiamo gustare gli stessi dolci di tanti anni fa, io tengo
gelosamente conservate le ricette di nostro padre Valentino.

2) Esiste un dolce preferito?
Non esistono dolci preferiti a Natale, infatti chi imbandisce la tavola natalizia, è solito mettere un grande
vassoio completo con tutti i dolci natalizi. In più viene messo il panettone milanese che oramai è prodotto
in tutta Italia ed anche noi lo produciamo.

3) I dolci natalizi napoletani vengono prodotti in tutto l’anno?
La produzione dei dolci tipici Campani ed in particolare i Napoletani (come il dolce che ha il nome di
LINGUA a Procida e Monte di Procida, la famosissima pastiera che oramai si mangia tutto l’anno non solo a
Pasqua, il Babà a Napoli, i taralli a Castellammare, e tanti altri vengono prodotti durante tutto l’anno e
anche esportati in altre regione. Diversa cosa è invece i dolci stagionali, in particolare quelli NATALIZI che
vengono prodotti esclusivamente in quel periodo o quando richiesti.

Giuseppina Ercole




Natale, da Comune e Municipi 2.400 pacchi alimentari e pranzi solidali. Sala: “Milano ha un cuore grande”

 MILANO – Con la consegna di 2.400 pacchi che hanno raggiunto circa 8mila persone e l’ospitalità nei pranzi solidali per oltre mille cittadini, l’amministrazione comunale “mette al centro delle Feste natalizie il sostegno a chi ha di meno”. Oggi il sindaco Giuseppe Sala e l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino hanno fatto visita ad alcune famiglie per la consegna dei pacchi natalizi e portato il loro saluto durante due pranzi organizzati dal centro Francescano Maria della Passione e dal Centro Socio Ricreativo Sammartini. “Milano – dice il sindaco – è sempre vicina alle persone che hanno bisogno di aiuto e sostegno: lo è ogni giorno dell’anno e lo manifesta con ancora più determinazione nei giorni di festa. Oggi, durante la consegna dei pacchi dono alle famiglie e, poi, ai pranzi con gli ospiti dei centri ‘Maria della Passione’ e ‘Sammartini’ ho avuto modo di constatare di persona il cuore grande di questa città, che sa offrire attraverso gesti concreti il calore di un abbraccio e di un momento di condivisione a chi ne ha più bisogno. Perché Milano non intende lasciare indietro né solo nessuno, soprattutto a Natale”.

“Il nostro Natale è fatto di tantissimi gesti solidali per non fare sentire le persone da sole e per far vivere a tutti l’appartenenza alla comunità – dichiara l’assessore Majorino –. Nei prossimi mesi insisteremo ancora di più per essere vicini alle persone, con numerose attività e servizi di assistenza domiciliare, nei quartieri più complicati. Questo impegno si rafforza proprio mentre, in questi giorni, per il reddito di inclusione stiamo saldamente raggiungendo le 4.500 domande a dimostrazione dell’importanza della misura”. Da alcuni giorni in vista del Natale, si spiega, i servizi sociali hanno allestito un piano straordinario di aiuti per le famiglie e persone bisognose in tutta la città. La consegna dei 2.400 pacchi con aiuti alimentari ha riguardato circa 8mila persone in difficoltà economiche. In questi giorni poi sono stati organizzati 5 pranzi solidali che offrono un momento di convivialità per mille persone. Diverse le occasioni di incontro nei venti centri sociali ricreativi e culturali della città, con pranzi e danze per soci e volontari dei centri e il coinvolgimento di 15mila anziani. I Municipi per tutto il mese di dicembre hanno organizzato momenti di distribuzione di pacchi alimentari, invitando a collaborare operatori della media e grande distribuzione di supermercati e ipermercati. In alcuni casi è scattata la collaborazione dei Servizi Sociali nei municipi o della Direzione Politiche Sociali, in altri la mediazione di associazioni e parrocchie operanti sul territorio, che hanno individuato i destinatari e metodi della distribuzione di pacchi e cesti di prodotti alimentari, come per il caso del Municipio 1 che ha gestito la consegna pacchi utilizzando i Cam di Garibaldi e Vigentina. Il Municipio 6 ha consegnato a domicilio 500 pacchi alimentari (Coop) ai quali ha aggiunto un volume di letteratura classica e un voucher per due persone per il Cinema Ducale. Nella sede del Municipio 8, sono stati distribuiti pacchi a 250 famiglie con un Isee sotto i 6.000 euro. Al Municipio 9 a mobilitarsi sono state le parrocchie che hanno distribuito pacchi alimentari a destinatari scelti dalle stesse Associazioni.




Torino, lo chef sceriffo multato dal Nas: Cannavacciuolo “bocciato” ai controlli. Cibi congelati spacciati per freschi

TORINO – Proprio lo chef sceriffo che fa il moralizzatore e, sgrida le persone, si mette sempre un gradino superiore agli altri adesso è multato dal Nas. Si sono conclusi con due denunce e una multa di 1.500 euro i controlli di Asl e carabinieri del Nas nel Bistrot Torino dello chef Antonino Cannavacciuolo.

Sui menù mancava l’indicazione degli alimenti congelati, che i militari dell’Arma hanno trovato all’interno di un congelatore. Ad essere denunciati sono stati il direttore del locale, aperto da pochi mesi, Giuseppe Savoia, e la moglie del famoso giudice di Masterchef, Cinzia Primatesta, responsabile della società a cui è legata la catena di ristoranti. “Mancava un asterisco. Quel cibo in frigo era per noi. Con storie come questa vien voglia di andarsene”, afferma lo chef Cannavacciuolo al quotidiano La Stampa. I controlli hanno rilevato anche materie prime non tracciate.

“Non sono state riscritte le schede dei singoli fornitori sui registri del ristorante. Evidentemente negli ultimi tre giorni nessuno aveva avuto ancora il tempo”, si giustifica Cannavacciuolo. Dalle parole dello chef trapela un pizzico di amarezza. “Va bene che ci siano delle regole, ma applicarle in questo modo è assurdo. Nei nostri ristoranti sono sempre state trovate cucine perfette e dipendenti in regola – conclude -. Storie come questa fan venire voglia di andarsene.




Dissonanze: la convivenza con l’epilessia in un documentario

Roma – La Fondazione Epilessia LICE Onlus, parte integrante della Lega Italiana contro l’Epilessia, un’Associazione composta da medici ed operatori sanitari dediti prevalentemente alla diagnosi e terapia dell’Epilessia con sede a Roma in Via Nizza 45, nel 2016 ha realizzato un docu-film della durata di 50 minuti dal titolo “DISSONANZE”. Il film racconta la storia di vita con l’epilessia di due persone “vere” che la vivono sulla propria pelle da molti anni a diretto contatto con una dura realtà che troppo spesso si scontra con una errata percezione e conoscenza della malattia da parte delle persone che per futili pregiudizi e false conoscenze tendono a temere e/o ad emarginare coloro che ne sono coinvolti. Un comportamento che arreca un ulteriore disagio e malessere del tutto immotivato ed esteso anche alle famiglie che si trovano costrette a vivere dentro dinamiche discriminatorie del tutto fuori da qualsiasi parvenza di legittimità. Il film vede per protagonisti due attori, Lucrezia e Francesco, che raccontano la loro vita e la loro storia mostrando a nudo le difficoltà di essere “pazienti” con forme di epilessia difficili da curare ma che vivono la loro vita avendo un livello intellettivo normale; una vita vissuta altalenante fra rari momenti di serenità e momenti di tristezza e speranza di guarirne. L’obiettivo del film è anche quello di poter essere proiettato in modo itinerante presso Istituti scolastici superiori dando modo ai ragazzi di conoscere a fondo la malattia e incentivare la riflessione sulla necessità di evitare comportamenti di “derisione” totalmente insensati e fuori luogo. L’iniziativa è stata realizzata dalla Fondazione Epilessia LICE che è parte integrante della Lega Italiana contro l’Epilessia, un’Associazione composta da medici ed operatori sanitari dediti prevalentemente alla diagnosi e terapia dell’Epilessia che ha tra gli obiettivi statutari di LICE il miglioramento della qualità di vita delle persone che soffrono di Epilessia e soprattutto la diffusione di una conoscenza più corretta tra la popolazione generale delle tematiche che la riguardano. La LICE è una Società Scientifica senza scopo di lucro a cui aderiscono oltre mille specialisti in ambito neurologico che operano in tutto il territorio nazionale curando e assistendo pazienti e occupandosi anche del loro inserimento nella società promuovendo attività finalizzate a questo scopo. Il 25 dicembre a mezzogiorno è prevista in Prima Visione Assoluta la proiezione in streaming video sul canale Youtube dell’Associazione del docu-film “DISSONANZE”; un modo di condividere con gioia la felice e utile realizzazione del progetto.

L’epilessia è una malattia neurologica che colpisce improvvisamente, spesso senza alcun preavviso, il soggetto che ne è affetto; il corpo si irrigidisce e inizia a tremare in modo convulsivo, dalla bocca  spesso fuoriesce sangue a seguito di una chiusura improvvisa, come una morsa che dilania la lingua. Lo spettatore rimane spesso attonito e impaurito, inerme. L’attività cerebrale cessa momentaneamente, tutto si spegne, tutto diventa buio e nero e la normalità che vi era fino ad un attimo prima si trasforma in un oblio fatto di confusione, incertezza  e paura. Al risveglio si genera  invece rabbia e frustrazione perché subentra la consapevolezza che per l’ennesima volta ha vinto lui, “il grande male”,  tanto grande quanto apparentemente impossibile da sconfiggere. Voltaire disse che “Il pregiudizio è un’opinione senza giudizio”  ma chi soffre di epilessia deve fare i conti ogni giorno con il triste velo di maya che spesso risulta impossibile da squarciare; l’informazione in merito all’argomento è ancora superficiale e approssimativa e la malattia viene spesso associata ad altre patologie mentali/croniche che non hanno nulla a che fare con l’epilessia stessa. Per un epilettico non è semplice aprire il guscio di un cuore già profondamente colpito da una malattia che lo ha segnato nel corpo e nell’anima poiché il confronto con il prossimo spesso si trasforma in diniego da parte di chi non è in grado di capire e alla comprensione preferisce fuggire, in quel caso l’unico rifugio rimane il silenzio.

Angelo Barraco e Paolino Canzoneri

 




“Giornata Nazionale in memoria delle vittime della strada”: attesa la puntata speciale di OFFICINA STAMPA

“Giornata Nazionale in memoria delle vittime della strada” è questo il tema principale di cui si parlerà giovedì 21 dicembre 2017 durante la diretta della trasmissione giornalistica web tv OFFICINA STAMPA.

La giornalista Chiara Rai per l’occasione proporrà un vero e proprio speciale che vedrà protagonisti illustri ospiti e istituzioni tra cui il Prefetto Francesco Tagliente, Graziano Cioni già Assessore alla Sicurezza del Comune di Firenze nonché deputato e senatore nella XI, XII e XIII legislatura, Il dottor Stefano Macarra Dirigente del Centro Operativo Polizia Stradale, Il senatore della Repubblica Bruno Astorre, già assessore regionale promotore di un provvedimento generale che tende a migliorare la sicurezza stradale, Marco Mariani e Gisa Proietti membri dell’ AIVIS (Associazione Italiana Vittime e Infortuni della Strada), Lino Ventriglia team manager già Campione Mondiale Ferrari Challenge 2009 e promotore insieme all’Associazione “Sulla Buona Strada” di convegni istituzionali sulla sicurezza stradale, Franco Medici noto stuntman di caratura mondiale promotore di corsi e aggiornamenti sulla sicurezza stradale

Sotto la regia di Ivan Galea verranno proposti video servizi che forniranno i numeri aggiornati sugli incidenti stradali, le iniziative legislative in materia e le iniziative di promozione che si svolgono sul territorio nazionale

La diretta della trasmissione OFFICINA STAMPA, visualizzata da migliaia di utenti, viene trasmessa ogni giovedì a partire dalle 18 fino alle 19:30 sui seguenti canali:

Youtube OFFICINA STAMPA / www.officinastampa.tv / Facebook OFFICINA STAMPA

Dopo 12 anni dalla Risoluzione delle Nazioni Unite anche il nostro Parlamento ha istituito la Giornata Nazionale in memoria delle vittime della strada che vede come promotore e primo firmatario il deputato Pd Emiliano Minnucci. Ogni terza domenica di novembre sarà l’occasione per ricordare chi ha perso la vita sulle nostre strade e per approfondire il tema della sicurezza stradale.

OFFICINA STAMPA sarà l’occasione per ricordare le migliaia di persone che hanno perso la vita sulle strade ed evidenziare l’impegno che svolgono le associazioni di volontariato e la pubblica sicurezza per rendere le strade più sicure per tutti.

Questo nuovo provvedimento fa seguito alla legge 23 marzo 2016, n. 41 con la quale sono stati introdotti nel nostro ordinamento l’omicidio stradale e le lesioni personali stradali. Dopo quella Risoluzione adottata, il 26 ottobre 2005, la Giornata in memoria delle vittime della strada (WDR) viene osservata annualmente in un numero crescente di Paesi.

CLICCARE PER SEGUIRE LA DIRETTA A PARTIRE DALLE ORE 18 DI GIOVEDI’ 21 DICEMBRE 2017 (O per rivedere in differita)




Dipendenti dalla fotografia: “Siamo l’esercito del selfie”

“Siamo l’esercito dei selfie…”come dice il titolo della canzone di Arisa, Takagi e Ketra diventato tormentone della scorsa estate!
Di sicuro le queen storiche dei selfie sono Geena Davis e Susan Sarandon, l’auto scatto in questione delle due attrici storico oramai divenne famoso quando venne girato nel 1991 il film Thelma&Louise, divenuto simbolo di quegli anni perché affrontava il tema della ribellione femminile.
Ma che posto ha la macchina fotografica o qualsiasi dispositivo capace di catturare e di immortalare l’attimo nella nostra vita?
La fotografia oramai fa parte della nostra vita in maniera inscindibile tanto che non riusciamo ad immaginare di vivere senza un dispositivo che immortala i nostri avvenimenti del nostro uotidiano, se non fotografiamo un avvenimento abbiamo la percezione di non averla vissuta, addirittura non viviamo appieno l’emozione della foto se non riusciamo a modificarla al touch screen con il semplice gesto delle dita.
Riusciamo ad essere soddisfatti nel fruire una foto solo se riusciamo a vedere dentro la stessa immagine un’altra scena, questa doppia chiave di lettura prende il nome di PLIPOPIA che significa leggere una doppia storia all’interno dell’immagine, siamo invogliati ancor di più se le immagini sono a carattere politico.

Con l’avvento della macchina fotografica digitale sono nate anche le fake news, oramai tutti sanno che sono notizie false che girano in rete, ad esempio ultimamente girava in rete un fotomontaggio divenuto subito virale nel giro di poche ore, l’immagine ritraeva Il ministro Elena Boschi e il Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini che partecipavano al funerale di Totò Riina, notizia subito smentito dai protagonisti.

I primi professionisti ad usare la macchina fotografica elettronica sono stati i fotoreporter, questo dispositivo ha dato loro la possibilità di poter spedire il loro lavoro in maniera celere, cosa che prima non era possibile perchè dovevano aspettare tempi lunghi. La macchina fotografica digitale ha dato la possibilità di poter registrare su un supporto magnetico le foto in tempo reale, di poter vedere l’immagine su un monitor prima di vederla cartacea, di poter stampare le foto da un’apposita stampante o di spedire le immagini a qualsiasi distanza. Questo tipo di dispositivo veniva utilizzato soprattutto da professionisti che non avevano l’esigenza di avere immagini ad alta definizione come il risultato che poteva dare la macchina tradizionale detta anche macchina fotochimica, infatti la resa della macchina digitale non è ottimale ed è l’unico inconveniente.

Con l’avvento dei dispositivi capaci di poter catturare immagini sono andati di moda anche i famosi SELFIE, molti la definiscono una vera ossessione collettiva, accusando chi scatta foto di catturare l’attimo e di non viverlo appieno, l’unica intenzione è l’emozione di condividere sui social
l’avvenimento. Ma non è un’abitudine solo dell’uomo contemporaneo “immortalare esperienze vissute”, l’uomo sapiens è detto anche uomo pittorico come concordano gli studiosi, infatti fin dalla preistoria l’uomo ha avuto l’esigenza di “catturare” episodi vissuti come testimoniano i ritrovamenti.

L’uomo ha avuto sempre la necessità di lasciare “un segno”, a volte sotto forma di icona del suo vissuto, oppure ha cercato a tutti i costi di emulare la realtà utilizzando qualsiasi mezzo a sua disposizione come testimoniano i dipinti del passato. I dispositivi fotografici sono da considerare il MEDIUM dell’essere umano, la macchina è la sua ESTENSIONE, ha dato all’essere umano la possibilità di potersi improntare nel mondo, e di poter lasciare un segno della sua vita.
Con l’invenzione della macchina fotografica si hanno avute tante altre invenzioni, tra questi il cinema, infatti se il Panorama prelude al Cinema, la fotografia ne costituisce un legame ancora più forte, un rapporto filiale ancor di più diretto. Fin dalla sua invenzione la fotografia è stata sempre oggetto di discussione sulla sua paternità e a chi andrebbe il primato se a Talbot a Niépce o a Daguerre’.
François Arago sponsor di Daguerre a Parigi il 7 gennaio del 1839 brevettò l’invenzione con il nome di DAGHERROTIPO, l’annuncio ufficiale della sua nascita venne dato a Napoli da Macedonio Melloni (fisico originario di Parma) nel novembre del ’39 annunciò con una relazione l’invenzione della nuova macchina all’accademia delle scienze di Napoli il dagherrotipo.
Sono famose anche le accuse di Walter Benjamin rivolte alla fotografia e sui rapporti con l’arte, infatti accusò la macchina fotografica di aver tolto l’aura alle opere d’arte nei musei togliendone la sacralità, il fruitore che si recava nei musei non riceveva la stessa emozione che doveva avere quando vedeva l’opera d’arte per la prima volta, avendo già visto l’opera in foto e non più solo la descrizione nei libri di storia dell’arte prima della sua invenzione, ad esempio l’immagine di Monnalisa o Gioconda di Leonardo da Vinci risulta al fruitore nel momento in cui si reca al Museo Louvre di Parigi un’immagine “già vista” perché è stata utilizzata tantissimo per spot pubblicitari.

Walter Benjamin sostiene che l’introduzione all’inizio del XX secolo di nuove tecniche per produrre, per riprodurre e diffondere a livello di massa opere d’arte, ha radicalmente cambiato l’atteggiamento verso l’arte sia degli artisti sia del pubblico.
Da quando la fotografia cominciò ad acquistare autonomia nel XX secolo da allora ha acceso sempre dibattiti, sempre attuale, ma tenendo presente che ha dato un contributo elevatissimo in tutti i settori.
Dobbiamo fare una distinzione tra l’uso della fotografia come strumento tenendo presente perché è molto usata nel campo scientifico, infatti è usata per studiare immagini in micron o per studiare immagini satellitari, oppure la fotografia è usata come linguaggio artistico e documentaristico.

Nel primo caso quando parliamo di foto come strumento si sfruttano le possibilità di riproduzione meccanica delle immagini, nel secondo caso quando parliamo di immagini o di documentari o di foto d’autore, queste stesse potenzialità vengono usati ai fini espressivi. La fotografia ha contribuito in passato e ancor oggi per produrre opere, fin dalla sua nascita è stata usata anche dagli artisti, ad esempio anche gli impressionisti usavano immagini per poter produrre opere, i temi principali di entrambi i medium erano gli stessi come i ritratti, le vedute e le città, si nota che le opere assomigliano moltissimo alle foto, questo succedeva perché all’inizio la macchina fotografica non permetteva di catturare corpi in movimento e quindi erano sfocate e con contorni non definiti, il risultato finale risultava uguale al linguaggio pittorico impressionista. Le foto d’epoca hanno raggiunto quotazioni altissime, qualche settimana fa una foto comprata in un mercatino a
dieci dollari è stata valutata a ben dieci milioni di dollari, il soggetto è una scena del West, l’immagine ritrae il bandito Billy the Kid e lo sceriffo Pat Garrett confermando la leggendaria amicizia tra i due. La loro storia ispirò il regista Sam Peckinpah facendo diventare ancor di più la loro storia una leggenda creando attorno ad essa un’aura.

Giuseppina Ercole




Roma, associazione Big Mama: “Mamme che supportano altre mamme”

ROMA – Da Gennaio a Roma in via Raffaele Battistini, 63/65 in zona Monteverde l’Associazione Big Mama tenderà una mano amica e concreta alle donne. Sono oramai decenni che statistiche e analisi demografiche denunciano inesorabilmente il calo delle nascite del “belpaese” in corsa verso un alzamento pericoloso dell’età della popolazione italiana. Come se non fosse già preoccupante questo, l’inasprimento della corsa forsennata verso una estremizzazione di un capitalismo sottomesso e subordinato al “dio danaro” impone ritmi di produzione e servizi sempre meno consapevoli che dietro alla forza lavoro ci sta l’essere umano con le sue esigenze e la sua natura di essere umano. Negare alla donna la maternità ricattandone il posto di lavoro od ostacolarne la sua assenza per l’accudimento dei figli sono forme di violenza che creano scompensi psicologici importanti che non possono essere tollerati in una società che si reputa civile e moderna. Lasciare che la donna “si arrangi” anche quando le manca l’appoggio del marito o compagno, tende pericolosamente a lenire l’integrità e la dignità della donna stessa in una fase della vita delicata e importante. Una sudditanza umiliante e innaturale che può contare sull’aiuto e supporto concreto dell’Associazione Big Mama di Roma in grado di garantire assistenza psicologica e reinserimento tramite nuove mansioni lavorative che col tempo infondano coraggio e valorizzazione dell’essere donna oggi.

Una associazione ubicata in via Raffaele Battistini 63/65 in zona Monteverde pronta a conoscere, ascoltare e tendere la mano per ricominciare a vedere un futuro che abbia rispetto della dignità della donna e della sua natura di essere umano.  “La natura vuole, dalla donna, amore e dedizione materna ” disse lo scienziato tedesco Paul Julius Möbius. Un concetto semplice nella forma ma complesso nella sostanza, che racchiude l’intima concezione assolutistica che se cerne nel processo della creazione e della crescita di un seme che fisiologicamente abbandona la protezione materna dopo nove mesi, per  donarsi agli occhi del mondo. Una fase tanto delicata quanto complessa che racchiude emozioni contrastanti: la certezza di aver dato alla luce una creatura che percorrerà passi incerti verso un futuro tutto da scoprire e la rassegnazione dettata dalle circostanze avverse e imposte da un mondo poco avvezzo e comprensivo alle necessità venutesi a creare dalla maternità stessa. Molte donne non hanno genitori o parenti che possano accudire i loro figli durante le ore di lavoro ed ecco che giunge in aiuto Big Mama, che le aiuta in diverse fasi importanti e spesso difficili. “Chi si accinge a diventare un buon capo, deve prima essere stato sotto un capo” disse Aristotele ma in molti casi il datore di lavoro è poco comprensivo dinnanzi alle esigenze altrui e non appena si viene a creare la situazione in cui il dipendente deve assentarsi per motivi strettamente legati alla sua salute o gravidanza, al suo rientro viene accolto con una pacca sulla spalla, una stretta di mano e una porta in faccia e come detto poc’anzi, vi è una ingiusta negazione alla maternità

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Ne parliamo con la ideatrice del progetto nonché Presidente dell’associazione Big Mama, Michela Donvito. Come e quando è  nata questa idea?

Intanto è nata dalla mia esperienza personale, sono mamma di due splendide bambine che per realizzare il sogno di diventare madre ha dovuto lasciarne altri chiusi nel cassetto. Purtroppo le mamme che lavorano, che vivono in una grande città come Roma e sono lontane dalla famiglia possono incontrare molte difficoltà durante i primi mesi di vita dei figli e molte sono costrette a fare una scelta. È  pensando proprio  a quelle mamme che non possono contare su nonni e parenti vari, che è nato il progetto, in primo luogo siamo delle mamme che supportano altre mamme in un momento della vita che può essere molto delicato: l’arrivo di un bambino può rompere gli equilibri di una coppia, può dare forti emozioni non sempre facili da gestire da sole, o può semplicemente far sorgere mille dubbi sulla gestione del neonato. Insomma, le paure possono essere molte e, se non si ha una mamma o un’amica “nelle vicinanze”, è tutto più difficile. Big Mama vuole essere una grande mamma che  abbraccia tutte le mamme, ed in fondo c’è una grande mamma in ognuna e noi vi aiutiamo a cercarla.

Come materialmente l’Associazione Big Mama pensa di muoversi? Quali sono le vostre iniziative ?

Ai  nostri associati saranno proposti  progetti, un punto di aggregazione, un centro di ascolto, cercheremo insieme il modo affinché chi è in difficoltà possa reinventarsi ad esempio attraverso percorsi mirati e in base alle proprie predisposizioni personali e ai propri talenti. Non vogliamo forzare la mano ma aiutare a trovare la propria strada. Cerchiamo di proporre percorsi formativi non scontati al passo con i tempi, analizzando soggettivamente le possibilità di sbocco lavorativo in base alle proprie propensioni. Cerchiamo di fare una selezione dei nostri corsi. A breve partiremo, in collaborazione con professionisti qualificati, per esempio, con laboratori di oreficeria, che partono dalla creazione del gioiello fino a mettere in condizione il corsista di crearsi una vera e propria attività. Poi, per citarne altri gemmologia, sartoria e modellismo, wedding Planner. Tutte professioni ricercate, appaganti e al passo con i tempi. Inoltre vogliamo offrire un luogo accogliente e sicuro dove poter lasciare i propri figli magari in occasione di un colloquio di lavoro a tutti coloro che, in una grande città come Roma, non hanno nessuno a cui affidarsi. I bambini giocheranno tranquillamente e verranno intrattenuti con laboratori creativi a seconda delle fasce d’età curati da una nostra associata, professionista,  anche lei mamma. Partiamo dunque dall’abc, dal semplice aiuto per la compilazione di un curriculum, forniamo informazioni sulle normative vigenti, idee su come trovare e far crescere la propria attività, dal social marketing al semplice uso dei pc. Inoltre vogliamo essere un punto d’incontro per le famiglie straniere che si trovano spaesate o anche loro sole. L’idea è anche quella di creare un network di assistenti famigliari come badanti, baby sitter e collaboratori domestici, che si autopropongono o vengono segnalati da altre.  Si crea in questo modo un circolo virtuoso tra la domanda e l’offerta di lavoro. A questo aspetto solidale si affiancherà anche quello di un aiuto fattivo con una rete di specialisti che forniranno informazioni ed assistenza, ognuno mettendo a disposizione le proprie competenze e formazione specifica. A tal proposito verrà istituito anche uno sportello di consulenza legale oltre che mediazione familiare di cui si occuperà l’avvocato e criminologa Orietta Giulianelli.

Dottoressa qual è Il suo ruolo nell’associazione? E cosa farà concretamente per aiutare le mamme e le famiglie?

Sono un avvocato civilista iscritta all’ Ordine di Roma, esperta in diritto del lavoro e nel diritto di famiglia. Ho conseguito il titolo di Curatore Speciale del Minore nei procedimenti civili diventando quello che sinteticamente può definirsi un “avvocato dei bambini”. Nel 2014 ho conseguito presso l’Università La Sapienza di Roma il diploma in scienze criminologico-forensi e sono perciò anche quello che comunemente si dice, una criminologa. Quando la Presidente mi ha parlato del suo progetto di fondare un’associazione che ponesse l’attenzione sulla figura materna e le problematiche ad essa riferibili e che rappresentasse una risorsa sociale per le stesse, per i loro figli e, perchè no, per i padri, proponendomi di farne parte, ho accolto con interesse ed entusiasmo questa opportunità. Sono riandata con la memoria alla mia personale esperienza di madre professionista, alle difficoltà a tratti quasi insormontabili che ho dovuto affrontare nel conciliare  la mia attività lavorativa con l’esperienza più creativa ed appagante che abbia avuto la fortuna di provare, la nascita di mia figlia oggi ventitreenne. Ricordo ancora le corse, il profondo disagio nello staccarmi da lei, i sensi di colpa per non essere sempre presente e dall’altra parte i clienti che mi toglievano il lavoro, questo a riprova che spesso la maternità viene pagata “a duro prezzo” da ogni donna, sia disoccupata, sia lavoratrice, sia dipendente, sia professionista, insomma il fenomeno è democraticamente trasversale. Ho deciso perciò di mettere volentieri a disposizione  le mie competenze legali e criminologiche ed ho accettato di rendermi disponibile in uno spazio di ascolto per tutti gli associati che avranno necessità di un supporto o semplicemente di un confronto. Lo sportello legale da me gestito, che avrà una cadenza settimanale, sarà aperto a coloro che abbiano quesiti sia nel settore lavorativo che in quello familiare. Saranno offerte consulenze su problematiche che, a mero titolo esemplificativo, riguardino le malversazioni, i torti subiti sul posto di lavoro (mobbing, bossing, licenziamenti, ecc) ed avranno spazio di ascolto tutti i portatori di difficoltà riconducibili alla famiglia e relative sia ai rapporti con i componenti del primo nucleo sociale, la famiglia appunto, sia relative al delicato compito di educazione dei figli. Non saranno trascurati pertanto i purtroppo noti fenomeni del bullismo e di cyberbullismo, le manifestazioni dei disagi infantili ed adolescenziali, questi ultimi ovviamente trattati anche con il supporto di una psicologa. Come criminologa ed esperta nei colloqui di prima accoglienza delle donne che hanno subito violenza, si valuterà in sede associativa se istituire uno sportello di ascolto per le vittime anche di stalking dando però un taglio diverso, che oltre a prestare soccorso promuova la crescita della consapevolezza femminile. Organizzeremo anche eventi, seminari, corsi formativi aventi ad oggetto le suddette problematiche rivolti sia a semplici ascoltatori sia a persone impegnate nel settore sociale. Insomma  il progetto è ambizioso  e suscettibile di sviluppo anche in relazione alle istanze che raccoglierò dai dialoghi con gli associati. Vi aspettiamo perciò da gennaio a Roma presso la sede dell’Associazione Big Mama, via Raffaele Battistini, 63/65 (zona Monteverde) per ascoltarvi e conoscerci.

Angelo Barraco – Paolino Canzoneri

 




Palermo, tutti pazzi per l’Arancina Day: tra gusto, fantasia e devozione a Santa Lucia

PALERMO – Da sempre città di tradizioni e folklore, Palermo quest’anno si prepara a festeggiare il 13 Dicembre ricordando con devozione Santa Lucia che puntuale, ad appena una settimana dalla festa dell’Immacolata, si manifesta nel suo splendore e nella sua tradizione storica e culturale.

La storia ricorda che Santa Lucia nacque a Siracusa nel 283 dopo Cristo da famiglia agiata e, perso il padre quando era ancora una bambina, Lucia fu promessa sposa ad un pagano ma decise di recarsi a Catania al sepolcro di S. Agata in pellegrinaggio per pregare alla guarigione della madre colpita da una grave malattia. Nella sua preghiera ella promise di dedicare tutta la vita a Dio, di non sposarsi e di donare ai poveri tutto quello che possedeva. Il pagano pretendente non accolse la promessa di Lucia e la denunciò quale cristiana in un periodo in cui l’imperatore Diocleziano condannava il cristianesimo con torture e persecuzioni d’ogni genere. Nell’anno 304, dopo processo e torture, Lucia venne decapitata ma divenne presto venerata come santa protettrice degli occhi dal suo nome che vuol dire “promessa di luce”.

Leggenda vuole che un giovane innamorato della santa volle in regali i suoi occhi bellissimi e Lucia glieli diede e le ricrebbero più belli di prima. Proprio per questo Santa Lucia è la protettrice della vista e protettrice della città di Siracusa ma ha un posto speciale nel cuore dei palermitani che al 13 dicembre, per osservanza, non mangiano pane e pasta in ricordo di un miracolo attribuito alla Santa. All’origine di questa vicinanza e di questa devozione la storia ci ricorda che l’anno 1646 per i palermitani fu un anno di tremenda carestia, sofferenze e fame.

Un bastimento carico di grano giunse al porto di sorpresa e la gente che per mesi aveva patito fame non ebbe la pazienza di attendere di macinare il grano e lo bollì aggiungendo solo poco olio saziandosi frettolosamente. Questo procedimento dette luogo alla creazione della “Cuccìa”; ed è cosi che per tradizione in quel giorno i palermitani si astengono dal mangiare pane e pasta ma non per una questione di penitenza ma per una precisa tradizione volta all’utilizzo esclusivo di questi ingredienti usati anche per risotti e timballi vari che diedero vita alle famosissime “Arancine” divenute un vero vanto e gioia assoluta per il palato per quel giorno.

L’arancina sembra sia nata da un antica modalità araba di mangiare il riso e si narra che il timballo stesso sia stato inventato da un emiro. L’idea di appallottolare pugni di riso con lo zafferano per poi condirlo con erbe e carne divenne presto cibo prelibato alla corte di Federico II nel 13° , dove si pensò di panarlo e friggerlo per renderlo compatto, croccante per infonderne una sorta di versione “gourmet” che piacque molto e che ad oggi lo configura come un cibo prediletto e amatissimo dai siciliani. Le arancine classiche erano condite con carne o burro ma con il passare degli anni, chef ed appassionati crearono delle varianti coraggiose e magari azzardate inserendo altri gusti come i frutti di mare, caviale di lumaca, pesce spada, verdure, spinaci fino ad approdare a gusti dolci come il cioccolato. Meta assoluta dei palati anche dei turisti, le arancine sono diventate un vero investimento commerciale e una sfida culinaria presa sul serio praticamente da tutti i bar e pasticcerie che al 13 dicembre sfoggiano orgogliosi accanto alle classiche carne o burro anche la propria versione di arancina quasi come fosse una sfida da contrade del Palio di Siena.

Un evento sacro e culinario in un giorno che la tradizione popolare designa quale giorno più corto dell’anno con meno luce difatti nei giorni tra il 7 e il 15 dicembre il sole tramonta poco prima dell 16:30.

Paolino Canzoneri




Fame nel mondo: per Natale Oxfam lancia la campagna “Quanto è grande la tua tavola?”

E’ la triste faccia del consumismo e del capitalismo sfrenato. Da una parte del pianeta si soffre per l’abbondanza di cibo e ci si preoccupata dell’ultimo modello del telefonino e dall’altra si muore di fame. E ‘ una realtà che non guarda in faccia a nessuno, e la tanto decantata solidarietà rimane sempre e solo uno slogan per le “democrazie” occidentali. Convinte sempre di più di avere in tutto e per tutto la ragione dalla loro parte. E’ questo il sistema perfetto. Guai a criticare. Ma, di esemplare non c’è nulla. Basti pensare, che nel mondo 815 milioni di persone soffrono la fame e di queste 200 milioni sono bambini e bambine sotto i 5 anni, vittime della carenza di cibo e nutrienti fondamentali per la crescita, nati in moltissimi casi da madri a loro volta denutrite.

A rivelarlo è il nuovo rapporto di Oxfam “Lo scempio della fame”, che fa il punto sulle più gravi crisi alimentari in corso oggi nel mondo, che riducono centinaia di migliaia di famiglie ad avere poco o niente di cui vivere. Un’emergenza senza precedenti, che sta colpendo soprattutto l’Africa orientale, lo Yemen e la Nigeria nord-orientale: solo in Yemen, a causa del conflitto in corso, oltre 17 milioni di persone (tra cui circa 400mila bambini) soffrono di malnutrizione. Stessa sorte tocca a metà della popolazione colpita dalla guerra in Sud Sudan e a circa 5 milioni di persone nella Nigeria, infestata dal conflitto con Boko Haram.

Oltre la guerra, tra le cause ci sono anche i cambiamenti climatici, che hanno provocato lunghe e durissime siccità in Paesi come l’Etiopia dove interi raccolti sono andati persi e molti allevamenti sono stati decimati e dove ora 12,5 milioni di persone stanno rimanendo senza cibo. Bisogna agire subito: secondo le Nazioni Unite, rimanere a guardare potrebbe costare la vita a centinaia di migliaia di bambini. “Oltre la metà delle persone che soffrono la fame, vive in zone colpite da conflitti e il 56% in zone rurali, dove i mezzi di sostentamento dipendono prevalentemente da agricoltura e allevamento – spiega il direttore generale di Oxfam Italia, Roberto Barbieri – In queste aree di crisi dove Oxfam è al lavoro ogni giorno, intervenire per garantire l’accesso al cibo e un riparo o i mezzi e la formazione necessari per resistere a eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili, può fare la differenza tra la vita e la morte per migliaia di famiglie.

A oggi abbiamo raggiunto oltre 5 milioni di persone in alcuni dei Paesi colpiti dalle più gravi crisi alimentari del pianeta, ma possiamo fare di più”. Proprio per garantire accesso al cibo e salvare vite a Natale Oxfam lancia la campagna “Quanto è grande la tua tavola?” e invita tutti a compiere un piccolo gesto, ma che può fare la differenza per milioni di persone nel mondo.

Attraverso il sito dedicato alla campagna oppure contattando il numero verde 800.991399, è possibile donare per garantire a tante famiglie in difficoltà i mezzi per sfamare e crescere i propri figli. Ad esempio 13 euro bastano per assicurare ad una famiglia la farina necessaria per la preparazione di pane per due mesi, mentre con 55 euro è possibile contribuire all’installazione di un impianto idrico necessario a coltivare un orto. Nella sezione del sito dedicata alle e-card solidali di Natale, si potranno acquistare cartoline virtuali, da regalare a persone speciali. Un gesto semplice, simbolico e al tempo stesso concreto, perché il ricavato sarà impiegato per aiutare chi ne ha più bisogno, trasformandosi in cibo, acqua, formazione e diritti.

Marco Staffiero




Albano, Centro Psicologia Castelli Romani: a che gioco giochiamo?

Albano Laziale (RM) – L’importanza dello sviluppo del gioco nei bambini : Il gioco simbolico “Il gioco comincia quando il comportamento del bambino non è più guidato dalla necessità di apprendere o di ricercare una soluzione, ma soltanto dal piacere funzionale , cioè dal piacere di esercitare abilità già acquisite.”

(Piaget)

Perché è importante giocare? Ma soprattutto, con cosa devo far giocare il mio bambino? Queste sono domande comuni che tanti si pongono quando entrano in relazione con un bambino, in particolare se molto piccolo.
Nel precedente articolo abbiamo iniziato un viaggio nello sviluppo del gioco del fino ai 18 mesi, analizzando le fasi evolutive e le necessità che lo caratterizzano, ma soprattutto focalizzando l’attenzione su quanto il gioco sia collegato e come sostenga il maturarsi delle altre competenze del bambino, come le capacità motorie e il linguaggio. Sostenendo una capacità infatti stiamo garantendo il corretto sviluppo delle altre, e quindi uno sviluppo armonico di tutte le competenze.
Continueremo dunque questo interessante viaggio nel gioco del bambino arrivando successivamente fino all’apice della sua maturazione intorno ai 5 anni di età.
In questo articolo però sottolineeremo l’esordio di una delle fasi evolutive più importanti del gioco: IL GIOCO SIMBOLICO.

Cosa è il Gioco?
Il gioco è parte centrale dello sviluppo psicomotorio del bambino ed assume un diverso significato nel corso della maturazione del senso di Sé, dell’indipendenza, delle abilità sociali e della creatività individuale.
Mediante il gioco il bambino sperimenta il rapporto con le persone, arricchisce la memoria, allena la concentrazione, studia cause ed effetti, riflette sui problemi, impara a controllare le emozioni, conosce la realtà circostante e arricchisce il vocabolario (Sheridan M,1984).
Tutto ciò si traduce nello sviluppo della personalità e nella realizzazione del bambino stesso.
Grazie al gioco il bambino potrà sviluppare una corretta coordinazione motoria e amplierà, grazie all’imitazione e alla sperimentazione, le possibilità di comunicare (giocare con l’altro) ed inserirsi in contesti sociali. Cercherà di creare Relazioni (con l’altro, con se stessi, con gli oggetti) ed esplorare il proprio corpo e le proprie capacità di agire.
Ricapitolando dal precedente articolo, nel primo anno di vita l’attività di gioco del bambino è di tipo prevalentemente motorio, concentrata sulla ricerca di sensazioni piacevoli e sulla conoscenza del mondo che lo circonda (Esplorazione).

In particolare in questo periodo attraverso tale attività, il bambino sperimenta un gioco finalizzato alla ricerca di sensazioni che arricchiscano il «SE» che si sta strutturando anche grazie al gioco di interazione con i caregivers.
Successivamente, superando i 18 mesi e avvicinandoci ai 24 mesi il gioco cambia forma, e la centralità d’interesse passa totalmente dalle persone all’utilizzo dell’oggetto.
Precedentemente il bambino utilizzava un oggetto assegnandogli una funzione simbolica, ma l’oggetto doveva essere realisticamente simile alle sembianze dell’oggetto da rappresentare (sostituti simili nella forma o nella funzione, ad esempio un bastoncino può essere usato come un cucchiaio).
Avvicinandosi ai 24 mesi gli oggetti non hanno più bisogno di una connotazione per forma o per funzione al fine di simboleggiare l’oggetto da rappresentare (una chiave può rappresentare ed essere utilizzata come un telefono).
I genitori possono partecipare al gioco sia dando suggerimenti sia agendo in prima persona attraverso il gioco di finzione, che il bambino può osservare e imitare.
Vengono così poste le fondamenta di un gioco più maturo basato sull’astrazione:

Il gioco simbolico
A partire dai 18 mesi possiamo quindi osservare l’esordio del gioco simbolico che è segnato dalla comparsa di azioni che rivelano la natura sociale e convenzionale degli
oggetti.
Gli oggetti vengono utilizzati in modo appropriato ma al di fuori del contesto normale e pertanto si può parlare di schemi pre-simbolici.

L’atteggiamento verso di questi è ancora realistico perché caratterizzato da una conoscenza funzionale dell’oggetto nelle situazioni reali (es. un bicchiere viene usato per bere anche “per
finta” e in assenza di acqua all’interno).
Intorno ai 24 mesi gli oggetti non hanno una connotazione per forma o per funzione ed è in questa fase che il bambino può stravolgerne l’utilizzo usando l’immaginazione, per esempio: una cucchiaio può rappresentare ed essere utilizzato come un telefono.

I genitori o le figure di riferimento del bambino possono e devono partecipare al gioco sia dando suggerimenti, sia agendo in prima persona per finta mentre il bambino osserva e imita il loro comportamento. Al fine dello sviluppo delle capacità ludiche pre-simboliche del bambino è importante anche fargli osservare quello che è il vissuto quotidiano della famiglia in modo tale che lui lo possa riproporre nei suoi giochi di finzione permettendo il passaggio ad un gioco simbolico correttamente strutturato.
Per gioco simbolico, quindi, intendiamo tutte le azioni decentrate dal contesto in cui si svolgono normalmente e che il bambino compie per puro piacere.

Dopo che il bambino ci ha osservato mentre apparecchiavamo o anche semplicemente nelle fasi del suo accudimento ( es. durante il pasto o durante il cambio del pannolino)
vedremo che queste le riproporrà anche nel suo gioco dando lui stesso da mangiare o accudendo un bambolotto, riproponendo e decentrando le stesse azioni che lui vede compiere su se stesso.
Le azioni “per finta” sono vere simulazioni di azioni di vita quotidiana.
Le principali caratteristiche che ci possono far capire se il nostro bambino si sta organizzando un gioco di tipo simbolico sono:
 La presenza della capacità di agire “come se”, al di fuori del contesto normale e reale (es. Fuori dal bagnetto far finta di lavare la bambola, mettere a dormire la bambola in una scatola) e comprende qualsiasi contesto di vita quotidiana che il b. riproduce al di fuori della realtà;
 La presenza della capacità di utilizzare oggetti sostitutivi rispetto a oggetti reali (es. Una penna può diventare un cucchiaio o un pettine):
 Abilità di compiere azioni solitamente svolte da altri, ciò che abbiamo visto fare dai nostri genitori sappiamo riprodurlo in contesti ambientali differenti.
 La presenza della capacità di collegare schemi di azione differenti in sequenze tematiche coerenti, partendo dall’elaborazione di singole azioni (episodiche) (es :Dare da bere, Dare da mangiare,Pettinare), per poi passare a combinazioni di 2,3,4, azioni (es. Fa finta di mescolare nel piatto e poi mangia), fino ad arrivare a compiere azioni diverse in sequenze coerenti
(es.Dà da mangiare al bambolotto e poi lo mette a dormire)

Superati i due anni di età compaiono le prime vere sostituzioni simboliche : il bambino può evocare la funzione dell’oggetto in sua totale assenza, per esempio la sua mano può assumere il gesto a fare finta che tale oggetto sia in mano (oggetto invisibile).

In questa fase le azioni sono rivolte quasi esclusivamente al bambino stesso e non includono altri partecipanti al gioco. Gli altri (principalmente oggetti es. bambolotti o orsetti) sono destinatari passivi dell’azione del bambino. Principalmente nella sequenza ludica di questo momento viene messa in atto una singola azione alla volta e non si è ancora in grado di combinare azioni simboliche diverse.
Nei contesti strutturati e scolarizzati come gli asili nido, o semplicemente in presenza di suoi coetanei potremmo osservare che il bambino di due anni non condivide il gioco con i suoi pari, ma gioca vicino e parallelamente ad essi senza creare punti di incontro. Questo è quello che viene definito Gioco parallelo.
In questa tipologia di gioco i bambini mettono in atto un’imitazione reciproca senza coordinazione: si osservano e si imitano compiendo le stesse azioni di gioco uno vicino all’altro ma senza parlarsi e condividere il gioco stesso.

Questa imitazione gli permette di osservare i propri pari e prendere spunto dal gioco dell’altro per ampliare le proprie conoscenze. Successivamente verso i 3 anni il bambino comincia ad esser autonomo ed è in grado di strutturare l’azione di gioco senza il supporto degli adulti.

Inizia ad esservi una scelta autonoma della situazione ludica e della realizzazione del copione in cui i ruoli diventano complementari, anche se il livello di integrazione tra bambini è minimo.
Questo che è l’inizio del gioco combinatorio simbolico lo affronteremo successivamente nel dettaglio.

CONCLUSIONI
Concludendo possiamo perciò dire che nella fase che intercorre tra i 18 e i 24 mesi di vita, il bambino mette le basi per la costruzione del suo gioco simbolico, importante strumento che gli permetterà di conoscere, esplorare e manipolare il mondo che lo circonda riportando il suo vissuto quotidiano in sequenze ludiche.
Inoltre comincia il decentramento dal suo gioco e inizia l’interazione, l’integrazione e l’ampliamento dei propri schemi ludici osservando quelli dei bambini intorno a lui, che fungono da punti di partenza e riferimento per quelle che saranno le future tappe dello sviluppo e dell’apprendimento.
I bambini sono sempre i migliori insegnanti in materia di gioco.

Dott.ssa Cristina Monaco, Centro Psicologia Castelli Romani

Piazza Pia 21, 00041 Albano Laziale

www.centropscicologiacastelliromani.it

 

BIBLIOGRAFIA
 Baumgartener E., «il gioco dei bambini», ed. Carocci, Roma,2004
 Brazelton T.B., «Il bambino da 0 a 3 anni», Ed. Fabbri, Milano,2003
 Sheridan M., «il gioco del bambino, Ed. Raffaello Cortina, Milano, 1984
 Sheridan M., «Dalla nascita ai 5 anni», Ed. Raffaello Cortina, Milano, 2009
 Dépliant, « A che gioco giochiamo», Ospedale Pediatrico A. Meyer, centro
Brazelton.
 Dépliant, «Giocando si impara», fondazione Pierfranco e Luisa Mariani,
Neurologia Infantile, Milano, 2008.




Roma, fattoria di Babbo Natale: Rudolph e Ballerina percorrono 3mila km per la gioia di grandi e piccini

ROMA – Questo scorcio di fine anno 2017 è stato contrassegnato a Roma, come in altre parti del mondo, da alcuni eventi celebrativi del centenario dell’indipendenza della Finlandia. Dopo la suggestiva illuminazione del Colosseo con i colori della bandiera nazionale finnica, azzurro e bianco, accompagnata da una serie di canti patriottici intonati da un coro finlandese, è stata la volta di un affollato ricevimento nella residenza dell’ambasciatore di Finlandia in Italia, Janne Taalas, impreziosito, oltre che dalle rare leccornie gastronomiche del paese nordico preparate dal celebrato chef Kimmo Kettunen, anche dalle note degli inni nazionali finnico ed italiano eseguite dal giovane tenore Eero Lasorla, finlandese e con studi presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Un tocco esotico a questa celebrazione era dato anche dalla presenza di una esponente del popolo Sámi (lappone) a Roma, Annikki Sarre, con l’originale e colorato abito della provincia di Inari, da cui proviene.

Un altro tocco lappone era dato dalla presenza, alquanto rara ed unica, a Roma in questi giorni, di due renne ospitate nella fattoria di Babbo Natale allestita, per la gioia di grandi e bambini, presso le Officine Farneto. Rudolph e Ballerina, i nomi dei due un po’spaesati e timidi rappresentanti della famiglia dei cervidi, hanno percorso non meno di 3000 km. dalla Lapponia verso la Capitale per allietare i tanti bambini e famiglie accorsi a conoscerli. Il 5 dicembre Il cappellano Antti Kruus ha celebrato messe luterane in finlandese presso la chiesa di Santa Dorotea, in Trastevere, con musiche d’organo eseguite da Ismo Savimäki. Il 7 dicembre, ha poi avuto luogo un seminario celebrativo nell’ambito del programma Suomi 100 / Suomi 2000, sul tema “Le relazioni culturali tra Italia e Finlandia”, presso l’Istituto Finlandese a Villa Lante sul Gianicolo con interventi di: Arja Karivieri (Direttore, Institutum Romanum Finlandiae): Introduzione; Akseli Gallen-Kallela, C.G.E. Mannerheim e l’immagine dell’Indipendenza; Massimo Longo Adorno (Università di Kiel): Storia contemporanea finlandese e rapporti fra Italia e Finlandia; Paula Loikala (Università di Bologna): Il Kalevala nella cultura e letteratura della Finlandia Simo Örmä (Institutum Romanum Finlandiae): Eino Leino e Joel Lehtonen: due scrittori fra Finlandia e Italia; Luciano Cupelloni (Sapienza – Università di Roma): Alvar Aalto e la contemporaneità dell’architettura finlandese; Maria Stella Bottai (critico d’arte): 100 anni di arte finlandese.

 

Sempre Villa Lante ospita, il 12 dicembre, la presentazione e inaugurazione della mostra ViterboSensazioni del Medioevo, a cura di Liisa Kanerva, Kaisu Koivisto e Anu Koponen. La mostra rimane aperta fino al 29 dicembre, orario feriale 9-13.

Gianfranco Nitti

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