Emergenza immigrati, l’Ue all’Italia: armiamoci e partite

di Emanuel Galea

I complimenti all’Italia non sono mancati. La Commissione europea giudica l’incontro sul codice condotta Ong “molto costruttivo”. Secondo la portavoce Ue Natasha Bertaud “ha già ricevuto il sostegno unanime dei ministri degli Interni al Consiglio affari interni a Tallinn” ed “ha il sostegno della Commissione.” Se Bruxelles voleva commuovere Roma c’è riuscita, ha commosso ma non ha convinto. Vero è che lo stesso presidente del Consiglio Gentiloni, pur apprezzando gli elogi per la strategia dell’Italia nel Mediterraneo, è cauto: “Abbiamo bisogno che tutta l’Europa faccia maggiori sforzi nelle politiche di sviluppo e di cooperazione, ma anche nella gestione dell’emergenza”.

Condividiamo la prudenza, non volendo chiamarla scetticismo del premier, perché l’Europa non è fatta solamente da Merkel e Rajoy; la Ue è formata da 27 Stati ed ognuno ha il diritto di veto ed ogni veto è un incognita. Nel salone dell’Eliseo che ospitava i vertici internazionali, Gentiloni auspicava una sorta di “europeizzazione” dell’azione italiana.
Il tentativo del premier italiano di spingere l’Europa a fare passi concreti per affrontare l’emergenza immigrazione si scontra con il muro Macron il quale conferma che migranti economici e rifugiati hanno “diritti diversi”, e in più precisando : “non cederò allo spirito di confusione imperante”, al che la Merkel, seduta al suo fianco ha annuito vistosamente.
A raffreddare gli entusiasmi è arrivata l’altra realtà dal direttore di Frontex che, dopo il vertice di Varsavia su Triton, ha detto d’ aver sentito “una richiesta italiana” ma di non aver sentito “di Stati membri disponibili” ad aprire i loro porti per gli sbarchi.

Il premier libico Sarraj ha fatto planare tutti nella cruda realtà dicendo: «Per fermare i flussi clandestini serve un aiuto ora, immediato. Perché bisogna avere chiare le priorità. Poi a lungo termine parleremo dello sviluppo economico per i Paesi africani», come per invitare i vertici internazionali a passare dalle parole ai fatti.
Sul progetto a lungo termine per l’Africa sub sahariana del quale parla il comunicato finale del vertice, Macron non nasconde il suo scetticismo : «Sono diffidente delle cifre».
La cancelliera Merkel, scambiando bigliettini e sorrisetti con il presidente francese, gli è venuta in ausilio dicendo: «Non ho in mente cifre precise».
In poche parole, l’incertezza , l’esitazione e la precarietà sono le sensazioni che fuoriescono dal salone dell’Eliseo alla chiusura del vertice. Rajoy, il premier spagnolo,è uscito dal summit molto preoccupato per la quantità e per la «qualità» di un’immigrazione in aumento, che passa per Ceuta e Melilla, nuove strade di accesso per le reclute del terrorismo.
Gentiloni è rientrato dal vertice decorato di allori che Germania e Francia hanno riconosciuto all’Italia. Lodi e rallegramenti per il codice Minniti sono giunti dal Consiglio Ue e tanti plausi persino dalla stampa estera.

Lunedì 28 agosto sui cieli del vertice si è diffuso un gran fumo denso, spargendo odore acre di aria fritta. Martedì mattina, alle prime luci dell’alba, un leggero venticello ha spazzato via il fumo e l’Italia si è trovata nuovamente da sola a risolvere i problemi dell’emergenza immigrazione.