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ELENA CESTE: ECCO COSA HA DETTO MICHELE BUONINCONTI AL GIUDICE

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Tempo di lettura 11 minuti In esclusiva le dichiarazioni spontanee di Michele Buoninconti rivolgendosi al Giudice Amerio

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di Domenico Leccese

Caso Elena Ceste – Michele Buoninconti ha letto in aula, rivolgendosi al Giudice Amerio, le sue dichiarazioni spontanee, praticamente un’arringa lucida e struggente.

Michele Buoninconti ha in pratica sintetizzato, a suo modo, la linea difensiva della sua consulente, la criminologa Ursula Franco che lo assiste dal febbraio scorso, ha raccontato poi delle umiliazioni subite e sottolineato con forza di essere la vittima di un errore giudiziario.

“Signor Giudice, io, Michele Buoninconti, nato a Sant’Egidio del Monte Albino il 28 luglio 1969, vedovo a causa di una tragica fatalità e padre di quattro figli sono la vittima di un errore giudiziario. Mia moglie, Elena Ceste, si è allontanata da casa nuda durante una crisi psicotica il 24 gennaio 2014 ed i suoi resti sono stati ritrovati il 18 ottobre dello stesso anno a poche centinaia di metri da casa nostra, nel letto del Rio Mersa. Già la mattina della scomparsa di Elena, poco dopo essermi recato dai carabinieri della stazione di Costigliole, gli stessi mi si rivolsero chiamandomi Misseri e Parolisi. Signor Giudice, nulla mi accomuna a questi due signori e non credo che lei possa biasimarmi per le parole di disistima rivolte ai carabinieri dopo che gli stessi si erano permessi di darmi dell’assassino in un momento così disgraziato della mia vita”. “Questi stessi carabinieri sono stati la causa prima dell’errore giudiziario, il luogotenente Giuseppe Toledo, il maresciallo capo Michele Sarcinelli ed il carabiniere scelto Stefano Trinchero disconoscendo la psichiatria non hanno creduto alle mie parole, alle parole di uomo disperato alla ricerca di sua moglie, si sono convinti, a torto, che Elena non potesse essersi denudata ed allontanata da casa con le sue gambe in preda ad una crisi psicotica.
Non solo la mia consulente, ma ben prima i periti dell’accusa hanno concluso che mia moglie era psicotica ed allora perché attribuirmi la sua morte? Elena non era mai stata sottoposta a terapia farmacologica in quanto nessuno di coloro che l’aveva avvicinata nei mesi di ottobre e novembre 2013 aveva riconosciuto in lei i sintomi della psicosi. Signor Giudice, non si guarisce dalla psicosi senza una terapia specifica”.

“All’indomani dei risultati dell’autopsia sui resti di mia moglie sono stato arrestato e da allora mi trovo in carcere, perché? Le ricordo che mi è stato perfino impedito di assistere ai funerali di mia moglie con i miei figli, non lo trova imperdonabile? Riguardo alla causa della morte, i medici legali non sono giunti a determinarla ed hanno escluso la maggior parte delle cause di morte violenta ed allora le chiedo ancora perché io sono stato arrestato e mi trovo qui davanti a lei? Al momento del ritrovamento dei resti di mia moglie non ho nominato un consulente medico legale perché non avevo nulla da temere non avendola uccisa, ma la procura di Asti evidentemente non è quella di Aosta e cercava, a tutti i costi, un responsabile in carne ed ossa. Perché cercare dai medici legali una risposta precisa se gli stessi non sono stati in grado di darla analizzando i soli resti della povera Elena quando attraverso l’analisi delle risultanze delle indagini si poteva giungere facilmente alla causa della morte di mia moglie? L’ipotesi dei medici legali dell’accusa rimane limitata all’analisi dei resti di Elena mentre le indagini allargano la prospettiva, permettono di escludere l’omicidio ed accreditano la tragica casualità. Signor Giudice, se i medici legali avessero avuto certezza dell’asfissia, secondo lei, non avrebbero scritto: Causa della morte: omicidio per asfissia? O mi sbaglio?

Signor Giudice, io mi trovo davanti a lei senza un motivo vero, non c’è alcuna certezza che mia moglie sia stata uccisa e la procura non può provarlo, né ora, né mai, semplicemente perché non è accaduto”. “Ma davvero lei crede che sia possibile che io con una mano abbia serrato gli orifizi di mia moglie per sei lunghissimi minuti, un tempo interminabile, senza che lei si difendesse, senza che lei provasse a togliermi la mano, senza che mi mordesse o mi graffiasse, allungando così inesorabilmente i tempi del presunto omicidio? Lei è a conoscenza che questa modalità omicidiaria, che si chiama soffocazione diretta, si vede raramente negli omicidi di soggetti adulti sani in quanto è difficile mantenere la compressione degli orifizi aerei nell’individuo che si difende vigorosamente, così come si legge nel libro di Medicina Legale di Clemente Puccini, tanto amato dai medici legali dell’accusa, i quali però hanno accusato la mia consulente di non dire il vero quando la stessa durante l’udienza l’ha citato riguardo a questo tipo di soffocazione?”.

“Elena delirava e sentiva le voci quella notte e si picchiava in testa, non me lo sono inventato, questa crisi psicotica si ascrive perfettamente nel quadro dei suoi disturbi precedenti, quei disturbi di ottobre e novembre, li chiami crisi psicotica come l’accusa o pensieri ossessivi persecutori come la consulente della difesa.
Quella mattina con i miei figli ho lasciato Elena a casa verso le 8.10 e, circa 35 minuti dopo, Elena non c’era più e la casa era nelle stesse condizioni in cui l'avevo lasciata, nonostante Elena fosse rimasta per fare le faccende domestiche. Secondo lei mia moglie rimase in casa 35 minuti senza fare niente o si allontanò subito dopo che la vide la signora Riccio in cortile, come vuole la logica? Se Elena fosse rimasta in casa, avrebbe rifatto tutti i letti e sistemato la cucina, di sicuro non avrebbe perso tempo, sapendo che avrebbe dovuto sistemare la casa, recarsi dal dottore e preparare il pranzo per sei persone.
Elena non stava bene, per questo non accompagnò i bambini a scuola quella mattina, per questo saremmo dovuti andare dal dottore e per questo si allontanò. Elena era vestita di tutto punto con abiti che profumavano di pulito ed era solita farsi la doccia alla sera. Quella mattina, Signor Giudice, Elena non si fece la doccia, non la trovai nuda e non la uccisi, è un’accusa falsa ed infamante e priva di fondamento”.

“Ci vogliono le prove per condannare un uomo, e la procura non le ha perché non esistono, non si può trasformare a piacimento un innocente in un colpevole, tra l’altro, di un omicidio che non c’è stato”. “Vede Signor Giudice, sono riuscito a sopravvivere all’ingiustizia grazie alla forza della verità, una verità che nessuno potrà mai togliermi, nessuno potrà mai modificare i fatti di quella mattina che saranno uguali a se stessi in eterno essendo già accaduti”. “Il 24 gennaio 2014 non ho ucciso la madre dei miei figli e non ho occultato il suo corpo. Quella mattina, dopo essere tornato a casa ed aver cercato Elena in cortile e dentro l’abitazione, ho chiamato la vicina Marilena Ceste e poco dopo l’altro vicino Aldo Rava, dopo la telefonata senza risposta ai Rava mi sono recato da loro, saranno state più o meno le 9.00, mi ha visto Marilena Ceste dalla finestra mentre beveva il caffè, ha pensato che parlassi con Aldo Rava, invece in quell’occasione Aldo non ha udito il citofono, così come non aveva sentito il telefono, ma i citofoni non hanno memoria, non si possono richiederne i tabulati!”.

“Signor Giudice, non vorrei ridurmi a dire quello che mi accingo a dire ma vi sono costretto: non c’è assolutamente nulla che provi questo presunto osceno occultamento, non sono stati trovati segni del trasporto di un cadavere in auto, né alcun segno su di me prodotto dai rovi o macchie di fango sui miei vestiti o fango sulle mie scarpe, nonostante io sia stato accusato di aver occultato un corpo sotto il fango in una zona abitata dai rovi. E poi, non le pare impossibile che io abbia potuto, come sostiene l’accusa, aver occultato un corpo in quel modo in soli due minuti?
Nessuno occultò il cadavere di Elena, mia moglie si nascose in quel rio con tutta probabilità entrando a monte del tubo di cemento per raggiungerlo, Elena era stanca, non aveva dormito ed aveva passato la notte a delirare, una volta sentitasi al sicuro si addormentò, lo stato soporoso ed il coma subentrarono al sonno a causa dell’ipotermia e la portarono a morte. Signor Giudice, la presenza dell’acqua in quel rio favorì l’assideramento, particolare che mi sembra sia sfuggito ai tre medici legali in aula lo scorso 22 luglio!”.

“Signor Giudice, come avrà avuto modo di leggere sulle carte, io non avevo alcun motivo per uccidere mia moglie. Un presunto motivo se lo sono inventato i miei accusatori ma non l’hanno provato, il loro libero convincimento non ha alcun fondamento, l’accusa si è inventata una crisi matrimoniale che non c’è mai stata, non ho mai avuto una discussione con Elena, né mia moglie si è mai lamentata di me con nessuno, né ha mai parlato con me o con altri di divorzio, non ero a conoscenza dei suoi presunti tradimenti, mia moglie era malata, si sono approfittati di lei e nonostante in molti avessero compreso il suo disagio nessuno dei suoi confidenti me lo ha mai comunicato. Elena, a me, fino al pomeriggio del 23 gennaio ha tenute nascoste le sue paure”.

“Come è possibile che nella richiesta di applicazione della misura cautelare  a pag. 131 la dottoressa Deodato concordi con me sul fatto che il contenuto dei messaggi inviati da Silipo a mia moglie era innocuo ed al contempo li consideri il movente di un omicidio?
Non è anche per lei l’ennesima offesa al buon senso? Io quei messaggi non li lessi il giorno 21 e non mi fecero alcun effetto il giorno 23 quando mia moglie me li fece leggere.
Come sostiene anche la Deodato, sempre a pag. 131 dello stesso documento, Elena non rispose a quei messaggi ed appariva semplicemente il bersaglio di attenzioni non gradite, null’altro”.

“La mia vita è ormai un libro aperto e non c’è nulla di cui io non vada orgoglioso, ho solo il rimorso di non aver capito l’entità del disagio psichico di mia moglie quella notte e di non aver chiamato un medico.
Non ho creduto ai suoi tradimenti ed ho ancora difficoltà a crederci, ritengo che Elena abbia piuttosto frequentato soggetti che si sono approfittati di lei in un momento di debolezza e quando si sono accorti delle sue difficoltà hanno taciuto.
Ha taciuto anche don Roberto, non mi ha voluto riferire che cosa gli avesse confidato Elena, a me, suo marito, ma lo stesso Don Roberto non ha avuto remore a rilasciare interviste televisive dove si è aperto invece con i giornalisti e ciò mi ha profondamente addolorato”.

“Mi si accusa di depistaggi e di aver premeditato tutto in quanto conosco le tecniche di ricerca. Davvero lei può credere che io avrei potuto prevedere che i cani dei gruppi cinofili non avrebbero trovato mia moglie a due passi da casa nostra? Crede davvero che io fingessi di cercare Elena in auto a velocità moderata con il finestrino abbassato sulla strada da Govone o crede forse semplicemente che la cercassi come vuole la logica? Crede davvero che se avessi ucciso mia moglie avrei perso tempo al telefono ed avrei chiamato i vicini prima di occultarne il corpo a poche centinaia di metri da casa? Niente di ciò che sostiene l’accusa è sorretto dalla logica, non chiamai i vicini per  preordinarmi una linea difensiva, li chiamai semplicemente perché non trovavo mia moglie. Se avessi ucciso Elena e subito dopo avessi chiamato la vicina, chi mi avrebbe garantito che Marilena Ceste dopo la mia telefonata delle 8.55.04 non sarebbe uscita a cercarla verso l’area del Rio Mersa dove secondo la procura io nascosi il suo corpo?

Perché, se l’avessi uccisa, avrei dovuto avere fretta di denunciare la scomparsa di Elena ai vicini, ai suoi familiari ed ai carabinieri?
Crede davvero che sia possibile che un assassino al suo primo omicidio uccida e nel giro di pochi secondi sia pronto ad occultare il corpo della sua vittima e che in quel frangente chiami i vicini?
Solo io trovo la ricostruzione della procura illogica o anche lei?
Crede che io abbia un ruolo in ciò che ha riferito mio figlio Giovanni, o che la madre gli prospettò una fuga poco prima che lo accompagnassi a scuola e che Elena purtroppo già premeditasse di scappare?”.

"Mi sono chiesto, rileggendo per l’ennesima volta l’ordinanza del Giudice Marson, poi l’ordinanza dei tre Giudici del riesame ed infine la richiesta di giudizio immediato dello stesso Giudice Marson, come sia possibile che se il Giudice Marson ha ritenuto nell’ordinanza la premeditazione fondante, dopo che è stata esclusa con vigore dai giudici del riesame, smontando così in gran parte il castello accusatorio, il suddetto Giudice abbia richiesto, nonostante tutto, il mio rinvio a giudizio? Signor Giudice,  la verità è che io sono stato rinviato a giudizio perché nessuno si è spiegato diversamente la morte di mia moglie se non per mano mia, ma ora che esiste una spiegazione alternativa logica e plausibile, cui tra l’altro si confanno tutte le risultanze investigative perché sono ancora in carcere? Perché sono stato costretto a raggiungere quest’aula ammanettato? La prego, me lo spieghi lei!”.

“Come è possibile Signor Giudice che nell’ordinanza del Giudice Marson si descriva il luogo in cui sono stati ritrovati i resti di Elena come impraticabile, inaccessibile, impervio e difficilmente raggiungibile ad un soggetto per nascondervisi, e questo alle pagine 15  e 17, ed invece solo alla pagina 29 della stessa ordinanza il luogo sia descritto come agevole per un’attività di occultamento? Come possono variare così drasticamente le condizioni dei luoghi agli occhi dello stesso Giudice nella stessa ordinanza?
Impervie per nascondervisi, agevoli per occultare. Non è indubbio, anche secondo lei, che quali che fossero le condizioni del Rio Mersa, il letto del rio sarebbero stato sempre più facile da raggiungere da parte di un singolo nell’atto di nascondersi piuttosto che da parte di un soggetto intento ad occultare un ingombrante cadavere?”.

“Ed ancora all’indomani del ritrovamento dei resti della povera Elena sono stato accusato di non aver rivelato di essere stato in quel luogo quella mattina. Ho cercato mia moglie dappertutto, non avrebbe avuto senso fare un elenco dettagliato dei luoghi battuti.
Sono stato anche accusato di aver rivelato di essere stato lì per un preciso motivo, ma come lei ben sa non ho mai avuto alcun motivo di giustificare a nessuno la mia presenza nei pressi del Rio Mersa, non esiste, Signor Giudice, una fatidica ‘pregressa mancata rivelazione’, sono rimasto semplicemente basito nel momento in cui ho saputo che avevano ritrovato i resti di Elena in un luogo dove l’avevo cercata. E’ capitato a tutti di dire parole simili alle mie dopo aver ritrovato un oggetto smarrito in un luogo dove lo si era già cercato. Per me, Signor Giudice, è stato un enorme dolore apprendere di essere stato vicino a trovare Elena quella mattina e di non essere riuscito a salvarla e sarà per sempre il mio cruccio”.

“Signor Giudice, sono stato sottoposto in carcere ad una perizia psichiatrica. Come è possibile che in un paese libero come il nostro un innocente venga sottoposto a questa umiliazione? Allo psichiatra che mi ha analizzato, al dottor Pirfo, contro ogni protocollo di tutela di un sospettato e poi di un indagato, la dott.ssa Deodato ha fornito gli atti dell’accusa prima che mi incontrasse, le testimonianze, l’ordinanza e, ahinoi, pure le annotazioni dei carabinieri di Costigliole. Come può il giudizio del dottor Pirfo dopo tali letture essere stato scevro da pregiudizi? Egli ha letto tra l’altro solo gli atti dell’accusa, non essendo ancora disponibile la perizia criminologica della difesa, il dottor Pirfo si è fatto così involontariamente un’idea preconcetta dei fatti occorsi il 24 gennaio 2014. La sua disposizione nei miei confronti era viziata, non libera da pregiudizi come avrebbe dovuto essere e le conclusioni della sua consulenza proprio per questo motivo non hanno alcun valore scientifico. Egli ha redatto semplicemente una perizia ‘di parte’, nel senso dispregiativo del termine.

Lei sa che quattro relazioni, tra l’altro riportate nella perizia dello stesso dottor Pirfo, sul giudizio di idoneità al servizio personale di ruolo di vigile del fuoco, redatte nel 2002, 2006 e nel 2009 concludevano che il mio sistema neuropsichico era integro, mentre nell’ultima relazione redatta in data 30 luglio 2013, sei mesi prima della scomparsa di Elena, dal comando provinciale dei vigili del fuoco di Cuneo si legge: ‘… dai contenuti riferiti e dall’osservazione diretta della persona non si rilevano segni evidenti di psicopatologie in atto. Dagli stessi contenuti non si rilevano segni evidenti di deficit e disagi psicologici in atto’ .
Non vi è quindi all’anamnesi, un’anamnesi che copre più di dieci anni e tutta riferibile all’età adulta, nulla che supporti assolutamente le conclusioni del dottor Pirfo, quanto piuttosto il contrario. Vede, il disturbo che mi è stato diagnosticato dal dottor Pirfo è un disturbo di personalità ed ogni disturbo di personalità è un modello inflessibile e pervasivo di personalità che affligge un soggetto nell’età adulta in modo permanente, quindi tale disturbo avrebbero dovuto già diagnosticarmelo nel corso degli esami neuropsichici cui mi hanno sottoposto i vigili del fuoco in precedenza. Signor Giudice, non crede anche lei che qualcuno si sbagli?
Non si sbaglia la procura a pensare che Elena fosse guarita pur senza fare alcuna terapia e che io mi sia invece improvvisamente ammalato di un disturbo di personalità che rende coloro i quali ne sono affetti capaci di uccidere?”.

“Sono stanco Signor Giudice di lottare contro le ingiuste accuse che mi sono mosse, sono più di 9 mesi che mi trovo in carcere accusato di un infamante omicidio che non ho commesso, le chiedo di porre fine a questo strazio per i miei figli,
per me e per Elena che non avrà pace finché tutta la verità non verrà fuori.
Signor Giudice, sono stato privato senza motivo della libertà e sottoposto ad impensabili umiliazioni.

Lei crede che coloro che mi hanno condotto qui, di fronte a lei,  ignorando la verità e qualsiasi giustizia saranno mai in grado, una volta che sarò fuori, di ridarmi la mia vita passata?
Come potrò Signor Giudice, dopo la distruzione che i responsabili di questo errore giudiziario hanno aggiunto al dolore per la perdita della loro madre, ricostruire il rapporto con i miei figli ormai violato per sempre dalle calunnie e dal sospetto?
E’ con profondo rispetto che glielo chiedo: Non si renda complice, Signor Giudice, di questo errore giudiziario, sia il primo rappresentante di questo sistema, che garantista non è, a guardare i fatti dalla giusta prospettiva, non aggiunga dolore al dolore, non rallenti l’esplosione della verità e della giustizia, non permetta che un solo giorno in più di carcere scontato da un innocente pesi sulla sua coscienza, mi faccia tornare a crescere i miei figli, ne ho il diritto”.

Ambiente

Sicurezza idrogeologica, nasce “l’ANBI Air Force”

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E’ già stata simpaticamente definita l’ “ANBI Air Force” e sono le decine di droni, che quotidianamente si alzano sui comprensori italiani per controllarne la sicurezza idrogeologica, accompagnati anche da natanti radiocomandanti e sonde deputate ai controlli degli specchi d’acqua: è questa la novità più sorprendente, emersa nel meeting sulle innovazioni messe in atto dai Consorzi di bonifica ed irrigazione, dove anche la figura professionale del pilota di quadricotteri è ormai divenuta familiare negli organigrammi; l’evento è andato in scena a Vercelli, organizzato dall’Associazione Irrigazione Ovest Sesia nell’ambito della Planet Week, prologo al vertice G7 “Clima, Ambiente ed Energia” previsto a Torino a fine mese.
“Abbiamo voluto essere in questo contesto, perché siamo consapevoli di quanto facciamo a servizio del Paese e vogliamo proseguire, aumentando la capacità di fare sistema – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Nei Consorzi di bonifica c’è una grande capacità progettuale, promotrice di un modello irriguo sostenibile, che deve essere riconosciuto in un’Europa, da cui l’Italia è ancora troppo distante. La questione acqua è ormai un problema planetario.”
Se il miglior consiglio irriguo di Irriframe e la certificazione volontaria Goccia Verde, voluti da ANBI, sono il presente della sostenibilità nel settore primario, nuovi orizzonti stanno aprendosi dall’applicazione dell’Intelligenza Artificiale, i cui algoritmi vengono “addestrati” per dare risposte all’agricoltura di precisione ed alla salvaguardia idrogeologica, aumentando l’efficienza, riducendo tempi e costi.
La rete idraulica lungo la Penisola è ormai pressochè totalmente automatizzata e controllata da remoto, nonché luogo di costanti innovazioni: dai pannelli fotovoltaici galleggianti alle barriere per il recupero delle plastiche galleggianti; c’è inoltre una rinnovata concezione della manutenzione lungo i corsi d’acqua, rispettosa dei tempi della natura per favorire la conservazione degli ecosistemi.
I Consorzi di bonifica ed irrigazione sono però consapevoli dell’emergente complessità della gestione idrica di fronte alla crisi climatica: il problema di fondo è la ricerca del punto di equilibrio fra esigenze agricole ed ambientali, valorizzando le molteplici funzioni collegate alla gestione dell’acqua sui territori (dalla ricarica delle falde alla conservazione dei giardini storici); in questo quadro si chiede che l’utilizzo delle acque reflue per l’irrigazione debba essere accompagnato da una certificazione di salubrità, redatta da un ente terzo.
“C’è una profonda ingiustizia in questo Paese, che non percepisce la differenza fra il contributo ai Consorzi di bonifica, che non gravano di oneri il servizio irriguo a servizio dell’agricoltura che produce cibo e la tariffa, imposta dalle società del servizio idrico integrato, che invece legittimamente puntano anche ai dividendi per i soci – chiosa, concludendo, Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’Italia non ama la prevenzione, ma il futuro non può che essere legato ad un nuovo modello di sviluppo che abbia, al centro, la valorizzazione del territorio e la promozione della resilienza delle sue comunità.”

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Castelli Romani

Frascati, ospedale: intervento chirurgico con tecnica all’avanguardia

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Asportato tumore allo stomaco a un’anziana senza anestesia generale
 
Straordinario intervento chirurgico all’Ospedale San Sebastiano di Frascati dove è stato possibile evitare gravi complicanze post operatorie per Bice, una signora di 85 anni di Monte Compatri che è stata operata con anestesia spinale anziché generale per l’asportazione di un tumore esteso allo stomaco.
 
Non c’è stata necessità di ricovero in terapia intensiva e nella degenza post operatoria non si sono resi necessari farmaci analgesici.
 
La signora attualmente, a meno di una settimana dall’intervento, ha avuto una precoce ripresa ed è in buona salute, presto sarà dimessa per ricongiungersi ai suoi cari.
 
Grande soddisfazione, in merito alla tecnica anestesiologica, è stata espressa sia dalla paziente che dal chirurgo operatore, il dr. Massimiliano Boccuzzi Direttore della UOC di Chirurgia Generale e dai suoi aiuti Dr. Francesco Boccaccini e Dr.Angelo Torcasio coadiuvati dalla preziosa collaborazione del servizio di endoscopia digestiva del San Sebastiano (Dr.Fabrizio Travaglini).
 
Il Commissario Straordinario della Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli e il Direttore Sanitario dottor Vincenzo Carlo La Regina si sono complimentati per questo straordinario risultato: “Questo significa salvare vite – hanno detto – siamo di fronte a un intervento che segna un passo fondamentale per la presa in carico dei pazienti complessi e in età avanzata che sempre più spesso sono costretti a subire le gravi complicanze post operatorie o addirittura a non potersi sottoporre agli interventi chirurgici perché eccessivamente rischiosi. Le persone per le persone, questa è un’altra grande testimonianza del percorso di umanizzazione della salute che abbiamo intenzione di portare avanti insieme”.
 
Tecnicamente si è trattato di un intervento chirurgico di gastrectomia subtotale per una voluminosa neoplasia gastrica a un’anziana con un quadro clinico complesso perché già operata alcuni anni fa per una neoplasia del colon e venti giorni fa sottoposta a intervento per una frattura di femore post traumatica, sempre presso il San Sebastiano.
 
In considerazione dell’età avanzata e delle varie comorbidità, in accordo con la paziente, l’equipe della UOSD di Anestesia e Rianimazione del San Sebastiano con il Responsabile Dott. Benedetto Alfonsi, afferente al Dipartimento di Emergenza diretto dalla Dott.ssa Carla Giancotti, ha deciso di non eseguire l’intervento in anestesia generale, bensì in anestesia locoregionale, che è stata effettuata dal Dr. Benedetto Alfonsi in collaborazione con il Prof.Fabrizio Fattorini.  
 
All’anestesia spinale, necessaria per l’intervento chirurgico, è stato associato l’ESP Block bilaterale, un blocco di fascia ecoguidato della parete posteriore del torace.
 
Il blocco di fascia è stato effettuato per garantire l’analgesia post operatoria senza la necessità di oppiacei. I blocchi di fascia rappresentano attualmente un ulteriore passo avanti nel controllo del dolore post operatorio. Per migliorare il comfort operatorio, durante l’intervento la paziente è stata lievemente sedata. Ora sta bene e l’intervento è riuscito.
 
Tale testimonianza è importante anche dal punto di vista scientifico alla luce del continuo incremento di pazienti over 80 con molteplici comorbilità che sempre più spesso si rivolgono all’Ospedale di Frascati, essendo collocato in un’area demograficamente ricca di case di riposo per anziani e di pazienti geriatrici.
 
“Da vari anni – dichiara il  dottor Massimiliano Boccuzzi, direttore UOC di Chirurgia Generale dell’Ospedale di Frascati – sono in aumento gli anziani sottoposti ad interventi di chirurgia maggiore che prima erano uno scoglio difficile da superare per alcune tipologie di pazienti e da anni chirurghi ed anestesisti sono impegnati nell’affinamento di tecniche anestesiologiche e chirurgiche mininvasive, che ci possano condurre ad una sensibile riduzione dei rischi anestesiologici e delle complicanze chirurgiche, in tali tecnologie la Asl Roma 6 si sta dimostrando un importante punto di riferimento permettendo agli operatori di poter crescere e perfezionare nuove tecniche a basso impatto di complicanze post operatorie”.

 

Privo di virus.www.avast.com

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Ambiente

Clima, osservatorio ANBI: “Dopo l’estate anticipata, l’inverno ritardato”. Ecco il quadro nazionale

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Assieme a raffreddori ed influenze, nonché al rischio di gelate per le colture, lo sbalzo termico verso il basso dei giorni scorsi ha portato una benefica discesa nelle temperature dei mari italiani, ricondotte a livelli più in linea con le medie del periodo. Secondo i dati del Programma europeo Copernicus e dell’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), a livello mondiale si registrano, da oltre un anno, le acque marine più calde di sempre, così come conferma il report “European State of the Climate 2023” per quelle, che bagnano i confini esterni del Vecchio Continente.

“Un aspetto della crisi climatica poco percepito dall’opinione pubblica è la sua complessità: la biosfera è unica e l’alterazione di un elemento influisce sull’equilibrio generale – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Per questo, confinare la siccità come un problema meramente agricolo è un gravissimo errore, perché molteplici sono i servizi ecosistemici apportati: dall’equilibrio ambientale all’attrattività turistica.”

Secondo il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, chi non pare beneficiare dell’instabilità climatica di questi giorni sono la Sicilia e la Calabria dove, ad esempio, il fiume Lao è al 43% della portata media di questo periodo e l’Ancinale tocca addirittura -95% (fonte: Centro Funzionale Regionale Protezione Civile Calabria); entrambe le regioni sono caratterizzate da enormi deficit idrici, a causa di molti mesi privi di significative precipitazioni.

In Puglia, nei giorni scorsi, si sono registrate piogge sull’Alto Salento (quasi 10 millimetri) e sul Leccese (fino a mm. 5), ma i bacini del Tavoliere trattengono il 37% di acqua in meno rispetto al 2023, cioè mancano oltre 112 milioni di metri cubi.

Non va meglio in Basilicata, dove è impietoso il confronto tra la quantità d’acqua invasata quest’anno e negli anni passati: nella seconda metà di Aprile 2023, rovesci torrenziali avevano fatto confluire ben 14 milioni di metri cubi d’acqua nei bacini della regione; attualmente le disponibilità idriche sono più che dimezzate (-54%) ed il deficit, nonostante un recente apporto di piogge (mln. mc. 2,74), si attesta a quasi 124 milioni di metri cubi (fonte: Autorità Bacino Distrettuale Appennino Meridionale).

Notizie preoccupanti arrivano anche dall’Abruzzo, dove il deficit pluviometrico registrato nei primi 4 mesi del 2024, unitamente alla poca neve caduta sull’Appennino, ha pressochè dimezzato la quantità d’acqua trattenuta nel bacino di Penne, il principale ad uso irriguo, dove mancano all’appello circa 3.600.000 metri cubi; fiducia si ripone nello scioglimento del manto nevoso ora presente a Campo Imperatore (cm. 34) e che potrebbe incrementare la portata del fiume Tavo, che alimenta l’invaso.

Nel Lazio il livello del lago di Bracciano rimane, come un anno fa, 1 metro al di sotto dello zero idrometrico, mentre continua a calare il piccolo lago di Nemi, ora 34 centimetri sotto il livello del 2023. Il fiume Tevere rimane largamente sotto media, così come decrescente è il livello dell’Aniene, mentre incrementi si registrano nei flussi della Fiora.

In Umbria crescono le portate dei fiumi Velino e Topino, mentre cala il Chiascio e l’altezza idrometrica del lago Trasimeno scende a -cm. 1,28.

“E’ la persistente condizione di allarme ecosistemico nel principale lago dell’Italia centrale, l’immagine di un Paese che, al di sotto degli Appennini, non riesce a recuperare il deficit idrico, dovuto a mesi di insufficienti apporti pluviali. E’ quantomai urgente prepararsi a gestire, in maniera condivisa e nel rispetto delle priorità di legge, una condizione d’emergenza che, seppur in maniera non uniforme, appare inevitabile nei mesi a venire” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

Restano modesti, nonostante gli incrementi registrati questa settimana, i livelli dei fiumi nelle Marche. A far da contrappeso rimangono i circa 53 milioni di metri cubi invasati nei bacini e che, pur essendo inferiori a quelli del 2023 caratterizzato da fenomeni meteorologici estremi nei primi 4 mesi dell’anno, rappresentano una garanzia d’approvvigionamento per i mesi più caldi e secchi.

Sull’Appennino di Toscana è apparsa tardivamente la neve, che era mancata in inverno: cm. 44 sull’Abetone, oltre 30 centimetri in Garfagnana, mentre sull’Amiata il manto è superiore ai 20 centimetri. Ricchi d’acqua sono i principali alvei con l’eccezione dei bacini più a Sud (Ombrone, Albegna, ecc.).

In Liguria tornano a crescere le portate dei fiumi Vara e Magra, mentre registrano un abbassamento quelle dell’Entella e dell’Argentina.

In Emilia Romagna, oltre mezzo metro di neve è ora presente sui monti bolognesi, reggiani e parmensi (cm. 63 a Lagdei), mentre su quelli romagnoli la cumulata si attesta tra i 15 ed i 30 centimetri.

In Veneto, il bilancio idrico resta ampiamente positivo, nonostante drastiche riduzioni di portata per i fiumi Adige, Piave, Livenza, mentre Bacchiglione, Brenta e Muson dei Sassi scendono addirittura sotto media.

Anche in Lombardia le riserve idriche restano largamente confortanti (+45% sulla media), seppur il fiume Adda cali, pur mantenendo una portata superiore a quella degli scorsi 7 anni.

Ad eccezione del lago di Como, i grandi bacini naturali del Nord restano vicini al colmo: Maggiore 97,7%; Sebino 93,6%; Benaco 98,6%.

I fiumi sono in calo anche in Piemonte ad iniziare dal Po, che resta comunque sopra la media, mentre Tanaro e Stura di Lanzo tornano sotto.

In Valle d’Aosta, infine, il manto nevoso supera i 2 metri e mezzo nelle stazioni sopra i m. 2200; terminati temporaneamente gli apporti dalla fusione nivale, dovuta all’anomalo anticipo d’estate della scorsa settimana, le portate dei corsi d’acqua hanno subìto una decisa contrazione: a Nus, la Dora Baltea in 7 giorni è passata da mc./s 29 a mc/s 6,50 (fonte: Centro Funzionale Regionale Valle d’Aosta)!

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