Ius Soli, i digiunanti e i lati oscuri del Ddl

Quello che si sa per certo fino ad ora è che la Camera ha approvato il testo sulla nuova cittadinanza. Al testo spetta ora il difficile vaglio del Senato. E’ vergognoso come questo argomento stia venendo usato dalla politica ed asservito ai biechi fini elettoralistici. Indegna propaganda pro e contro, meritevole di entrare nell’indagine conoscitiva che la presidente (presidenta?) della Camera, Laura Boldrini, sta promuovendo con “#Bastabufale, impegni concreti”.

Tutto l’impianto del Ddl Ius Soli, fra l’altro, è molto stranamente orfano di relatore e si regge su volontà e discrezionalità di interposta persona. Secondo il testo che è parcheggiato al Senato, starebbe alla discrezione di uno dei genitori del minore, richiedere o meno la tanta discussa cittadinanza italica. Vale la pena chiarire che la “volontà richiesta” non è quella del minorenne bensì del genitore oppure del tutore. Recita infatti il testo: “Servirà la dichiarazione di volontà di un genitore, o di chi ne esercita la responsabilità, all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, entro il 18esimo anno. In assenza di questa dichiarazione, potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il suo
20esimo compleanno”. Consideriamo per un attimo, solo per ipotesi, dei genitori stranieri contrari che la loro figlia cresca all’occidentale e magari contrari anche ad un suo futuro fidanzamento con un italiano. Non stiamo raccontando niente di strano. Sono fatti di cronaca. Sempre per assurdo, e non tanto, immaginiamo anche che questo genitore rifiuti convintamente di chiedere la cittadinanza per la figlia mentre per il solo fatto di essere maschio, acconsente di chiedere la cittadinanza per il figlio. Risulterebbe un puro atto discriminatorio, però ahinoi, molto sentito in certi paesi dell’estremo oriente.

Può il legislatore permettere una tale ingiustizia? Può il legislatore creare un’eventuale spazio per una tale discrezionalità di cultura primitiva?

Un fattore importante da non trascurare poi, sarebbe la responsabilità del tutore, genitore o altro, che in nome e per conto dell’interessato chiede la cittadinanza. In sostituzione del minore, questo soggetto dovrebbe giurare fedeltà alla Costituzione e alle leggi dello Stato ed impegnarsi di farli rispettare al “nuovo cittadino”. Quale passaggio del Ius Soli tratta questo tema? Perché i digiunanti non lo spiegano ai cittadini? E’ anche vero poi che al compiersi del 18° anno d’età l’interessato avrà il diritto di richiedere oppure a rinunciare alla cittadinanza come previsto dal Ddl in Senato.

Non si capisce pertanto tutto questo polverone su un falso problema. Il digiuno di Rosy Bindi, di Luigi Manconi, di Delrio e di altri aderenti alla staffetta, non si spiega se non come una forma di dieta stagionale, del tutto personale e che potevano fare a meno di rendere pubblica. Oramai la minaccia del digiuno ha perso efficacia e non fa più alcuna presa contro la forza della ragione. Nella trasmissione televisiva “ Che tempo che fa” su Rai Tre dell’8 ottobre, Roberto Saviano invita i politici a votare lo Ius Soli perché, dice lui, questo non ha niente da spartire con l’immigrazione. Lo Ius Soli riguarderebbe i soli nati e presenti attualmente su territorio e che rispondono alle prescritte condizioni.
Ma sarà proprio così? Secondo lo scrittore Saviano il Ddl Ius Soli sarebbe una specie di sanatoria? Non si applicherebbe a quelli che nel futuro nasceranno sul territorio, “da genitori stranieri di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo………….”, perché dice Saviano, lo Ius Soli si applicherebbe unicamente alle migliaia già presenti sul territorio. O Saviano sta in malafede, cosa che escludo, oppure non ha capito niente e forse questo potrebbe essere più probabile.

Fino ad oggi si sono sventolate tante bandiere comprese quelle di certi dignitari porporati, scomodando temi e ragioni prive di qualsiasi logica o principio morale, tanto meno cristiano. Non troviamo nulla di cattolico in questa finta crociata. I soggetti interessati al Ius Soli, attualmente hanno accesso all’educazione, alla sanità e a tutti gli altri servizi comuni ai cittadini italiani. Al raggiungimento della maggiore età, possono esercitare il diritto di chiedere o rifiutare la cittadinanza. Più chiaro e più semplice di così non si può.

Chi parla d’altro non fa che confondere le idee e dovrebbe spiegare la vera ragione perché lo sta facendo.

Emanuel Galea

 




Rosatellum bis, in corso le prime votazioni: M5S, Mdp e SI in piazza

Legge elettorale alla Camera, dove sono in corso la discussione generale e due delle tre votazioni in calendario. La terza ed ultima fiducia si voterà invece giovedì, mattina, poi i voti senza fiducia con l’esame degli emendamenti e di seguito i voti sugli ordini del giorno nel pomeriggio di giovedì e in-fine, entro la serata di giovedì il voto finale sulla legge elettorale. Ma le polemiche non si placano dopo la decisione del governo di porre la fiducia. Insorgono le opposizioni che come promesso scendono in piazza.

I 5 Stelle – che parlano di ‘emergenza democratica’ – manifestano davanti a Montecitorio. Mentre alle 17,30 – al Pantheon – manifesteranno contro la scelta del governo, Mdp, Sinistra Italiana e Possibile di Civati. “I cittadini avranno la loro parte di responsabilità se nascerà l’ennesima legge elettorale porcata”. Così il leader del M5S Beppe Grillo in un lungo post sul suo blog. “Tradire le generazioni a venire oggi ha la forma di lasciarle impantanare nei resti della squallida storia recente, io questo non lo perdonerò al Paese – prosegue – elettori e giornalisti saranno una cosa sola se non resteranno svegli almeno il giorno delle urne”.

 

Di Battista (M5S) ribadisce il suo appello alla compostezza: “Temo che nel momento in cui c’è una rabbia giustificata sia necessario fare una raccomandazione: la non violenza” è l’atteggiamento “migliore dal punto di vista etico” ed è quello che “ci consente di otttenere i migliori risultati”. “La fiducia sulla legge elettorale è un atto eversivo. Solo Mussolini aveva fatto cose simili”, ha detto ancora Alessandro Di Battista alla trasmissione Circo Massimo, su Radio Capital. Intervistato da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, già senza voce per la sfortunata performance di piazza di ieri, il deputato del Movimento 5 Stelle ha invitato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a “pensarci 100, 1000 volte prima di firmare il Rosatellum bis”. E ha fatto un nuovo appello: “Venite in piazza Montecitorio oggi alle tredici. Bisogna essere in tanti per fermare questa porcata. La democrazia oggi è in pericolo, è a rischio. Il Parlamento viene composto dai rappresentanti del popolo. Con questa legge sarà composto da rappresentanti dei partiti”.

 




Lazio, M5S su nomine direttori dei Parchi: “Ennesime illegittimità”

LAZIO – “Prima la maggioranza ha modificato una legge per andare incontro, a detta dell’assessore Buschini, a “principi di efficientamento”, quindi, con le elezioni alle porte, la ha scientemente violata”. E’ quanto ha sostenuto Gaia Pernarella, capogruppo del Movimento 5 Stelle,  nel corso del question time tenutosi presso la il Consiglio Regionale in cui ha interrogato il presidente della Giunta Regionale, Nicola Zingaretti, e l’assessore ai Rapporti con il Consiglio, Ambiente e Rifiuti sul perché la Regione abbia proceduto alle nomina di tre Direttori dei Parchi regionali nonostante l’incompletezza delle procedure amministrative e la mancanza degli organismi preposti all’individuazione degli stessi. Dopo degli stessi aggiungi : in pratica si è violato l’obbligo di fare indicare due dei tre nomi papabili al l’incarico di direttore al comitato di gestione in quanto i comitati non sono mai stati istituiti. E quindi neanche potranno deliberare le nomine postume, come previsto X atti urgenti e indifferibili, all’interno dei quali comunque non possono  rientrare nomine apicali. In particolare l’attenzione della consigliera del Movimento 5 Stelle si è concentrata sulle nomine di Daniele Badaloni, figlio dell’ex presidente della Regione Piero, al Parco Naturale Regionale di Bracciano Martignano, di Danilo Casciani al Roma Natura, e di Giorgio De Marchis al Parco Naturale dei Monti Aurunci. “Non siamo entrati nel merito dei curriculum che in alcuni casi ci sono sembrati anche buoni e in altri abbiamo già pesantemente censurato – ha ribadito la Pernarella – ma sull’iter amministrativo che ha portato a una illegittima nomina dei Direttori, arrivata dopo quattro anni e mezzo dall’insediamento della Giunta quando il termine previsto dalla legge è di 45 giorni. Che altra urgenza poteva avere il presidente Zingaretti se non l’imminente scadenza elettorale e la necessità di nominare amici alla testa di truppe cammellate in vista del voto?”




Regione Lazio, su Ater Righini rimprovera Zingaretti: “Non pubblica i bilanci, vuole nascondere le criticità”

LAZIO – “Esiste un decreto legislativo del 2013 che obbliga le pubbliche amministrazioni a rendere accessibili tutti i dati e i documenti, tra cui i bilanci. Da una verifica dei siti istituzionali delle Ater della Regione è emersa l’assenza della loro pubblicazione o la parziale esposizione degli stessi. Parliamo delle aziende cui è demandata la gestione di un problema delicatissimo quale quello dell’emergenza abitativa e sulle quali Zingaretti ha il dovere di rendere trasparente la situazione economico finanziaria che sappiamo benissimo essere molto critica”. E’ quanto dichiara il capogruppo regionale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, Giancarlo Righini.

“Questo obbligo legislativo non può essere disatteso – sottolinea Righini – la mancata esposizione dei bilanci implica l’intenzione di non voler rendere accessibili determinate informazioni. Peraltro esistono atteggiamenti scorretti da parte dei commissari Ater che in questi ultimi giorni hanno compiuto atti di riorganizzazione interna pur essendo scaduto dal 30 settembre il loro mandato e non si capisce inoltre chi sarà chiamato a governarle”.

“Si deve rendere pubblica l’accessibiltà agli atti delle Ater senza se e senza ma – conclude Righini – e va affrontata nel suo complesso la tematica delle aziende e delle società partecipate regionali, che come opposizione abbiamo richiesto sin dallo scorso maggio, che chiederò venga calendarizzata in una seduta di Consiglio alla prossima conferenza dei capigruppo”.

 




Cotral, duro attacco di Aurigemma: “Colaceci ha fallito”

LAZIO – Dura la nota del capogruppo di Forza Italia della regione Lazio Antonello Aurigemma che critica con dati alla mano le parole della presidente Cotral Amalia Colaceci: “Restiamo per certi versi sconvolti dalle dichiarazioni della presidente di Cotral Colaceci che, parlando dei disagi incontrati dagli utenti nella Tuscia, in un’intervista sulla stampa afferma che in questa Provincia hanno rivolto un’attenzione speciale. Comprendiamo la necessità per la presidente di dover difendere l’indifendibile, ma veramente si sta superando ogni limite. Ma quale attenzione particolare? L’utenza è abbandonata a se stessa e comprensibilmente esasperata. Peraltro, le problematiche che si verificano all’inizio di ogni anno scolastico non fanno altro che aggiungersi ai disagi quotidiani. Come sempre, a settembre Cotral si fa trovare impreparata. Siamo a metà ottobre, le lezioni sono iniziate da poche settimane, e comunque sono già numerose le segnalazioni e le notizie stampa che evidenziano ritardi, corse soppresse,  bus stracolmi. Questi, purtroppo, sono i disservizi con i quali i passeggeri sono costretti a convivere. Inoltre, vogliamo specificare che il caso viterbese non è unico e isolato, poiché questi problemi riguardano tutto il territorio regionale. Proprio oggi abbiamo appreso sulla stampa locale che sul pullman Rieti Roma, i passeggeri hanno viaggiato con una plafoniera di metallo staccata che ondeggiava ad ogni curva. A questo punto, l’unica “anomalia” che riscontriamo è che i cittadini paghino il biglietto o l’abbonamento, per un servizio a dir poco inefficiente e per vivere troppo spesso una vera e propria odissea. Insomma “oltre al danno anche la beffa”.  Come abbiamo già affermato, ribadiamo che il vertice solo al comando di Cotral ha fallito. Lo ripetiamo:  il presidente Zingaretti si assuma le proprie responsabilità e affianchi l’attuale presidente con persone in grado di amministrare questa azienda, nell’interesse dell’utenza”




Rosatellum bis, il governo pone la fiducia: è caos

Il governo pone nell’Aula della Camera la questione di fiducia sulla riforma della legge elettorale. Lo ha comunicato all’Assemblea di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro.

 

Mentre i deputati di maggioranza restavano immobili, quelli di M5S hanno urlato sventolando le copie del regolamento di Montecitorio: uno di questi volumi è stato lanciato al centro dell’Emiciclo da Danilo Toninelli di M5S mentre i suoi colleghi gridavano e fischiavano e Carla Ruocco sbatteva sul banco la ‘ribaltina’ di legno, per fare rumore. All’estrema sinistra, stesse urla, con i deputati MDP e Si tutti in piedi a battere sui banchi in segno di protesta. Dal banco della commissione Ignazio La Russa (Fdi) ha alzato un cartello con la scritta “Hablamos”, parliamo, leitmotiv della campagna unionista della Catalogna.

 

Saranno tre le fiducie, sui primi tre articoli dei cinque di cui si compone la legge elettorale, che saranno votate da domani nell’Aula della Camera. Due si voteranno domani, la terza giovedì. Lo hanno deciso i capigruppo di Montecitorio. La prima fiducia, sull’articolo uno si voterà dunque dalle 15:45; le dichiarazioni di voto avranno inizio dalle 13:45. La seconda fiducia, sull’articolo 2 sarà votata dalle 19:30 (dichiarazioni di voto dalle 17:30). La terza fiducia, sull’articolo 3 si voterà giovedì dalle 11 (dichiarazioni di voto dalle 9). Dalle 13 in poi di giovedì saranno esaminati dall’Assemblea di Montecitorio gli altri due articoli del testo, su cui insistono una ventina di emendamenti, tutti da esaminare a scrutinio palese. A seguire, presumibilmente nella stessa giornata di giovedì, si esamineranno gli ordini del giorno e ci saranno le dichiarazioni di voto finali ed il voto finale: questa ultima votazione in base al regolamento di Montecitorio, è “secretabile”.

 

Di Maio, alle 13 tutti a Montecitorio – “Da domani iniziano i voti di fiducia in Aula alla Camera. Poi il voto finale sarà segreto. Più faremo pressione in piazza, più quel voto segreto potrebbe far saltare la Legge. Noi dentro, voi fuori. E’ il momento di fermare questa vergogna. Pacificamente, ma come popolo”. Lo scrive il leader M5s Luigi Di Maio sul blog di Grillo, chiamando i militanti a una manifestazione a Roma contro la legge elettorale. Appuntamento domani alle 13 a piazza Montecitorio. Potrebbe esserci anche Beppe Grillo domani, davanti al Parlamento, a manifestare contro la legge elettorale. La presenza del fondatore del Movimento non è, infatti “esclusa” da alcuni rappresentati del M5s. Il garante del Movimento era comunque atteso a Roma nei prossimi giorni, anche in vista dell’evento organizzato a Marino per la proclamazione del candidato governatore M5s per il Lazio.


Sinistra in piazza contro fiducia – Sinistra in piazza domani contro la fiducia chiesta dal governo per approvare il Rosatellum Bis. Lo comunica Arturo Scotto (Mdp) in Transatlantico. “Stiamo ragionando assieme a tante forze di sinistra – annuncia Scotto – per manifestare domani al Pantheon, alle 17,30, contro questa decisione del governo di mettere la fiducia”. All’iniziativa parteciperà anche Tomaso Montanari e Anna Falcone, animatori dell’assemblea del Brancaccio.

 

Anche Pier Luigi Bersani chiama, su twitter, a mobilitarsi contro la fiducia sulla legge elettorale partecipando domani alle 17,30 alla manifestazione decisa da Mdp al Pantheon “per la democrazia”.

 

Finocchiaro, Governo coerente, ha aiutato – “Il presidente Gentiloni – ha spiegato la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro- , ha detto fin dal giorno del suo insediamento che questo Governo avrebbe cercato di facilitare la discussione tra i partiti e in Parlamento e di sollecitare l’approvazione di una legge elettorale e questo è quello che abbiamo fatto”. E ha sottolineato quindi che “il Governo è stato coerente con il ruolo che ha svolto in tutti questi mesi”.

 

Berlusconi, Fi leale, sì a voto finale – “Non è la legge che sognavamo, ma dato lo scenario attuale riteniamo che questo compromesso sia il miglior risultato possibile. E proprio perché questo sistema scontenta un po’ tutti, pensiamo che questa volta si possa arrivare al traguardo”. Lo scrive in una nota il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, assicurando la “lealtà” del suo partito che pur annunciando “di non partecipare ai voti che riguarderanno le fiducie chieste dall’esecutivo” dirà “sì, con convinzione, in modo compatto e leale, al voto finale”.

 

Marco Meloni (Pd), non voterò fiducia – Il governo ponendo la fiducia sulla legge elettorale, “ha compiuto un grave strappo istituzionale”. “Si tratta di una decisione, oltretutto assunta nell’imminenza delle elezioni e rivolta all’approvazione di una legge che – senza modifiche – sottrae ai cittadini anche i residui spazi consegnati dalle sentenze della Corte Costituzionale di determinare direttamente la scelta dei parlamentari, dalla quale dissento profondamente. Per queste ragioni non potrò votare la fiducia al governo”. Lo dichiara Marco Meloni, deputato del Pd e direttore della Scuola di Politiche fondata da Enrico Letta.

 

Di Battista arringa piazza, ma c’è Pappalardo – Alessandro Di Battista scende in piazza per protestare contro la legge elettorale ma a Montecitorio ad attenderlo ci sono i sostenitori dell’ex generale Pappalardo, gli attivisti del Movimento liberazione Italia, che non gradiscono la sortita del deputato pentastellato. Fischi e grida hanno investito il deputato che era uscito davanti a Montecitorio per incontrare i manifestanti che protestavano e tentare un dialogo. “Non so chi ha convocato questa manifestazione…” ha esordito Di Battista e dalla piazza è arrivata subito una secca presa di distanza: “l’ha convocata il generale Pappalardo e siamo qua perché siete abusivi”. Poi arrivano gli inviti, non troppo cortesi, a farsi da parte: “Hai rotto il c…”, “dimettiti” gli urlano i manifestanti fino a quando Di Battista è costretto a lasciare il campo.




Alessandro Di Battista: “Prima il Movimento era l’unica cosa a cui pensavo. Adesso ho un’altra priorità”

“Prima il Movimento era la prima e l’ultima cosa a cui pensavo, adesso c’è un’altra priorità. Quando mi sveglio presto non lo faccio per la rassegna stampa, che ho abolito, ma per cambiare il pannolino”. Alessandro DI Battista ha raccontato ieri a In Mezzora di Lucia Annunziata la sua nuova vita, da quando è diventato papà. E da quando Luigi Di Mio è stato incoronato ufficialmente candidato premier per il movimento. ”Per me educare un figlio è un atto politico: lo voglio educare a essere sufficientemente ribelle e a non aver paura perché questa società è governata dalla paura e non dai partiti”, ha aggiunto durante la puntata. “Io sono molto contento e mi ha rivoluzionato tutto: nella scala delle mie priorità c’è lui. Il cambio delle mie priorità mi consente di avere forza per la politica. Si merita un Paese un po’ più pulito”, ha proseguito.

Quanto al suo ruolo nel movimento, precisa: “Il mio ruolo è da battitore libero. Io ho fatto tante battaglie in aula, ma l’iniziativa più significativa è quella che ho fatto fuori dall’Italia a difesa della Costituzione. Ci sono persone come che si trovano più a loro agio in piazza”. Sulla possibilità di sfidare Di Maio precisa: “Io potevo candidarmi”, ma “ho deciso di non farlo perché ho pensato che Luigi avesse delle possibilità maggiori e che sia migliore che, in questa fase, io faccia altro. Ma io non sono geloso di Luigi”.

“Il disegno di legge non arriverà al Senato ma se arrivasse noi ci asterremo. La questione deve essere trattata a livello europeo. Perchè Veltroni fa gli appelli a noi invece di farli al suo partito? Delrio se è contro una scelta del suo governo si dimetta e non faccia lo sciopero” della fame.

“I grandi sindacati sono responsabili della distruzione dell’Italia come i partiti. La dirigenza della Cgil è da anni collegata al Pd infatti tutti i segretari sono finiti in Parlamento con il Pd”




Regionali Sicilia: Liste irregolari. Fuori la lista Noi Siciliani e Casa Pound

PALERMO – Non mancano certo i colpi di scena che quasi quotidianamente fotografano dettagliatamente il quadro già complesso delle liste e dei candidati per le prossime elezioni Regionali sicule previste per il 5 novembre prossimo.

L’Ufficio elettorale del capoluogo siciliano ha inferto un colpo di mannaia fatale ricusando la lista Noi Siciliani capeggiata da Franco Busalacchi per di non essere in regola con le firme necessarie. Stessa impietosa sorte per Pierluigi Reale a capo di Casa Pound, sbattuta anch’essa fuori per lo stesso motivo.

Le cifre parlano chiaro, l’ufficio centrale elettorale contesta oltre 1300 firme sulle complessive 1800 presentate dalla lista Noi Siciliani. Commenta con rammarico Pierluigi Reale: “Sono piuttosto sorpreso e stiamo verificando le firme che secondo l’ufficio mancherebbero, nelle prossime ore decideremo.

C’è stata molta confusione, per esempio alcuni uffici elettorali comunali nel Catanese ci hanno detto che le fotocopie per i certificati elettorali di chi sottoscriveva la lista andavano bene e non rilasciavano i duplicati mentre l’ufficio centrale pare abbia respinto questa possibilità”.

Ad oggi quindi resterebbero solo 6 i candidati alla presidenza: Fabrizio Micari per il centrosinistra; Nello Musumeci per il centrodestra; Giancarlo Cancellieri per il Movimento 5 Stelle; Roberto La Rosa per la lista Siciliani Liberi; Maria Rita Lojacono per la Lista Civica per il Lavoro; Claudio Fava per la lista Cento Passi per la Sicilia. Riguardo invece l’altrettanta clamorosa esclusione di pochi giorni fa dell’attuale presidente della Regione Rosario Crocetta in corsa a Messina nella lista Arcipelago dove erano confluiti i candidati del Megafono, è notizia di poche ore fa il suo ricorso depositato al Tar di Palermo. Il commento di Rosario Crocetta, convinto pienamente di poter contare su oltre 35mila preferenze, è chiaro e deciso: “L’esclusione della nostra lista non appare assolutamente ragionevole dal punto di vista degli interessi generali della democrazia, che vede come principio sovrano la partecipazione dei cittadini alla competizione elettorale. La nostra lista di Messina è completa della documentazione necessaria”.

Paolino Canzoneri




Rajoy e re Filipe – fragilità e insicurezza: e intanto la Corte europea dei diritti umani sta a guardare

Non si vuole in alcun modo sminuire i meriti dell’inaffondabile, tenace, ostinato e grigio galiziano presidente Mariano Rajoy, meritevole di avere fatto uscire il paese dal tunnel della crisi ereditata dal socialista Josè Luis Zapatero. Ugualmente non è oggetto di questo articolo negare al pluridecorato e blasonato Filipe Juan Pablo Alfonso de Todos los Santos de Borbon, i titoli, i premi, le onorificenze e le sue ascendenze. Tutto quanto accantonato, segregato al passato, lontano e recente, non rimane che il giorno tristemente ricordato come un disastro sociopolitico senza precedenti in Spagna. Esuliamo dall’entrare nel merito che il referendum per l’indipendenza della Catalogna incontrava opposizione nella Costituzione del 1978 e specificatamente dove la Carta fondamentale sancisce: “L’unità indissolubile della nazione spagnola, patria comune ed indivisibile di tutti gli spagnoli, riconoscendo e garantendo il diritto all’autonomia”.

 

Ci atteniamo ai fatti del contendere, e cioè la violenta repressione del governo del primo ministro spagnolo Rajoy che, snobbando l’evidenza delle scene cruenti trasmesse dai media di tutto il mondo, li ha definiti “inesistenti”. Per Rajoy, il 1 ottobre i catalani hanno “celebrato una farsa”. A questa dichiarazione poco rispettosa si può ribadire: caro presidente, non si contestano le farse con le manganellate! La brevissima conferenza stampa di re Filipe non è stata per niente all’altezza della situazione. Ha dimostrato fragilità ed insicurezza, incapace di parlare alla sua gente. Ha scelto di indirizzarsi alle autorità governative catalane: “Le autorità catalane si sono messe ai margini della legalità e della democrazia” Filipe ha tenuto particolarmente a ribadire che le autorità catalane hanno commesso una slealtà inammissibile verso i poteri dello Stato. Discorso fragile che allarga il dissenso. Il sovrano, volutamente o meno, ha omesso di fare il minimo cenno alle atrocità commesse dai suoi servizi d’ordine, dalla guardia civil . Si parla di un numero elevato di feriti, Madrid contesta il numero di 800 . Il numero è irrilevante. Molti hanno potuto assistere alle scene di enorme inciviltà di quei militari in servizio in tenuta da sommossa, mentre manganellavano donne e persone inermi. Il sovrano Filipe con il suo “duro” ed insicuro discorso ha fatto intendere che non riconosce come suoi cittadini quei catalani offesi dalle sue guardie.

Si è detto che l’Europa non ha alcun potere per intervenire nella vertenza interna Spagna/Catalogna. Questo è quanto ha trasmesso il presidente Tajani.

Nulla da eccepire, però ricordiamo che a Strasburgo da tempo è stata costituita la Corte europea dei diritti umani. Fu questa stessa corte ad avere condannato l’Italia per quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 e specificatamente per il pestaggio subito da uno dei manifestanti.

Il 1 ottobre 2017 in Catalogna, nelle scuole per votare al referendum c’è stato più di un cittadino vittima di un pestaggio, più di un cittadino è stato costretto a recarsi al pronto soccorso perché le guardie in servizio non hanno badato ne al sesso e neppure all’età. La domanda è una: c’è ancora la Corte europea per i diritti umani a difesa del cittadino vittima delle guardie di Mariano Rajoy-Filipe Juan Pablo Alfonso de Todos los Santos de Borbon? I diritti umani si misurano secondo la sensibilità di un popolo. Il caso italiano forse fa scuola. Nello sgombero degli immigrati dal palazzo a via Curtatone a Roma, qualcuno di questi gettò da una finestra del palazzo una bombola addosso alla polizia in servizio. Il funzionario che guidava la celere, trovandosi con i suoi tra ferro e fuoco gridava :“Devono sparire, se tirano qualcosa spaccategli un braccio“. A seguito di questa frase la Questura di Roma, la stessa sera fece sapere di avere aperto “una formale inchiesta”. Sta di fatto che per avere solamente pronunciato quella frase il funzionario fu trasferito. Morale della favola, ci sono diritti umani a Roma, ancora non si sa se ce ne saranno a Madrid e intanto la Corte europea dei diritti umani sta a guardare.

Emanuel Galea




Regionali siciliane: il Tar rigetta il ricorso di Scilipoti

“La sentenza emanata nelle ultime ore dal Tar di Palermo, che rigetta la richiesta di “Unione Cristiana” di partecipare al prossimo appuntamento elettorale regionale siciliano del 5 novembre solo perché nel simbolo è rappresentata una croce, dimostra quanto sia a rischio la tenuta democratica delle istituzioni del nostro paese a livello locale e nazionale”. Lo dice in una nota il presidente di Unione Cristiana, il senatore di Forza Italia, Domenico Scilipoti Isgrò. “Ci troviamo davanti a una pericolosa dittatura culturale laicista – aggiunge l’esponente azzurro – che vuole eliminare dalla vita pubblica ben 58 milioni di nostri connazionali, il 98% degli italiani, minacciando la sana laicità dello stato. La corretta separazione, presente in tutte le democrazie moderne, tra l’ambito politico e quello religioso non deve essere confusa con decisioni che tolgono la libertà ai cristiani di offrire, anche politicamente, il loro contributo alla realizzazione del bene comune”. “Non possiamo dimenticare, inoltre, che tutto ciò rispecchia anche i diritti sanciti dalla Costituzione italiana e i valori spirituali tutelati dallo Statuto del Consiglio d’Europa e dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (Cedu). Non accettiamo l’esclusione – conclude – ma rispettiamo la sentenza ed i giudici che l’hanno emessa. E’ per questo che Unione Cristiana chiede al Capo dello Stato di intervenire affinchè garantisca l’accesso di tutte le forze politiche alla competizione elettorale e lo svolgimento corretto di queste ultime”.




Rosatellum 2.0: via libera in commissione alla legge elettorale

Via libera della commissione Affari costituzionali al “Rosatellum 2.0”. Il testo approderà nell’Aula di Montecitorio dalle 15 di martedì 10 ottobre. A favore hanno votato i deputati di Pd, Ap, Lega, FI, Ala, Ci e Direzione Italia. Contro si sono espressi Fdi, Al, M5s, Mdp e Si.

 

Ecco come funziona:

Poco più di un terzo dei deputati (231) eletti in collegi uninominali maggioritari, in cui i partiti si coalizzano, e gli altri in modo proporzionale in listini bloccati di due-quattro nomi. Questo l’impianto del Rosatellum 2.0 il testo di legge elettorale che il relatore Emanuele Fiano ha presentato in Commissione Affari Costituzionali.

– COLLEGI MAGGIORITARI: saranno 231 collegi, pari al 36% dei Seggi della Camera. I partiti per sostenere un comune candidato potranno dar vita a coalizioni nazionali (non circoscrizionali).
Per esse la soglia sarà del 10%.

– PROPORZIONALE: dei restanti 399 deputati, 12 continueranno ad essere eletti nelle Circoscrizioni Estere, con metodo proporzionale. In Italia un deputato è eletto in Valle d’Aosta in un collegio uninominale; I restanti 386 deputati saranno eletti con metodo proporzionale in listini bloccati di 2-4 nomi. Il testo delega il governo a definire questi collegi plurinominali, che potrebbero essere tra i 70 e i 77. Le Circoscrizioni, importanti per il recupero dei resti, saranno 28 ( una per Regione, 4 in Lombardia, 2 in Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Sicilia).

– SOGLIA: la soglia sarà al 3% sia alla Camera che al Senato, sia per i partiti che si coalizzano che per quelli che corrono da soli. Le preferenze date a un partito che non superi il 3% sono ripartite tra gli altri della coalizione: unico requisito è quello che il partito in questione superi l’1%.

– SENATO: i 315 seggi sono assegnati grazie a 103 collegi uninominali maggioritari (il Molise e la Valle d’Aosta costituiscono due collegi); 206 con metodo proporzionale in 206 collegi plurinominali. Sei all’estero con il proporzionale.

– UNA SCHEDA, VOTO UNICO: differentemente dal Mattarellum, in cui c’erano due schede, una per il collegio ed una per il listino proporzionale, con la possibilità di un voto disgiunto, qui avremo una scheda unica. In essa il nome del candidato nel collegio sarà affiancato dai simboli dei partiti che lo sostengono e dai listini corrispondenti. Barrando sul simbolo del partito il voto andrà al candidato del collegio e al partito per la parte proporzionale.

– PLURICANDIDATURE: ci si può candidare fino a tre collegi plurinominali proporzionali, nonché in un collegio uninominale e in tre plurinominali proporzionali.

– QUOTE DI GENERE: In ogni coalizione nessuno dei due generi può superare la quota del 60% nei collegi uninominali a livello nazionale. La stessa quota e’ prevista per i partiti per ciò che riguarda i capilista dei listini proporzionali.

– SCORPORO: non è previsto lo scorporo come nel Mattarellum. E’ un meccanismo che sottrae ai voti ottenuti da un partito nel proporzionale quelli ottenuti dai propri candidati eletti nei collegi della circoscrizione.

– TRENTINO ALTO ADIGE: rimane il testo come modificato dall’emendamento Fraccaro-Biancofiore, votato a scrutinio segreto l’8 giugno: Sei collegi uninominali e cinque proporzionali.

– CAPO PARTITO: è previsto che ogni partito indichi, insieme al contrassegno, il proprio programma e il proprio “capo”. Non è invece necessario che le eventuali coalizioni indichino il proprio “capo”, che sarebbe il candidato premier.