JOBS ACT : ECCO TUTTE LE NOVITA'

di Chiara Rai

E' tutto pronto, adesso bisognerà vedere l'effetto che fa l'entrata in vigore del Jobs Act. Infatti, i primi due decreti attuativi del Jobs act sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale e da oggi sono effettivi. In particolare, allo scoccare del 7 marzo si potrà iniziare ad assumere con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. La pubblicazione dà il via libera anche al riordino della normativa sugli ammortizzatori sociali con l'applicazione del nuovo sussidio di disoccupazione (Naspi) che entrerà in funzione da maggio. La tutela si estende quest'anno anche ai collaboratori.

Le novità. Dall'addio all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nelle neo-assunzioni (che beneficeranno degli sgravi triennali fissati dalla legge di stabilità) all'estensione di durata e platea dell'assegno di disoccupazione, ecco in sintesi le nuove regole.

Addio reintegro neoassunti. Per i nuovi assunti il reintegro nel posto di lavoro resta solo in caso di licenziamento nullo o discriminatorio e nei casi di licenziamento disciplinare nel quale il giudice riconosca che il fatto materiale contestato "non sussista". Negli altri casi ingiustificati e nei licenziamenti economici la tutela è rappresentata da un indennizzo economico "certo e crescente" con l'anzianità di servizio (due mensilità ogni anno di servizio con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità). Per le piccole imprese restano le regole attuali (l'indennizzo cresce di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 ed un massimo di 6 mensilità).

Licenziamenti collettivi, previsto indennizzo monetario.
Il regime dell'indennizzo monetario vale anche per i licenziamenti collettivi in caso di violazione delle procedure e dei criteri di scelta sui lavoratori da licenziare (da 4 a 24 mensilità).

Nuova assicurazione contro la disoccupazione. L'acronimo sta, infatti, per Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego. Varrà dal primo maggio. Chi perde il lavoro e ha almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni avrà diritto ad un sussidio pari alla metà delle settimane per le quali si sono versati contributi. La durata massima sale a 24 mesi (dal massimo di 18 mesi dell'Aspi introdotta insieme alla mini-Aspi dalla riforma Fornero del 2012) nel 2015 e nel 2016; 18 mesi poi nel 2017. Il sussidio è commisurato alla retribuzione ma non può superare i 1.300 euro mensili. Dopo i primi 4 mesi diminuisce del 3% al mese. L'erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato a iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.

La Dis – Coll per i collaboratori.
In attesa del riordino delle forme contrattuali, si introduce in via sperimentale per il 2015 un trattamento di disoccupazione per i collaboratori (Dis-Coll). E' per i collaboratori coordinati e continuativi e anche a progetto (iscritti alla gestione separata dell'Inps) che perdono il lavoro: presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno precedente la disoccupazione. La durata dell'indennità non può superare i 6 mesi e anche in questo caso è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.

Un aiuto per gli "esodandi". Si introduce, sempre dal primo maggio, in via sperimentale per quest'anno l'Asdi, l'assegno di disoccupazione mensile che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trova in una condizione "economica di bisogno". Si tratta di un aiuto che sarà prioritariamente riservato ai lavoratori in età vicina al pensionamento (ma che non hanno maturato ancora i requisiti necessari). Una precedenza valida anche per i chi ha minori a carico. La durata dell'assegno, che sarà pari al 75% della Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.

Poletti: "Il Jobs act potrà produrre fino a 150mila posti di lavoro in più nel 2015".  Questo "sarebbe un bel risultato". Lo ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. "Nel secondo trimestre del 2015 i dati si vedranno" sull'occupazione, ha aggiunto il ministro, dopo che i primi due decreti attuativi (sul contratto a tutele crescenti e sulla nuova Aspi) sono stati firmati dal capo dello Stato. "Sono pronto a raccogliere la sfida" sugli effetti positivi del Jobs act, a partire dall'aumento dell'occupazione, ha ribadito Poletti. "Sono convinto della bontà delle scelte che abbiamo fatto". Il ministro ha escluso "l'idea che si licenzia e poi si riassume" con il contratto a tutele crescenti traendo beneficio dagli sgravi: "non è compatibile con la legge", ha affermato. E ha anche ribadito che le nuove regole sui licenziamenti si applicano solo ai neo-assunti (per i vecchi assunti resta l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Poletti ha insistito sul "buon metodo" dimostrato dal governo con la riforma del lavoro, "dice che in Italia le cose si possono fare. Noi le cose le facciamo. Chiuderemo positivamente anche sulla corruzione e su tutto il resto".

Confesercenti: "Investire sulle donne". "Il problema della mancata valorizzazione del capitale umano ed occupazionale rappresentato dalle donne, soprattutto quelle più giovani – sottolinea la presidente di Impresa Donna Confesercenti – con l'enorme potenziale di idee, talento, creatività ed energia si traduce nella perdita di una fonte straordinaria di crescita. Non si tratta solo di una questione di pari opportunità: investire sulla educazione, formazione ed inserimento delle donne nel mondo del lavoro e nei ruoli decisionali, rappresenta una strategia economica vantaggiosa e di successo per ridare slancio alla competitività e produttività del nostro Paese". "Va ricordato che se per spiegare il 50% dell'occupazione maschile occorrono 51 professioni, per dare conto di quella femminile ne sono sufficienti 18: bisogna abbattere, una volta per tutte, le barriere culturali che ostacolano il pieno raggiungimento della parità donna-uomo nella società in generale e nel mondo del lavoro in particolare. Passi avanti sono stati fatti: le imprenditrici di Confesercenti esprimono apprezzamento – afferma De Luise – per le misure messe in campo dal Governo, contenute nel Jobs Act, in merito al rafforzamento della conciliazione lavoro-famiglia attraverso la maggiore flessibilità della maternità e l'ampliamento del congedo di paternità in alternativa a quello della madre, oltreché l'istituzione del congedo per donne vittime di violenza di genere".

Scuola, studenti Uds presentano le loro proposte alla Camera. "Negli ultimi mesi di mobilitazione, nonostante i tentativi di delegittimazione da parte del Governo e di Dirigenti Scolastici particolarmente autoritari, abbiamo costruito un documento di priorità senza le quali pensiamo non si possa rilanciare la scuola pubblica italiana – continua Lampis – Abbiamo individuato sette capitoli di priorità per ripensare la scuola: un nuovo diritto allo studio col fine di raggiungere la piena gratuità dell'istruzione, un'alternanza scuola-lavoro finanziata e qualificata, finanziamenti per il rilancio dell'autonomia scolastica, una riforma della valutazione in chiave democratica, investimenti sostanziosi sull'edilizia scolastica; un ripensamento radicale dell'autonomia scolastica; una riforma dei cicli scolastici, dei programmi e della didattica". "Chiediamo a gran voce che oltre alle priorità si ponga in discussione la Legge d'Iniziativa Popolare sulla scuola ripresentata ad agosto perché, se implementata, potrebbe costituire un grande punto di partenza per la definizione di una scuola inclusiva, laica e democratica – conclude l'UdS – Torneremo nelle piazze il 12 marzo anche per rivendicare nuove politiche sul lavoro e sul welfare. I decreti attuativi del Jobs Act precarizzano definitivamente il mondo del lavoro. È necessario estendere i diritti ed introdurre un reddito per dare piena cittadinanza contro l'esclusione sociale".




AEROPORTI ITALIANI BOCCIATI DAI CLIENTI EDREAMS

di Simonetta D'Onofrio

Secondo una classifica stilata dai clienti del sito specializzato in viaggi Edreams, gli aeroporti italiani non brillano né per efficienza, né per i servizi dedicati ai viaggiatori.

Questo è quanto è emerso confrontando gli scali nazionali con le strutture presenti negli altri paesi. Nessuno dei cinque aeroporti con maggior traffico (sono rientrati nei criteri del sondaggio i due scali romani, i due milanesi, e Orio al Serio) è entrato nelle prime dieci posizioni della classifica, anzi uno di questi, l’aeroporto Pastine di Ciampino, alle porte di Roma, è risultato essere quinto nell’unica delle categorie che era meglio evitare, quella dei “peggiori aeroporti al mondo”.

Il popolare sito di viaggi ha effettuato il sondaggio, su oltre 18.000 recensioni dei clienti, per gli aeroporti che hanno un flusso di viaggiatori di almeno nove milioni di passeggeri l’anno, includendo comunque gli scali delle capitali, anche se hanno meno transiti.
Per il 2014 ha avuto il punteggio maggiore, il Düsseldorf Airport, in Germania, che ha preceduto l’internazionale di San Francisco, in California e lo svedese Stockholm Arlanda Airport. In classifica appaiono anche gli scali di Tokio, Singapore, Helsinky, Montreal, Bangkok, Monaco di Baviera e Zurigo.

L’aeroporto di Singapore si aggiudica anche le classifiche dei migliori servizi per lo shopping, per la ristorazione e per il comfort delle sale d’attesa.
In nessuna delle classifiche è presente nessuno scalo italiano, dimostrando come bar e ristoranti che sono presenti negli scali italiani non sono per nulla degni della fama che la cucina italiana è riuscita a conquistarsi, lontana dalle piste di rullaggio, nei cinque continenti. Non trovare neanche una volta la sigla “ITA” nella classifica di bar e ristoranti, è la dimostrazione di come per le società che gestiscono i servizi aeroportuali, il passeggero non è visto come una persona da far stare bene, ma un pollo da spennare.

La performance negativa di quest’anno è comunque, purtroppo, in linea con quanto emerso nella classifica E-dreams negli anni passati. Nessun aeroporto della penisola dal 2010, anno in cui è iniziato questo sondaggio, è mai stato presente nei primi posti delle classifiche. Il primato negativo di Ciampino invece ha avuto come predecessore il Leonardo da Vinci di Fiumicino, che era sesto lo scorso anno tra i peggiori, e ottavo nel 2012. Anche gli aeroporti di Firenze Peretola e Pescara, nel 2012 e nel 2010 (quando i criteri erano meno selettivi per quanto riguarda il numero di passeggeri), nella lista dei peggiori del mondo.

Una bocciatura in piena regola per gli scali nazionali. Un voto negativo che comunque non sorprende il viaggiatore italiano, che in ogni occasione dove può confrontare i servizi in patria con quelli disponibili in molti aeroporti esteri, preferisce evitare il paragone tra i due.




ACCORDO ITALIA SVIZZERA: FINE DEL SEGRETO BANCARIO

di Maurizio Costa

Roma – Finisce il segreto bancario in Svizzera: dopo tre anni di trattative, l'Italia arriva all'accordo. Il ministro dell'Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, e il capo del dipartimento federale delle Finanze della Confederazione Svizzera, Eveline Widmer-Schlumpf, hanno fatto crollare il segreto bancario elvetico, facendo uscire il paese d'oltralpe anche dalla black-list dei paradisi fiscali.

Chiunque detenesse conti in Svizzera illegali potrà avvalersi della voluntary disclosure, autodenunciando il proprio deposito e portando i capitali elvetici in Italia. In questo modo, il detentore del conto pagherà comunque le sanzioni previste ma con un notevole sconto. In più, chi dovesse avvalersi di questo metodo non incorrerà nelle nuove pene stabilite dal decreto sull'anticorruzione.

I capitali che l'Italia detiene all'estero sono altissimi e toccano una cifra stimata di 150 miliardi di euro. L'80% di questi sono depositati nelle banche svizzere e Renzi spera di recuperare un tesoretto di quasi 7 miliardi di euro.

“L’accordo firmato oggi è un passo avanti molto importante nelle relazioni tra i due Paesi – ha affermato Padoan – frutto di un lavoro che è durato molto tempo, che è stato complesso e difficile ma alla fine è giunto con pieno successo. Posso dire con certezza che porterà a entrate per più di un euro”. I due ministri hanno anche siglato una road-map che permetterà di analizzare meglio i viaggi dei frontalieri.

Il trattato dovrà ancora essere votato dai due parlamenti ma è sicuramente un passo in avanti importantissimo per l'Italia, che si appresta a siglare un accordo anche con il Liechtenstein. Giovedì prossimo, infatti, Padoan si recherà proprio nel paese europeo per firmare un nuovo trattato sulla voluntary disclosure.




L'ERA DEI SUICIDI… PER IL POPOLO SOVRANO

di Cinzia Marchegiani

Quest’era sarà ricordata come l’economia dei suicidi. Numeri senza appello che rispecchiano la crisi e la frustrazione di chi ha perso lavoro e sa che difficilmente ne troverà un altro. Condizioni sconvolgenti che gettano nello sconforto molte persone che vedono perdere tutta la propria stabilità per politiche economiche incomprensibili. A mettere nero su bianco con statistiche che riguardano soprattutto le famiglie interviene l’Osservatorio Fallimenti CERVED, leader in Italia nell’analisi del rischio del credito che con fedeltà riporta dati impressionanti. La Lombardia è la regione più colpita in termini occupazionali, il Terziario e costruzioni i settori più coinvolti mentre è in forte diminuzione le procedure non fallimentari (-16,4% vs 2013) e le liquidazioni volontarie (-5,3% rispetto alle 91 mila dell’anno precedente). Cerved conferma che è stato un anno di luci e ombre il 2014 fotografato dal loro Osservatorio su Fallimenti, Procedure e Chiusure di imprese. Complessivamente, secondo i dati raccolti dal leader in Italia nell’analisi del rischio del credito, sono 104 mila le aziende che hanno chiuso i battenti nell’ultimo anno, tra fallimenti, procedure concorsuali non fallimentari e liquidazioni volontarie. Un dato che segna comunque un’inversione di tendenza (-3,5%) rispetto al valore massimo del 2013. Dall’inizio della crisi nel 2008, sono fallite più di 82 mila imprese dove lavoravano circa 1 milione di addetti. La serie storica dei dati mostra chiaramente come i costi occupazionali siano stati elevatissimi, fino a raggiungere il picco nel 2013 quando 176 mila lavoratori hanno perso il posto di lavoro. Il dato 2014 è in miglioramento rispetto allo scorso anno (175 mila posti; -0,5%) in quanto si è ridotta la dimensione media delle imprese che hanno portato i libri in tribunale. I posti di lavoro persi sono comunque più che raddoppiati rispetto al 2008: un incremento percentuale del 136%. A livello geografico, l’area più colpita nel 2014 è il Nord Ovest, con oltre un terzo di impieghi persi, circa 59 mila (314 mila tra 2008 e 2014), di cui ben 40 mila solo in Lombardia (220 mila).
Dal punto di vista settoriale, le aziende del terziario sono quelle più coinvolte, con 29 mila posti persi nei servizi non finanziari e 27 mila nella distribuzione. In ambito manifatturiero, colpisce il caso del sistema moda dove l’emorragia occupazionale ha toccato i 9 mila posti di lavoro. “L’anno da poco concluso presenta, accanto ad aspetti negativi, anche elementi incoraggianti – commenta Gianandrea De Bernardis, Amministratore Delegato di Cerved – la crescita record dei fallimenti del 2014 e le conseguenze sull'occupazione riflettono l’onda lunga della crisi, dovuta a più di sei anni di recessione e debolezza economica. D'altra parte, il calo delle liquidazioni volontarie è il termometro di un ritorno di fiducia da parte degli imprenditori che fa ben sperare per i trimestri a venire.”

Ma il dato sui fallimenti il 2014 regala il nuovo record:”Nel quarto trimestre del 2014, 4.479 aziende sono state dichiarate fallite (+7% vs 2013), il massimo osservato in un singolo trimestre dall’inizio della serie storica nel 2001. Nel corso dell’ultimo anno, i fallimenti aziendali hanno superato il tetto di 15 mila, segnando un nuovo record negativo da oltre un decennio e un incremento del +10,7% rispetto al 2013."

Dati impressionanti che trovano correlazione con il report dei numeri di suicidi di imprenditori e lavoratori che non riuscendo a vedere strade alternative, hanno preso decisioni irreversibili, guidati dalla paura dell’ignoto e della perdita di dignità che ha prevalso in modo determinante. Una cartina al tornasole beffarda la situazione italiana da cui emergere anche le responsabilità di politiche di sostegno, praticamente assenti. “La disoccupazione colpisce direttamente la salute degli individui e, ovviamente, gli studi hanno proposto un'associazione tra la disoccupazione e il suicidio” è l’analisi di uno studio appena pubblicato sulla rivista Lancet Psychiatry che ha analizzato retrospettivamente i dati pubblici per il suicidio, la popolazione, e l'economia dal database di mortalità dell'OMS e database World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale dal 2000 al 2011.

Lo studio spiega nel dettaglio: “un tasso di suicidi più alto preceduto un aumento della disoccupazione (ritardato da 6 mesi) e che l'effetto era non lineare con effetti maggiori per bassi tassi di disoccupazione di base. In tutte le regioni del mondo, il rischio relativo di suicidio associato con la disoccupazione è stata elevata di circa il 20-30% nel corso del periodo di studio. Nel complesso, 41.148 (95%) i suicidi sono stati associati con la disoccupazione nel 2007 e 46.131 nel 2009, indicando 4.983 i suicidi in eccesso dopo la crisi economica del 2008.” Gli autori di questo studio, il Dr Carlos Nordt, Ingeborg Wamke, Prof Erich Seifritz e Wolfram Kawohl ritengono che i suicidi associati con la disoccupazione sono pari a un numero a nove volte più elevato di morti di suicidi in eccesso attribuiti alla più recente crisi economica e indicano che le strategie di prevenzione devono essere incentrate sia sui disoccupati che sull'occupazione, poiché le condizioni vanno monitorate non solo in tempi difficili, ma anche in tempi di economia stabile.
Guardando meglio ci si accorge che lo studio riguarda l’analisi fino all’anno 2011, ma sappiamo che la situazione si è aggravata, anzi è precipitata negli ultimi 4 anni, basta ricordare i tg nazionali e regionali, che con una cadenza quasi settimanale, riportava l’annuncio di suicidi che provenivano esclusivamente dalla disperazione di chi aveva perso un lavoro, o perché l’impresa ha dovuto dichiarare fallimento… Questa è la fotografia fredda dell’economia dei suicidi che sembra nessuno abbia responsabilità.




POMIGLIANO D'ARCO: LO SCIOPERO FIOM CGIL FA FLOP

di Simonetta D'Onofrio

Pomigliano d'Arco (Na) – Solo cinque lavoratori su quasi millecinquecento occupati nello stabilimento. Una percentuale di adesione allo sciopero, indetto dalla Fiom CGIL, sindacato maggiormente rappresentativo nella realtà metalmeccanica italiana, pari allo 0,34% del totale. Un numero talmente esiguo che rappresenta non solo una semplice sconfitta, ma una vera Waterloo per i rappresentanti locali del sindacato guidato da Landini e Camusso, una bocciatura senza appello per le istanze portate avanti in questi giorni.
Lo sciopero, organizzato per il 14 febbraio, è stato indetto contro la richiesta aziendale di lavorare per tre sabati straordinari, al fine di esaudire una commessa aggiuntiva di tremila vetture, che ha fatto rientrare una giornata di cassa integrazione, richiesta per il prossimo 23 febbraio, e organizzare tre giornate straordinarie di sabato, la prima delle quali, appunto, è stata il 14.

Cinque persone che scioperano, forse non sono neanche il numero della rappresentanza sindacale che ha normalmente la Fiom in uno stabilimento delle dimensioni di quello campano. Significa che l’azione intrapresa dalle “fervide menti” sindacali idi Pomigliano non è riuscita a coinvolgere nessuno tra i simpatizzanti CGIL che non sono “interni” all’organizzazione, e forse ha lasciato freddi anche molti attivisti che in altre occasioni hanno partecipato alle iniziative della loro sigla, ma che stavolta non se la sono sentita di esporsi in un’azione kamikaze.

Come avrebbero potuto giustificare la scelta di rinunciare a un extra, nel momento in cui la crisi economica ha depauperato la capacità d’acquisto delle famiglie? Come si può pensare che un lavoratore metalmeccanico, in un territorio che vede crescere la povertà, che teme la mancanza di lavoro nel proprio stabilimento, si autoflagelli rinunciando all’opportunità non solo di guadagnare tre giornate straordinarie, ma anche alla possibilità di contribuire a rendere un’idea di efficienza alla propria impresa?

Chi ha proclamato l’agitazione chiedeva, al posto dei tre sabati straordinari, il reintegro di alcuni colleghi che sono in mobilità. Il responsabile della Fiom partenopea ha dichiarato: “Se non ci impegniamo tutti insieme per portare una nuova produzione, è evidente che le difficoltà permarranno”. Siamo sicuri che disattendere una commessa che aumenta, seppure una tantum, la produzione, sua un modo adeguato per ottenere quanto cercato dai rappresentanti Fiom, oppure tra quanto voluto e le azioni intraprese, c’è una discrepanza tale da farci dubitare sulle capacità analitiche di chi ha chiesto ai lavoratori un sacrificio inutile e sbagliato.




ITALIA CAMBIATA LA COSTITUZIONE UNILATERALMENTE DA UN PARTITO, QUALCUNO HA SENTITO IL NUOVO PRESIEDENTE DELLA REPUBBLICA?

In sostanza un gruppo di Parlamentari nominati dal PD, pur non avendo avuto la maggioranza alle ultime elezioni, ottenendola solo in forza di una legge elettorale dichiarata incostituzionale, ha modificato da solo la Costituzione cancellando in un colpo la democrazia. Nel dettaglio e in modo semplice lo spiega l’avv. Marco Mori

di Cinzia Marchegiani

E’ vero, gli italiani stanno subendo quel processo che neanche in maniera  troppo lenta  sta cambiando gravemente il proprio Paese, e come la leggenda della rana bollita, ce ne accorgeremo solo quando l’acqua nella pentola ucciderà la stessa rana che allegramente pensava di essere finita in un laghetto limpido e bellissimo e soprattutto tiepido. Game Over, troppo tardi!

Un’analisi di quello che è accaduto, tra risse e abbandoni dell’aula al parlamento nel dettaglio lo spiega in modo semplice, per chi è a digiuno della materia, l’avv. Marco Mori :”Qualcosa di mai visto si è consumato nella notte. Un partito ha modificato la Costituzione unilateralmente.”

Cosa è accaduto avv. Mori?
Il merito della riforma, che vi anticipo già consegna semplicemente il paese alla sovranità dei mercati speculativi. Con linguaggio semplice ed accessibile, le questioni di illegittimità di carattere “preliminare” a questa riforma che sono palesi e davvero clamorose. Non nascondo la speranza che il Presidente della Repubblica intervenga, sarebbe un suo preciso dovere.
In sostanza un gruppo di Parlamentari nominati dal PD, pur non avendo avuto la maggioranza alle ultime elezioni, ottenendola solo in forza di una legge elettorale dichiarata incostituzionale, ha modificato da solo la Costituzione cancellando in un colpo la democrazia.
Ricordiamo, in primo luogo, che avere un Parlamento di nominati, in violazione del voto personale e diretto che invece prevede la Costituzione, implica che nessun eletto è libero di decidere autonomamente durante le votazioni. Questo perché, se non si ubbidisce al partito, non si sarà più inseriti nelle liste elettorali. Se le preferenze personali non hanno alcun peso la linea del partito non dipenderà mai da scelte democratiche e rappresentative della sovranità popolare, ma sarà imposta dai vertici. Nel caso di specie la linea del PD è quella imposta dalla finanza che vuole smantellare la sovranità italiana. Si vuole un Parlamento che semplicemente ratifichi rapidamente le scelte del Governo, ovvero si vuole l’opposto di una Repubblica Parlamentare. Il dibattito è l’essenza di una democrazia, le decisioni unilaterali sono invece l’essenza di una dittatura.
Occorre poi rammentare a tutti i lettori “come” il PD detiene oggi la maggioranza. Alla camera, alle elezioni del 2013, il primo partito fu il Movimento 5 Stelle, non possiamo dimenticarlo.

Il PD quindi decide per tutti?
Il PD ha usurpato poltrone che non gli spettavano per riformare da solo la Costituzione in forza di un premio di maggioranza addirittura dichiarato costituzionalmente illegittimo in quanto non conforme al principio del voto eguale. Peraltro tale premio di maggioranza è stato ottenuto sulla base di coalizione, coalizione sciolta prima ancora dell’insediamento del nuovo Parlamento (Sel ed il PD non hanno governato un giorno insieme dopo il voto del 2013).
Questa situazione di palese illegittimità non è affatto cessata con la declaratoria di incostituzionalità della legge elettorale visto che questo Parlamento ha addirittura modificato le norme fondamentali del nostro ordinamento. Gli effetti dell’incostituzionalità si sono moltiplicati fino ad arrivare a determinare la modifica della Costituzione stessa in radicale violazione dell’art. 136 Cost. che dispone: “Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione“.

Ma il neo Presidente Sergio Mattarella ha avuto un ruolo importante proprio sul giudizio di questa legge elettorale, cos apuò fare la Corte Costituzionale?
Purtroppo la Corte Costituzionale ha una colpa immensa. Nel dichiarare incostituzionale la legge elettorale, con legge n. 1/2014, ha incomprensibilmente affermato, fuori dai suoi poteri (come avete letto gli effetti dell’incostituzionalità di una norma di legge sono determinati dalla Costituzione), che il Parlamento poteva continuare a legiferare. In realtà, è evidente per qualsiasi persona di buon senso, continuando a legiferare il Parlamento ha moltiplicato gli effetti della violazione Costituzionale censurata nel nostro ordinamento e ciò prosegue dal 2006.
Oggi dunque abbiamo una nuova Costituzione scritta da un Parlamento composto in violazione dei principi di rappresentanza democratica e dunque composto senza rispettare la sovranità popolare di cui all’art. 1 Cost. La stessa Cassazione con la sentenza n. 8878/14 ha evidenziato la grave lesione della rappresentatività democratica ma nonostante ciò Renzi è andato avanti.
Stiamo dunque assistendo alla fine della democrazia, con quello che non si deve aver timore di definire colpo di Stato, in Italia era dai tempi di Mussolini che non vedevamo qualcosa di simile.

Non ci resta che piangere, come apostrofava il bellissimo film di Trosi e Benigni?
Resta ancora una speranza, che il referendum a cui dovrà essere sottoposta questa oscena riforma, sia favorevole alla democrazia ed al paese ma sappiamo che sarà molto dura a causa delle forti pressioni mediatiche. Come avviene in ogni dittatura i media, purtroppo, appoggiano in gran parte il regime. Dico espressamente salviamo questo paese e cerchiamo, tutti insieme, di fermare questo golpe.

Tutti attendono ora le parole del neo Presidente della Repubblica Mattarella.




LE IMPRESE ABRUZZESI SI RIALZANO GRAZIE ALLA POLONIA

Redazione

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Abruzzo – Il Segretario Regionale di Confimi Impresa Abruzzo, Dott. Ernesto Petricca, ed il legale, esperto di diritto internazionale e fondi europei, Senior Partner dello studio, Paolo Nardella, dopo intense giornate di incontri con istituzioni ed imprenditori, non ultimi quelli con l'Ambasciatore Italiano in Polonia, Dott. Allessandro De Pedys, ed il Direttore dell'ICE (Istituto Nazionale per il Commercio estero) Varsavia, Dott. Giuseppe Federico, si ritengono soddisfatti dei presupposti creati e della possibile apertura di un canale diretto, che colleghi le nostre aziende abruzzesi con quella che oggi è definita “la terra della speranza”, la Polonia.

In rappresentanza di quasi 300 aziende abruzzesi appartenenti a vari settori industriali, il Dott. Petricca (Confimi Impresa Abruzzo) ha richiesto ed ottenuto un'approfondita analisi del mercato polacco che ha evidenziato l'esistenza di molteplici opportunità d'investimento e di crescita per le aziende abruzzesi.

In una nota riporta i principali settori di interesse e di investimento e quelli di maggiori opportunità, con dati che appaiono rosei e davvero stimolanti.

MECCANICA ED APPARECCHIATURE, settori dai quali la Polonia, nel solo 2013, ha importato beni e materiali per oltre 10 miliardi di Euro, presenta dati in aumento nel biennio 2014-2015.

Anche il settore delle INFRASTRUTTURE, al centro della politica comunitaria della Polonia, ottiene un notevole incremento ed apre enormi prospettive di crescita, poiché al centro del programma di finanziamento comunitario, che – sottolinea il legale Nardella – sarà di circa 111 miliardi di euro per il settennio 2014 – 2020 per i vari settori.

Il mercato polacco dei prodotti AGRO – ALIMENTARI ed ENOLOGICO è in continuo avanzamento in termini di domanda interna, sia per i prodotti di produzione polacca, che per quelli di importazione. L'aumento del reddito disponibile sta determinando un cambiamento delle abitudini alimentari polacche. I consumatori apprezzano sempre di più i cibi sani e l'offerta alimentare italiana viene considerata un ottimo compromesso da questo punto di vista. Il settore agroalimentare ed enologico, come tutti gli altri settori, è in decisa crescita, ma richiede un forte spirito di adattamento per le industrie produttrici abruzzesi, essendo incentrato su una quasi maniacale attenzione al prodotto biologico, ai generi alimentari di quarta gamma (prodotti ortofrutticoli pronti per il consumo) ed ai prodotti precotti. Sotto questo punto di vista c'è da rilevare però che l'interesse per tali i generi alimentari è controbilanciata da una contemporanea diminuzione dei prodotti alimentari di base.

Altro settore che appare in irrefrenabile crescita è quello della COSMETICA: + 43,20% nel solo biennio 2011 – 2013. Tra le note negative, però, c'è da rilevare purtroppo che l'Italia non è sul podio per quanto riguarda l'offerta di tali prodotti, dove invece troviamo Germania, Francia e Regno Unito.

ABBIGLIAMENTO E CALZATURE hanno subito un incremento del 6% rispetto al 2012, per un totale di 3,5 miliardi di Euro di fatturato.

Alla luce di questi confortanti dati, Confimi Impresa Abruzzo, in collaborazione con lo studio legale Innangi – Nardella, ha fissato i parametri per l'approfondimento delle criticità legali e burocratiche relative all'approccio al mercato polacco. In particolare, il legale Nardella invita le aziende abruzzesi, per come già fatto in passato, a puntare sui “COTRATTTI DI RETE”, poiché secondo il suo giudizio, questo innovativo strumento legislativo, abbinato alle opportunità che il mercato polacco offre, potrebbe dare ottimi risultati in tema di partecipazione ai vantaggi offerti da tale territorio.

Confimi e lo studio legale Innangi – Nardella hanno stipulato convenzioni atte a ridurre al minimo i costi per l'effettuazione di indagini di mercato e l'individuazione mirata di partner, buyers ed importatori. In questa ottica è prevista nei prossimi mesi un convegno proprio sul tema dell'ingresso in Polonia.




SARDEGNA, MALATI DI SLA: IMPEGNI DISATTESI E TAGLI IN FINANZA.

 

Salvatore Usala, il Presidente del Comitato 16 Novembre chiede gli atti ufficiali della giunta, altrimenti sarà dato il via allo sciopero della fame e della sete al 50% dal prossimo 10 febbraio. Dal 18 febbraio invece inizieranno quello totale.  LEGGI ANCHE: ROMA, TAGLI FONDO DISABILI: IL COMITATO 16 NOVEMBRE IN PROTESTA DAVANTI AL MINISTERO DELL’ECONOMIA


di Cinzia Marchegiani

Era solo lo scorso 4 novembre 2014 quando il Comitato 16 Novembre manifestava a Roma davanti al Ministero dei Economia e Finanza. In prima fila sempre lui Salvatore Usala, il Presidente dell’associazione Comitato 16 Novembre, che era partito proprio dalla sua Sardegna in un viaggio che non si augura davvero a nessuno. Lui, malato di Sla rappresenta i malati che vivono spesso attaccati ad un respiratore e hanno bisogno di assistenza h24 domiciliare, cui provvede quasi sempre un familiare costretto spesso a lasciare il lavoro per poter accudire i propri cari. Malati dimenticati dalla Stato e ignorati nelle loro più elementari necessità. A due mesi esatti di distanza, due giorni fa, il 4 febbario 2015 Salvatore Usala ha inviato il seguente ultimatum al Presidente della regione Autonoma Sardegna, Francesco Paglaru, all’Assessore alla programmazione Bilancio e Credito, Raffaele Paci e all’Assessore all’Igiene e Sanità delle Politiche Sociali, Dott. Luigi Benedetto.

Ecco il testo della lettera:

"Egregi Assessori,
nonostante l'Assessore Arru abbia firmato pubblici impegni precisi il 10 di dicembre 2014, confermati dal Presidente Pigliaru e dall'Assessore Paci venuti a casa mia, avete fatto solo una misera proroga della legge 162/98, tutto il resto l'avete eluso, ovvero peggiorato. Avete previsto in questa finanziaria tagli folli, nonostante gli impegni scritti a non toccare un euro rispetto al 2014.Che parola avete? Ovvero avete previsto nella vostra finanziaria 2015, in discussione ora in Commissione, ben 33 milioni di tagli dalla 162/98 e dal ritornare a casa! Sono tagli ingenti, corrispondono al 27% del totale, il che significa mettere in strada più di 3000 operatori, UNA COSA DA PAZZI! Ma la cosa assurda è che avete fatto tutto di nascosto, nonostante avevate promesso di concordare le cose e ci avete riempito di frottole indegne delle istituzioni che rappresentate. Tutto è certificato dall'emendamento della Giunta alla Finanziaria (il 239) che prevede 166 milioni di finanziamento massimo per il fondo regionale della non autosufficienza, erano previsti 202 dalla finanziaria 2014 nel piano triennale. Ma come vi è venuta in mente questa follia, senza dirci nulla e proprio mentre una commissione di esperti nominata da voi sta riqualificando il sistema? Un taglio del genere non si era mai visto, mai, ne’ con soru ne con cappellacci, con voi ci sono tagli nel sociale superiori a 40 milioni di euro! non si gioca con la pelle delle persone!"

Usala senza giri di parole lancia un ultimatum, il prossimo 18 febbraio saranno in presidio permanente dalle ore 10,30 davanti all'Assessorato alla Sanità in via Roma 223:”stavolta non sarà come i precedenti presidi, dal 10 febbraio inizieremo lo sciopero della fame al 50% delle calorie, se volete che nessuno si faccia male avete tutto il tempo per provvedere. Dal giorno del presidio sciopero della fame e della sete totale, staremo al freddo, anche sotto le intemperie, non andremo via con semplici impegni, vogliamo atti ufficiali della giunta!

La Vice-Presidente del Comitato 16 Novembre, Mariangela Lamanna, contatta da l’Osservatore d’Italia spiega questo ultimatum, che vede purtroppo di nuovo sempre le solite associazioni scendere in campo a combattare battaglie immense affinché i diritti dei malati siano rispettati, quando lo Stato ha preposti affinché siano tutelate garanzie e tutele soprattutto di chi ha reali esigenze.

Mariangela Lamanna, siete di nuovo a chiedere quello che in realtà dovrebbe essere regolamentato per legge. Voi rappresentate quella fetta corposa di malati che dovrebbero avere tutele istituzionali soprattutto per progetti di assistenza, invece ora, dopo tante promesse vi ritroviamo con questo ultimatum dello sciopero della fame, che è un pugno allo stomaco per u paese civile.

«Siamo davvero allibiti di fronte all'atteggiamento gravemente menefreghista e strafottente della Regione Sardegna. Si sta facendo di tutto per smembrare un sistema collaudato che consente risparmi notevoli alla Sanità ed è al tempo stesso quanto di meglio possa esserci per la gestione domiciliare dei pazienti complessi. Costringere persone gravemente ammalate a protestare per la terza volta nel giro di pochissimi mesi, è disumano ed indegno. I politici devono risolvere i problemi dei cittadini, specie quelli più disagiati, non complicare loro ulteriormente l'esistenza. In un Italia in ginocchio, i disabili rappresentano una grande opportunità lavorativa perché necessitano di assistenti ma con i tagli che si vogliono effettuare tutti questi operatori perderanno il lavoro. Davvero non si capisce che tipo di politica si voglia portare avanti. O meglio, è talmente chiaro che trattasi di politica da marciapiede che si torna a protestare, su quel marciapiede dell'Assessorato alla Sanità della Regione Sardegna. L'ennesima vergogna dopo tante parole, da parte dei politici, al vento!»

Salvatore Usala ricorda, nel suo ultimatum, che la regione Sardegna aveva preso l'impegno pubblicamente a mantenere inalterati i fondi sociali per il 2015, impegno disatteso, ora vogliono immediatamente la correzione dei fondi in finanziaria in Commissione:”poiché – ricorda lo stesso Usala- ci sono gli emendamenti presentati dai consiglieri che vi appoggiano, basta approvare quelli (ve li allego) o fateli propri dalla Giunta, che ci fate bella figura. Il 10.12.2014 avete preso l'impegno di pagare il pregresso della 162/98, a distanza di due mesi nemmeno un euro è arrivato ai comuni. Vogliamo una data certa di liquidazione! Chi sono gli uffici che si arrogano il diritto di non mandare le comunicazioni relative ai rinnovi, come concordato con i precedenti assessori da anni? Spiegategli cos'è la trasparenza e l'accesso agli atti. Vogliamo la comunicazioni in contemporanea con i comuni,anche via E-mail.”
Un paese civile, non dovrebbe vedere malati gravi attaccati ai respiratoti dover fare lo sciopero della fame affinché siano rispettati diritti e tutele che dovrebbero garantire il decoro e il rispetto della dignità personale. Chiediamoci in che Paese davvero stiamo vivendo.




POSTE ITALIANE SOCCORRE ALITALIA E LA UE PLAUDE

di Ivan Galea

L'Unione Europea non ostacolerà l'intervento di Poste Italiane in Alitalia perché lo ha inquadrato come aiuto privato. La partecipazione di Poste Italiane all'aumento di capitale di Alitalia «non sembra costituire» un aiuto di Stato incompatibile con le norme dell'Unione europea. Lo comunica la Commissione europea, che ha chiuso le indagini preliminari avviata a ottobre 2013 sull'intervento di Poste nel capitale della compagnia aerea. Poste Italiane spa aveva sottoscritto fino a 75 milioni di euro di aumento di capitale di Alitalia. A dicembre 2014 la Commissione ha rilevato che "la misura in esame non sembra costituire un aiuto" di stato. Le prove raccolte dalla Commissione nell'ambito dell'inchiesta suggeriscono che Poste Italiane ha effettuato un investimento in base alle stesse condizioni di due operatori privati che si trovavano in una situazione analoga.




GRECIA: LA BCE DICE STOP AI FINANZIAMENTI

di Alberto De Marchis

La BCE gela la Grecia a pochi giorni dalle elezioni di Tsipras, che ha vinto grazie alla sua politica di antiausterità, annunciando che non permetterà alle banche greche di continuare ad utilizzare i suoi titoli di stato quale garanzia per approvvigionarsi di nuova liquidità.

E' stato categorico dunque, al proposito, il direttivo dell'Eurotower che già concesse questa possibilità alla Grecia con una deroga nel 2010. La stessa Bce spiega che quella deroga permetteva che i titoli pubblici greci fossero utilizzati nelle operazioni di politica monetaria dell'Eurosistema nonostante la Grecia non avesse più un rating al livello d'investimento, ma speculativo. Questa concessione era stata rilasciata in virtù della permanenza della Grecia all'interno del programma di risanamento della Ue.

Un progetto che pare definitivamente sfumato perché il presidente Bce Mario Draghi su questo punto è stato lapidario giudicando sostanzialmente negativa la nuova linea anti – troika impressa dal governo. E che i bond grechi non siano più garanzia per ottenere liquidità lo si è deciso subitp dopo gli incontri di Tsipras alla Ue e del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis. Il ministro il quale, in un'intervista alla radio pubblica tedesca Ard, ha chiesto ai partner europei "tempo fino a maggio per poter elaborare i nostri suggerimenti per una soluzione" della complessa trattativa sulla rinegoziazione del debito ellenico. Eppure in un'altra intervista al quotidiano 'Die Zeit', Varoufakis ha invece affermato che "la Germania non deve fidarsi della Grecia ma ascoltarla". Promettendo di non aumentare l'indebitamento del paese, il ministro ha definito il piano di assistenza della troika "un errore enorme" e ha invocato un "piano Merkel", sulla scia del piano Marshall, che "unisca i popoli europei e diventi una meravigliosa eredita' per il paese tedesco". Varoufakis ha poi rilanciato la proposta di un "prestito ponte" della Bce e ha confermato che non intende chiedere un 'haircut', ovvero una riduzione del valore nominale del debito". Il ministro ellenico ha inoltre rivelato di aver contattato il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, per chiedergli di aiutarlo a elaborare un programma di riforme che vada nella direzione di una maggiore equita' fiscale e della lotta alla corruzione. Il braccio di ferro tra Grecia è iniziato e la prima doccia dalla Bce non è tardata ad arrivare.
 




PRODOTTI SENZA GLUTINE: RECORD VENDITE + 32%

Redazione

Nella top ten dei prodotti più venduti nel 2014 occupano il primo posto i i prodotti senza glutine, con una crescita del 32,1 per cento rispetto all’anno precedente, in controtendenza al calo registrato alla spesa alimentare complessiva. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti a commento del nuovo paniere Istat per il calcolo dell’inflazione che per il 2015 vede l’ingresso della pasta e dei biscotti gluten free. Un ingresso dovuto, tenuto conto che il settore dei prodotti senza glutine vale oggi – sottolinea la Coldiretti – 237 milioni di euro con una crescita continua annuale a due cifre, mentre crescono anche i punti vendita specializzati, con un incremento del 10 per cento all’anno ma anche la presenza in quelli tradizionali e nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica. Questa nuova attenzione alle intolleranze è stata riconosciuta anche – continua Coldiretti – dalla nuova normativa europea sulle etichette alimentari entrata il vigore il 13 dicembre 2014 che impone l'obbligo di indicare le sostanze allergizzanti o che procurano intolleranze (come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa, latticini contenenti lattosio) con maggiore evidenza rispetto alle altre informazioni, ad esempio sottolineandole o mettendole in grassetto nella lista degli ingredienti. Anche i ristoranti e le attività di somministrazione di alimenti e bevande – conclude Coldiretti – devono comunicare gli allergeni, tramite adeguati supporti (menu, cartello, lavagna o registro), ben visibili all'avventore.