Potenza: il mistero dei Templari al cimitero San Rocco

POTENZA – Secondo la storia, l’Ordine dei Templari fu fondato nel 1118, al termine della prima Crociata, dall’aristocratico Hugo di Payns. L’Ordine dei Templari era originariamente costituito da 11 frati francesi che, armati di spada, ebbero il compito di difendere dagli infedeli i pellegrini che viaggiavano lungo le strade sante fra Jaffa e Gerusalemme.

 

Nel cimitero di Borgo San Rocco a Potenza, nascosta tra le altre opere architettoniche, si scorge una piccola Cappella, risalente alla fine dell’800, che presenta incisioni esterne abbastanza comuni, ma soffermando meglio lo sguardo si possono scorgere alcuni particolari molto interessanti: non molto comune è la presenza di un giardino privato, contornato da ulivi recintati, la cripta si trova a capo della struttura, il tutto chiuso da un piccolo cancelletto in ferro. Le iscrizioni presenti in alto raffigurano una croce latina formata da due segmenti di diversa misura che si intersecano ad angolo retto, in cui il segmento minore è circa a tre quarti del segmento maggiore. Per la maggioranza dei cristiani la croce è un simbolo dell’amore di Dio. Il significato simbolico è di riferimento per i cristiani nel mondo, ma questa particolare croce ha, ai suoi lati, delle ali simili a quelle d’aquila, usate come contorno della svastica durante il periodo del nazionalsocialismo tedesco. Le ali, infatti rappresentavano l’aiuto “divino” che veniva chiesto durante le battaglie.

Possiamo dunque ipotizzare, attraverso questo particolare, un primo cenno visivo che riporta alle Crociate. E non è tutto, il mistero continua, in basso della Cappella possiamo osservare una scultura che prende la forma di una lampada ad olio, sul quale manico si trova un’altra croce latina.

 

Una lampada, dell’olio, l’attesa: sono questi gli elementi che caratterizzano la parabola delle dieci vergini che Matteo presenta al capitolo 25 del suo vangelo. Nel caso specifico della scultura posta sull’entrata della cripta, il significato è palesemente una sorta di attesa perpetua affidata a Dio, che toglie i peccati, assolvendo i fedeli proprio con l’olio. All’interno della cripta, le lapidi contornate da varie statuine raffiguranti Santi, e delle scritture il cui tono è solenne, ricercato e carismatico.

Leggendo queste parole l’attenzione va sulla missione posta in essere dal defunto che “Senza rancore, nel politico risorgimento contempla il sangue dei suoi, con abito d’onestà, affermò che nell’intima religione del dovere trae piedistallo di dolcezza l’anima veramente pura ed intemerata.” Tali scritti trovano affinità con i giuramenti Templari e con il tenore di vita che questi monaci-soldati erano tenuti ad avere.

 

Le donne non erano ammesse all’ordine, almeno non ufficialmente. Una donna, Ester, presente nella cripta, lascia un’incisione forte e in maiuscolo: Vuole quella dimora perpetua per sempre per la sua famiglia e per lei. Indagando presso gli uffici cimiteriali, il custode ha fatto sapere che la cappella è stata acquistata ad aeviternus, ovvero in eterno. Il costo o il nome dell’acquirente non sono stati svelati, ma sappiamo che la prima ad essere stata sepolta all’interno è stata proprio Ester. I suoi cari hanno provveduto all’istallazione di tutte le componenti della cappella.

Continuando ad osservare sull’altare, come di consuetudine c’è una croce, ma non è la semplice croce latina, bensì una Budded Cross, ovvero Croce bruciata. Nota anche come Croce degli Apostoli, sarebbe la Croce Latina fissata con tre cerchi o dischi, alla fine di ogni braccio. Per il cristiano rappresentano la Santissima Trinità, ed era uno dei simboli templari per eccellenza.
L’altra croce che si scorge al di sotto dell’altare, rossa anche se scolorita è una chiara Croce Templare: Croce rossa in campo bianco, nel corso degli anni ne sono state adottate di diversi tipi e forme, dalla croce greca a quella cosiddetta croce patente, ovvero la croce a bracci uguali che si allargano nella parte esterna.

 

Al cimitero di Borgo San Rocco di Potenza ci sono anche altre tombe dalle parvenze Templari, ma la cripta di cui si è parlato è l’unica ad essere perpetua e “fuori dal tempo”. Cosa significa? Significa che se anche dovesse crollare, nessuno potrebbe spostare, né toccarne i resti finchè qualche erede, seppur lontano, ne dia disposizione.

Il Professor Mario Moiraghi, docente universitario ed esperto di storia medioevale, avrebbe dimostrato che i Templari hanno avuto origine in Italia, fondati da Ugo dei Pagani nativo di Forenza in Basilicata. I Cavalieri Templari ebbero origine in Italia Altobradano, la magica terra di Basilicata sarebbe stata la culla dei Cavalieri, e da qui verrebbe anche spiegata la presenza di tali incisioni nella cripta presso il cimitero di Potenza, luogo di eterno riposo per la famiglia capeggiata da uno dei probabili Cavalieri del Tempio.

Giulia Ventura

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Trevignano, museo etrusco: tarocchi e fantasmi al centro della notte di Hallowen

TREVIGNANO ROMANO (RM) – Taglio del nastro per la suggestiva mostra “i tarocchi d’ebano” della pittrice Daniela Rogani che sarà ospitata presso il Museo Civico Etrusco Romano di Trevignano Romano fino al 12 novembre. La mostra, patrocinata dal Comune di Trevignano Romano, illustrerà uno straordinario progetto artistico denso di colori e simboli, dedicato agli Arcani Maggiori delle carte dei tarocchi, all’insegnamento di ogni singolo arcano maggiore in un percorso tutto rivolto all’evoluzione dell’essere umano. L’artista sarà presente presso il Museo trevignanese, negli orari della sua apertura, nelle domeniche fino al termine della mostra per approfondimenti sui significati degli arcani.

L’iniziativa si inserisce nella densa offerta culturale che la cittadina lacustre riserva all’autunno e all’inverno oltre che al periodo estivo. Alle 16.00 inizieranno i preparativi per accogliere la notte di Halloween al Museo. I più piccoli e non solo, potranno partecipare al primo laboratorio didattico del ciclo “Domenica al Museo” dedicato dalla Bottega degli Alchimisti a una interpretazione in chiave archeologica dei temi orridi e grotteschi della notte di Halloween: attraverso una visita-racconto si potrà infatti conoscere il fantasma del guerriero etrusco che “abita” nel museo e a seguire, i bambini potranno costruire una lanterna particolare da usare nella notte di Hallowen.




Asili nido, dossier cittadinanzattiva: diminuisce la domanda ma le liste d’attesa continuano ad aumentare

Il tempo dei diritti negati. Ogni possibilità di un modello di vita equilibrato viene negato in nome della nuova società civile e perfetta. Le difficoltà per un lavoro, la mancanza di accedere ad un mutuo per acquistare una casa, la condanna verso una generazione in difficoltà anche ad avere il primo diritto: quello di diventare genitori. Per arrivare a fine mese diventa una difficile corsa ad ostacoli per le famiglie e da qui nasce l’obbligo di far lavorare 12 ore al giorno la coppia, rendendo impossibile la vita di tutta la famiglia.

 

Chi ha la possibilità può portare i bambini al nido. Ma solo una percentuale limitata. Le domande, complice la piaga della denatalità, sono diminuite: una flessione complessiva del 13,1% nel 70% di 89 capoluoghi di provincia indagati nel 2015. Le liste di attesa, però, sono aumentate: dal 20% del 2013 al 26%. Insieme ai costi, in alcune città addirittura stellari. L’asilo nido resta un sogno, per troppi. Un lusso, un privilegio, ma soprattutto un diritto negato. Quello per le mamme di ricominciare a lavorare, per esempio. Soprattutto al Sud. Nel corso del 2016, su 30mila donne (dati Ispettorato nazionale del Lavoro) che hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro, ben una su cinque l’ha fatto per mancato accoglimento dei figli al nido pubblico, quasi una su quattro per incompatibilità fra lavoro e assistenza al bimbo, il 5% per i costi troppo elevati per l’assistenza al neonato.

 

Una fotografia sconfortante scattata, come ogni anno, il dossier di Cittadinanzattiva presentato a Roma. Per non parlare dei costi.Ammonta a 301 euro la tariffa media mensile nel 2017/18 (erano 309 nel 2014/15) per una famiglia tipo (3 persone con un minore al di sotto dei 3 anni e un Isee di 19.900 euro). Con 167 euro il Molise è la regione più economica, il Trentino Alto Adige la più costosa (472 euro). Spicca l’aumento del 10% registrato in Basilicata. Fra i capoluoghi di provincia, Catanzaro e Agrigento le più economiche (100 euro), Lecco la più costosa (515 euro). Gli aumenti più rilevanti negli ultimi tre anni sono stati registrati a Chieti (50,2%), Roma (33,4%), Venezia (24,9%). Nel primato positivo, quanto a costi, delle regioni del sud, va però tenuto conto che solo nel 3% la retta comprende tutto (oltre ai pasti anche pannolini e altre spese), mentre tale percentuale sale al 25% negli asili del centro e al 40% in quelli del nord. E soprattutto, la copertura media della potenziale utenza 0-2 anni è solo del 7,6% al sud, con il limite negativo di Calabria e Molise che coprono rispettivamente fino al 4,1% e al 5%. La copertura arriva invece al 23% al nord e al 26,5% al centro.

 

Le mense pulite (se ci sono), ma non sempre sicure. L’indagine ha riguardato 78 scuole di 12 regioni (Valle D’Aosta, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna); 627 gli intervistati fra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa. Le mense non brillano in quanto a stato manutentivo e di sicurezza: il 14% presenta distacchi di intonaco e il 6% altri segni di fatiscenza come umidità, infiltrazioni di acqua. Barriere agli ingressi nell’8% delle mense, pavimentazioni irregolari nel 17%, porte con apertura anti panico assenti nel 35%. L’80% dei bambini ritiene che i locali siano abbastanza o molto puliti e luminosi, abbastanza o molto spaziosi (per l’85%) e sicuri (75%). Fra gli aspetti negativi segnalati dai bambini, il 56% ritiene che siano molto rumorosi, il 37% poco accoglienti e il 43% poco allegri. Secondo i piccoli utenti gli arredi lasciano molto a desiderare: il 51% dichiara, infatti, che non siano né adatti né confortevoli. Non passa inosservato il dato che in una scuola su dieci del campione di quest’anno, manchi del tutto il locale mensa e i pasti vengano serviti in corridoi o aule più grandi.

Marco Staffiero




Distribuzione automatica bevande: il caffè in vetta alla classifica italiana

Nel bel Paese cambia anche il modo di prendere il caffè. Tutto frenetico e veloce senza un attimo di pausa consapevole nella nuova società tecnologica. La voglia, il tempo per sedersi ad un bar in compagnia per godersi una tazza di caffè tra quattro chiacchiere e risate, o magari scambiarsi un buongiorno con il barista sembra ormai una storia da anni 70. Non c’è più tempo nemmeno per questo. Del resto nella società delle amicizie virtuali (per esempio Facebook), non c’è spazio per un caffè in compagnia.

 

Se vogliamo un caffè c’è la macchinetta, basta inserire una moneta e lei ti da l’indicazioni per tutto. Per quattro chiacchiere? c’è “l’insostituibile” compagno di sempre… il telefonino o tablet ecc, per controllare nel momento l’ultimo messaggio o l’ultimo “mi piace” su Facebook. In uno studio Confida-Accenture, pubblicato oggi si evidenzia come il caffè è il ‘re’ della macchinetta con 2,7 miliardi di consumazioni nel 2016: l’1,67% in più rispetto al 2015.

 

Con 805.431 macchine installate, l’Italia guida la classifica europea nella distribuzione automatica. Seguono la Francia (590 mila), la Germania (555 mila) e l’Inghilterra (417 mila). Il nostro Paese, non a caso, è il principale produttore europeo di distributori automatici, un segmento del mercato della meccanica italiana esportato in tutta Europa e anche a livello mondiale. Complessivamente il fatturato del vending in Italia nel 2016 è cresciuto del 2,13% sfiorando i 3,5 miliari di euro (3.465.614.675 euro) con quasi 11 miliardi di consumazioni (per l’esattezza 10.797.992.857). I consumi dai distributori automatici sono cresciuti del +0,48% mentre il mercato del cosiddetto ‘porzionato’ (le macchine a capsule e cialde per casa e uffici) è aumentato del 4,3%. Il caffè, quindi, è il prodotto più venduto ai distributori automatici, il 55,5% dei consumi totali in questo canale. Ammontano, invece, a 5,8 miliardi le capsule e cialde vendute nel 2016. Se ne ricava che un italiano su due, oggi, sceglie il caffè ‘self service’.

 

Tra le bevande calde, oltre al caffè, spicca la crescita del ginseng (che cresce del +15,3%). Tra gli snack più diffusi, si rafforza il consumo di quelli a base di cioccolato (+1,47%) e dei biscotti (+5,76%). Ma il balzo in avanti più significativo è quello fatto registrare dalla frutta fresca (+55%) e secca (+50%). La flessione invece nel consumo di bevande fredde (-2,64%) è stata condizionata anche dalla stagionalità decisamente meno calda rispetto a quella del 2015. In questo contesto l’acqua ha contenuto le perdite (-1,23%) rispetto alle altre bevande fredde, specialmente quelle gasate che hanno subito una contrazione del 7,68%.

 

Da notare il trend in controtendenza di nettari e succhi 100% (+4,03%) e degli Energy drink, nicchia di mercato da 1,5 milioni di consumazioni che è aumentata dell’1,20%. Ben il 36% delle consumazioni del vending avvengono all’interno di industrie e grandi aziende. Nel comparto del lavoro privato si concentra il 17% dei consumi, mentre quello commerciale si attesta al 13%. Gli spazi deputati all’istruzione (scuole e università) e alla sanità valgono ciascuno l’11%. Le erogazioni dei distributori collocati nei luoghi pubblici (sale giochi, centri commerciali, biblioteche, associazioni e circoli, oratori…) invece, valgono il 6% dei consumi complessivi. In coda luoghi di svago e di passaggio (aeroporti, stazioni, metropolitane…) con il 3% a testa. La distribuzione automatica, spiega Piero Angelo Lazzari, presidente di Confida, “è un settore economico dinamico ed apprezzato, in particolare in Italia. Il nostro Paese detiene il primato europeo di vending machine installate (oltre 800 mila), che offrono ristoro in uffici, scuole e università, ospedali e luoghi di transito. Dietro a queste macchine c’è una filiera dinamica e socialmente rilevante composta da circa 3.000 imprese di gestione, di cui l’80% sono piccole e medie imprese, che in questi anni hanno fatto molti sforzi per migliorare e ampliare l’offerta alimentare per renderla più vicina ai gusti e alle esigenze nutrizionali dei consumatori”.

Marco Staffiero




Nuove droghe: 40mila giovani all’anno finiscono al Pronto soccorso

Dati preoccupanti che descrivono la realtà giovanile dei nostri tempi. Non di tutti ovviamente, ma i numeri e i tipi di sostanze parlono da soli. Cocaina, cannabis ‘rafforzata’ e anfetamine, nelle loro ormai infinite varianti: troppo facili da trovare, troppo ‘democratiche’ per il loro basso costo, troppo difficili da identificare per il continuo mutamento delle formule che le compongono. Sono le nuove droghe psicoattive che fanno ‘impazzire’ i ragazzi, complice anche un cattivo uso del web ed una scarsa educazione in famiglia.

 

Tanto che ogni anno sono 40mila gli accessi nei pronti soccorso psichiatrici per i disturbi causati da tali sostanze. Del fenomeno si è parlato al convegno di presentazione della nuova ‘Carta dei Servizi dei pazienti nelle condizioni cliniche di comorbilità tra disturbi mentali e disturbi da uso di sostanze e addiction (doppia diagnosi)”, organizzato da Federsed (Federazione Italiana degli operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze), SIP (Società Italiana di Psichiatria) e SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza).

La psichiatria chiede dunque aiuto e risorse per supportare le sempre maggiori richieste di emergenza nei più giovani, ma non solo, che giungono ai dipartimenti di salute mentale.

 

Uno studio sui clienti di cinque club romani getta benzina sul fuoco: su 273 utenti di età compresa da 18 e 30anni, il 78% riportava pregresso utilizzo delle cosiddette ‘nuove sostanze psicoattive’ (NPS), mentre l’89% riportava utilizzo corrente di cocaina. “La comorbilità fra un disturbo mentale e un disturbo da uso di sostanze usualmente definita come condizione di ‘doppia diagnosi’ – spiega il presidente Sip Bernardo Carpiniello – rappresenta un’evenienza particolarmente frequente”. I numeri, precisa inoltre Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze al Fatebenefratelli-Sacco di Milano, “dicono che nell’ambito dell’urgenza psichiatrica serve intervenire molto in fretta. I servizi devono essere impostati e coordinati per rispondere alle nuove emergenze e nuovi bisogni”. Le conseguenze di tale comorbilità sono gravi, talora drammatiche. Aggiunge Mencacci: “Peggior decorso e minore risposta ai trattamenti sia del disturbo psichico, sia dell’uso di sostanze, maggiore rischio di suicidio e di comportamenti violenti, incrementato rischio di patologie fisiche, di complicanze legali, e di deriva sociale (disoccupazione, divorzi e separazioni, stigmatizzazione ed emarginazione). Per questo la Società Italiana di Psichiatria, attraverso la sua Sezione Speciale SIP-Dip (Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze) da anni si batte per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e gli enti governativi e regionali su tali problemi, per la formazione degli operatori e la promozione di studi e ricerche, ma soprattutto per un cambiamento profondo dell’organizzazione sanitaria attuale, che affida il settore della cura dei disturbi mentali e dei disturbi da uso di sostanze a servizi separati ed indipendenti, quasi sempre operanti in modo scollegato fra di loro”.

Marco Staffiero




Ronciglione: la IX edizione del premio “Dolce con Nocciola” scalda i motori

RONCIGLIONE (VT) – Il Premio Dolce con Nocciola, unico in Italia nel suo genere, registra sempre più consensi, tanto da meritare l’attenzione di numerosi stati stranieri. Quest’anno, addirittura, saranno ben quattro i rappresentanti istituzionali che presenzieranno all’evento contribuendo a dargli ulteriore lustro. In giuria infatti, oltre ad esponenti di spicco della società civile viterbese siederanno: Lilia Ticu, consigliere Ambasciata della Repubblica di Moldova, Carla Sierra Zuniga, consigliere Ambasciata del Costa Rica, Luisa Auffant, addetta alla cultura dell’Ambasciata della Repubblica Domenicana e Claudia Estefanía Larriva Vélez, segretaria dell’Ambasciata dell’Ecuador. Accanto a loro Mario Mengoni, sindaco di Ronciglione, Irma Brizi, dell’associazione nazionale Città della Nocciola, Rodolfo Valentino, Tedoforo di Santa Rosa, Andrea De Simone, direttore di Confartigianato, Giovanni Di Mattia, Presidente Pref.Edi.L. S.p.A. ed Anita Mattei, biologo nutrizionista specialista in scienze dell’alimentazione. Nella giuria tecnica invece Maniaci Marco, Moreno Panzini, Ciro Scarpato ed il presidente Sergio Signorini, maestro cioccolatiere e coordinatore dell’Università del cioccolato della Caffarel.

Il Premio nazionale Dolce con nocciola, alla nona edizione, si conferma insomma come uno dei più prestigiosi del settore, potendo vantare anche la medaglia partecipativa del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, conferita nel 2011. Del resto al concorso, ideato da Fabio Troncarelli e reso possibile grazie all’impegno di tutto il direttivo dell’associazione 1728 guidato dal presidente Mario Rubeca, partecipano, ogni anno pasticceri provenienti da tutt’Italia, dalla Puglia alla Campania fino alla Sicilia.

La competizione si svolgerà sabato 28 ottobre al Relais Sans Soucis di Ronciglione, sulle rive del lago di Vico. Dalle 9,30 alle 12,30 i pasticceri consegneranno i loro dolci (tutti rigorosamente contenenti la nocciola) Dalle 15,00 alle 17,30 una giuria selezionata esaminerà le varie proposte e, alle 18.00 alla presenza di importanti autorità, si terrà la cerimonia di premiazione. L’obiettivo è di celebrare uno dei prodotti più rappresentativi del territorio del basso viterbese, la nocciola romana, che costituisce un volano ineguagliabile per l’economia locale essendo utilizzato in moltissime preparazioni dolciarie, ma, allo stesso tempo, assai poco commercializzato a livello d’immagine. La manifestazione rappresenta dunque un’ottima vetrina per il territorio, anche in virtù delle importanti collaborazioni con il Comune di Ronciglione, l’Associazione Città della Nocciola, la Caffarel, la Confartigianato, l’Associazione Vico Vivo. Tra i partner anche la Banca di Credito Cooperativo di Ronciglione e Barbarano Romano, la Prefedil S.p.A., la Cimina Dolciaria, Coopernocciole, La Electrolux, Avelloil e la Cooperativa agricola C.P.N.




Mense scolastiche: ancora reticenze sul pasto da casa

Alcuni genitori incontrano ancora reticenze riguardo la volontà di poter esercitare il diritto al consumo rappresentato dal poter far usufruire i propri figli del pasto preparato da casa in alternativa al servizio di mensa scolastica. Un diritto sancito anche da una recente sentenza del Tribunale di Torino che ha stabilito “che le scuole devono far sedere i compagni tutti insieme, chi con pasto da casa, chi con menu standard”.

 

Dall’associazione di volontariato Mamme Etrusche, seguito dallo studio legale Vecchione di Torino, fanno infatti sapere che per quanto riguarda le regioni Lazio, Abruzzo e Toscana, sulle varie reticenze incontrate per il pasto da casa dirigenti e Asl hanno già avuto le loro risposte, e in larga maggioranza si sono allineati verso quello che è un diritto delle famiglie “irrinunciabile” sia per la qualità del cibo che per il risparmio domestico.

“Le reticenze – dichiarano dall’associazione – passano, ovviamente lo sappiamo, per lo strapotere delle industrie alimentari del settore mense scolastiche che fatturano migliaia di euro l’anno.”

 




Centro Psicologia Castelli Romani: l’autunno in tavola. Consigli nutrizionali

ALBANO LAZIALE (RM) – L’autunno è una stagione meravigliosa: le temperature sono ideali per permetterci di fare qualsiasi attività (passeggiate, attività sportive, escursioni), i paesaggi autunnali offrono scorci e colori mozzafiato mentre madre natura ci offre i suoi frutti migliori proprio in questo periodo dell’anno! Sarebbe un peccato non approfittarne!

Le nostre abitudini alimentari non dovrebbero essere sempre le stesse durante tutto l’anno: dobbiamo necessariamente cambiarle in base alle primizie di stagione. Vorrei pertanto aiutarvi a costruire un menù equilibrato *a portata di autunno*!

Partiamo con la prima colazione, un pasto importantissimo che nessuno dovrebbe permettersi di saltare. La maggior parte di noi consuma la propria colazione in modo molto veloce, senza considerarlo un vero pasto. Questo è un errore che spesso rimprovero ai miei pazienti: la colazione ha un’importanza paragonabile a quella del pranzo e della cena, pertanto non saltiamola!

Qualche suggerimento utile? La colazione autunnale per me deve iniziare con qualcosa di caldo: una tazza di tè rosso o un buon tè verde oppure una tisana ai frutti rossi. Si potrebbe proseguire con una fetta di pane integrale o pane di segale o di farro con un velo di ricotta di pecora. A questo tipo di colazione aggiungerei solo un piccolo frutto, tipicamente autunnale, ad esempio un grappolo d’uva. Se non gradite la ricotta potrei proporvi in alternativa qualche fettina di prosciutto crudo Dop (che per legge è senza conservanti come nitriti o nitrati) oppure un paio di fette di Salmone selvaggio affumicato. Abbinando una manciata di frutta secca come nocciole o mandorle avrete la vostra colazione completa, bilanciata e saziante.

Siete invece degli amanti della colazione dolce? Vi propongo il porridge (in inglese) o zuppa d’avena, ricetta quasi sconosciuta in Italia ma che sta spopolando in giro per il mondo. Il porridge è una ricetta tipicamente anglosassone a base di fiocchi di avena cotti nel latte (preferibilmente vegetale). Per prepararlo basta mescolare in un pentolino qualche cucchiaio di fiocchi d’avena con una tazza di latte e cuocere tutto finché il composto non diventa cremoso. Si possono aggiungere poi frutti di bosco o mele cotte con la cannella, o anche gocce di cioccolato, cacao, uvetta e frutta secca. Il porridge può essere dolcificato a piacere con miele o sciroppo d’acero, anche se non vi consiglio di farlo. Un porridge tipicamente autunnale? Porridge con mela e cannella, arricchito con scaglie di cioccolato fondente all’85% e una granella di mandorle! Un vero carico di energia e gusto per affrontare l’intera mattinata lavorativa!

Se dovessimo aver voglia di un dolce?  Una fetta di torta alla zucca o di castagnaccio toscano sono l’ideale!

Proseguiamo con la programmazione della nostro menù autunnale, senza dimenticarci degli spuntini!

In questa stagione dobbiamo fare il pieno di Vitamina C, la quale rafforza il sistema immunitario, proteggendo dai malanni stagionali. La vitamina C è ampiamente presente in frutta e verdura; classicamente la si identifica con gli agrumi, ma in realtà non sono questi i frutti che ne contengono il maggior quantitativo, bensì i kiwi! La vitamina C degli agrumi si concentra nella scorza (130 mg), mentre è significativamente di meno nel succo spremuto: 24-50 mg. Un kiwi contiene invece 85 mg di vitamina, che di per sé sarebbe sufficiente a coprire la razione raccomandata (per l’adulto è di 60 mg, 35-50 mg per il bambino). Pertanto facciamo gli spuntini a base di frutta fresca, principalmente kiwi e agrumi. Non dimentichiamoci del melograno, ricchissimo di antiossidanti e dalle comprovate proprietà antitumorali.

Il pranzo merita la giusta attenzione in quanto è il pasto centrale della giornata. Cerchiamo di privilegiare condimenti leggeri, mettiamo da parte i sughi di carne e concentriamoci invece sui condimenti a base di verdure! Qualche esempio? Non può mancare sulla tavola autunnale il risotto con la zucca oppure con i funghi porcini. Tra qualche settimana entreranno nel pieno della loro stagione cavolo cappuccio, broccolo, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, cavolo nero, Verza: appartengono alla famiglia delle Crucifere e sono ricchi di Vitamina C. Utilizziamo queste meravigliose verdure per condire i nostri pranzi in ufficio. Un abbinamento che consiglio spesso: farro con broccoli e una manciata di pinoli oppure orzo con cavolfiore e uvetta.

La cena è il pasto conclusivo della giornata, per questo motivo non dovrebbe appesantirci troppo, soprattutto se andiamo a metterci a letto subito dopo. Innanzitutto, dato che le giornate tenderanno ad essere sempre più corte, il mio consiglio è quello di consumare la cena per tempo, ovvero tra le 19.30 e le 20.30. Questo ci permetterà una digestione ottimale ed eviterà risvegli notturni causati da una cattiva digestione.

La sera posso darvi il via libera su zuppe di cereali (farro, orzo, riso, avena) e legumi (ceci, fagioli, lenticchie, cicerchie), da consumare almeno un paio di volte a settimana. Il pesce non dovrebbe mai mancare sulle nostre tavole, almeno un paio di volte a settimana. Vi consiglio di preferire pesce mediterraneo, di taglia piccola e preferibilmente pescato: questa tipologia di pesce, a differenza di quello allevato, ha delle proprietà nutrizionali di gran lunga superiori. Per quanto riguarda la carne, è da preferire la carne bianca di pollame: pollo, tacchino, faraona, gallina, coniglio. La carne rossa è da limitare a una/due volte a settimana. È consigliabile acquistare carne allevata all’aperto per i valori nutrizionali di gran lunga superiori rispetto alla carne di allevamento intensivo e per l’assenza di residui di fitofarmaci nella parte muscolare e lipidica. Per ovviare ai costi maggiori della carne biologica, si consiglia di acquistare tagli minori, ad esempio le ali di pollo, le cosce e sovracosce di pollo e tacchino. Anche per la carne rossa non intestarditevi a cucinare solo bistecchine e filetto: esistono tagli minori molto buoni e poco costosi: l’ossobuco e il biancostato, la spalla, il fiocco e lo scalfo. Necessitano di tempi di cottura maggiori rispetto alla bistecca, ma risulteranno ugualmente gustosi e molto saporiti.

Ricordiamoci inoltre di idratarci a sufficienza: un adulto dovrebbe bere minimo 1,5 litri di acqua al giorno. Siete sicuri di farlo? Tè e tisane possono venire in nostro soccorso in questo caso, l’importante è che non siano zuccherate (altrimenti è meglio non berle)! Concediamoci pertanto una tazza di tè verde (preferibilmente sotto forma di foglioline piuttosto che filtri) a metà mattinata o una tisana ai frutti di bosco nel pomeriggio. Inoltre, cosa c’è di meglio che concludere la giornata con una bella tazza di camomilla fumante?

Dott.ssa Elisa De Filippi

Piazza Pia 21, 00041 Albano Laziale

Tel. 3204604812 – Email: defilippielisa@gmail.com

www.centropscicologiacastelliromani.it

 

 




Roma: il festival della Diplomazia conquista la medaglia del Presidente della Repubblica

ROMA – Dal 19 al 27 ottobre è tornato a Roma il Festival della Diplomazia, giunto alla sua ottava edizione. Il sistema geopolitico fra interessi nazionali e valori universali – Prìncipi e Princípi: come cambiano le relazioni internazionali quando le leadership populiste si scontrano con i valori di solidarietà e responsabilità multilaterale. È questo il filo conduttore di questa edizione del Festival della Diplomazia, manifestazione diffusa che, con oltre 50 eventi, coinvolge 70 ambasciate, sette università, luoghi di incontro della politica internazionale e prestigiosi partner scientifici. Questa ricca edizione del Festival della Diplomazia intende concentrare la propria attenzione sull’equilibrio che va ricercato tra la legittima aspettativa di leadership nazionali capaci di agire in difesa dei cittadini e leadership capaci di far progredire nel suo complesso l’ordine internazionale nel solco dei valori universali di solidarietà e giustizia.

L’evento alterna in tavole rotonde e incontri specifici alcuni tra i massimi esponenti del pensiero politico e sociale contemporaneo: da Daniel Drezner a Simon Anholt, da Giampiero Massolo a Gilles De Kerchove, passando per Gerald Knaus, Enrico Giovannini, Fernando Reinares, Luciano Pellicani e Michael Klare, con l´apertura lavori affidata a un artista del calibro di Michelangelo Pistoletto, che dialogherà con l´ambasciatore di Colombia. In un´epoca in cui la personalità dei leader mondiali sembra prevalere sull´arte della diplomazia, superando e in alcuni casi calpestando il modello classico della concertazione e della trattativa – con prove di forza e tweet minacciosi – le relazioni internazionali cambiano segnando la crisi della politica e i valori che da sempre caratterizzano le relazioni internazionali. Per riportare al centro il dialogo e il confronto tra i popoli, il Festival schiera una serie di diplomatici, rappresentanti istituzionali, personalità del mondo accademico, insieme ad esperti nel settore finanziario e imprenditoriale che si confrontano alla ricerca di strumenti collettivi, nuove idee e valori condivisi che possano superare l´opposizione e l´ostilità nei riguardi della politica e riaffermare le ragioni della convivenza e dell´integrazione al posto degli interessi nazionali.

Il festival, che per questa sua edizione ha ottenuto la Medaglia del Presidente della Repubblica, è patrocinato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ed ha il contributo della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Il programma completo: www.festivaldelladiplomazia.it

Gianfranco Nitti

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1968: l’inizio dell’era inKulturale

Storia di mezzo secolo fa. Altra gente, altri modi di concepire la vita, altra classe politica, un’altra Italia. Qualcuno esalta il progresso, qualcun’altro recrimina il presente, altri sono nostalgici del passato. Non è mai troppo tardi o forse sì? Molti ricordano il programma televisivo curato da Alberto Manzi che nella sua più conosciuta edizione, dal 1960 al 1968, la RAI mandava in onda dal lunedì al venerdì con il sostegno del Ministero della pubblica istruzione. Stiamo parlando d’altri tempi quando si faceva veramente Cultura. Si insegnava agli analfabeti a leggere ed a scrivere. Si avvicinava tanta gente, giovani ed anziani alla letteratura.

Oggi il sostegno del Ministero della pubblica Istruzione è indirizzato verso ben altra cultura. Venne il ’68 e segnò l’era dell’inkultura, aprendo la via all’anticonformismo. Fu allora che la cultura conobbe l’inizio del suo tracollo. Con il fiorire di nuovi talk show, dove il gossip dell’irrazionale e del pettegolezzo è all’ordine del giorno, il paese scivola mortificato verso un domani insicuro. E’ stato instaurato il principio di “uno vale uno e tutto è relativo”. Tutto è importante e niente è necessario.

Una generazione si nutre di conoscenza “copia incolla”. Mentre l’intelligenza artificiale avanza a passi da gigante, quella umana si impigrisce, si addormenta, si atrofizza.
Sta nascendo una generazione che si nutre di informazione e cultura mass mediatica preconfezionata, abbandonando i libri, gli studi analitici, la storia, l’arte, la letteratura classica ed i temi main stream contemplano tutto meno che temi poetici. Generazione tesa verso una cultura prêt-à-porter di facile riferimento offrendo il minimo dispendio intellettivo. Cultura usa e getta, vuoto a perdere, quel che basta per soddisfare il momento dell’interrogazione, della prova scritta.

L’attuale ministro dell’educazione, – Valeria Fedeli – sta considerando di mettere a disposizione degli studenti l’uso dello smartphone. Il ministro probabilmente crede che ciò possa essere una cosa intelligente; considerando che secondo il pensiero dominante “uno vale uno”, il ministro Fedeli potrebbe venire perdonata. E’ l’autostrada dell’inkultura che sta conducendo intere generazioni a un domani di sicuro insuccesso. Nella sua prima classifica mondiale delle scuole perfette, l’Istituto di ricerca inglese The Economist Intelligence Unit colloca l’Italia al 25imo posto nella graduatoria. Ciò, però sembra non impensierire il sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il sottosegretario, al contrario, si preoccupa di promuovere programmi di educazione al rispetto di genere in tutte le scuole di ogni ordine e grado e raccomanda al Miur l’impegno per raggiungere tali risultati. Gli fa eco il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli che in cima al suo pensiero c’è l’educazione alla differenza ed al rispetto dei due sessi, se poi tutti e due i generi, come studenti si collocano al venticinquesimo posto della classifica della scuola perfetta, poco importa.
Le reti televisive, con rara eccezione di qualcuna, sposano il pensiero del ministro, del sottosegretario e ahinoi, di alte cariche delle istituzioni e più che mai la voce di qualche alto prelato. Se ben si scava ci si accorge che la preparazione culturale di costoro è figlia dell’inkultura sessantottina.

 

L’insensatezza del 6 politico, istituito negli anni ’70, segnava l’inizio della decadenza del livello scolastico perché fu una vera follia garantire a tutti un voto minimo, indipendentemente dallo studio, dai risultati e dal rendimento. Fu allora considerata dai movimenti studenteschi di estrema sinistra una vittoria. Oggi si stanno raccogliendo i frutti bacati di quella “vittoria di Pirro”.
Sul Corriere della Sera dello scorso 31 maggio, lo scrittore Galli della Loggia ha pubblicato un brano tratto dall’introduzione del suo nuovo libro “Il tramonto di una nazione”.

 

Concludo condividendo la riflessione dello scrittore dove parla degli italiani: “Che vedono ogni giorno scomparire luoghi e figure fino a ieri familiari, svanire principi e istituti, e insieme le più varie appartenenze ideali perdere senso, illanguidirsi e spegnersi. Nel mondo che cambia a un ritmo vertiginoso l’Italia appare avviarsi a un lento tramonto”.
Non è mai troppo tardi, insegnava Alberto Manzi. Le reti televisive sono le finestre della nazione. Spalanchiamole e lasciamo che entri una ventata di aria nuova.

Emanuel Galea




Sepolture ecologiche: il Nemus Aricinum ispira la start-up del Bosco sacro

Il bosco sacro è un luogo di culto caratteristico delle antiche religioni europee, ad esempio di quella romana, greca, celtica, germanica. I Romani davano ai boschi sacri il nome latino di Lucus o Nemus distinguendoli dai boschi privi di valore sacrale che venivano chiamati Silva. Nell’Italia centrale, la cittadina odierna di Nemi, in provincia di Roma nel cuore dei Castelli Romani, richiama nel nome il Nemus Aricinum (“bosco di Ariccia”), antica sede del santuario di Diana Nemorensis. Oggi la start-up di 4 giovani trae ispirazione proprio dagli antichi culti sopra citati e gli intraprendenti ragazzi, grazie al progetto “Boschi Vivi”, si propongono di offrire un’alternativa alle classiche sepolture nel cimitero a cui siamo abituati. Avviato il crowdfunding (la piattaforma per finanziare progetti creativi e innovativi rivolti alla comunità) per raccogliere 10 mila euro di fondi per questo progetto, chiunque può versare la cifra che crede per la messa in opera del Bosco Vivo.

 

E’ già possibile acquistare un posto per il proprio animale domestico o anche per tutta la famiglia, ed i prezzi non hanno nulla da invidiare a quelli dei classici loculi cimiteriali. L’interramento può costare dai 400 ai 3 mila euro, la cifra è resa variabile dal numero di posti per albero che vengono richiesti. Al momento la start-up sta riscuotendo molto successo, essendo stata lanciata da soli 5 giorni, si sono già raccolti quasi 3 mila euro provenienti da ogni parte del mondo.

Niente più lapidi di marmo e fiori di plastica. Per ricordare il nostro caro che non c’è più, faremo visita ad un albero ai cui piedi sono state interrate le sue ceneri. Il defunto rientrerà così a pieno nel ciclo della natura. In Italia alcune aree boschive acquisteranno una speciale sacralità, la prima a rientrare in questo progetto è proprio la Liguria, precisamente a Genova. Il bosco, spiegano i ragazzi ideatori del progetto, si configura come luogo di pace e raccoglimento per eccellenza, atto a dimostrare il fluire della vita lenendo con dolcezza il dolore della perdita: non sono previsti grossi cambiamenti all’ambiente naturale se non per le targhe commemorative. Gli interessati verranno accompagnati in una visita che porterà poi alla scelta dell’albero: l’esemplare potrà essere dedicato ad un’unica famiglia ma sono previsti anche posti “in comunità”, in coppia (albero partner) e quelli dedicati agli amici animali. Una cerimonia suggellerà l’interramento delle ceneri.

L’idea, sicuramente ben strutturata, potrebbe essere un’ancora di salvezza per i molti che desidererebbero, dopo la morte, di poter continuare a fluire nella natura, diventando vita anche nel momento il cui la vita, inevitabilmente termina.

 

Inoltre i vantaggi dell’idea di questa sepoltura ecologica, che già esiste come realtà all’estero, sono tanti: la cooperativa di Boschi Vivi prende in gestione da privati o amministrazioni pubbliche un’area boschiva in stato di abbandono e la ripristina, rendendola fruibile per la comunità grazie alla manutenzione dei sentieri e delle alberature, rientrando poi dei costi grazie ai proventi delle sepolture. Come indicato sul sito, “i prezzi dipendono dal diametro del tronco, dalla posizione e grado di accessibilità dell’albero.”

Giulia Ventura