ISTAT: CONTINUA L'EMORRAGIA DI POSTI DI LAVORO

di Giuseppa Guglielmino

Dopo il forte calo registrato a dicembre, seguito da un'ulteriore diminuzione a gennaio, si era sperato in una inversione di tendenza che pero' sembra ora arrestarsi: il tasso e' infatti tornato allo stesso livello di dicembre ed e' di 0,2 punti piu' elevato rispetto a febbraio 2014. Nei dodici mesi il numero di disoccupati e' cresciuto del 2,1%, mentre in valore assoluto i disoccupati a febbraio sono 3,24 milioni.

Contestualmente sempre a febbraio, gli occupati diminuiscono dello 0,2%, vale a dire -44 mila unita'. In termini percentuali, il tasso di occupazione, pari al 55,7%, cala nell'ultimo mese di 0,1 punti percentuali. Rispetto a febbraio 2014, l'occupazione e' cresciuta dello 0,4% (+93 mila) e il tasso di disoccupazione di 0,2 punti. Anche tra i giovani, e cioe' tra coloro che sono tra i 15 e i 24 anni, il tasso di disoccupazione, cioe' la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati) e' in salita essendo pari al 42,6%, in crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al mese precedente. Il numero di giovani disoccupati aumenta su base mensile di 11 mila unita' (+1,7%).

Nell'Eurozona, invece, la disoccupazione risulta pari all'11,3%, ai minimi dal 2012. Sono dati preoccupanti per i sindacati e i consumatori. "Prepariamo nuovo statuto diritti anti 'Jobs act'" fa sapere il segretario generale della Cgil Susanna Camusso; il segretario generale della Cisl Anna Maria Furlan invoca un "patto sociale" mentre l'opposizione attacca: Beppe Grillo sottolinea su Facebook che i dati resi noti dal Governo nei giorni scorsi non sono veritieri visto che i "79mila nuovi contratti non sono nuovi assunti" mentre "alla faccia del Jobs act", scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. A replicare ci pensa il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che evidenzia: "I dati diffusi oggi dall'Istat, che attestano una contrazione dell'occupazione a febbraio, dopo due mesi di crescita, confermano una valutazione che ho piu' volte ribadito, da ultimo anche ieri: in coda ad una crisi le cose tendono a non essere stabilizzate ed e' immaginabile che ad una fase positiva possa seguire una flessione.




ALITALIA MAINTENANCE SYSTEM: NON SI MUOVE PAGLIA

di Simonetta D'Onofrio

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I sindacati del trasporto aereo esprimono una forte preoccupazione in merito alla mancata erogazione del fondo speciale per il trasporto aereo ai lavoratori di Alitalia Maintenance System. Ricordano come nonostante le contribuzioni siano state regolari, ma da ormai otto mesi i dipendenti non riescono a usufruire di quello che è un diritto maturato, ma non corrisposto. La situazione dei lavoratori, che non percepiscono l’integrazione da circa otto mesi, si è aggravata da due mesi a questa parte, per la sopraggiunta conclusione del periodo di cassa integrazione, che li vede ormai da due mesi senza alcuna forma di sussidio.

In un comunicato congiunto ci dicono:

In relazione alla situazione di fortissimo disagio ed esasperazione in cui si trovano i lavoratori di Alitalia Maintenance Systems a causa della mancata erogazione della cassa integrazione e del fondo di sostegno al reddito bloccato da più di sei mesi, le OO.SS FILT CGIL , FIT CISL, UIL trasporti, UGL trasporto aereo, chiedono all'INPS di risolvere la questione già da tempo a loro nota sui pagamento dei pregressi dovuti. Ricordano inoltre che, i versamenti contribuitivi dell'azienda post richiesta di concordato e oggetto di controversia dell'INPS che ha impedito fino ad ora l’erogazione dovuta, risultano regolari Inoltre, il parere favorevole di un interpello presentato dalle organizzazioni sindacali congiuntamente al comitato del fondo nei mesi scorsi, non può costituire più motivo di impedimento alcuno al blocco attuato”.

Da parte dell’ente previdenziale però non sembra ci sia la disponibilità di ascoltare le richieste sindacali, tanto il Comitato per il Fondo Volo, che si riunisce mensilmente, nella seduta di ieri (30 marzo), non ha portato il problema all’ordine del giorno. I sindacati del settore, in rappresentanza dei lavoratori interessati, si lamentano di come questo atteggiamento da parte dell’INPS non lascia intravedere a breve una soluzione. Stanno attualmente studiando azioni dimostrative per fare in modo che questa loro protesta non cada nel silenzio.




APPLE: BUFERA SU TRE DIRIGENTI INDAGATI PER FRODE

di D'Onofrio Simonetta

Apple ha frodato il fisco. Questo è quanto afferma la Procura di Milano, per bocca del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. L’inchiesta, partita circa due anni fa, mette sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti le attività commerciali della filiale italiana dell’azienda di Cupertino. A quanto affermano i procuratori, gli operatori commerciali italiani operano per conto di società irlandesi, ma con potere decisionale, e con un’autonomia amministrativa tale da poter identificare i redditi derivati dall’attività di compravendita come prodotti nel nostro paese, quindi soggetti alla tassazione italiana, e non a quella irlandese, che per quest’attività prevede percentuali d’imposizione molto più basse di quelle nazionali.
In pratica, se la produzione e la distribuzione internazionale dei prodotti Apple sono attività che devono pagare le imposte nei paesi dove le fabbriche del colosso informatico operano, una volta che i prodotti giungono in Italia, la società Apple Italia S.r.l., che si occupa di formulare i contratti con la grande distribuzione, oltre a firmare contratti per conto delle compagnie telefoniche, dichiarava di operare per conto di società che nel loro paese (l’Irlanda) hanno una tassazione inferiore all’uno per cento, contro il 27,50% italiano. Con questo stratagemma la Apple Italia ha eluso quasi un miliardo di euro dal 2008 allo scorso anno.
Il procuratore aggiunto Francesco Greco, coadiuvato dai PM Adriano Scudieri e Carlo Nocerino, ha condotto le indagini, anche con una perquisizione nella sede milanese della società, identificando come responsabili dei presunti reati l'amministratore delegato di Apple Italia Enzo Biagini e il direttore finanziario Mauro Cardaio. Nell’inchiesta è coinvolto anche il manager dell’irlandese Apple Sales International, Michael Thomas O' Sullivan. I tre sono accusati di aver omesso di dichiarare i redditi prodotti in Italia dalla Apple Italia S.r.l.




PAGARE MENO TASSE E PAGARE TUTTI? ECCO LA PROPOSTA LEGA NORD

di Giuseppa Guglielmino

Armando Siri è il teorico dell’aliquota unica, uno dei cavalli di battaglia del programma economico di Matteo Salvini. "Il dibattito è aperto, – ha dichiarato Siri – ci sarà modo poi di chiarire ad esempio che il nostro progetto non prevede la modifica delle addizionali e che non è assolutamente un favore ai redditi alti. Anzi al contrario. È proprio per agevolare i redditi bassi che abbiamo voluto l'aliquota al 15% anziché al 20% per poter diminuire subito".

Ma vediamo nel dettaglio come funziona la Flat Tax:

Situazione attuale:
L'analisi di cosa non vada nel sistema fiscale italiano è semplice ed è racchiusa in pochi dati
1.    Un gettito fiscale su Pil elevatissimo che pone l'Italia ai vertici mondiali per pressione fiscale (47,6% del Pil verso 30,3% media mondiale, 33,7% Svizzera, 22% USA, 37,1% Spagna, 34,7% Giappone, 10,3% India, 45,3% Germania, 33,2 Australia. Fonte: CIA World Factbook) in pratica solo alcuni stati nordici risultano con un dato superiore ma a fronte di servizi sociali imparagonabili.
2.    Un'alta evasione/elusione. Il reddito medio dichiarato è di 19mila euro lordi. La forte progressività delle aliquote ha ottenuto come risultato che solo lo 0,2% dichiara più di 200mila euro lordi (90% di questi super-dichiaranti sono lavoratori dipendenti e pensionati, categorie che in generale pagano l'80% dell'Irpef)
3.    Un'enorme complessità fiscale e un elevatissimo contenzioso spesso risolto a favore del cittadino 150mila liti pendenti. 40% tasso di vittoria del cittadino verso lo Stato. Ovviamente vastissimo è il numero di casi in cui il cittadino, pur avendo ragione, sceglie di pagare per non sopportare i costi e i tempi del contenzioso.
4.    Un grande numero di tasse slegate dal reddito con una tassazione su capitali ai vertici in Europa e tassazioni societarie in cui il gettito maggiore non viene dall'IRES bensì dalla somma di imposte non calcolate direttamente sull'effettivo reddito d'impresa
5.    Aliquote così alte che quasi tutti i tentativi di alzarle ulteriormente provocano come risultato un calo del gettito come si può leggere nel rapporto su dati fiscali gennaio/luglio 2014
Quindi la fotografia che ci torna da questi numeri è un fisco mostruoso, estremamente complicato, dove pochi pagano tantissimo (oltre il 70% del reddito in molti casi, come ammesso dallo stesso direttore dell'Agenzia delle Entrate) e nonostante ciò vengono assaliti da sanzioni spesso errate o pretestuose. Ciò rende conveniente per i percettori di redditi alti e per le società altamente profittevoli sia la delocalizzazione assoluta, con trasferimento, che relativa, per mezzo della costituzione di veicoli societari esteri. La complessità consente quindi a chi può permettersi comportamenti elusivi di sfuggire all'imposizione relativa alle fasce più alte di reddito, posizionando un'enorme onere fiscale sulle spalle del ceto medio: la quota maggiore del gettito Irpef viene pagata da chi dichiara da 35 a 70mila euro e l'identikit di questa vittima è in larga maggioranza rispondente ad un lavoratore dipendente del Nord Italia vista la disparità delle dichiarazioni medie fra (ad esempio) la Lombardia con oltre 23mila euro e la Calabria con circa 14mila incrociata col dato prima ricordato del contributo dei lavoratori dipendenti.
Il dato record della pressione fiscale attuale comporta l'impossibilità di sperare in un aumento del gettito da recupero dell'evasione perché ogni “recupero” a parità di aliquote alzerebbe ulteriormente la pressione fiscale portandola a livelli che già ora risultano largamente antieconomici, così come l'inasprimento delle tasse sta già dando evidenti segni di calo di gettito, riuscendo forse per la prima volta, a dare una verifica empirica dell'esistenza della “Curva di Laffer”, la teoria per cui esiste un livello di tassazione oltre il quale all'aumentare dell'imposizione il gettito decresce.
Non potendo quindi realisticamente puntare ad un aumento della compliance tributaria a parità di aliquote, l'unico modo per risolvere il problema rimane quindi una diversa distribuzione del carico fiscale, con un aumento della base imponibile e una riduzione delle aliquote, in modo tale da sgravare chi finora ha sopportato il peso maggiore (come si è detto, tipicamente il lavoratore dipendente del Nord) e aumentare la contribuzione di chi finora si è sottratto al versamento delle imposte con elusione e evasione. In parallelo a ciò occorre eliminare la tassazione slegata dal reddito perché, oltre ad essere profondamente iniqua, il rischio è che per mantenere irrealistici impegni europei si pensi di compensare la sparizione del lavoratore dipendente causata dalla crisi con un'aggressione a risparmi e imprese, con conseguente rischio di distruzione di valore più che proporzionale al gettito.
 
LA FLAT TAX
Pensata da Milton Friedman, teorizzata compiutamente dagli economisti americani Hall e Rabushka negli anni '80 e ormai messa in pratica da circa 40 Stati in tutto il mondo è la soluzione più pratica e fattibile all'esigenza di rivoluzionare il sistema fiscale italiano che, come abbiamo visto, risulta persecutorio per gli onesti e che ingrassa solo schiere di CAF gestiti dai soliti sindacati perchè nessuno sa districarsi fra mille tabella con deduzioni e detrazioni, rendite catastali della casa da computare e scorporare o da non conteggiare in caso di pagamento di mini IMU.
Tale tassa può essere declinata in tre modi:
 
Flat tax proporzionale:
Reddito lordo x tassa 10%
 
Flat tax progressiva:
 
(Reddito lordo – deduzione fissa per ogni percettore di reddito) x tassa 12%
 
Flat tax progressiva su base famigliare:
 
(Reddito lordo famigliare – deduzione fissa per ogni componente famiglia) x tassa 15%
 
Nel caso delle flat tax progressive (vale a dire con deduzione) l'aliquota rappresenta solo un tetto massimo all'imposizione ma l'effetto della tassa è dato indissolubilmente dalla considerazione in parallelo dell'aliquota con la deduzione. Per ottenere parità di gettito è possibile alzare in parallelo sia l'aliquota che la deduzione, in tal caso si ottiene una maggior progressività.
 
La caratteristica fondante della Flat Tax è la semplificazione brutale del sistema e l'effetto di forte cambiamento rispetto al sistema precedente: caratteristiche perfette per l'intento che si vuole raggiungere, cioè il segnare un “punto zero” del fisco con caratteristiche di shock positivo che non si riscontrerebbero in nessuna modifica non radicale del metodo al momento in vigore.
Il massimo della semplificazione e dello shock si otterrebbe con una flat tax proporzionale che tuttavia potrebbe essere oggetto di censura a fronte della necessità di avere un sistema fiscale “informato a criteri di progressività” secondo costituzione. E' vero che ciò non significa che tutto debba essere progressivo, tuttavia anche tenendo presente la diffusa esigenza di veder inclusa nel sistema tributario una differenziazione a favore delle famiglie, ragioneremo sulla flat tax progressiva con correttivo per famiglie.
Un'unica aliquota quindi e una deduzione fissa su base famigliare che ne garantisca la progressività.
 
Esempi
Pensiamo ad un'aliquota del 15% con 3000 euro di deduzione per ogni componente del nucleo familiare. In pratica per la dichiarazione dei redditi occorreranno pochi minuti: basterà calcolare i redditi lordi incassati, meno 3000 euro per ogni componente della famiglia, quello che rimane sarà tassato al 15%.
Vediamo qualche simulazione costruita a partire dalla proposta di un'aliquota del 15% con 3000 euro di deduzione fissa per ogni componente del nucleo familiare.
Un “single” che ha guadagnato 20mila euro lordi dovrebbe togliere dal reddito 3000 euro di deduzione e pagare il 15% sul restante 17000. Totale 2550 euro di tassa. Tutto finito in pochi secondi senza bisogno di alcun aiuto per la dichiarazione dei redditi.
Una famiglia di quattro persone con lo stesso reddito avrebbe 4 volte la deduzione fissa di 3000 euro e quindi potrebbe dedurre 12mila euro portando a 8000 euro l'imponibile e quindi pagando solamente 1200 euro di tassa.
In caso di famiglia con reddito pari a 25000 euro lordo percepito da entrambi i coniugi e un figlio si avrà 50000 euro di reddito complessivo meno 9000 euro di detrazione con conseguente imponibile di 41000 euro su cui si pagherà il 15% di tassa pari a 6150 euro.
Come si vede questo sistema garantisce la progressività mantenendo tuttavia la tassazione a livelli ragionevoli. Non dimentichiamo infatti che quando fu scritta la costituzione la pressione fiscale era vicina al 20% contro il 45% attuale, quindi i padri costituenti avevano sì previsto la progressività ma all'interno di una tassazione ragionevole, non confiscatoria come l'attuale.
Come detto in precedenza possono essere ottenuti effetti redistributivi maggiori o minori fissando in modo differente i parametri aliquota/deduzione a parità di gettito stimato, in tal caso la regola è che ad aliquota più alta deve corrispondere deduzione più alta (con conseguente maggiore progressività) e viceversa.
Per intendersi: con un'aliquota flat del 20% la deduzione dovrebbe essere pari a 5000 euro. Con un'aliquota al 25% (con l'ipotesi di allineare tutte le aliquote, incluse quelle dei redditi da capitale come proposto dal Prof. Dario Stevanato) la deduzione sarebbe di 7000 euro. A fronte di un onere maggiore per i redditi più alti una famiglia di 4 persone non pagherebbe alcun tributo sino ad un reddito di 28.000 euro. La scelta della combinazione ottimale di aliquota con deduzione può essere tranquillamente oggetto di discussione tenendo presente che maggiore il livello di aliquota e deduzione e maggiore la necessità di recupero di elusione/evasione “verso l'alto” mentre un'aliquota bassa con bassa deduzione si presta ad un recupero di gettito sia da parte dei redditi elevati ma anche su redditi bassi che spesso sono oggetto di evasione, indipendentemente dalla “ricchezza” del percettore. In caso di scelta di un sistema con bassa aliquota e deduzione (come nel nostro esempio del 15%) è possibile prevedere una clausola di salvaguardia che permetta al percettore di reddito basso di mantenere la tassazione attuale se ritenuta più conveniente, tuttavia la salvaguardia dovrebbe essere concessa solo previo accertamento di indigenza da realizzarsi ad esempio sfruttando l'indice ISEE (inutile accordare, come invece accade nel sistema attuale, consistenti detrazioni a chi magari è miliardario ma dichiara redditi bassi)
 
Semplicità di gestione

L'abolizione di tutte le complicazioni fiscali renderà pagare le tasse semplicissimo e immediato, come semplicissimi e immediati potranno essere i controlli. A questo punto un evasore non avrebbe più scuse e sarebbe impossibile nascondersi dietro ad interminabili discussioni su acconti, righi, detrazioni. Anche le sanzioni per chi insistesse ad evadere potrebbero diventare severissime.
Se si volessero introdurre differenziazioni regionali per creare aree a fiscalità agevolata basterebbe agire sulla deduzione fissa.
La modificazione della tassazione a scopo di stimolo/controllo dell'economia potrebbe attuarsi molto semplicemente agendo sull'aliquota.
 
Il “lordo in busta”
Il sistema fiscale così ripensato per essere pienamente efficace deve essere percepito come forte e totale discontinuità con il passato pertanto ogni complicazione legata ad anticipi di tassazione e successivi conguagli deve sparire. Il versamento deve essere unico, comprensibile, immediato ed effettuato dal cittadino. Pertanto dovrà sparire il sistema del sostituto d'imposta e della ritenuta d'acconto. Ogni compenso deve essere versato interamente al lavoratore che provvederà da solo poi al pagamento dell'eventuale tassa. Anche questa semplificazione è pensata per favorire i meno abbienti perché nel caso di una famiglia a basso reddito, in cui la deduzione fissa azzerasse la tassa, ecco che scatterebbe il vantaggio dell'intero compenso subito disponibile senza passare per il vago “credito di imposta”. Sempre nell'ottica della semplificazione il dipendente statale e il pensionato poi dovrebbe ricevere direttamente il netto pattuito senza tassazione, per evitare gli effetti distorsivi della partita di giro dello Stato che si trova a pagare un lordo su cui poi incasserà imposte. Del resto per queste categorie non ha significato la ricerca di emersione di base imponibile alla base dell'idea della Flat Tax in quanto essendo il soggetto erogante il medesimo soggetto che tassa non vi è per definizione possibilità di elusione. In linea teorica si può pensare ad eliminare anche il sostituto di imposta bancario per quanto riguarda gli interessi dei risparmi, che si troverebbero semplicemente a concorrere con il reddito normale venendo trattati con la stessa aliquota e che pertanto potrebbero essere incassati al lordo. Anche dal punto di vista del datore di lavoro la gestione paghe sarà più semplice e immediata, senza dover perdere tempo con trattenute, calcoli e versamenti.
 
I Crediti di imposta pregressi
La Flat Tax comporta l'abbandono di tutte le vecchie detrazioni e deduzioni. Eventuali incentivi per settori economici in crisi dovranno essere erogati direttamente e non annegati all'interno della fiscalità generale. I crediti di imposta maturati in passato verranno saldati con dei titoli di stato zero-coupon con scadenza pari all'anno di maturazione del credito che potranno essere immediatamente negoziati e incassati.
 
La flat tax come “tassa giovane”
Il vecchio sistema fiscale era pensato per una popolazione di lavoratori dipendenti con stipendi stabili negli anni. In realtà il mondo del lavoro attuale è fatto di forti oscillazioni di reddito, con compensi sempre più legati al successo di iniziative che spesso richiedono anni di investimenti, anche come formazione personale, per concretizzarsi. Il sistema ad aliquote punisce irragionevolmente il reddito irregolare nel tempo, una realtà ben conosciuta nel mondo delle piccole e medie imprese e degli startup, spesso prima forma lavorativa immaginata dai giovani più creativi.
Si pensi ad esempio al caso in cui un soggetto con un lavoro stabile che incassi per tre anni 30.000 euro l'anno, comparato con un giovane che lavori ad un'idea commerciale non guadagnando nulla per due anni ma riuscendo a realizzarla il terzo anno con un reddito di 90.000 euro. Con il sistema attuale il secondo pagherà molte più tasse rispetto al primo pur avendo ottenuto nel triennio lo stesso reddito. Con la flat tax la penalizzazione per la percezione di redditi irregolari nel tempo verrà largamente attenuata, evitando di ricorrere anche in questo caso ad inutili esercizi di ottimizzazione fiscale per evitare di mostrare un reddito troppo elevato in un singolo anno che verrebbe falcidiato dal fisco.
 
Gli esempi di applicazione nel mondo e i possibili rischi
Sono stati fatti tentativi di stimare il possibile ammanco fiscale passando dal sistema attuale alla flat tax ipotizzando (nel caso non si recuperasse assolutamente nulla di imponibile eluso/evaso) un calo di gettito pari a circa 40 miliardi. Posto che anche se questa assunzione totalmente irrealistica dovesse realizzarsi il rapporto gettito/pil italiano sarebbe ben lungi dal diventare insostenibile ma anzi, si porterebbe al livello di quello tedesco. Posto inoltre che il ragionamento di chi afferma che un calo di tasse deve essere finanziato per forza e sempre con un calo di spese è errato, dato che ciò comporterebbe l'assoluta impossibilità di praticare politiche anticicliche, nozione proprio alla base delle fallimentari ricette economiche dell'eurozona, in realtà trattandosi di un cambiamento totale è impossibile stimare numericamente gli esiti dell'introduzione di una flat tax partendo dalla base imponibile attuale. Occorre pertanto rifarsi all'esperienza degli stati in cui questo sistema è stato introdotto. L'esperienza empirica è sinora stata largamente positiva: in pressoché tutti i paesi in cui questo sistema è stato applicato la maggior fedeltà fiscale ha portato a gettiti in crescita, in alcuni casi un calo dell'Irpef è stato più che compensato dalle altre tasse che hanno beneficiato dalla crescita economica ma non solo, in molti casi si è avuto un fortissimo aumento. Il caso meglio studiato è stato quello della Russia, che nel 2001 ha adottato una flat tax addirittura al 13% sostituendo il vecchio sistema ad aliquote ottenendo un aumento del gettito pari al 25%. L'analisi dei dati ha confermato che il risultato è stato soprattutto dovuto proprio ad una maggior fedeltà fiscale, realizzando quindi in pieno l'obiettivo che ci si prefiggeva in premessa, ovvero il pagare di meno e pagare tutti. Ulteriori analisi comparate evidenziano che il passaggio dai vecchi sistemi alla flat tax realizza una notevole stabilità del gettito nel complesso del sistema fiscale che trova quindi un riequilibrio proprio all'interno della platea dei contribuenti. In nessun caso si è assistito ad un significativo calo del gettito e se si tolgono cali spiegabili con la congiuntura (Repubblica Ceca nel 2008, calo di gettito pari allo 0,5%) il successo del changeover appare sinora completo. Non deve quindi essere richiesta alcuna copertura al taglio e unificazione dell'aliquota. Il vecchio sistema di mettere una tassa a copertura di una spesa senza pensare che quella tassa poi produceva contrazione economica e quindi buchi in bilancio deve svanire. Contano i risultati e la copertura si avrà se le politiche funzionano. In buona sostanza la manovra si presenta sostanzialmente priva di rischio perché se la flat tax riuscisse a mantenere o incrementare il gettito attuale l'esecuzione sarebbe stata perfetta ma se il pil dovesse mantenersi stagnante poi occorrerebbe addirittura valutare un'ulteriore riduzione dell'aliquota, invece anche nel caso “peggiore” di nessun recupero di gettito l'entità anche solo potenziale dell'ammanco rappresenterebbe una misura di stimolo fiscale assolutamente compatibile con quanto sarebbe necessario per uscire dalla depressione economica. Non va dimenticato comunque che anche un'eventuale ripresa economica finché si rimane nell'euro avrebbe vita breve, perché un aumento dei consumi riguarderebbe principalmente beni esteri. Pertanto la flat tax deve essere considerata un complemento, non una sostituzione, del progetto di uscita dall'eurozona, tuttavia essa potrebbe anche essere applicata sin da subito consentendo un rilancio più efficace in vista di un prossimo certo dissolvimento della moneta unica.
 
Giustizia sociale
Se la scommessa della flat tax funzionerà quello che sembra un regalo per i ricchi si rivelerà uno sgravio per i poveri. Se ci sarà meno elusione chi ha di più contribuirà di più e volentieri perché costerà meno di inventarsi cavilli e schermi fiscali e chi ha di meno non dovrà pagare nulla.
 
Esempio:
Immaginiamo uno stato con 11 persone, 10 guadagnano 10 e uno guadagna 100.
Se la tassazione è flat al 20% chi guadagna 10 paga 2 e chi guadagna 100 paga 20 per un gettito totale di 40
Supponiamo che in questo stato il PD prenda il potere e decida di tassare al 50% chi guadagna 100 adducendo i soliti motivi: “chi ha di più deve pagare di più”, “ anche i ricchi piangano” “ci vuole giustizia sociale” ecc ecc. Ebbene, il contribuente da 100 con questa condizione se ne va nello stato vicino più accogliente fiscalmente (in Europa l'armonizzazione fiscale non è mai stata considerata) e quindi per mantenere il gettito lo stato deve raddoppiare le tasse sui “poveri” facendo pagare il 40% ad ognuno dei 10 che guadagnano 10
Supponiamo invece che si decida (incuranti dei fischi della sinistra) di abbassare l'aliquota al 10%. Se il percettore di 100 euro di reddito venisse raggiunto da altri due come lui che trovino conveniente stabilirsi qui ecco che il gettito rimarrebbe uguale (sempre 40) ma anche i “poveri” avrebbero tasse dimezzate e pagherebbero 1 invece di 2
E' più giusto nei confronti dei poveri e del ceto medio il metodo PD che lascia tutto sulle loro spalle il peso della situazione o il metodo della bassa aliquota che dimezza il loro carico fiscale?
E' più favorevole al lavoro dipendente un metodo come la flat tax che sgrava i lavoratori dipendenti fedeli dichiaranti e che convince autonomi e benestanti ad iniziare a partecipare alla contribuzione per lo Stato o un metodo come l'attuale dove tutto il carico fiscale si abbatte sul ceto medio lavoratore?
 
Il principio della Flat Tax esteso alle imprese
Anche per le imprese il sistema fiscale dovrà essere informato all'abolizione delle tasse slegate dal reddito quali l'IRAP o gli studi di settore, il cui superamento sarà oggetto di un futuro approfondimento. Le imposte dovranno essere pagate sulla base di uno schema semplificato che si avvicini il più possibile alla configurazione RICAVI-COSTI=REDDITO tassato con aliquota flat. La forte semplificazione e la certezza di non sottostare a costi insostenibili anche in caso di esercizi in pareggio o perdita provvederà l'ossigeno necessario per resistere sino al momento dell'inevitabile crollo della moneta unica, quando le normali condizioni di competitività saranno ripristinate e sarà finalmente possibile tornare a crescere.

 




INPS: FORTE CALO PER LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI

di Giuseppa Guglielmino
INPS
– Netto calo a febbraio per la cassa integrazione guadagni, con una diminuzione del 36,4% rispetto a febbraio 2014. Lo comunica l'Inps che segnala come il mese scorso sono state autorizzate complessivamente 58,9 milioni di ore di Cig contro le 92,5 milioni dello stesso mese del 2014. Rispetto al mese di gennaio 2015, invece, i dati destagionalizzati evidenziano una variazione congiunturale pari a +7,1%, per il totale degli interventi di cassa integrazione: a gennaio 2015 la diminuzione del ricorso alla CIG, rispetto al mese di gennaio 2014, era stata del 46,2%, passando da 92,7 milioni di ore autorizzate nel gennaio dello scorso anno, a 49,8 milioni del gennaio di quest'anno.

Pensioni. Nissoli: "Bene ok a nostra mozione per italiani estero"
"Esprimo soddisfazione per l'accoglimento da parte del governo della nostra mozione con cui chiediamo al governo di adeguare le convenzioni internazionali bilaterali con i Paesi extra Ue sulla sicurezza sociale. Ribadiamo l'invito al governo di istituire un tavolo tecnico con i rappresentanti dei ministeri interessati, dell'Inps e dei patronati nazionali". Lo ha affermato la deputata Fucsia FitzGerald Nissoli (Pi), eletta nella circoscrizione estero, prima firmataria della mozione sui diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati approvata quasi all'unanimità dalla Camera. "Occorre infatti monitorare- aggiunge- la compatibilità delle attuali convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con le modifiche intervenute nel sistema previdenziale italiano e l'eventuale necessità di rinegoziazione. Ma, vista l'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, occorre anche verificare la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali e di aggiornare quelli in vigore per garantire una tutela previdenziale più ampia ed efficace"
 




Gli idonei ai concorsi pubblici sono arrabbiati

di Silvio Rossi

 

Sono giustamente arrabbiati, e non negano la delusione nel sentire le parole del Premier che sembrano chiudere loro le porte alla speranza di un lavoro, ma non rinunciano per questo a lottare con tutte le loro forze affinché la loro situazione venga presa in considerazione dagli organi preposti.
Sono gli idonei nei concorsi pubblici, che hanno superato gli esami di selezione per le assunzioni in pubbliche amministrazioni, ma che sono giunti in graduatoria dopo coloro che vengono dichiarati “vincitori di concorso”. Idonei, ma non scelti, sospesi in un limbo che non consente loro di guardare il futuro con serenità.
A dare speranza agli idonei c’erano state due sentenze del Consiglio di Stato, a luglio e agosto dello scorso anno, che stabilivano come, in base alla normativa vigente (desunta da una serie di leggi, di cui l’ultima parola è stata nella finanziaria del 2008), le pubbliche amministrazioni, sia a livello centrale che locale, quando devono assumere personale, prima di procedere a indire nuovi concorsi, devono attingere agli idonei delle graduatorie esistenti.
Ulteriori disposizioni, conformi col principio di mobilità tra le amministrazioni, sembravano indirizzate alla possibilità di dover attingere non solo alle graduatorie di concorsi organizzati dall’ente che ha necessità di personale, ma anche dalle graduatorie relative a concorsi di altri soggetti pubblici, per la stessa qualifica contrattuale.
A gelare le speranze delle persone in attesa, sono state alcune dichiarazioni di Renzi, che in occasione della presentazione del DDL sulla scuola, ha detto come gli idonei non siano vincitori di concorso, per cui lo Stato non abbia obblighi diretti nei loro confronti.
Il Coordinamento Spontaneo Idonei Italiani, in un comunicato, ha espresso la sua perplessità su quanto detto dal premier. I responsabili del gruppo, Valeria Mancini e Luca Mantuano, hanno dichiarato: “La nostra battaglia, finalizzata alla soluzione del problema degli oltre 80 mila idonei italiani, continuerà a oltranza anche nella prospettiva della condivisa necessità di un ricambio generazionale nella pubblica amministrazione del nostro Paese”.
Il coordinamento sta organizzando una manifestazione per il prossimo 28 marzo, al fine di sollecitare un intervento per risolvere finalmente la soluzione a un problema che è generato esclusivamente dall’inefficienza amministrativa.




JOBS ACT, INPS: “IN UN MESE 76MILA RICHIESTE DI ASSUNZIONE CON DECONTRIBUZIONE”

di Maurizio Costa

Roma – Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha fornito i primi dati riguardanti la riforma del lavoro approvata dal governo: “I primi dati che abbiamo – afferma Boeri – sono incoraggianti: nei primi 20 giorni, cioè dal primo al 20 febbraio, 76mila imprese hanno fatto richiesta per assunzioni a tempo indeterminato con la decontribuzione”, cioè senza pagare i contributi all'Inps per tre anni. I numeri sono già confortanti ma a fine mese si avranno cifre ancora più convincenti secondo le fonti dell'istituto previdenziale.

La riforma – Le imprese, infatti, potranno assumere, per adesso solamente per l'anno 2015, a tempo indeterminato e senza pagare i contributi per tre anni fino a un tetto di 8.060 euro. Dalla decontribuzione sono esclusi i premi Inail. Secondo l'Inps, però, le assunzioni potrebbero essere anche più di 76mila, in questo caso potremmo parlare di una svolta epocale. La riforma, detta anche Jobs Act, è entrata in vigore con la legge di Stabilità approvata dal governo di Renzi.

Al forum di Cernobbio dedicato alla finanza trapela molto ottimismo. Il ministro delle Finanze, Padoan, è molto soddisfatto, e con lui anche il governatore Visco. Le aziende sono spronate ad assumere e potranno anche ricevere una diminuzione delle tasse per questo. Sebbene Renzi abbia sempre detto che il lavoro a tempo indeterminato non esiste più, questa nuova ondata di contratti a tempo indeterminato daranno una svolta sostanziale all'economia e ai consumi italiani.

Questa agevolazione va a sostituire un'altra riforma del 1990, eliminata per l'occasione dal Jobs Act. Di queste 76mila imprese che hanno chiesto la decontribuzione, 16mila sono in Lombardia e 10mila nel Lazio. D'altra parte, però, non è detto che siano tutte nuove assunzioni: la riforma prevede che la decontribuzione e il successivo contratto a tempo indeterminato possano sostituire un contratto a tempo determinato di un lavoratore che già lavora nell'impresa, quindi senza aumentare il numero di assunzioni all'interno di un'azienda.




INPS, SI TORNA INDIETRO DI 40 ANNI: IMPRENDITORI RISCHIANO MULTE SALATE GRAZIE ALLA NUOVA BUROCRAZIA

di Chiara Rai

Invece di andare verso la strada delle “semplificazioni” tanto annunciate dal premier Matteo Renzi, l’Inps si fa più obsoleta e, grazie ad una farraginosa burocrazia, soffoca le aziende che devono gestire i lavoratori dello spettacolo.

L’ente previdenziale infatti, con una nota pubblicata lo scorso 26 febbraio 2015 sul sito istituzionale ha comunicato le novità nelle modalità di accesso ai servizi ex Enpals a decorrere dal 27 febbraio 2015. Un cambio di rotta che ha determinato una gran confusione per accedere ai servizi perché da subito è necessario utilizzare nuovi pin e abilitare nuovi accessi.

Pertanto i vecchi Pin della gestione ex-Enpals non potranno più essere utilizzati: e si è scatenato un vero inferno. Perché? Semplice, i soggetti non ancora in possesso di un Pin Inps, possono richiedere il rilascio del nuovo Pin, per la tipologia pertinente, direttamente alle Sedi territoriali Inps. Peccato che non tutti gli sportellisti sappiano bene come muoversi all’interno di questa nuova “rivoluzione” delle pensioni riguardanti i lavoratori dello spettacolo. Coloro che dispongono già di un Pin Inps, ma ancora non attivato con profilo Aziende, Consulenti e Professionisti, devono così armarsi di santa pazienza e recarsi di persona alla sede Inps, mentre prima si faceva tutto online, bastavano dei semplici “click, e gli imprenditori potevano regolarizzare i loro dipendenti.

Adesso richiedere un certificato di agibilità o comunicare mensilmente le denunce contributive è diventata una odissea: finché l’Inps non rilascia i nuovi pin, gli imprenditori sono alla cieca e rischiano sanzioni salatissime.

Al proposito, un manager racconta il suo calvario: “Lo scorso 10 marzo dopo essermi recato personalmente presso la sede Inps per farmi generare il nuovo pin – racconta – e dopo aver perso un’intera mattinata, finalmente mi è stata consegnata una busta contenente il prezioso pin. Ma tornato in ufficio ho constatato che il nuovo pin non mi consentiva l’accesso all’area per gestire i servizi riservati alle aziende ed ai consulenti. Ho telefonato quindi al numero verde dell’Inps per segnalare il disservizio e mi è stato detto di attendere 24 ore. Il giorno dopo, colto dall’ansia di ricevere nel frattempo controlli e sanzioni riguardo i miei inadempimenti non voluti, ho provato di nuovo ad accedere ai servizi per le aziende dell’Inps ma il problema era sempre lo stesso: ‘utente non autorizzato ad accedere all’area’. A questo punto – prosegue nel racconto – ho una email all’Inps e richiamato il numero verde”.

Morale della favola, all’imprenditore è stato risposto che avrebbe dovuto nuovamente tornare alla sede Inps e fare presente che il pin non funzionava. E l’uomo è tornato un’altra volta in sede dove ha chiesto di parlare con un capo area. Dopo un’anticamera di quasi due ore il funzionario gli risponde che a sua volta avrebbe proposto il problema alla responsabile del servizio e che gli avrebbe fatto sapere telefonicamente una volta che il problema fosse stato risolto. L’imprenditore, naturalmente, non è stato più contattato da nessuno.

Sono passati circa quattro giorni ed è tutto ancora al buio: lunedì 16 marzo non potrà versare i contributi ai lavoratori dello spettacolo perché impossibilitato ad accedere ai servizi Inps. Sono molte le persone che vivono il suo stesso problema grazie alla “semplificazione” che ha fatto tornare indietro di un quarantennio tutta la macchina Enpals ora Inps: “Adesso chi paga le multe – conclude l’imprenditore – che arriveranno alla mia società? Dobbiamo ringraziare il Governo, stare zitti e pagare”.




QUANTITATIVE EASING: COS'E' E PERCHÉ L'EURO CEDE VALORE RISPETTO AL DOLLARO

di Maurizio Costa

Roma – Il primo giorno del 'quantitative easing' comincia a dare i suoi frutti: la Banca Centrale Europea, infatti, ha già acquistato 3,2 miliardi di titoli del settore pubblico, inserendo liquidità nei sistemi bancari dei paesi dell'Eurozona e permettendo agli istituti di credito di emettere un maggior numero di prestiti a famiglie e imprese. Lo scopo del piano di Mario Draghi è quello di portare 1.140 miliardi di euro entro settembre 2016 nelle casse delle banche nazionali dei paesi europei, avendo un occhio di riguardo per quelli in recessione, come Italia e Portogallo. La Grecia non potrà usufruire del piano del 'quantitative easing', perché le sue obbligazioni non danno sicurezza all'Europa.

Calo dell'euro sul dollaro – Il Qe ha abbassato notevolmente il valore dell'euro, dato che ne viene immesso in maggior quantità all'interno dell'economia europea. Il rapporto euro-dollaro è sceso a 1,07 per la prima volta dal 2003. Il picco è staro raggiunto nella giornata di martedì, quando un euro valeva 1,0581 dollari.

Cos'è il Qe – La Bce acquisterà entro il 2016 i titoli obbligazionari sui mercati europei. L'Eurotower di Francoforte investirà 60 miliardi di euro al mese e ogni paese europeo riceverà acquisti di titoli nazionali in base alla quota che detiene all'interno dell'Europa. Per questo, l'Italia riceverà 140 miliardi di euro, che entreranno nelle banche del nostro paese. Il pericolo è che questi soldi rimangano all'interno delle casse degli istituti, senza intaccare l'economia reale. Comunque, la Bce deciderà tutte le mosse finanziarie, ma saranno le singole banche centrali nazionali a comprare i titoli del proprio paese. In caso di default, però, le perdite non intaccheranno la Bce ma la banca centrale nazionale.

Gli obiettivi del piano – Lo scopo del Qe è quello di fermare la deflazione, cioè l'abbassamento dei prezzi, che scoraggia le imprese ad investire e le famiglie ad acquistare. Questi soldi provenienti dalla Bce aiuteranno le banche nazionali, ma con l'obiettivo finale di fare entrare liquidità nell'economia reale: gli istituti di credito, infatti, concederanno prestiti a famiglie e imprese più facilmente, esponendosi maggiormente ai rischi derivanti dai prestiti.

Mario Draghi è molto soddisfatto delle mosse della Bce e del Qe: “Le recenti misure di politica monetaria sono uno strumento valido ed efficace per portare l’inflazione più vicino al nostro obiettivo del 2%. Possono sostenere un recupero più veloce e più sostenuto. I governi possono creare un ambiente più favorevole agli investimenti rapidamente, in modo credibile ed efficace tramite l’attuazione delle riforme strutturale”.

La diffidenza dei cittadini europei è altissima. Il rischio è che i soldi restino nelle banche e non entrino nei portafogli delle famiglie. In questo caso, il Qe diventerebbe un buco nell'acqua. Intanto, nella giornata di mercoledì, il Ftse Mib, alle 13, guadagna l'1,52%, mentre il rapporto euro-dollaro continua a scendere, toccando quota 1,057.




DONNE E AGRICOLTURA: PROGRESSIVI AUMENTI DELLE IMPRESE ROSA

Redazione
 
Sono 218.446 le imprese agricole guidate da donne in Italia dove ormai nelle campagne quasi una azienda su tre (29 per cento) è rosa a seguito del progressivo aumento della loro presenza in termini percentuali sul totale. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti elaborata in occasione della Giornata internazionale della donna dedicata quest'anno al tema "Donne per la Terra”, che è stata celebrata al Palazzo del  Quirinale con Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Dopo quello del commercio – sottolinea la Coldiretti – è il settore agricolo quello in cui la presenza femminile è maggiore. La presenza  delle donne nell’agricoltura italiana – continua la Coldiretti – ha certamente dato un forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato il settore con una crescente attenzione al rispetto dell’ambiente e della sicurezza alimentare. Questa multifunzionalità  – spiega la Coldiretti – è la caratteristica principale delle aziende agricole condotte da donne e genera piu’ occupazione perche sviluppa attivita’ particolari che si affiancano a quella principale per fornire un prodotto o un servizio particolare come la trasformazione dei prodotti, la nascita del settore dell'agribenessere, il recupero di antiche varietà, le fattorie didattiche, gli agriasilo, la pet-therapy, l’adozione di piante e animali on line e tante altre innovazioni.

La capacità di coniugare la sfida con il mercato, il rispetto dell'ambiente e la qualità della vita a contatto con la natura sembra essere – precisa la Coldiretti – una delle principali ragioni della presenza femminile nelle campagne. “Bellezza, benessere e buonumore: questo è il particolare connubio che fa della donna in agricoltura una donna speciale, mediatrice di un patto che passa attraverso una continua alleanza tra cibo, cultura e cura del territorio” afferma Lorella Ansaloni, responsabile nazionale di Donne Impresa Coldiretti che ha partecipato alla cerimonia del Quirinale. La sua passione ed autorevolezza, doti che ben si coniugano con il suo modo di vivere tra famiglia e lavoro, rende la sua attività imprenditoriale un contesto particolarmente favorevole alla diffusione di interventi produttivi ed innovativi, che – conclude Ansaloni – determinano quel valore aggiunto per lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile in agricoltura e dell’economia del nostro Paese.  Il protagonismo delle donne nel creare, produrre, educare, si manifesta nella ricchezza delle relazioni. Il suo impegno è rilevante specialmente nelle attività multifunzionali e nella valorizzazione di prodotti tipici nazionali. È quel talento femminile, che si rigenera ogni giorno dell’anno, al servizio della cittadinanza.
 
 




DOPO 5 ANNI SPREAD SOTTO I MINIMI

di Chiara Rai

I mercati sono galvanizzati ancora più, con lo spread che scende sotto 90 ai minimi dal maggio 2010, i titoli della 'periferia' ai minimi storici di rendimento e l'euro sotto 1,10 dollari a livelli mai visti in 11 anni. Cosa succede in queste ore, chi fisicamente comprerà i bond dell'Eurozona, con quali meccanismi, lo spiegano gli addetti ai lavori fra Francoforte e Roma: il Qe è infatti suddiviso fra l'Eurotower e gli istituti nazionali che svolgeranno il grosso degli acquisti sui titoli di Stato. I preparativi non sono proprio frenetici, perché nessuno dei due – Bce e istituti nazionali – è nuovo alle operazioni sui mercati. Ma per quanto i tecnici siano ben allenati, ci sarà chi lavorerà anche nel weekend in vista dell'appuntamento di lunedì.

"C'è comunque una fase di assestamento all'inizio del Qe"
, assicura chi è vicino ai preparativi. A Francoforte c'è un direttorato denominato market operations, di cui fanno parte circa 180 persone, che segue, analizza e opera su obbligazioni e liquidità. Un team di una decina di persone, che fa capo alla divisione 'euro area bond markets', effettuerà tecnicamente il Qe. Al lavoro anche, e soprattutto, le banche centrali nazionali. Partendo il 9 marzo e dovendo comunque assicurare 60 miliardi di acquisti mensili, è probabile che anche queste inizino a darsi da fare subito. Lo faranno con una serie di accortezze, prima fra tutte l'obbligo per Bce e istituti nazionali di essere "market neutral": non distorcere la formazione naturale dei prezzi. E' probabile, dunque, che gli acquisti – fatti solo sul mercato secondario tramite il ricorso alle banche market makers, e guardando ai prezzi sulle piattaforme esistenti di mercato – si tengano alla larga dai titoli che i tesori stanno mettendo in asta. E che chi compra cerchi di spalmare il Qe su tutte le scadenze fra i due e i 30 anni. La Bce sorveglierà con occhio attento gli istituti nazionali con un monitoraggio continuo: per far sì che vengano rispettate le quote pari al capitale di ciascun paese nella Bce (l'Italia è vicina al 18% che corrisponderebbe a circa 140 miliardi di titoli da comprare), che la composizione del Qe fra titoli pubblici e non sia quella giusta, per verificare che tutto funzioni a dovere. E gli esperti delle 'market operations' lavoreranno a stretto contatto con il direttorato 'economics', quello responsabile dell'analisi, oltre che con gli esperti legali.

Padoan: "Bisogna intensificare e accelerare".
La discesa dello spread sotto quota 90 punti dimostra che "i mercati riconoscono la validità delle politiche del governo che ora bisogna intensificare e accelerare". Lo ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan a margine dell'Aspen a Venezia commentando lo spread a 90 punti. Sulla local tax, Padoan ha commentato: "Innanzitutto cerchiamo di introdurla, poi vedremo di fissarla perché sia conveniente per tutti". La CGIA sottoline anche "siamo ancora nel campo delle ipotesi: certezze non ce ne sono, ma le indiscrezioni che sono emerse in questi ultimi giorni, dopo il "question time" alla Camera tenuto mercoledì scorso dal ministro Padoan, lasciano presagire che dal prossimo primo gennaio l'Imu, la Tasi, l'addizionale comunale Irpef e una serie di piccole imposte minori dovrebbero andare definitivamente in "soffitta" per lasciare il posto alla "tassa unica".

Cga, local tax vale 26 miliardi.
L'eventuale sostituzione di una serie di tasse comunali con la local tax porterebbe in un' "unica" soluzione 26 miliardi di euro nelle casse dei Comuni italiani. E' quanto sostiene l'Ufficio studi della CGIA che ha elencato le principali imposte/tasse comunali e i relativi gettiti che potrebbero essere sostituiti dalla nuova "tassa unica" che i Sindaci dovrebbero applicare a partire dal 2016. Secondo la Cgia, tra Imu e Tasi (21,1 miliardi di euro), l'addizionale comunale Irpef (4,1 miliardi di euro), l'imposta sulla pubblicita' (426 milioni di euro), la tassa sull'occupazione degli spazi e aree pubbliche (218 milioni di euro), l'imposta di soggiorno (105 milioni di euro) e l'imposta di scopo (14 milioni di euro), il gettito totale si aggira sui 26 miliardi di euro: soldi che i Sindaci dovrebbero incassare con la
local tax. Per il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi: "Dal 2011 botteghe, negozi e uffici hanno subito un incremento del prelievo fiscale superiore al 100 per cento".

"L'eventuale semplificazione della tassazione comunale – aggiunge Bortolussi – renderebbe più  facile pagare le tasse: una richiesta che i cittadini e le imprese invocano da tempo. Ma oltre a semplificare bisogna anche ridurne il peso, visto che a partire dal 2011, ultimo anno in cui gli italiani hanno pagato l'Ici, la tassazione su botteghe, piccoli negozi e uffici ha subito un' impennata spaventosa, a causa dell'introduzione dell'Imu e, successivamente, della Tasi". Su botteghe e negozi, fa sapere l'Ufficio studi della CGIA, il gettito complessivo è più che raddoppiato: + 108 per cento. Se nel 2011 ammontava a 796 milioni di euro, nel 2014 ha toccato 1,65 miliardi di euro. Altrettanto pesante è stato l'aggravio fiscale subito dagli uffici: sempre tra il 2011 e il 2014, il gettito incassato dai Comuni è salito del 105 per cento; se 4 anni fa i Comuni avevano incassato 533 milioni di euro, nel 2014 hanno riscosso poco più di un miliardo di euro. I laboratori, invece, hanno visto aumentare il peso fiscale dell'81 per cento: se con l'Ici i primi cittadini avevano incassato 229 milioni di euro, nel 2014 hanno "alleggerito" le tasche degli imprenditori di 414 milioni di euro. Sui capannoni, infine, l'incremento del prelievo è stato del 66 per cento: a fronte di 3,3 miliardi di euro riscossi dai Sindaci nel 2011, tre anni dopo il gettito complessivo è salito a 5,5 miliardi di euro.