Terapie anti Covid-19, il mancato uso dell’eparina a domicilio: due proposte terapeutiche dal professor Salvatore Spagnolo

Ancora oggi, questa terapia proposta non è nelle linee guida dei farmaci da somministrare nei pazienti ammalati di covid-19 e l’eparina viene utilizzata solo in terapia intensiva quando i coaguli sono già presenti nel circolo polmonare: ne segue che i trombi occludono i vasi di un’estesa superficie di polmone e si ha la morte per eccessivo abbassamento della saturazione dell’ossigeno nel sangue

Due proposte terapeutiche per il Covid-19 sono state sviluppate dal cardiochirurgo professor Salvatore Spagnolo già responsabile della cardiochirurgia del Policlinico San Martino di Genova, della cardiochirurgia del Policlinico di Monza ed, attualmente, corresponsabile presso la cardiochirurgia dell’ICLAS di Rapallo (Ge).

Il cardiochirurgo, inoltre, ha eseguito come primo operatore, migliaia di interventi di cardiochirurgia, comprendenti tutte le patologie cardiovascolari dell’adulto. Per primo, nel 1986, ha sostituito l’arco aortico in età pediatrica e, per questo intervento, gli è stato conferito il premio “I numeri uno” dal Presidente della Repubblica.

Il professore ha competenza specifica nel trattamento dell’embolia polmonare massiva, patologia quest’ultima gravata da un’elevata mortalità. Se non operata, porta a morte il paziente per scompenso del cuore destro. Anche il relativo intervento chirurgico di embolectomia polmonare presentava, però, una mortalità così elevata che i cardiologi lo ritenevano eticamente non proponibile.

Quindi, Spagnolo ha ideato una tecnica nuova di inversione dei flussi nella circolazione polmonare allo scopo di eliminare sia i piccoli coaguli sia l’aria che si formavano nei vasi periferici a seguito dell’intervento classico di embolectomia polmonare per embolia acuta massiva.

Attualmente, questa tecnica introdotta dal cardiochirurgo costituisce il capitolo “Retrograde Pulmonary Perfusion for Pulmonary Thromboembolism” del testo americano di cardiochirurgia e fisiopatologia del circolo polmonare “Principles of pulmonary protection in heart surgery” (Curators: Gabriel Edmo Atique, M. D. Salerno, A. Tomas – Springer Nature Editor).

VIDEO DIMOSTRATIVO DELL’Entità dei trombi che si formano in un’embolia polmonare massiva come quella causata da Covid-19 e del perché sia necessario intervenire il più precocemente possibile con la terapia domiciliare

Le due proposte terapeutiche del professor Salvatore Spagnolo sono dunque avanzate sia in base alle caratteristiche cliniche di tale malattia sia in base alle cause che conducono il paziente alla morte.

Spagnolo ha avanzato e proposto queste terapie fin dal mese di marzo

Terapia 1: trattamento precoce a domicilio con eparina a basso peso molecolare per prevenire la formazione dei trombi, da somministrare allorquando i segni dell’influenza non tendono a migliorare dopo 3-4 giorni dall’inizio dei sintomi.

Terapia 2 nei pazienti gravissimi: utilizzo dell’ossigenatore a membrana e dell’inversione dei flussi del circolo polmonare per rimuovere i coaguli periferici.

TERAPIA 1

Dall’osservazione dell’andamento clinico dei pazienti ricoverati a Codogno, caratterizzati da una precoce desaturazione del sangue, da un’improvvisa dispnea ingravescente che necessita spesso di un supporto respiratorio e dall’insorgere di molti casi di morte improvvisa, Spagnolo ha dedotto che questo non è il decorso clinico di una polmonite ed ha ipotizzato che la principale causa di morte potesse essere un’embolia polmonare periferica diffusa.

Tale ipotesi poggia su:

  1. Quadri radiologici di processi flogistici, a vetro smerigliato, localizzati prevalentemente nei campi polmonari inferiori ed alle regioni posteriori, espressione di una verosimile azione gravitazionale con progressione della patologia in senso cranio caudale.
  2. Studi con AngioTAC polmonare, eseguiti dal dott. Pietro Spagnolo presso l’istituto radiologico di San Donato (Mi) che hanno evidenziato quadri periferici di interruzione della circolazione, specie a carico dei campi polmonari inferiori (Studio pubblicato: “Prevalence of Acute Pulmonary Embolism in SARS-CoV-2 Hospitalized Patients: A Brief Report”).
  3. Studi autoptici, eseguiti all’ospedale civile di Bergamo e, successivamente, in altri Centri, su 50 pazienti deceduti per Covid-19, che hanno descritto quadri di polmonite, dilatazione enorme dei vasi polmonari e presenza di piccoli trombi che sono indovati non solo nei vasi polmonari ma anche in altri organi come il cervello, il cuore, il fegato ed i reni.

Attualmente, si ritiene che l’embolia sia originata dai fattori infiammatori legati alla polmonite e, per favorire lo scioglimento dei coaguli, è stata introdotta l’eparina che ha migliorato il decorso clinico della patologia; purtuttavia, nella forma di embolia massiva la mortalità rimane elevata. Studi sulle proprietà dei virus hanno evidenziato un loro elevato tropismo per le strutture vascolari (arteriole e capillari alveolari).

Quando i virus raggiungono gli alveoli polmonari, oltre ad innescare un processo infiammatorio a carico della parete alveolare, penetrano all’interno dei capillari dove producono un danno endoteliale della parete vascolare (Sardu et al, 2020). Le modalità con cui i fattori della coagulazione sono alterati non sono ancora ben conosciute ma le conseguenze che ne derivano risultano drammatiche: il virus è in grado di innescare la formazione di quei piccoli trombi che sono stati riscontrati agli esami autoptici.

PURTROPPO, IL TERMINE PICCOLI TROMBI È STATO ABBINATO AL TERMINE DI PATOLOGIA EMBOLICA BENIGNA

Questo è un errore molto grave, perché l’embolia polmonare periferica è ben più severa della embolia polmonare centrale: l’ostruzione del microcircolo impedisce gli scambi gassosi tra alveoli e capillari con una progressiva desaturazione dell’ossigeno nella circolazione sanguigna. quando l’ostruzione del microcircolo interessa una porzione estesa di parenchima polmonare, la desaturazione diventa così grave da causare la morte del paziente.

Partendo dalla circostanza che sono i virus a causare la formazione dei microtrombi, Spagnolo ha proposto di somministrare a domicilio l’eparina a basso peso molecolare allorquando i segni dell’influenza non tendono a migliorare dopo 3-4 giorni dall’inizio dei sintomi.

Quest’eparina va assunta sotto pelle ed ha la proprietà di impedire la formazione dei coaguli.

L’eparina somministrata a domicilio previene la formazione dei trombi e modifica radicalmente l’andamento clinico di questa patologia.

Purtroppo, ancora oggi, questa terapia proposta non è nelle linee guida dei farmaci da somministrare nei pazienti ammalati di covid-19 e l’eparina viene utilizzata solo in terapia intensiva quando i coaguli sono già presenti nel circolo polmonare: ne segue che i trombi occludono i vasi di un’estesa superficie di polmone e si ha la morte per eccessivo abbassamento della saturazione dell’ossigeno nel sangue.

TERAPIA 2 NEI PAZIENTI GRAVISSIMI

Quando i microtrombi hanno chiuso il circolo polmonare periferico, la situazione clinica diventa drammatica. Sono impediti il passaggio dell’ossigeno dagli alveoli polmonari ai capillari e l’eliminazione dell’anidride carbonica dai capillari agli alveoli polmonari. Ciò conduce ad un progressivo abbassamento della saturazione dell’ossigeno nel sangue ed al conseguente decesso del paziente.
L’unica possibilità terapeutica che rimane è collegare il paziente ad una macchina cuore polmone e provvedere all’ossigenazione del sangue mediante un ossigenatore a membrana. Questa terapia si può attuare per una durata di 12-24 ore.

Contemporaneamente all’ossigenazione del sangue, per rimuovere i coaguli dal circolo periferico e permettere al sangue di riprendere una normale circolazione, si può utilizzare l’inversione della direzione dei flussi nella circolazione polmonare associata alla somministrazione diretta dell’eparina nel circolo polmonare. Il flusso di sangue invertito spinge i piccoli coaguli verso l’esterno.

Questa tecnica è stata ideata ed applicata dal professor Salvatore Spagnolo per rimuovere i piccoli coaguli e l’aria a fine intervento di embolectomia polmonare e ha permesso di eliminare la causa principale dell’alta mortalità che si registrava negli interventi di embolectomia polmonare.




Ricerca sul cancro, università di Torino tra le migliori al mondo: primo e unico ateneo italiano nella classifica di Nature

La prestigiosa rivista scientifica Nature, considerata una delle più autorevoli dalla comunità scientifica internazionale, ha recentemente pubblicato la classifica mondiale delle migliori 200 istituzioni accademiche impegnate nella ricerca sul cancro, la Nature Index 2020 Cancer Table. L’Università di Torino risulta essere il primo e unico Ateneo italiano presente in graduatoria, collocato alla 176° posizione a livello globale.

La presenza dell’Ateneo di Torino in questa classifica testimonia che la ricerca condotta nei suoi Dipartimenti tiene il passo, in questo settore in rapida evoluzione, con gli istituti dei Paesi a livello globale maggiormente presenti. Gli Stati Uniti guidano la classifica con l’Università di Harvard e compaiono nella graduatoria di Nature con 85 istituzioni accademiche, seguiti dalla Cina con 43 istituzioni accademiche.

La classifica Nature Index 2020 Cancer prende in considerazione la produzione di articoli scientifici sulla ricerca sul cancro scritti tra il 1° gennaio 2015 e il 31 agosto 2019 e presenti nel Nature Index, un database costantemente aggiornato relativo alle affiliazioni degli autori di articoli di ricerca pubblicati su 82 riviste scientifiche di alta qualità selezionate da un gruppo di scienziati indipendenti.

La metodologia utilizzata per la redazione di questa classifica si basa sul numero di articoli condivisi sulla ricerca sul cancro pubblicati da gennaio 2015 ad agosto 2019, denominati Share; sul numero di articoli pubblicati da ciascuna istituzione da gennaio 2015 ad agosto 2019, denominati Count, e sul numero di articoli scritti sulla base di collaborazioni internazionali pubblicati nello stesso periodo di riferimento. Nella categoria Share l’Università di Torino si colloca al 25° posto a livello globale.

La tradizione più che quarantennale nello studio dei meccanismi molecolari e cellulari che stanno alla base del cancro ha preparato l’Ateneo a raccogliere con successo la sfida della medicina di precisione, volta a garantire un uso ragionato dei nuovi farmaci anti-tumorali che aspirano a controllare un alterazione genetica ben precisa, riducendo effetti tossici e costi.

“La base di questo ottimo posizionamento nella graduatoria proposta da Nature” dichiara il Rettore Stefano Geuna “dimostra la capacità di UniTo di creare gruppi interdisciplinari (medici, oncologi molecolari, informatici, fisici, ingegneri, matematici) che affrontano a 360 gradi la patologia oncologica proponendo percorsi diagnostici e terapeutici di frontiera.”

Il piazzamento dell’Università di Torino in questa top 200 riflette altri ottimi risultati raggiunti dall’Ateneo nella ricerca sul cancro lo scorso anno. La Highly Cited Researchers list di Clarivate Analytics ha identificato gli scienziati che hanno mostrato un’influenza significativa nel mondo della ricerca oncologica attraverso la pubblicazione di articoli altamente citati (top 1% a livello mondiale) nell’ultimo decennio, tre di questi scienziati appartengono all’Università di Torino. Inoltre, sempre nel 2019, l’agenzia U.S. News & World Report ha pubblicato le classifiche delle migliori università del mondo per il 2020 ed eccellente è stata la posizione raggiunta da UniTo nella classifica della disciplina Oncology. Non solo l’Ateneo si è collocato alla 38° posizione a livello globale, ma in questa disciplina è risultato essere anche il primo Ateneo italiano.




Osservatorio Anbi sullo stato delle risorse idriche: è allarme in Veneto

Si aggrava la situazione nei campi veneti: dopo settimane climaticamente miti, le colture hanno anticipato il ciclo vegetativo, ma le loro necessità irrigue non possono essere adeguatamente soddisfatte a causa di concessioni per prelievi idrici, inadeguate alla condizione di siccità, che si sta registrando quest’anno, pregiudicando i raccolti.

“È necessario che la Regione del Veneto riveda sollecitamente la modulazione delle derivazioni irrigue per far fronte alle criticità in atto, conseguenza dei cambiamenti climatici – chiede Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – In questo periodo, infatti, c’è disponibilità d’acqua nei fiumi, grazie allo scioglimento delle nevi in alta quota ed i bacini montani del Veneto sono mediamente all’80% della loro capacità d’invaso. E’ un paradosso: i campi hanno sete ma, a causa di rigidità burocratiche, stiamo perdendo molta acqua dolce che, non potendo essere prelevata, dai fiumi va direttamente a mare.”

Il caso più eclatante è quello del canale L.E.B. – Lessinio Euganeo Berico, la principale asta irrigua veneta, che deriva acqua dal fiume Adige e la distribuisce su un territorio di oltre 350.000 ettari tra le province di Verona, Vicenza, Padova e Venezia.

“Il Consorzio irriguo L.E.B. – spiega Andrea Crestani, Direttore di ANBI Veneto – sta prelevando, in questi giorni, 21 metri cubi d’acqua al secondo e ad inizio Maggio potrà aumentare la derivazione fino a 25 metri cubi, ma è sempre troppo poco rispetto alle attuali necessità irrigue. In questo inizio di primavera, il bisogno d’acqua nelle campagne è pari a quello di Giugno-Luglio, quando la concessione di derivazione del Consorzio L.E.B. arriva a 34 metri cubi al secondo; stiamo dunque prelevando 13 metri cubi d’acqua in meno, rispetto a quanto previsto in un’analoga situazione, seppur in un periodo diverso dell’anno. L’acqua nell’Adige c’è, ma non possiamo prelevarne a sufficienza.”

Secondo i dati dell’Osservatorio ANBI sullo Stato delle Risorse Idriche, è lo scioglimento delle nevi a caratterizzare l’attuale situazione idrica nel Nord Italia; a beneficiarne sono soprattutto i grandi laghi: pur rimanendo sotto la media stagionale sono in ripresa il lago Maggiore (55,1% di riempimento) ed il lago di Como (36,5%), mentre il lago d’Iseo, dopo mesi di sofferenza idrica, è al 66,4% della capacità d’invaso, sopra la media stagionale così come il lago di Garda (82,9% di riempimento).

Di riflesso ne beneficia anche il fiume Po che, lasciato il Piemonte e dopo centinaia di chilometri in deficit rispetto allo scorso anno, torna in media al rilevamento di Pontelagoscuro verso il delta. Analogamente sono in ripresa idrica i fiumi piemontesi Dora Baltea, Tanaro e Stura di Lanzo.

“E’ una ricchezza però che, in assenza di bacini di stoccaggio, defluirà rapidamente verso il mare; sono risorse, che rischiamo di rimpiangere di fronte a mesi, che si preannunciano idricamente complicati – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – È auspicabile che i gestori idroelettrici dei laghi alpini invasino ora più acqua possibile da rilasciare, però, in caso di bisogno a valle.”

Cresce intanto la preoccupazione per la situazione dei fiumi in Emilia Romagna: sotto le medie mensili, ad eccezione di Panaro, nel modenese e Nure, nel piacentino; nelle stesse province, altresì, Secchia e Taro hanno raggiunto il minimo storico.

Sono, invece, le piogge ad aver lenito il grave deficit idrico, che si registra in Puglia e Basilicata, dove continuano a mancare rispettivamente 109 e 88 milioni di metri cubi negli invasi; a beneficiare delle precipitazioni sono stati soprattutto i bacini di Occhitto e Pertusillo (il suo livello è ora addirittura superiore all’anno scorso).

Resta largamente deficitaria la situazione idrica in Calabria e Sicilia (-62 milioni di metri cubi circa negli invasi dell’isola), mentre si conferma confortante l’accumulo idrico nei bacini della Sardegna, così come nell’Italia Centrale.




Fase 2, Terziario. Confcommercio Trentino: “Non è questo il modo di garantire la ripresa al sistema Paese”

Mentre il governo Conte annuncia i primi provvedimenti per la cosiddetta fase 2, quella di riapertura, il terziario entra in una crisi che rischia di diventare irreversibile portando alla morte centinaia di imprese con le conseguenze drammatiche che ciò comporterebbe.

“Non accettiamo questa impostazione – spiega il vicepresidente vicario di Confcommercio Trentino Massimo Piffer. Non è questo il modo di garantire la ripresa al sistema Paese: così il terziario viene pesantemente danneggiato e rischia di subire un tracollo irreversibile. Si è deciso per la riapertura di alcune tipologie di esercizi commerciali, lasciandone fuori molti altri. Con il giusto senso di responsabilità, regole chiare e misure di prevenzione crediamo che anche le altre attività oggi rimandate a data di destinarsi, come il settore della moda, le librerie, potrebbero invece ripartire subito. Magari ci fosse l’afflusso di clienti, ma non sarà comunque così: dobbiamo però mettere le aziende in grado di ripartire subito, in sicurezza”.
“Stesso discorso – prosegue Piffer – anche per gli altri settori del terziario, dalla ristorazione ai pubblici esercizi, all’alberghiero: questo fermo ad oltranza sta mettendo in ginocchio migliaia di imprese, e con loro gli imprenditori ed i loro collaboratori, che significano famiglie che rischiano di entrare in uno stato di miseria. Così non può funzionare: dopo l’emergenza sanitaria ora rischiamo un’emergenza economica e sociale senza precedenti”.
“Valuteremo con la provincia la sua possibilità di manovra, per intervenire subito e concretamente. Il primo problema è la liquidità, e nonostante protocolli e accordi il sistema bancario sta opponendo ancora troppa resistenza ed è troppo lento. Per chi sta garantendo gli stipendi occorre prevedere interventi che abbattano il costo aziendale. Il tempo ormai è agli sgoccioli e il malcontento tra gli imprenditori sta montando in maniera veloce e massiccia: si cambi strategia e lo si faccia in fretta”.




FCA: riapre la produzione in Sevel con misure per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro

Oltre 300 mila metri quadrati di superficie sanificati nelle officine, circa 130 dispenser igienizzanti installati, diffusione delle informazioni di prevenzione ai dipendenti attraverso 15 maxi tabelloni e 25 monitor video, oltre 6000 brochure informative consegnate e 18.000 locandine affisse, una decina di termo camere di controllo della temperatura corporea agli ingressi e oltre 600 punti di dotazione disinfettante per i dipendenti per pulire quotidianamente le attrezzature che utilizzano durante il turno di lavoro.

Sono solo alcuni dei numeri che caratterizzano il ritorno oggi al lavoro della maggior parte degli oltre 6.000 dipendenti dello stabilimento Sevel di Atessa, joint venture con il Gruppo PSA, che produce veicoli protagonisti del mercato internazionale nel settore dei commerciali.

Queste ed altre misure fanno parte dell’accordo firmato lo scorso 9 aprile con le organizzazioni sindacali nazionali FIM-CISL, UILM-UIL, FISMIC, UGLM, AQCFR e FIOM-CGIL per attuare in tutte le sedi italiane di FCA ogni possibile azione per garantire ad ogni lavoratore del Gruppo la massima sicurezza sanitaria in occasione del riavvio delle attività produttive che erano state sospese a causa del COVID-19. Contemporaneamente a Sevel, sono ripartiti anche alcuni piccoli reparti a Cassino, Pomigliano, Termoli e Mirafiori connessi allo stabilimento abruzzese per la componentistica.

“Ciò che abbiamo dimostrato oggi alla Sevel di Atessa – commenta Pietro Gorlier, COO della regione EMEA di FCA – è l’esempio concreto del nostro impegno prioritario nella protezione dei nostri lavoratori. La riapertura di oggi in Abruzzo, insieme alle attivita’ di ricerca, sviluppo e produzione pre-serie dei modelli elettrici e ibridi a Torino e Melfi, sono il frutto di un lavoro approfondito con esperti e virologi concluso con un accordo con tutte le organizzazioni sindacali. Lavoriamo quotidianamente con il Governo e con tutte le autorità locali – aggiunge – per rilanciare la produzione in Italia ma senza ammettere nessuna deroga alla sicurezza delle persone in ogni impianto produttivo o ufficio di FCA”.
Prima del rientro dei lavoratori, sono state aggiornate in Sevel tutte le opere di pulizia, igienizzazione e sanificazione che erano state già intraprese in occasione della sospensione dall’attività avvenuta lo scorso 17 marzo: tra gli altri, sono stati fatti interventi in 18 aree relax, 52 servizi igienici, 29 spogliatoi con oltre 7.400 armadietti, 2 sale mediche e 4 mense che avranno una capienza ridotta e turnazioni ampliate per rispettare la norma della distanza di un metro tra le persone. Tutte queste zone sono state attrezzate con materiale sanitario a disposizione dei dipendenti (gel igienizzanti, saponi più aggressivi per i microrganismi, kit per le pulizie delle superfici, etc) per ogni esigenza e salvaguardia. Specifiche segnaletiche di sicurezza sono state disposte in tutto lo stabilimento.

Prima dell’avvio delle attività produttive, è stato inviato ai dipendenti Sevel tramite WhatsApp ed email un link a una pagina web dedicata alla condivisione e diffusione delle misure da adottare in ogni reparto aziendale e video tutorial esplicativi. Tra le altre, la distanza di oltre un metro tra ogni singola persona, le modalità per il lavaggio delle mani sia con acqua e sapone sia con liquido igienizzante, le modalità di approvvigionamento dai distributori d’acqua con bicchieri/borracce, le misure da rispettare nelle mense e le corrette modalità di gestione delle riunioni. Sono state inoltre fornite informazioni per la gestione di possibili sintomi di COVID-19 e attività di prevenzione da adottare nelle situazioni di emergenza. Anche l’organizzazione del lavoro sulla linea e negli uffici è stata rimodellata in base alle esigenze sanitarie per permettere la ridistribuzione dei lavoratori e un maggiore distanziamento tra coloro che erano impegnati a distanza ravvicinata negli allestimenti dei veicoli. Nei reparti produttivi è stata inoltre limitata, per quanto possibile e in base a specifiche esigenze, la mobilità di personale tra le varie unità. Analoghi azioni sono state adottate nelle aree comuni mentre negli 85 uffici dell’impianto sono state utilizzate barriere di protezione tra i dipendenti o diverse dislocazioni delle postazioni di lavoro. Le pause collettive sono state differenziate tra i singoli reparti e sono state distribuite all’interno di tutto il turno.

Nei prossimi giorni la formazione sulle norme di sicurezza proseguirà attraverso le piattaforme on-line di e-learning, i normali canali di comunicazione interna e con i responsabili dei singoli settori con il supporto di personale specializzato e medico.
Ad ogni dipendente di Atessa è stato inoltre consegnato oggi da FCA un kit personale che comprendeva mascherine chirurgiche e guanti (che sarà rinnovato ogni giorno) e un paio di occhiali da utilizzare durante le operazioni di pulizia del proprio posto di lavoro. La dotazione di mascherine consegnata consentirà a coloro che utilizzano i mezzi pubblici di poter usufruire della mascherina aggiuntiva anche durante il tragitto casa-lavoro e viceversa.

Ai cancelli d’ingresso della Sevel sono stati infine messi in atto anche i rigidi controlli previsti dall’accordo siglato da FCA e organizzazioni sindacali. A seconda delle situazioni per coloro che sono entrati a piedi o in macchina, personale addetto al primo soccorso e medico, opportunamente protetto da dispositivi specifici, ha misurato la temperatura corporea utilizzando telecamere termiche fisse e mobili e termometri manuali a distanza.




Finlandia, Covid 19: una iniziativa “storica” a favore dei bambini

Tra le vittime più deboli delle restrizioni provocate dalla pandemia vi sono indubbiamente i bambini, la cui naturale esigenza di socialità viene in questo periodo frenata e bloccata dalla necessità di tutelarli. In Finlandia, è noto, c’è una particolare sensibilità verso i bambini e spesso li si vuol far partecipi, anche per esigenze educative, di problemi che si ritiene non possano interessarli.

Ma è difficile pensare che anche loro non si pongano tante domande e le pongano alle loro famiglie sul virus che tanto sta influendo sul normale percorso della vita quotidiana e della loro istruzione.

Per questo motivo, il primo ministro Sanna Marin, 34, insieme alla ministra dell’istruzione Li Andersson  ed a quella della cultura Hanna Kosonen, 44, hanno organizzato una conferenza stampa, o meglio una sessione informativa, dedicata ai bambini, probabilmente la prima iniziativa del genere al mondo e definita ‘storica’ nel suo genere dalle tre ministre.

In collaborazione con alcune testate, sono stati invitati alcuni bambini tra i 7 ed i 12 anni a porre domande alle tre ministre, due delle quali, per inciso, sono madri anche loro di bambini.

L’evento è stato trasmesso in diretta via canale You Tube del governo, con interpretazione anche nella lingua dei segni ed è consultabile anche come podcast.

L’incontro è stato introdotto dalle tre ministre che hanno svolto, in maniera comprensibile ai giovani partecipanti, una panoramica sulla situazione attuale, sottolineando come il lavaggio accurato delle mani e il distanziamento interpersonale continuino ad essere importanti.

La bimba Emma ha posto la prima domanda, più impellente, ovvero quando si potrà tornare a scuola, alla quale la ministra Li Andersson ha risposto che si è continuamente in consultazione con gli esperti per valutare quando sarà possibile, se nella tarda primavera o, più probabilmente, in autunno. E lo si potrà fare quando ci sarà una sicurezza per tutti.

Ha fatto seguito un’altra bimba, Iiris, che, preoccupata, ha chiesto come sia la situazione in Finlandia e quando ci sarà una cura; le ha risposto rassicurante la ministra della cultura dicendo che “se confrontiamo la nostra con quella di altri paesi, va bene; stiamo seguendo come si sta sviluppando la situazione perché vogliamo proteggere tutti. Sulla cura, la ministra ha aggiunto che la ricerca del vaccino è costante sia in Finlandia che nel mondo e che si è tutti in contatto collaborando per questo risultato che potrebbe aversi tra un anno circa, quando tutti potranno essere vaccinati

Lo scolaro Aaron ha chiesto quindi cosa si possa fare per la Finlandia, al che la ministra per l’istruzione gli ha risposto che “Oltre a seguire le linee guida sul coronavirus, la cosa più importante che i bambini in età scolare possono fare è il loro lavoro scolastico”.

A sua volta, il bimbo Nuuti ha chiesto quando si potranno riprendere le attività ed i giochi e la ministra gli ha risposto che si sta valutando anche questo ma che intanto si può dare qualche calcio al pallone nel cortile, anche se è importante che non si stia ora con i compagni o amici fino a che non sarà tutto più sicuro.

Tutti e tre i ministri hanno ripetutamente sottolineato l’importanza di mantenere in questo periodo le misure di distanziamento, di igiene delle mani dopo essere entrati in casa e di controllare i nonni per telefono o tramite SMS. Le persone più anziane sono più a rischio e quindi ora non le si può far visita.

I bambini partecipanti sono apparsi interessati e soddisfatti il che dimostra che l’iniziativa delle ministre non è stata peregrina; tra l’altro tutti i bambini apparivano desiderosi di tornare a scuola, lamentando la mancanza dei compagni e degli insegnanti. Il che non deve tanto meravigliare considerando gli elevati metodi di istruzione e gestione della scuola, quasi totalmente pubblica, per cui la Finlandia è all’avanguardia nel mondo.

(per la sintesi del podcast ha collaborato Silvia Sarre)




Recovery found e riaperture in Lombardia: l’intervista all’on. Paolo Grimoldi

Intervista all’onorevole Paolo Grimoldi Segretario della Lega Salvini Premier Lombardia e Presidente OSCE’s parlamentary delegation sul recovery found, sulle riaperture in Lombardia.

On. qual’e’ a sua posizione in merito all’appena approvato recovery found dal Consiglio Europeo?

Per quanto riguarda gli accordi europei quello che noi vogliamo mettere in chiaro é che in questi anni. noi abbiamo contribuito all’Unione Europea molto di piu’ di quello che in termini economici é tornato indietro all’Italia. Ogni anno ci andava bene ci smenavamo 3 miliardi e se andava male ce ne smenavamo 8. Il nostro é il secondo Paese in termini di contribuzione che tiene in piedi l’ Unione Europea , abbiamo sempre dato e in un momento in cui l’Europa ha una sfida pretendiamo che questa sfida sia giocata in modo leale. Noi non chiediamo la solidarietà ma chiediamo che ci sia un equilibrio di interessi all’interno dell’Unione Europea. La Germania ha avuto un enorme vantaggio dall’ingresso dell’Italia nell’euro permettendo a una moneta molto forte come il marco tedesco di svalutarsi leggermente all’interno dell’euro e quindi permettendo alla Germania di aumentare tantissimo le esportazioni e di violare gli accordi europei attraverso un enorme surplus rispetto alle sue esportazioni e nonostante questo la Germania ha fatto come nulla fosse ed é andata avanti avvantaggiandosi di questa situazione , l’ Italia invece , che é un paese manifatturiero leggero , all’interno di una moneta molto più forte, ha sicuramente avuto maggiori difficoltà . Quindi questo nostro contributo al benessere economico dell’Europa che ha creato il surplus alla Germania va assolutamente bilanciato specialmente in un momento di difficoltà come questo dovuto al virus attraverso della liquidità che non può essere ovviamente passibile di onerosi interessi. Non esiste questo perché sennò viene meno la ragion d’essere dell’Europa , sempre che sia mai esistita perché abbiamo evidentemente sempre dato ma mai ricevuto.

É d’accordo col Governatore Fontana in merito alle riaperture in Lombardia? E sempre secondo il piano delle riaperture circa tre milioni di lavoratori si sposteranno, molti sono pendolari. Come verranno adeguati i trasporti rispettando le 4 D?

Ovviamente sono d’accordo col Governatore Fontana sulla riapertura servono però delle regole chiare, serve attenzione, servono precauzioni. Non possiamo attendere. In merito ai trasporti qui é il nodo , questa é una cosa che deve fare il Governo. Il governo fino ad ora non é riuscito a fornire i reagenti per fare gli esami sui tamponi, non é riuscito a fornire le mascherine dove ogni regione ha cercato di raccattarsele in giro perché dal Governo le mascherine che sono arrivate attraverso la Protezione Civile Nazionale sono quelle che persino il Presidente della Regione Campania De Luca. , ha definito le mascherine di Bugs Bunny dicendo che erano inutili e che hanno sollevato polemiche . Il Governo, a detta persino in queste ore del sindaco di Bergamo Gori, non sa che pesci prendere, é un enorme Babele dove ognuno dice la sua e si sanno le cose per voci. Non si capisce come , quando e perché si deve aprire, hanno messo insieme 15 task force con 450 persone in qualità di esperti e ad oggi nessun imprenditore capisce quali sono i parametri, le regole , cosa bisogna fare, bisogna mettere i separe’ bisogna disinfettare dall’oggi al domani , e se un capo d’abbigliamento viene provato che cosa si deve fare , come lo si deve lavare . Mancano tutte le linee guida e si capisce bene che queste linee guida non possono arrivare 24 – 48 ore prima della riapertura perché un’azienda normale ha bisogno di tempi tecnici per potersi mettere in carreggiata. il problema probabilmente é proprio questo che di 65 membri del governo circa che hanno provato provato a lavorare nella loro vita , non so se arriviamo a 2 , quindi il problema é che questa é gente che , non avendo mai lavorato, non si rende neanche conto. Che a pochi giorni dalla riapertura manchino le linee guida é scandaloso. Dopodiché bisogna però riaprire perché sennò quello che é un dramma sanitario che fortunatamente sta via via calando, diventerà una tragedia economica. Non possiamo rimandare l’apertura con intelligenza, precauzioni, con quello che la Lombardia suggerisce le 4 d sul digitale, il distanziamento etc con dei parametri bisogna riaprire . Speriamo che il Governo non latiti fino all’ultimo senza dare risposte esaustive come ha fatto invece per il dramma sanitario dove non c’è stato nessun tipo di aiuto se non attraverso polemiche nel cercare di sminuire il lavoro delle Regioni, in modo particolare quelle con un colore politico diverso , anche se la Regione numeri alla mano col dramma piu eclatante, da ieri, é la Regione Emilia Romagna, in particolare la provincia di Piacenza . Ovviamente il Governo se ne guarda bene però dal minacciare commissariamenti dell’Emilia-Romagna perché ovviamente sennò, il Governo stesso andrebbe a casa per ovvi motivi di carattere politico.

Un suo pensiero agli italiani in questo difficile momento storico?

Dico che c’è luce in fondo al tunnel e nei prossimi mesi ritengo che ci sarà una forte ripresa. Certo ci metteremo degli anni a risollevarci da questa tragedia del coronavirus però possiamo guardare al futuro con speranza. E soprattutto io auspico che da qui a qualche mese si possa anche avere quella stabilità politica, quella determinazione in un nuovo Governo per portare a casa gli interessi degli italiani. Perché oltre che la luce in fondo al tunnel gli italiani hanno bisogno di risposte concrete , celeri e di determinazione da parte di chi governa senza continui tentennamenti rispetto all’Europa o rispetto alle liti e agli equilibri. Io penso che il centrodestra possa dare queste risposte e siamo sicuri che un Governo alternativo a questo sia la soluzione anche se la soluzione ultima é sicuramente quella delle elezioni passando dalla volontà popolare per avere un Governo che metta al primo posto l’Italia e gli italiani.




Genova, fa a pezzi la madre: lunedì interrogatorio di garanzia per Giulia Stanganini

GENOVA – Ci sarebbero segni compatibili con una impiccagione sul collo di Loredana Stupazzoni, la donna di 63 anni, fatta a pezzi e messa dentro dei sacchi dalla figlia Giulia Stanganini, 37 anni, dopo averla trovata morta.

E’ quanto emerge dall’autopsia eseguita questa mattina dal medico legale Francesco Ventura, insieme al collega Marco Salvi, nominato come consulente dalla difesa della Stanganini.

La figlia della Stupazzoni è stata arrestata ieri con l’accusa di distruzione di cadavere ed è ora indagata per omicidio volontario. La donna ha però negato di avere ucciso la mamma e di averla trovata morta.

Lunedì è previsto l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Riccardo Ghio

L’avvocato Chiara Mariani chiederà una perizia psichiatrica con ogni probabilità. La Stanganini era molto provata dalla morte del figlioletto di tre anni e mezzo, avvenuta lo scorso novembre per un arresto cardicircolatorio dovuto a una crisi respiratoria. Da quel momento il rapporto con la madre, già problematico, era diventato ancora più conflittuale.




Genova, donna fatta a pezzi e messa dentro dei sacchi: arrestata la figlia

GENOVA – È stata arrestata per distruzione di cadavere Giulia Stanganini, la donna di 37 anni che avrebbe fatto a pezzi la madre Loredana Stupazzoni.

Gli investigatori hanno chiesto la misura al gip che l’ha firmata in serata

La donna è indagata a piede libero per omicidio volontario: un atto dovuto per consentire alla donna di nominare un avvocato e un consulente per l’autopsia e gli altri rilievi tecnici.
 
La donna si era presentata alla polizia e aveva raccontato alla polizia di aver trovato la madre morta in casa in avanzato stato di decomposizione, di aver fatto a pezzi il cadavere e di aver messo i resti in dei sacchi lasciati nel bagno. 

Secondo Stanganini, la madre, Loredana Stupazzini, 63 anni, si sarebbe suicidata impiccandosi. Nell’appartamento hanno compiuto un sopralluogo gli agenti delle volanti e gli uomini della squadra mobile. La polizia sta verificando la veridicità del racconto o se possa essersi trattato di un omicidio. La figlia dovrà anche spiegare perché ha fatto a pezzi il corpo della madre. 

Le due donne litigavano spesso, riportano i vicini, sentiti in queste ore dagli investigatori della squadra mobile. Raccontano che quando la ragazza andava a trovare la madre le due urlavano. Giulia Stanganini, secondo quanto è stato possibile ricostruire, era a casa della mamma,  bidella in pensione, da alcuni giorni, e sarebbe rimasta nell’appartamento con il cadavere della donna. Gli inquirenti stanno verificando se Giulia Stanganini soffrisse di disturbi mentali.  Gli agenti hanno trovato alcuni sacchi neri con dentro diverse parti del corpo e poi in bagno un secchio con altre parti, più piccole, del corpo. Secondo i primi rilievi, il cadavere sarebbe stato smembrato proprio nel bagno.

Giulia aveva perso il figlio di tre anni e mezzo lo scorso novembre. Il piccolo si era sentito male in strada ed era stato ricoverato all’ospedale Gaslini dove era morto. Il pubblico ministero aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo, ma non era stata esclusa una ipotesi di maltrattamento in famiglia. La donna aveva avuto il figlio con un uomo di origini tunisine non in regola col permesso di soggiorno.




Impatto del Coronavirus su blockchain e criptovalute

L’emergenza Coronavirus ha avuto un impatto importante sul mondo dell’economia. In questo particolare periodo anche il mondo delle criptovalute sta subendo rallentamenti. Sono tante le difficoltà cui sta andando incontro la criptoindustria. Quantificare i danni non risulta ancora possibile, dipenderà tutto da come la pandemia si svilupperà nelle prossime settimane e dalla capacità di adattamento dell’intero comparto. Al momento è importante per chi investe guardare quotazione e grafico degli andamenti delle criptovalute per verificare la situazione.

Il nuovo virus infatti sta impattando pesantemente sulla buona riuscita delle operazioni, le aziende interessate non rientrano tra le attività essenziali e per questo sono state costrette a mandare a casa i propri dipendenti. L’effetto che la quarantena e l’isolamento stanno avendo sull’estrazione di Bitcoin è notevole, visto che gli impedimenti ai lavoratori influenzano le capacità di produzione di ognuna. L’accesso alle miniere e agli uffici è di fondamentale importanza come sottolineato dalle stesse società che operano nel settore.

Il lockdown imposto in Cina ha fatto ha fatto crollare l’hash rate, l’unità di misura della potenza di elaborazione della rete Bitcoin, da 136,2 quintilioni di hash al secondo dell’1 marzo ai 75,7 quintilioni del 26 dello stesso mese.

La situazione della blockchain

Anche il mondo della blockchain sta subendo ritardi, anche se secondo gli esperti questa tecnologia può aiutare a far fronte alla crisi sanitaria mondiale, e pure alle sue conseguenze socio-economiche.

Grazie alla blockchain è possibile sviluppare piattaforme di formazione progettate per adattarsi ai sistemi e ai programmi di gestione dell’apprendimento esistenti nelle varie istituzioni educative, consentendo agli educatori di “rilasciare certificati digitali di completamento dei corsi e di verifica” per rendere efficace l’insegnamento delle lezioni online.

Con l’utilizzo di tali piattaforme si è in grado di tracciare l’attività degli studenti da remoto, in modo che quando torneranno a scuola le istituzioni saranno in grado di capire esattamente il programma già realizzato da casa perché i relativi certificati di completamento e le valutazioni di rendimento saranno stati registrati sulla blockchain e persino integrati nei loro tradizionali sistemi di accreditamento.

Un esempio importante, dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, arriva dalla Cina dove Ant Financial, tramite la sua preesistente piattaforma “Xiang Hu Bao”, basata su blockchain e regolata da smart contract, che fornisce assistenza agli individui per forti esigenze mediche, ha aggiunto il Coronavirus al suo elenco di condizioni critiche ammissibili al pagamento assistenziale. Così ha fatto anche la Blue Cross Insurance di Hong Kong per la propria piattaforma, che, rispetto a quella cinese di Ant Financial, permette agli utenti di seguire l’intera pratica assistenziale, ottenendo il primo responso addirittura anche solo uno o due giorni dopo la visita in ospedale.

La natura decentralizzata della blockchain e la sua indipendenza dalla fiducia tra le parti hanno permesso di elaborare facilmente i reclami e di rendere più rapidi i pagamenti ai partecipanti alla piattaforma. Quest’ultimi, infatti, possono più semplicemente presentare come prova i propri documenti giustificativi, mentre le agenzie investigative vi ottengono accesso immediato e utilizzano la blockchain stessa per vedere l’intero percorso.




Celebrazioni del 25 aprile, Ciotti (A.N.V.M.): ““Sorpreso per autorizzazione data dal governo all’Anpi. Ricorderemo con un fiore chi subì le violenze dei liberatori.”

“Siamo sorpresi per l’autorizzazione data dal Governo all’ANPI e alle altre associazioni di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile. Noi ricorderemo con un fiore e una canzone chi subì le violenze dei cosiddetti liberatori.”

Questo il commento di Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, dopo aver appreso che il Governo Nazionale ha autorizzato la partecipazione degli iscritti all’ANPI e ad altre associazioni alle manifestazioni per il 25 aprile.

“Questo dietro front del Governo è incomprensibile – prosegue Ciotti – inoltre, mette seriamente a rischio la salute dei cittadini, creando assembramenti che si potevano benissimo evitare. Mentre si moltiplicano gli appelli a restare a casa e gli italiani vengono multati, sono bastate le proteste di questa associazione per far cambiare repentinamente idea al Governo.

Dal canto nostro – prosegue Ciotti – non possiamo rimanere inerti di fronte a questa situazione e commemoreremo le donne e gli uomini italiani che subirono le violenze dei soldati alleati nel periodo 1943-1945.”

Gli iscritti all’ANVM, ovviamente rispettando le distanze di sicurezza, indossando guanti e mascherina si recheranno a un monumento significativo della propria città per deporre un fiore e un cartello che ricordi la memoria delle vittime delle marocchinate e i martiri delle foibe. La seconda iniziativa, già comunicata nei giorni scorsi, è quella di far risuonare sui balconi, dalle finestre e nei social, la canzone intitolata “Le marocchinate”, disponibile su Youtube, scritta e interpretata da  Ted Bee, pseudonimo di Marco Villa, in collaborazione con Paolo Brera.

“Della storia italiana fanno parte anche la vergogna delle marocchinate e il dramma delle foibe – conclude Emiliano Ciotti, presidente nazionale dell’ANVM – sabato 25 aprile ricorderemo queste pagine che qualcuno vuole nascondere o deformare a suo piacimento.”