EURISPES, ITALIA 2015: IN ITALIA FISCO E BUROCRAZIA SONO IL “GRANDE FARDELLO”

In piena “sindrome del Day by Day” descritta dall’Eurispes gli italiani resistono ai contraccolpi della crisi e alle difficoltà economiche vivendo alla giornata.

di Cinzia Marchegiani

Il rapporto appena pubblicato dell’Eurispes fotografa un Italia in balia della Burocrazia e Fisco, ganci che trattengono l’Italia alla fuoriuscita dalla crisi che lo attanaglia e alla ripresa di un’economia che potrebbe contare sull’enorme potenzialità della quale dispone ancora il Paese. L’Italia viene definita come una potenza inespressa, imbrigliata e condizionata da un sistema di regole e vincoli soffocanti:” E l’avvio del percorso di riforme che il governo sta tentando di imboccare è l’unica via di uscita possibile, sempre che si riescano a superare le resistenze interne al nostro sistema che lottano per il mantenimento dello statu quo, fatto di privilegi, corporativismi, spartizioni e interessi consolidati.”
Mentre l’economia va a rotoli e la società vive un pericoloso processo di disarticolazione – dichiara il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – assistiamo al trionfo di un apparato burocratico onnipotente e pervasivo in grado di controllare ogni momento e ogni passaggio della nostra vita».
Infatti la burocrazia arriva dappertutto, influisce su tutto, tocca e regola ogni livello di attività sociale, soprattutto nel mondo contemporaneo. E su di essa, naturalmente, si scaricano le tensioni e l’astio di coloro, che di volta in volta se ne sentono vittime.
Secondo il Presidente dell’Eurispes: «Con l’incredibile incremento della produzione legislativa necessaria a regolare la nuova complessità sociale ed economica, la burocrazia da esecutore si è trasformata prima in attore, poi in protagonista, poi ancora in casta e, infine, in vero e proprio potere al pari, se non al di sopra, di quello politico, economico, giudiziario, legislativo, esecutivo, dell’informazione».
L’indagine appena resa pubblica ha toccato le tematiche e i fenomeni correlati a ciascuna delle sezioni che compongono il Rapporto i quali hanno stimolato il più recente dibattito e l’interesse dell’opinione pubblica. In particolare, hanno partecipato e contribuito a delineare il quadro degli orientamenti presenti nella compagine della nostra società 1.042 cittadini. La rilevazione è stata effettuata nel periodo tra il 15 dicembre 2013 e il 5 gennaio 2015.
Questi il bollettino di una guerra senza sangue ma ormai non più silente:

SINDROME DEL DAY BY DAY: PEGGIORA LA SITUAZIONE DELLE FAMIGLIE, DIFFICOLTÀ A PAGARE MUTUI, AFFITTO, TRASPORTI E CURE MEDICHE
In piena “sindrome del day by day” descritta dall’Eurispes gli italiani resistono ai contraccolpi della crisi e alle difficoltà economiche vivendo alla giornata. La condizione economica delle famiglie è peggiorata nel 76,7% dei casi.
Con un aumento di 16,4 punti percentuali rispetto al 2014, quest’anno il numero di quanti non riescono ad arrivare alla fine del mese con le proprie entrate si attesta al 47,2%. Moltissimi sono costretti ad usare i propri risparmi per far quadrare i conti: il 62,8% (in forte aumento rispetto al 51,8% di un anno fa).
I costi per l’abitazione costituiscono un serio problema economico: Il 73,1% di chi ha contratto un mutuo per l’acquisto della casa ha difficoltà a pagare le rate, così come il 69,6% di chi è in affitto non riesce a pagare regolarmente il canone.
Oltre un terzo del campione (34,4%) ha difficoltà a pagare le spese per i trasporti, mentre un preoccupante 40,9% non ce la fa ad affrontare il costo delle spese mediche. Riuscire a risparmiare qualcosa in futuro è un miraggio per 8 italiani su 10.

COMPRARE CASA, COPRIRE DEBITI, PAGARE CERIMONIE E CURE MEDICHE: 1 ITALIANO SU 3 HA CHIESTO PRESTITI NEGLI ULTIMI 3 ANNI
Un italiano su tre (33,3%) ha chiesto un prestito bancario nel corso degli ultimi tre anni, che nel 7% dei casi è stato negato. I prestiti vengono contratti soprattutto per l’acquisto dell’abitazione (42%), ma anche per far fronte alla necessità di pagare debiti accumulati (29,3%), saldare prestiti contratti con altre banche/finanziarie (23,9%), affrontare le spese per cerimonie (23,3%) e per le cure mediche (23,3%).

PEGGIORA LA SITUAZIONE ECONOMICA DEL PAESE NELL’ULTIMO ANNO SECONDO 9 ITALIANI SU 10. IL 55,7% NON CREDE NELLA RIPRESA
Se il presente è incerto, il futuro non è roseo. Quasi 9 italiani su 10 (88,1%) ritengono che la situazione economica del nostro Paese sia peggiorata nel corso dell’ultimo anno e i pessimisti su una ripresa nel corso di quest’anno continuano ad aumentare (+10,1%:55,7%, erano il 45,6% nel 2014). Circa un terzo del campione (33,9%) pensa invece che la situazione resterà stabile (36,4% le risposte raccolte lo scorso anno). Sono ben pochi, infine, gli ottimisti: solo per il4,6%la situazione migliorerà contro l’8,2% di chi lo scorso anno manifestava sicurezza in questo senso.

AUMENTANO GLI ITALIANI CHE ANDREBBERO A VIVERE ALL’ESTERO (45,4%; +4,8%), SOPRATTUTTO PER LAVORARE (32,1%)
Quasi Il45,4%degli italiani si traferirebbe all’estero, un dato in aumento rispetto alle precedenti indagini (40,6% nel 2011 e 37,8% nel 2006). I più propensi ad andare a vivere in un altro paese sono gli studenti (quasi il65%). Anche la maggioranza di coloro che sono in cerca di una nuova occupazione (59,8%) e la gran parte di chi è alla ricerca del primo impiego (52,7%) si dicono pronti a mettersi in gioco andando all’estero. La ricerca di maggiori opportunità di lavoro (32,1%) è la motivazione più sentita per la quale si è disposti a cambiare vita e paese. La seconda ragione è quella che vede nell’espatrio più opportunità per i figli (12,2%), seguita dalla ricerca di maggiori garanzie sul futuro (9,6%).

UN ITALIANO SU QUATTRO PENSA CHE VIVERE IN ITALIA SIA UNA SFORTUNA
Il 39,5% degli italiani ritiene il vivere in Italia una sfortuna. Nel 2012, di fronte alla stessa domanda, la percentuale di chi considerava una sfortuna vivere nel nostro Paese era decisamente più bassa (26%); si delinea quindi un aumento del 13,5%.

IL LAVORO: DIFFICOLTÀ NELLA GESTIONE DEL TEMPO E NELLA CONCILIAZIONE, INCERTEZZA PER IL FUTURO E DIFFICOLTÀ ECONOMICHE
Chi ha un lavoro lamenta soprattutto poco tempo per se stesso (68,1%) e difficoltà di conciliare lavoro e famiglia (52,4%).
Oltre la metà dei lavoratori (57,7%) non si sente in grado di fare progetti per il futuro, dato comunque lievemente migliore al 63,4% registrato dalla precedente inchiesta dell’Eurispes. Una lieve tendenza al miglioramento si presenta anche in relazione alla possibilità di sostenere spese importanti: dal 66,1% del 2014 al 57% del 2015.
Aumenta invece il numero di quanti indicano la necessità di cercare una nuova occupazione: il 32,6% (22,4% nel 2014).
In parallelo cresce (+8) il numero di chi non si sente in grado di dare garanzie alla propria famiglia con il proprio lavoro fino a quota64,7%. Deve ricorrere all’aiuto della propria famiglia (genitori, parenti) il 28% di chi lavora. Pur avendo un’occupazione, il55,6%dei lavoratori ammette di avere difficoltà ad arrivare a fine mese.

POTERE D’ACQUISTO EROSO PER 7 FAMIGLIE SU 10. SI TAGLIA SU TUTTO, RIVOLGENDOSI PIÙ SPESSO A PUNTI VENDITA ECONOMICI PER CIBO E ABBIGLIAMENTO. AUTO, ANIMALI DOMESTICI, BABY SITTER O UN AIUTO IN CASA SONO DIVENTATI UN LUSSO. AUMENTANO LE RATEIZZAZIONI PER SOSTENERE LE CURE MEDICHE (46,7%,+24,3%)
L’erosione del proprio potere d’acquisto è ormai un dato di fatto per 7 italiani su 10 (71,5%) che hanno visto nell’ultimo anno diminuire nettamente o in parte la capacità di affrontare le spese con le proprie entrate.
A mutare non sono solo i modelli di consumo che si esprimono con la contrazione degli acquisti indirizzati al superfluo (tempo libero, pasti fuori casa, parrucchiere, estetista, ecc.), ma anche i modelli di acquisto (e-commerce e mercato dell’usato).
Ci si rivolge più spesso a punti vendita economici come grandi magazzini, mercatini, outlet (lo fa l’84,5%contro il 75,3% dello scorso anno) e si rimandando gli acquisti ai saldi (l’88,2% vs l’82,9%).
L’81,7% cambia marca di un prodotto alimentare se più conveniente (+5,8). È aumentata di ben 13 punti la percentuale di chi si è rivolto ai discount (70,9%) per la spesa alimentare. I tagli si riflettono anche sugli tabella tecnologici, l’80,1% (+8,5), quelle per la benzina, con un maggiore utilizzo dei mezzi pubblici (41,6%), quelle dedicate agli animali domestici (49,5%), per la baby sitter (53,5%) e per i collaboratori domestici (60,8%).
Il 44,2% dei consumatori fa sempre più riferimento al mercato dell’usato (+18,3%), il 48,8% (+4,8) ha dichiarato di aver effettuato acquisti online per ottenere sconti e aderire ad offerte speciali.
Il dato sui tagli sulle spese mediche (32,3%) va di pari passo con l’aumento delle rateizzazioni per coprire i costi per curarsi (46,7%,+24,3%).

NON C’È PIÙ NULLA DA VENDERE? DOPO IL BOOM, DIMINUISCONO LE FAMIGLIE CHE SI RIVOLGONO AI COMPRO-ORO (-14,2% RISPETTO AL 2013)
Il progressivo esaurimento dei preziosi in possesso delle famiglie è confermato dall’andamento del dato riferito a quanti si sono rivolti ad un compro-oro: il fenomeno aveva conosciuto un’impennata (passando dall’8,5% del 2012 al 28,1% del 2013) di quanti avevano dichiarato di vendere i propri beni preziosi ai “compro-oro”; nell’indagine del 2014 la percentuale aveva subìto una contrazione di quasi 10 punti attestandosi al 18,7%, che prosegue nel 2015 fino al 13,9%.

CAUSA CRISI, AUMENTA IL RISCHIO USURA (+5,4%). CRESCE IL FENOMENO DELL’“USURAIO DELLA SCRIVANIA A FIANCO”
In aumento anche il rischio usura e il numero di quanti riferiscono di avere chiesto nell’ultimo anno soldi in prestito da privati (non parenti/amici) non potendo accedere a prestiti bancari: dal 10,1% al 15,5% di quest’anno. Va considerato che una domanda “sensibile” ha un tasso di risposta atteso più basso di quanto effettivamente non sia la realtà.
Impiegati, liberi professionisti, ma anche pensionati: la crisi morde e a rivolgersi agli strozzini negli ultimi cinque anni sono state per il 52% persone con un reddito fisso, le famiglie della porta accanto, secondo la Federazione delle associazioni antiracket e antiusura. Cresce il fenomeno dell’“usuraio della scrivania a fianco”, quando sono gli stessi colletti bianchi a prestare soldi a strozzo a colleghi in difficoltà. Se nel 2004 la categoria più vessata dagli usurai era quella dei commercianti, tre anni più tardi a fianco a loro sono arrivati i dipendenti. Ma l’usura si annida con le stesse modalità all’interno delle piccole e medie imprese e addirittura in ambito parentale, come evidenziato da numerosi recenti fatti di cronaca.

IN AUMENTO GLI EURO-DELUSI (+14,4%). TRA QUESTI IL 55,5% VUOLE USCIRE DALL’EURO PERCHÉ HA INDEBOLITO LA NOSTRA ECONOMIA
L’indagine Eurispes segnala un deciso incremento di quanti non vedono più nell’introduzione dell’Euro una “benedizione”. L’aumento degli euro-delusi va letto come il segnale che qualcosa sta cambiando. Quattro italiani su dieci (40,1%) pensano infatti che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro, una quota che si attestava ad inizio 2014 al 25,7%. Su questo risultato pesano certamente le vicende greche che hanno attivato anche da noi sentimenti di “Grecia-fobia”: siamo consapevoli di una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, perché siamo in Europa e nessuno degli Stati che ne fanno parte può dirsi al riparo rispetto ai meccanismi innescati dalle politiche di unione monetaria prima, e da quelle di austerità seguite alla crisi, poi. In molti ormai si chiedono: “accadrà anche a noi?”.
Il 55,5% degli euro-scettici ritiene che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro poiché è stata proprio la moneta unica una delle principali cause dell’indebolimento della nostra economia. Molti sono convinti, inoltre, che l’euro abbia avvantaggiato esclusivamente i paesi europei più ricchi (22,7%) e che non si sia affiancata ad un’unione economica una reale unità dell’Europa (21,1%), intesa evidentemente a livello sociale e politico.

Impossibile accettare le parole del Premier Renzi a Strasburgo durante il suo intervento in merito al bilancio sul semestre UE a guida italiana: “Paradossalmente gli italiani si sono arricchiti, il debito pubblico italiano è il terzo più alto del mondo, ma ci si dimentichi di ricordare come il risparmio privato sia ancora più alto del debito pubblico. In tempi di crisi, le famiglie italiane hanno visto crescere i loro risparmi e i loro denari, l’economia Italia ive in una fase di terrore.” Chapeau Renzi, è un grande illusionista, visto il rapporto Eurispes, e la fila ai pasti della Caritas gli italiani vivono in una pellicola di una candid camera.




PARMIGIANO REGGIANO: E' CRISI

di Simonetta D'Onofrio

Il parmigiano non è un prodotto qualsiasi, uguale agli altri, bensì è uno dei più rappresentativi del made in Italy in tutto il mondo, frutto di un’accurata lavorazione. Ciò nonostante, in questo periodo sta attraversando una crisi profonda. Non è la prima nel settore. Il dopoterremoto in Emilia ha profondamente influito e gli strascichi sono tutt’oggi ancora molto evidenti. A determinare la difficoltà nella filiera del formaggio emiliano ci sarebbe una forte riduzione nella produzione, con un calo evidente anche nelle esportazioni. I rivenditori accusano le conseguenze sul margine di profitto, che vede una sensibile contrazione per il costo al dettaglio, dove si può trovare l’eccellenza emiliana anche a 10 euro al kilogrammo.
Diversi i fattori che derivano direttamente dalla crisi generalizzata che vivono le famiglie italiane, dove assistiamo a una limitazione dei consumi, costrette ad acquistare un formaggio simile che sul mercato ha costi al dettaglio inferiori, che vede più passaggi tra il produttore e il distributore, rendendo il sistema appesantito dai diversi costi, che portano gli allevatori a non coprire le spese di gestione. Lamentano anche il sottocosto costante del prodotto ai grandi commercianti, che ha portato in pochi anni il pregiato formaggio a essere acquistato mediamente nel 2012 a un prezzo 9 euro, nel 2013 a otto euro fino ad arrivare a 7 euro. Per l’anno in corso il Consorzio che gestisce il marchio “Parmigiano Reggiano”, il quale rappresenta circa 400 produttori, ha diminuito la produzione delle forma di Parmigiano Reggiano del 5 per cento.
In questi giorni il tema della crisi del Parmigiano Reggiano è approdato in Senato, in commissione Agricoltura che ha visto la partecipazione dei vertici del Consorzio di tutela, i quali hanno illustrato le loro ragioni ai politici. Il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai, ha detto :“In una situazione che registra pesanti difficoltà a carico di tutti gli allevamenti – ma con aggravi specifici per quelli operanti in montagna e per i giovani allevatori che si sono insediati più recentemente non è pensabile che possa essere lasciata al mercato una selezione fra allevatori e caseifici che indebolirebbe tutto il sistema”. Critica invece è la posizione presa dalla Coldiretti che ha posto i dubbi sulla gestione da parte del Consorzio, ribadendo come sia importante valorizzare correttamente il prodotto con una corretta campagna mediatica e non puntare la sua diminuzione. Infatti il vicepresidente nazionale della Coldiretti, Mauro Tonello, nell’audizione ha detto: “Prima di pensare alla riduzione della produzione il Consorzio dovrebbe tornare a valorizzare il prodotto in Italia e all’estero, che in questi anni è stato abbandonato o ceduto nelle mani di altri soggetti, facendo il lavoro che gli compete”.
Si aggiunge anche la preoccupazione generalizzata che potrà derivare dalla cessazione del regime comunitario delle quote latte. Tutto ciò a breve potrà determinare un drastico cambiamento nel settore produttivo, con mercati meno stabili che a lungo andare condizioneranno tutti i formaggi che appartengono alle filiere dei formaggi Dop.
 




COME L'ITALIA ENTRO' NELL'EURO…

L’Italia non era ancora pronta per entrare nell’Euro e l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl ne era a conoscenza. Documenti alla mano, il settimanale tedesco Der Spiegel raccontò punto per punto, data dopo data, quello che è successo tra il 1997 e il 1998 per permettere all'Italia di entrare a far parte dell’Unione Europea. “Operazione autoinganno” è il titolo di un articolo di cinque pagine apparso sulla rivista di Amburgo.

Der Spiegel ha avuto accesso a centinaia di pagine, rapporti e verbali manoscritti dei colloqui avuti dal “cancelliere della riunificazione” Kohl. Stando alle carte l’Italia non sarebbe mai potuta entrare nell’Euro perché i suoi conti non erano assolutamente in regola. “A decidere sul suo ingresso non furono criteri economici ma considerazioni politiche” si legge nell’articolo del settimanale che denuncia: “In questo modo si creò il precedente per una decisione sbagliata ancora maggiore presa due anni dopo, l’ingresso nell’euro della Grecia”.

Il governo Kohl, quindi, sarebbe stato perfettamente a conoscenza della reale situazione dell’Italia e del suo bilancio ma non si sarebbe mosso perché priorità assoluta era che il nostro Paese entrasse nell’area euro. Se si bloccava l’ingresso dell’Italia, infatti, anche la Francia si sarebbe tirata indietro e la Germania si sarebbe trovata “in una posizione di trattativa debole”.

Ripercorrendo quello che è accaduto, il 3 febbraio 1997 lo stesso ministero tedesco aveva constatato che a Roma “importanti misure strutturali di risparmio erano venute quasi del tutto meno per garantire il consenso sociale” mentre il 22 maggio dello stesso anno in una nota per il cancelliere Kohl si legge che “non c’è quasi nessuna chance che l’Italia rispetti i criteri”.

Fu Hoerst Koehler, allora presidente dell’Associazione delle Casse di Risparmio tedesche, a scrivere una lettera a Kohl a metà marzo insieme a uno studio dell’archivio dell’Economia mondiale di Amburgo. Koehler spiegava che l’Italia non aveva rispettato le condizioni per una durevole riduzione del deficit e costituiva un “rischio particolare” per l’euro. L’ex cancelliere tedesco però, a quanto pare fece orecchie da mercante. Bitterlich, allora consulente di Kohl per la politica estera al vertice Ue nel maggio 1998 affermava infatti “la parola d’ordine politica era: per favore non senza gli italiani”.

Dai documenti emerge anche che l’Italia, nel corso del 1997, chiese per due volte di rinviare la partenza dell’euro, ma la Germania rifiutò perché la data d’inizio era ormai diventata un “tabù”.

Tutte le speranze tedesche erano riposte nell’allora ministro del Tesoro italiano Carlo Azeglio Ciampi. “Per tutti era come un garante dell’Italia, lui ce l’avrebbe fatta” prosegue Bitterlich nell’intervista con Der Spiegel “alla fine con una combinazione di trucchi e di circostanze fortunate gli italiani riuscirono a rispettare i criteri di Maastricht”.

Il Paese trasse vantaggio da tassi di interesse storicamente bassi ”come l’introduzione della “tassa per l’Europa”, la vendita delle riserve auree alla banca centrale e le tasse sugli utili che fecere scendere il deficit di bilancio in misura corrispondente “anche se gli esperti statistici dell’Ue in seguito non accettarono questi trucchi”.

Nel Der Spiegel si legge che il cancelliere tedesco si fidò delle dichiarazioni di Ciampi sulla riduzione al 60% del debito pubblico entro il 2010 che invece non si è realizzato.

Bisogna ricordare però che l’Italia, in quegli anni, era la maggior concorrente della Germania sul mercato internazionale per l’esportazione di prodotti manifatturieri, idrici e meccanici. Il mancato ingresso del Bel Paese nell’euro, avrebbe perciò rischiato di rendere difficile i rapporti commerciali tedeschi con gli altri stati. Il basso valore della lira rispetto alla moneta europea avrebbe reso i prodotti italiani molto più economici rispetto a quelli delle industrie tedesche e perciò, a parità di qualità, molto più appetibili.
 




CRISI: FIDUCIA TRAINA AUMENTO SPESA NEL 2015

Redazione

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TRACCIABILITÀ RIFIUTI PERICOLOSI : NON C'E' GARANZIA, L'UNICA CERTEZZA SONO LE TASSE

di Cinzia Marchegiani


Rete Impresa Italia fa il punto di una situazione grottesca che danneggia le imprese che ancora resistono alla crisi economica: “Il Decreto Milleproroghe contiene l’obbligo per le imprese di pagare entro il primo febbraio i contributi per un sistema obsoleto che, è dimostrato, non garantisce in alcun modo la tracciabilità dei rifiuti. Non solo. Alla scadenza del primo febbraio si aggiunge anche quella del 30 aprile, per il pagamento del contributo 2015. Un’assurdità da correggere immediatamente.” Insomma dopo sette anni, all’assurda vicenda del Sistri (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) si aggiunge l’ennesima beffa. ll SISTRI prevede il pagamento di un contributo annuale. Le sanzioni per l'omessa iscrizione, il mancato pagamento del contributo annuale e per omissioni e errori nell'immissione dei dati nel sistema telematico sono state introdotte dal d.lgs. 205/2010. Nonostante il sistema sia operativo dal 3 marzo 2014, le sanzioni per i mancati adempimenti legati al SISTRI verranno erogate a partire dal 1º gennaio 2016 (inizialmente era stato stabilito il 1º gennaio 2015). Per ora, continueranno ad essere erogate sanzioni per mancati adempimenti legati al sistema cartaceo di tracciabilità (Modello Unico di Dichiarazione Ambientale, Formulario d'Identificazione Rifiuto e Registro di Carico e Scarico).

Le sanzioni per la mancata iscrizione e per il mancato versamento dei contributi saranno erogate dal 1 febbraio 2015, mentre per il mancato/errato utilizzo le sanzioni saranno erogate dal 1 gennaio 2016.

Dopo le recenti dichiarazioni del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, sulla volontà del Governo di superare il Sistri pareva si fosse scritta definitivamente la parola fine su questa esperienza fallimentare. Non è proprio così! – tuona Rete Impresa Italia -: “Ora si chiede di pagare per un sistema la cui operatività è stata differita di un anno e che non è mai diventato effettivamente operativo, tanto che nei prossimi mesi sarà archiviato in maniera definitiva. Se il Governo ha compreso l’inutilità di questo sistema, non obbligando più le imprese a non rinunzia, però, a pretendere i soldi dalle imprese a fronte di un servizio inesistente.”
Ma non solo. La gravità emerge proprio per i pagamenti che le imprese hanno già pagato e a vuoto il contributo per l’utilizzo del Sistri negli anni 2010 e 2011, sottraendo rilevanti risorse agli investimenti proprio negli anni in cui la crisi ha picchiato più duro:“E’ necessario, dunque, correggere questa misura al più presto – conclude la nota di Rete Imprese Italia – e confermare la proroga complessiva, per operatività e pagamenti, del Sistri il tempo necessario a definire un sistema di tracciabilità dei rifiuti nuovo, efficace e condiviso con le associazioni di categoria”.

DENUNCIA di CONFTRASPORTI E ANITA
Arriva la stoccata anche da parte di CONFTRASPORTI e ANITA (Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici): “SISTRI la beffa infinita. Il sistema per la tracciabilità dei rifiuti in 7 anni non è mai stato in grado di funzionare, ma il Governo continua a farlo pagare alle imprese di autotrasporto.”

Le due associazioni, fotografano l’ennesima beffa contenuta nel decreto Milleproroghe: “Se infatti è vero che le sanzioni per chi non installa a bordo dei propri camion il Sistri sono state rinviate al 1° gennaio 2016 è anche vero che e’ stata rinviata al 1° febbraio l’applicazione delle sanzioni per le imprese di autotrasporto non iscritte al sistri, sanzioni pari a 15.500 euro e che potranno scattare a ogni controllo moltiplicando la gia’ pesantissima multa all’infinito questo significa che entro febbraio migliaia di imprese non iscritte, per non essere sanzionate dovranno comunque pagare un sistema non funzionante e al centro di un’inchiesta giudiziaria il costo dell’iscrizione al sistema è pari a circa 1000 euro per impresa, ma per le imprese di autotrasporto è stata stabilita una quota aggiuntiva per ogni automezzo che rischia di far salire il solo costo d’iscrizione per le flotte più importanti a decine o addirittura a centinaia di migliaia di euro.”

E proprio sulle dichiarazioni del ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti c’è una discrasia, poiché ha più volte affermato pubblicamente che il Sistri è un sistema obsoleto e non funzionante, e allora perché le associazioni devono pagarlo?
E le domande che queste associazioni rivolgono sono per ora senza risposte.
Conftrasporti e ANITA chiedono rimedio se si tratta di un errore, ma se così non fosse, le associazioni non rimarranno in silenzio.

ANITA E FAI-CONFTRASPORTI CHIEDONO UN INTERVENTO
Insomma l’ultimo rinvio normativo in materia di Sistri, realizza una incongruenza legislativa, l’ennesimo presunto pasticcio all’italiana che penalizza fortemente i vettori specializzati nel trasporto di rifiuti pericolosi. Infatti le associazioni fanno notare che fino ad oggi le proroghe per l’applicazione del Sistri sono state concesse in maniera unificata e sempre con la stessa motivazione: far scattare le sanzioni solo quando il sistema di tracciabilità fosse divenuto efficiente e funzionale. Ma ora, per Thomas Baumgartner, presidente di Anita e Paolo Uggè, presidente di Fai-Conftrasporto, si tratta di una decisione inaccettabile, ed entrambi hanno scritto ai ministri Galletti e Lupi chiedendo di intervenire nella fase di approvazione e conversione del decreto legge 192/2014 per riallineare la decorrenza di entrambe le sanzioni alla data del 1° gennaio 2016, data entro la quale il sistema "dovrebbe essere semplificato, reso funzionante e funzionale, ma anche efficiente e poco costoso per tutti gli operatori della filiera".

Non ci meravigliamo se i paesi del Nord Europa, in qualche modo riescono ad affrontare la crisi economica con altre prospettive e norme che vanno incontro alle aziende che producono posti di lavoro, li mantengono e generano fatturato…
 




TRATTATI UE ILLEGITTIMI? IL 13 FEBBRAIO PARTE IL PROCESSO DEL TRIBUNALE DI GENOVA

Parte l’appello degli avvocati promotori di questa citazione rivolta a tutte le forze politiche e associazioni ad unirsi alla battaglia, sono legittimati a presentare un intervento adesivo nella causa in corso, che vuole fare accertare che i Trattati UE costituiscono illegittime cessioni di sovranità nazionale non consentite ai sensi e per gli effetti del combinato degli artt. 1 ed 11 Cost.

di Cinzia Marchegiani

No..non è una bufala. Il 13 febbraio 2015 al Tribunale di Genova inizierà un processo importante, che potrebbe cambiare il volto di questa Europa (o almeno dell’Italia), che come una madre senza pietà, detta leggi e sanzioni, senza guardare negli occhi i propri figli.

IL FATTO


L’Avv. Marco Mori ha concretizzato quello che da tanto tempo spiega al pubblico in convegni sulla sovranità nazionale, e ha deciso di presentare azione giuridica insieme agli avvocati Laura Muzio e Gabriela Musu, con il prezioso supporto dell’associazione “Salviamo gli Italiani” e con l’aiuto altrettanto prezioso fornitogli dal materiale redatto dai giuristi e dagli economisti che compongono la squadra di “Riscossa Italiana”, ha convenuto in giudizio davananti al Tribunale di Genova, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero degli Interni e quello degli Esteri per fare accertare che i Trattati UE costituiscono illegittime cessioni di sovranità nazionale non consentite ai sensi e per gli effetti del combinato degli artt. 1 ed 11 Cost.

MOTIVAZIONE
L’avv.Mori spiega con semplicità, per chi non è in grado di comprendere questi argomenti specifici come la Costituzione prevede unicamente la possibilità di limitare la sovranità nazionale (peraltro in condizione di reciprocità con gli altri paesi ed all’esclusivo fine di aderire ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra i popoli): ”al contrario, con particolare riferimento alla materia monetaria ed economica, la sovranità del nostro paese è stata palesemente ceduta come la stessa UE assolutamente non nega. Anzi lo conferma nella risposta in lettera datata 16 ottobre 2014 (inviata allo stesso avv. Mori), da parte del Sig. Van Roupuy, dove scrive a chiare lettere che i Trattati sono stati approvati dagli Stati membri, nonché la cessione sovranità che essi comportano e ratificati dai parlamentari nazionali. LaBCE definisce la politica monetaria della zona euro. 
Tali cessioni sono illegali e costituiscono una grave menomazione della personalità giuridica dello Stato. Lapalissiano infatti che il concetto di limitare non ricomprende in alcun modo quello di “cedere” permanentemente proprie prerogative sovrane in favore di un ordinamento straniero. Una cosa infatti è limitare un proprio potere d’imperio, un’altra è consegnare tale potere ad un terzo.”

GIUDIZIO
L’avvocatura si è costituita in giudizio con comparsa nella quale sostanzialmente conviene con l’esponente nel dire che, solo la Corte Costituzionale, potrà certificare l’illiceità della scelta fatta dal Governo italiano di ratificare i Trattati. Altresì l’Avvocatura ha richiesto la riunione di questa vicenda con ulteriore causa promossa dallo scrivente, quella per richiedere il risarcimento del danno conseguente alla lesione del diritto di voto consumatasi a causa del “porcellum”
Tale richiesta di riunione non fa che dimostrare nuovamente che il voto è il mezzo con cui si esercita la sovranità popolare sancita dall’art. 1 Cost.

E proprio sul diritto di voto l’avv. Mori spiega il suo valore:”Il diritto di voto non è ripristinato solo con il ritorno al suo esercizio in forma eguale, libera, diretta e personale. Infatti cosa decidiamo con il voto se la sovranità che i il popolo eserciterebbe è già stata previamente ceduta in forza dei Trattati UE?”

OBIETTIVO DELLA CITAZIONE
Non vi sono dubbi che, se la Corte Costituzionalità valuterà la fattispecie secondo diritto e non con inquinamento politico, dichiarerà illecita la ratifica dei Trattati UE così provocando l’agognata euroexit. L’Avv Mori cita la sentenza n. 238/2014 con cui la stessa Corte ha già avuto modo di ribadire che la sovranità può essere solo limitata e che i diritti fondamentali ed i principi inviolabili sono sovraordinati al diritto internazionale, Trattati inclusi:
Non v’è dubbio, infatti, ed è stato confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso[…] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione»(sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988)”.
Ed ancora, confermando anche il concetto di limitazione fatto proprio dallo scrivente, la Corte afferma: “Anche in una prospettiva di realizzazione dell’obiettivo del mantenimento di buoni rapporti internazionali, ispirati ai principi di pace e giustizia, in vista dei quali l’Italia consente a limitazioni di sovranità (art. 11 Cost.), il limite che segna l’apertura dell’ordinamento italiano all’ordinamento internazionale e sovranazionale (artt. 10 ed 11 Cost.) è costituito, come questa Corte ha ripetutamente affermato(con riguardo all’art. 11 Cost.: sentenze n. 284 del 2007, n. 168 del 1991, n. 232 del 1989, n. 170 del 1984, n. 183 del 1973; con riguardo all’art. 10, primo comma, Cost.: sentenze n. 73 del 2001, n. 15 del 1996 e n. 48 del 1979; anche sentenza n. 349 del 2007), dal rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili dell’uomo, elementi identificativi dell’ordinamento costituzionale”.
In claris non fit interpretatio (nelle questioni chiare non si fa luogo ad interpretazione)

APPELLO AI PARTITI POLITICI E ASSOCIAZIONI
L’Avv Marco Mori lancia un appello ai partiti politici, movimenti e associazioni poiché sono legittimati a presentare un intervento adesivo nella causa in corso:”Siete contro questa UE che rappresenta un’oscena dittatura finanziaria? Allora il 3 febbraio costituitevi nanti al Tribunale di Genova appoggiando le mie tesi. Facciamo dichiarare incostituzionale questa follia chiamata UE. Passiamo insieme dalle mere parole ai fatti! Andiamo Avanti!”

Al Tribunale di Genova il prossimo 13 febbraio importante appuntamento, ora i partiti politici non hanno più scuse, se credono fortemente che questo stato giuridico vada cambiato, è arrivato il momento di agire. 




CRISI: COLDIRETTI, CRESCE SOLO SPESA ALIMENTARE LOW COST (+2,3%)

Redazione

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Nel 2014 cresce solo la spesa low cost nei discount alimentari che fa segnare un aumento del   2,3 per cento mentre calano gli acquisti alimentari in Italia in tutte le altre forme distributive con un segno negativo nelle vendite nella grande distribuzione ( -0,7 per cento) ed un vero tonfo per le piccole botteghe alimentari (- 2,9 per cento). E’ quanto emerge da una proiezione della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio al dettaglio nei primi undici mesi del 2014. Un andamento che ha provocato il crollo del fatturato dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco che è stato del 3,1 per cento a novembre rispetto allo steso periodo dello scorso anno, secondo elaborazioni Coldiretti. A far scendere ulteriormente il valore degli acquisti, sono state le strategie di risparmio con quasi un italiano su tre (32 per cento) che fa regolarmente scorta di cibo in offerta mentre la metà degli italiani (49,8  per cento) dichiara di fare sempre la lista scritta della spesa per non essere travolto dagli acquisti di impulso, secondo una analisi Coldiretti/Censis.. Si evidenzia la tendenza da parte di un crescente segmento della popolazione ad acquistare prodotti alimentari a basso prezzo nei discount, a cui però può corrispondere anche una bassa qualità con il rischio che il risparmio sia solo apparente come dimostrano i ripetuti sequestri effettuati dalle forze dell’ordine. Con la crisi praticamente quadruplicano le frodi a tavola con un incremento record del 277 per cento del valore di cibi e bevande sequestrate perché adulterate, contraffate o falsificate, per garantire la sicurezza alimentare, secondo l’indagine Coldiretti sulla base dell’attività svolta dai carabinieri dei Nas dal 2008 al 2014. Le frodi a tavola – conclude la Coldiretti – si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi low cost e sono crimini particolarmente odiosi perché si fondano sull'inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti.




RIFORMA BANCHE: ECCO COSA CAMBIA

Redazione

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio sforna un decreto legge che in pochi ancora conoscono nel dettaglio: Ecco tutte le novità sulle banche e gli investimenti
 

Disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti (decreto legge)

Su proposta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dei Ministri dell’Economia e delle Finanze Pietro Carlo Padoan e dello Sviluppo Economico Federica Guidi, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge contenente disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.


Riforma banche popolari

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un intervento di riforma delle banche popolari con l’obiettivo di rafforzare il settore bancario e adeguarlo allo scenario europeo, innovato dall’unione bancaria. Con la distinzione in due fasce si preserva il ruolo delle banche con vocazione territoriale e al tempo stesso si adegua alle prassi ordinarie la governance degli istituti di credito popolari di maggiori dimensioni che nella maggioranza sono anche società quotate in borsa. La finalità ultima dell’intervento è di garantire che la liquidità disponibile si trasformi in credito a famiglie e imprese e favorire la disponibilità di servizi migliori e prezzi più contenuti. Pertanto il Consiglio dei Ministri ha adottato un decreto legge che impone alle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro la trasformazione in società per azioni.
Società di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese italiane

La misura è volta a promuovere la costituzione di una Società di servizio per la ristrutturazione, il riequilibrio finanziario e il consolidamento industriale di imprese italiane in temporanee difficoltà patrimoniali e finanziarie, ma con buone prospettive industriali ed economiche. Si tratterebbe pertanto di uno strumento caratterizzato da natura e finalità diverse rispetto ai Fondi partecipati e promossi dalla Cassa Depositi e Prestiti – F2i, Fondo strategico italiano, Fondo italiano d’investimento – che sono tenuti a investire in aziende non solo prospetticamente, ma anche correntemente in utile. Il capitale della Società sarà interamente sottoscritto da investitori istituzionali e professionali attraverso l’emissione di azioni, alcune delle quali possono godere anche della garanzia dello Stato. Alle azioni non garantite sono attribuiti maggiori diritti di governance. Gli azionisti che detengono titoli garantiti sono tenuti a riversare allo Stato una quota dei dividendi a titolo di premio sulla garanzia ottenuta.

Il periodo massimo entro il quale effettuare la cessione o il trasferimento delle partecipate è stabilito in 7 anni dall’investimento (prorogabili a 10). La Società è tenuta a distribuire almeno i due terzi degli utili prodotti.
Portabilità conti correnti

Gli istituti bancari e i prestatori di servizi di pagamento, in caso di trasferimento di un conto di pagamento, sono tenuti a darne corso, senza oneri o spese di portabilità a carico del cliente, entro termini predefiniti. La trasferibilità si applica ai soli conti di pagamento. In caso di mancato rispetto dei termini, l’istituto bancario o il prestatore di servizi di pagamento risarcisce il cliente in misura proporzionale al ritardo e alla disponibilità esistente sul conto di pagamento al momento della richiesta di trasferimento.
 

SACE

Al fine di rafforzare l’attività di SACE. a supporto dell’export e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana, SACE potrà essere autorizzata a svolgere l’esercizio del credito diretto (ovvero a costituirsi come banca). Tale attività dovrà essere svolta previa autorizzazione della Banca d’Italia, nel rispetto delle normative internazionali, europee e nazionali in materia.
PMI innovative

Si introduce la categoria di “PMI innovative” costituita dalle PMI non quotate con bilancio certificato e in possesso di almeno due tra i seguenti tre requisiti: spese in R&S (ricerca e sviluppo) almeno pari al 3% del maggior valore tra fatturato e costo della produzione; impiego di personale altamente qualificato in misura almeno pari a un quinto della forza lavoro complessiva; detentrici, licenziatarie o depositarie di un brevetto o un software registrato alla SIAE. Alle PMI innovative si applica la disciplina delle start-up innovative, a eccezione delle disposizioni in ambito di diritto fallimentare e di regolamentazione del mercato del lavoro.
Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e marchi

Si potenzia il Patent box, con piena inclusione anche dei marchi commerciali tra le attività immateriali per le quali viene riconosciuto il beneficio fiscale. In questo modo il Patent box diventa una potente misura di attrazione di investimenti qualificati nella valorizzazione del capitale immateriale, dei marchi e dei modelli industriali, facendo del nostro Paese una potenziale piattaforma per investimenti ad alto contenuto di conoscenza. Viene anche ampliato il campo di applicazione oggettiva del Patent box aprendo alla possibilità di includere, entro limiti prestabiliti, le attività di valorizzazione della proprietà intellettuale gestite e sviluppate in outsourcing con le società del gruppo.


Misure a favore dei fondi di credito

Al fine di consentire alle imprese italiane di beneficiare di tutti gli strumenti finanziari di cui beneficiano i loro competitor europei, allineando al contempo la normativa italiana a quella di altri Paesi europei (quali Germania e Francia), la proposta tende innanzitutto ad ampliare l’esenzione della ritenuta a tutti i proventi percepiti dai fondi che possono fare credito diretto alle imprese, eliminando la limitazione che prevedeva l’esenzione solo per i fondi che non facevano ricorso alla leva finanziaria.

La limitazione legata al fatto che i fondi non debbano utilizzare la leva finanziaria riduce notevolmente l’accesso alla liquidità presente a livello internazionale dato che la maggior parte dei credit funds si finanziano anche con il debito per ottimizzare la propria struttura del capitale.




GIANNA NANNINI: ACCUSATA DI AVER EVASO AL FISCO QUASI QUATTRO MILIONI DI EURO

Redazione

Milano – Notizia "rock"? Sembrerebbe di sì e si potrebbero prospettare guai "salati" per la rockstar Nannini che sembrerebbe non andare molto d'accordo con il fisco.  La Procura di Milano ha chiesto il processo per Gianna Nannini, la cantante accusata di un'evasione fiscale di 3 milioni e 750 mila euro. L'udienza preliminare si aprirà davanti al gup di Milano il prossimo 3 marzo. La richiesta di rinvio a giudizio per la celebre cantante è stata avanzata il mese scorso dal pm di Milano Adriano Scudieri, titolare di un'indagine che lo scorso aprile ha portato anche i militari del nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano a sequestrare la villa della cantante, con magazzini, scuderie a autorimessa, che si trova nel senese. Villa che è tuttora risulta sotto sequestro. Ansa fa sapere che secondo la ricostruzione del pm, Gianna Nannini, tra il 2007 e il 2012, avrebbe sottratto al fisco 3 milioni e 750mila euro interponendo tra la sua società milanese, la Gng Musica srl e le case discografiche Sony e Universal una società di diritto irlandese e un'altra di diritto olandese. Questo, si ipotizza, in modo da non pagare al fisco italiano le royalties dei dischi e dei concerti in quanto delocalizzati in Stati in cui la tassazione è più favorevole.

Una quota di questa evasione (126mila euro) sarebbe, inoltre, stata realizzata detraendo dalle dichiarazioni dei redditi costi "inerenti attività canora" e che invece (dopo che la Gdf ha sentito fornitori e operai), per l'accusa, sarebbero serviti non per i palcoscenici dei concerti ma per arredi e decorazioni per il bosco di una casa che la Nannini possiede a Piacenza. Con parte della somma evasa, la cantante avrebbe anche comperato anche un appartamento nel quartiere londinese di South Kensington. Per questo il pm Scudieri ha contestato alla cantante gli tabella 2 e 5 del decreto legislativo 74/2000 e ha chiesto il rinvio a giudizio. L'udienza preliminare si aprirà davanti al gup Fabio Antezza il prossimo 3 marzo. Gianna Nannini, all'indomani del sequestro della sua villa nel senese, aveva fatto sapere, tramite i suoi difensori, che non c'era stata alcuna evasione fiscale, né violazione di leggi e neppure utilizzo di società fittizie.

L'avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Gianna Nannini, ha affermato che "Proprio in questi giorni la difesa è entrata in possesso di nuova e decisiva documentazione capace di provare che non c'è stata nessuna evasione. Nei prossimi – afferma il legale – porterò questi atti alla magistratura che potrà constatare l' insussistenza dei fatti contestati. Oltretutto si tratta di accuse che riguardano una società e non certamente Gianna Nannini".

 




PARMIGGIANO REGGIANO: TORNI A VALORIZZARE IL PROPRIO PRODOTTO

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Redazione

Prima di pensare alla riduzione della produzione il Consorzio del Parmigiano reggiano dovrebbe tornare a valorizzare il prodotto in Italia e all’estero, che in questi anni è stato abbandonato o ceduto nelle mani di altri soggetti, facendo il lavoro che gli compete. E’ quanto affermato dal vicepresidente nazionale della Coldiretti, Mauro Tonello, nel corso dell’audizione in commissione Agricoltura del Senato convocata per fare il punto della situazione sulla crisi di uno dei prodotti italiani più noti.  L’attuale governance del consorzio – denuncia Coldiretti –  ha dimostrato grossi limiti visto che altri formaggi similari hanno raddoppiato negli anni la produzione e conquistato fette di mercato a scapito del Parmigiano. Colpa anche del fatto che è stata completamente abbandonata l’attività di pubblicità in Italia, una scelta estremamente discutibile visto e considerato che il consumo nazionale rappresenta comunque il 70 per cento del totale. Al tempo stesso, l’attività promozionale all’estero è stata lasciata nelle mani degli esportatori. Strade che si sono dimostrate sbagliate che imporrebbero a questo punto una riflessione su un cambio di governance all’interno del Consorzio stesso. Un Consorzio che – continua la Coldiretti – ha preferito svolgere direttamente attività in campo commerciale le cui perdite hanno drenato ingenti risorse che potevano essere invece impiegate nella valorizzazione e in una campagna pubblicitaria efficace rispetto a una situazione che vede oggi prevalere nel consumatore la conoscenza più di marche private che del Parmigiano Reggiano in generale.




ALITALIA MAINTENANCE SYSTEMS: IL TRIBUNALE ACCORDA IL CONCORDATO

di Silvio Rossi

Buone notizie per l’Alitalia Maintenance Systems, società che si occupa della manutenzione degli aeromobili di Alitalia. L’azienda, che per cattive gestioni pregresse e accordi non rispettati dai clienti, si era trovata in difficoltà, con il personale in cassa integrazione e il rischio di fallimento, aveva proposto un concordato per superare questa fase, e aprire le porte a possibili investitori esterni che potessero rilevarne le quote societarie e riprendere a pieno l’attività lavorativa.
Il 16 gennaio, verso le ore 12, il tribunale di Roma, sezione fallimentare, ha dato l'ammissibilità alla richiesta di concordato, altro passo importante che proietta ora l'azienda A.M.S. verso l'omologa, quindi, in pratica, offre una possibilità di soluzione della vicenda.

Ora si attende la risposta dei creditori. Se la maggioranza di questi accettano il piano di rientro, come sperano sindacati e lavoratori, si può affermare che è stato compiuto un gesto importante nel percorso di salvezza della società.
Come avevamo annunciato in un articolo di un mese fa, nel momento in cui la società ottiene l'omologa, sono pronti a entrare in azione i Giordani di Panmed, una società leader nel settore delle energie rinnovabili e che ha tutta l’intenzione di avvalersi della qualificata manodopera italiana per ampliare il suo business attraverso i motori aeronautici.

Abbiamo ascoltato l’opinione di Fabio Ceccalupo, membro del dipartimento territoriale dell’UGL trasporto aereo: “La Panmed dovrebbe acquisire il 60% di AMS Holding s.r.l., socio di maggioranza di Alitalia Maintenance Systems, assumendo il controllo amministrativo della società. E’previsto da parte di Panmed un cospicuo investimento che dovrebbe ridare respiro alle casse dell’azienda”.

La speranza dei lavoratori è che la nuova società porti un nuovo management determinato a investire in progetti innovativi, in modo da valorizzare al massimo la potenzialità della forza lavoro che non teme concorrenza in campo internazionale.

“Voglio ringraziare a nome di tutte le sigle sindacali impegnate nella trattativa, ossia FILT CGIL FIT CISL UILTRASPORTi e UGL Trasporto aereo, tutti coloro hanno collaborato nelle loro possibilità per giungere alla soluzione positiva, in particolare l’attuale CEO Giorgio Pietra (ex Alitalia CAI), che in questo periodo difficile per l’azienda ha assunto il ruolo di vero regista, impegnandosi in prima persona per raggiungere questo risultato”, è quanto ci dice Ceccalupo, che chiaramente ci fa capire come non sia ancora tutto risolto, ma finalmente si riesce a vedere la luce in fondo al tunnel.