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Editoriali

OMICIDIO GLORIA ROSBOCH: LA CRIMINOLOGA FRANCO TRACCIA UN PROFILO PSICHICO DI GABRIELE DEFILIPPI

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Tempo di lettura 3 minuti "Le vittime di personaggi come il Defilippi sono soggetti vulnerabili con le quali questi ‘mostri’ creano una falsa relazione"

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di Domenico Leccese

Gabriele Defilippi, 22 anni, è stato arrestato per l’omicidio della sua ex professoressa di francese di 49 anni, Gloria Rosboch, omicidio che avrebbe commesso in concorso con il suo amante, Roberto Obert di 54 anni.

Ne abbiamo parlato con la criminologa Ursula Franco.

Chi è Gabriele Defilippi da un punto di vista psichico?

Gabriele Defilippi è un soggetto affetto da un grave disturbo antisociale di personalità, un disturbo che ha iniziato a manifestarsi in lui sin dall’adolescenza. Le caratteristiche di questo disturbo possono essere molteplici e variano da soggetto a soggetto. Per quanto riguarda Defilippi, egli è un disonesto, un truffatore, un megalomane, un soggetto con identità multiple, un mentitore abituale, un opportunista, un ragazzo irritabile ed aggressivo che ha dimostrato di essere capace di uccidere. Defilippi prima di truffare ed uccidere la Rosboch ha ricattato altre donne, le ha adescate su internet e dopo averle sedotte le ha obbligate a pagarlo per non pubblicare le foto scattate durante i loro rapporti sessuali. Il Defilippi non soddisfatto delle somme irrisorie derivanti da questi ricatti, circa due anni fa ha puntato ad una somma più importante, i 187 mila euro di risparmi della sua ex professoressa di francese, Gloria Rosboch.

Quali tecniche mette in atto un truffatore come il Defilippi?

I truffatori come lui non sono in grado di instaurare legami d’attaccamento di tipo emotivo con i loro simili, ma sono invece abili nel costruire relazioni fasulle e superficiali. Questi soggetti, attraverso lusinghe e promesse irrealistiche, vantandosi delle proprie capacità e mostrando a volte anche false credenziali, si impossessano della fiducia delle loro vittime solo per un proprio tornaconto personale, spesso di stampo economico.

Defilippi è un opportunista, incapace di empatia, egocentrico, che prova profondo disprezzo per le sue vittime e che usa come fossero oggetti per raggiungere i propri obiettivi, è un manipolatore di soggetti psicolabili che ammalia con il suo aspetto, con il suo fascino superficiale, con le sue attenzioni ed un linguaggio forbito. Linguaggio forbito che non abbandona neanche dopo l’arresto quando, parlando di sé in terza persona, si rivolge, chiamandolo per cognome, al procuratore capo Giuseppe Ferrando in questi termini: Ferrando, io sono uno che ha cercato di allargare i suoi orizzonti, guardando in maniera diversa il contesto sociale che mi circondava.

Che caratteristiche hanno le vittime prescelte?

Le vittime di personaggi come il Defilippi sono soggetti vulnerabili con le quali questi ‘mostri’ creano una falsa relazione, un falso rapporto di intimità e di fiducia, mostrandosi affidabili, facendo credere alle vittime di avere una morale e desideri comuni, prospettando un rapporto sentimentale con loro a lungo termine e mostrandosi protettivi ed interessati al loro benessere, mentre in realtà sono solo interessati ai loro soldi. Non appena le vittime comprendono di essere state manipolate e truffate e chiedono indietro i loro averi, soggetti come il Defilippi le accusano di creare problemi nella relazione, facendole sentire in colpa rinviando così nel tempo le loro richieste e poi se invitati ancora a restituire i soldi, prendono tempo, accampano mille scuse per non riconsegnare il maltolto arrivando a minacciare, a diffamare pubblicamente le loro vittime e perfino a denunciarne le molestie alle autorità.

Che cosa lo ha indotto ad uccidere?

La frustrazione, uno dei sentimenti che i soggetti come lui provano più di frequente. Coloro che sono affetti da un disturbo antisociale di personalità uccidono perché non tollerano la frustrazione e si liberano di chi gliela provoca. La professoressa Gloria Rosboch aveva denunciato il Defilippi per truffa e lui non sopportava questa situazione tanto che l’ha uccisa. Il suo è stato un gesto da irresponsabile, ha mostrato di sottovalutare i rischi e le conseguenze delle sue azioni, infatti la scomparsa della professoressa non poteva che portare a colui che l’aveva truffata e che la donna aveva denunciato.

È possibile che si sia pentito dell’omicidio?
Lo escludo, il dato psicodinamico fondamentale di un soggetto con un disturbo antisociale di personalità è la mancanza di senso di colpa.

Defilippi è, non solo privo di rispetto per i sentimenti altrui, ma anche incapace di provare rimorso e per questi motivi è un soggetto estremamente pericoloso. Defilippi non ha mai smesso di recitare, neanche durante l’arresto: Come vi permettete? Non capisco il motivo per cui mi state trattenendo, e neanche di fronte al magistrato quando ha affermato tra le lacrime: Quando ho visto Gloria morire, sono rimasto impietrito, avevo anch’io paura dell’assassino, non sono riuscita a difenderla… voglio farla finita… No, non posso più vivere. Defilippi ha recitato di fronte al magistrato sentimenti che non prova ma che ha imparato a mettere in scena copiando coloro che li hanno.

Il suo complice, Roberto Obert, è anch'egli una sua vittima?

Credo proprio di sì, Obert era, come si definisce lui, verosimilmente un suo servo, un uomo completamente soggiogato dal Defilippi.

Si può recuperare un ragazzo di 22 anni affetto da un disturbo antisociale di personalità di questo grado?
La casistica ci dice di no. Defilippi è un soggetto socialmente pericoloso, capace di reiterare, e durante la propria permanenza in carcere si servirà ancora una volta di tutte le sue doti manipolatorie nel tentativo di apparire un uomo nuovo, un ennesimo tentativo di  truffa, questa volta al sistema, truffa riuscita ad uno dei mostri del Circeo, Angelo Izzo, un pluriomicida affetto dallo stesso disturbo di personalità di Defilippi.
 

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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