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Editoriali

Palermo, rappresentante di Forza Nuova picchiato a sangue: pure questo un atto fascista?

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PALERMO – Nonostante tutti gridino al rigurgito fascista, ieri, a Palermo, in pieno centro, Massimo Ursino, responsabile provinciale del Movimento Politico Forza Nuova e titolare di un laboratorio di tatuaggi nella vicina via Marconi, verso le 19,30, all’altezza di Piazza Lolli è stato aggredito da sei o più persone vestite di nero e travisate con sciarpe sul volto, e dopo essere stato legato mani e piedi con nastro adesivo, picchiato a sangue. Ursino è stato poi trasportato in ambulanza al locale ospedale. Un’aggressione che ricorda tanto quella subita il 12 febbraio 1973 da Bruno Labate, un ‘capetto’ della Fiat, episodio all’origine della genesi delle Brigate Rosse. Episodio gravissimo, perché sospetto sotto molti aspetti, simili a quelli che storia delle Brigate Rosse non ci hanno ancora rivelato del tutto. Come non è ancora chiara la storia della bomba di Piazza Fontana, di quella di Brescia, di quella di Bologna, e di tutta quella stagione di episodi cruenti targati BR, che a tutt’oggi sono ancora avvolti nella nebbia.

A quanto si apprende, la scena del pestaggio sarebbe stata ripresa da qualcuno con uno smartphone:

Qualcuno che certamente metterà il breve filmato in rete, magari anche prima di consegnarlo alle Autorità competenti per l’individuazione dei colpevoli. Nel momento in cui la fibrillazione elettorale è al suo culmine, e viene agitato come un drappo rosso davanti al toro il pericolo di un ritorno – o di un rigurgito – di una ideologia fascista, assistiamo ad un episodio che è marcatamente di opposta fazione.

Provocazione o intimidazione?

In questo paese ne abbiamo viste di tutti i colori, specialmente negli anni di piombo, quando circolava il motto che ‘uccidere un fascista non è reato’, e che portò all’eccidio, fra l’altro, accaduto il 7 gennaio 1978 in via Acca Larentia, a Roma, dove il 7 tre giovani aderenti al Movimento Sociale vennero trucidati in un agguato: episodio che non ha mai conosciuto piena luce. Riteniamo che certi personaggi politici, che in questi giorni direbbero e prometterebbero qualsiasi cosa pur di accaparrarsi un voto, dovrebbero tener conto delle conseguenze di alcune loro esternazioni, che portano poi a ciò che è successo ieri sera.

Radicalizzare i conflitti politici portandoli all’estremo, specie in clima elettorale, quando gli animi sono più accesi, è decisamente da persone poco intelligenti. A meno che non si voglia cercare lo scontro di piazza, che potrebbe essere dietro l’angolo. Nonostante tutte le notizie che ci propinano i vari telegiornali, il clima in Italia non è assolutamente idilliaco, e mentre Gentiloni va a ‘baciare la pantofola’ alla Merkel – come si è espresso un quotidiano i questi giorni – alcuni si rendono conto che siamo alla stretta finale. Aggredire un militante di opposta fazione può essere una intimidazione oppure, ancor peggio, una provocazione.

Ci auguriamo che qualche persona per bene si renda conto di chi ci ha governato fino ad oggi, se queste cose vengono permesse. Nel secondo caso, speriamo che la provocazione non abbia seguito, e che si affidi la risposta alle urne.

Da rimarcare un particolare: la notizia è stata data in TV sottovoce, in mezzo ad altre. Ben diverso sarebbe stato il risalto se l’aggressione fosse venuta da chi invece l’aggressione ha subito. Striscioni, fiaccolate, interrogazioni parlamentari, partigiani vecchi e nuovi, e chi più ne ha più ne metta, sarebbero stato il panorama dei prossimi giorni. La legge è uguale per tutti, ma, in barba alla sempre più vilipesa Costituzione, alcuni sono più ‘uguali’ di altri. Vedremo come va a finire. In chiusura, una nota comica: Renzi ha censurato le nuove promesse di Berlusconi, dopo quelle del 2001, perché già le prime non sono state mantenute. Anche in questo caso il bue ha dato del cornuto al classico asino.

Roberto Ragone

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Roma, città aperta o città allo sbando? La capitale tra disagi quotidiani, criminalità e ingiustizie: è tempo di risposte dalle istituzioni

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Nel caos delle strade e sui mezzi di trasporto, bande di borseggiatori agiscono impunemente, mettendo in pericolo residenti e turisti

La città eterna diventata la torre di Babele, e fin qui non ci sarebbe niente di male, considerando che è il centro culturale mondiale, e la sua bellezza e la sua storia ne esaltano l’importanza, facendola diventare il luogo al mondo più importante da visitare. Purtroppo, oltre la celebre canzone, viene alla mente il titolo di un altro grande film “Roma città aperta”, per la situazione attuale della capitale.

Roma città aperta nel bene e nel male, ma, attualmente i lati negativi, sono di gran lunga superiori a quelli positivi. La vita, per chi vive in città, è diventata difficile, difficoltosa e pericolosa, ricordando l’atmosfera dei violenti stati sudamericani.

Non ci sono settori della vita pubblica, esenti da pesanti critiche e preoccupazioni, e, questo non fa altro che aumentare la tensione e la paura per la propria incolumità, oltre le difficoltà di qualsiasi esigenza burocratica.

L’ onesto cittadino che lotta giornalmente per le necessità lavorative, o ancor più riguardanti la salute, deve subire passivamente ingiustizie e pericoli di vario genere. Si perde tempo e lavoro per poter rinnovare una semplice Carta D’ Identità, a volte bisogna aspettare dei mesi, e magari, dover andare a richiederla in altri luoghi al di là della nostra residenza, ci sono spesso scioperi dei mezzi pubblici, stranamente quasi sempre di venerdì, e di conseguenza si ricorre ai Taxi che non si trovano, e che quando si è fortunati a trovarne uno, si incappa in qualche conducente disonesto che approfitta della situazione.

Ma la situazione più grave è quella della criminalità, sia essa micro od organizzata, a rendere la vita, ogni giorno più difficile e pericolosa. Quali sono le risposte delle istituzioni? I malavitosi approfittano di queste leggi permissive, per essere sempre più sfrontati, arroganti e violenti, trasferendo, quando sono stranieri, la violenza dei loro paesi nelle nostre città. Sui mezzi pubblici, le bande sudamericane di borseggiatori, hanno preso il sopravvento su quelle dei Rom, con la novità di essere più violenti e quindi potenziali assassini.

La tecnica di borseggio, si differenzia oggigiorno non soltanto per la loro abilità, ma per la cattiveria con cui rubano con violenza fisica infischiandosene della presenza di altre persone. Tutto ciò accade, perché sanno bene che le leggi italiane sono permissive, ed il numero di questi delinquenti cresce esponenzialmente di giorno in giorno.

Perché lavorare, quando ci si può arricchire facendo il finto turista? Perché queste persone, colte sul fatto più volte, sono ancora in circolazione, libere di tornare a delinquere? Quando il derubato reagisce, viene malmenato se non addirittura accoltellato, ma se arreca danno al malvivente deve anche risarcirlo. Questo stato di fatto, è lo specchio del paese di Pulcinella, dove il più debole deve subire in ogni caso. Sulla metro, gli altoparlanti invitano continuamente i viaggiatori a stare attenti per la presenza di possibili borseggiatori, autentica presa in giro, perché questi ci sono sempre e sempre più numerosi.

Dalle telecamere si vedono benissimo, si riconoscono, ma quando fuggono con il bottino non vengono fermati e perquisiti. Abbiamo bisogno di questi stranieri? Fra l’altro, mettono in cattiva luce i loro stessi connazionali, che al contrario lavorano onestamente con tanti sacrifici. Si deve necessariamente spendere una parola sul fenomeno Cicalone.

Cicalone ed i suoi compagni stanno svolgendo un’opera utile e buona per la società, denunciando apertamente questi borseggiatori, senza alcuna violenza e cercando di far capire loro che non si deve rubare. Meriterebbero una medaglia, poiché le forze dell’ordine, oltre avere le mani legate, non possono essere onnipresenti, ma i soliti buonisti, comodi nelle loro poltrone, attaccano questo paladino e compagni, protettori della legalità, dei deboli turisti e della dignità del nostro paese, asserendo, che non è compito loro l’ordine pubblico. Le autorità politiche e tutte le altre del campo giudiziario, devono spiegare ai cittadini, perché questi delinquenti sono ancora liberi di arricchirsi sulle lacrime delle persone oneste, malmenandole spesso pubblicamente se reagiscono, consci che nessuno interviene in difesa perché ha paura. E’ questo il nostro bel paese? Necessitano diecimila Cicalone.

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Trump vince la corsa alla Casa Bianca: la rinascita di un sogno americano

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Il Tycoon ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso

Donald Trump, l’imprenditore diventato presidente, ha riconquistato la Casa Bianca in un’operazione che ha dell’incredibile.

Una vittoria, questa, non solo del partito Repubblicano, che riaccoglie a braccia aperte il suo leader dopo il naufragio del 2020, ma anche una riconquista del voto popolare, portando i conservatori a dominare nuovamente il Senato e la Camera dei Rappresentanti.

Un “filotto” riuscito a pochi presidenti e che interrompe il ritmo delle previsioni cupe che i sondaggisti americani avevano alimentato, fallendo clamorosamente ancora una volta.

Ma cosa c’è dietro questa vittoria?

E qui ci sono domande che risuonano forti. Perché, chiedo, Donald Trump ha vinto ancora una volta? La risposta si nasconde nei dati: la sua narrazione riesce a calamitare il voto dell’americano medio, accalappiano anche i giovani sotto i 30 anni.

È un successo che travalica le polemiche e che riaccende il sogno americano, quel sogno che molti avevano dato per spacciato.

Trump ha saputo cogliere il malessere di una nazione stanca, che vede nelle teorie gender e nelle identità fluide, un’anomalia piuttosto che un progresso.

La sua retorica si contrappone a una realtà dove, secondo lui, la politica sembra sempre più al servizio di una ristretta élite di minoranze e delle loro tutele.

Una narrativa, questa, che riesce a risuonare nelle stanze della gente comune, quella che si alza la mattina per andare a lavorare e non ha voglia di sentir parlare di diritti che percepisce come distanti dalla sua quotidianità.

In un discorso che già entrerà nella storia, Trump dichiara: “Abbiamo fatto la storia”.

È una frase che riempie di orgoglio i suoi sostenitori, che lo vedono come un guerriero tornato a combattere per la propria patria. Dopo una sconfitta che sembrava definitiva e le incertezze nate dalle sue vicende legali, il tycoon è riuscito a risalire la corrente e, con audacia, è tornato a rivestire la carica di presidente.

La sua vittoria è un monito, una catarsi per molti americani che credevano di aver visto il peggio; è una vittoria che si nutre della paura e dell’incertezza, del desiderio di sicurezza e di un ritorno a un’idea di America che, secondo il suo discorso, è stata minacciata ed, oggi, con il suo ritorno, torna anche l’eco di un’America che si crede forte, indomita e irriducibile.

Così, mentre i democratici si interrogano su come navigare il nuovo panorama politico, Trump riprende il suo posto nel grande gioco della sfida politica americana.

Siamo di fronte a un nuovo inizio? O semplicemente a una transizione che mette in luce le profonde divisioni di un Paese che fatica a trovare un terreno comune?

Le prossime mosse saranno fondamentali, ma una cosa è certa: Donald Trump sa come sfruttare le fragilità di una nazione, e lo ha dimostrato ancora una volta.

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Sicurezza stradale o fonti di entrate? L’Italia al centro del dibattito sulle multe da record

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Con oltre 1,5 miliardi di euro incassati nel 2023 e un numero spropositato di autovelox e T-Red, il Paese si interroga se il fine ultimo sia davvero la protezione degli automobilisti o un’opportunità di guadagno per le amministrazioni locali

Negli ultimi due anni, il concetto di “sicurezza stradale” in Italia è stato messo in discussione, con cifre record di multe che hanno portato a incassi straordinari per le amministrazioni comunali, spesso a scapito della vera protezione degli automobilisti.

Un esempio eclatante arriva dal semaforo di via Tuscolana a Frascati, che da solo può emettere fino a 1.300 multe al giorno, alimentando il dibattito sull’effettiva funzione di questi strumenti di controllo.

Una delle tante foto giunte in redazione che mostrano la coda del semaforo di via Tuscolana a Frascati

Il 2023 ha segnato un record, con sanzioni che in totale hanno superato la cifra di 1,5 miliardi di euro. Tra le città più colpite c’è Firenze, con una media di 198,6 euro di multe per abitante. Ma è il piccolo comune di Colle Santa Lucia, in provincia di Belluno, a destare scalpore: con soli 346 abitanti, ha raccolto ben 747 mila euro in contravvenzioni.

Un’indagine più ampia ha poi rivelato la sorprendente diffusione di autovelox in Italia

Su 113.831 autovelox presenti a livello mondiale, ben 11.303 si trovano nel nostro Paese, che rappresenta così il 9,93% del totale globale, nonostante la rete stradale italiana si estenda per circa 487.700 chilometri, una lunghezza ben inferiore rispetto a quella degli Stati Uniti o di altre nazioni europee con minore densità di apparecchi. Questo confronto mette in luce una realtà preoccupante: se Paesi come Regno Unito, Germania, Spagna e Svezia dispongono di un numero inferiore di dispositivi nonostante le reti stradali più ampie, ci si interroga sul perché l’Italia abbia così tanti strumenti di controllo.

Il fenomeno T-Red

A Cerveteri, comune con 37.978 abitanti, i sistemi T-Red hanno emesso oltre 4.200 multe in un anno, mentre a Roseto degli Abruzzi, con 25.670 abitanti, si sono registrate oltre 1.000 sanzioni in pochi mesi. Questi esempi fanno sorgere domande sull’effettivo scopo dei controlli, progettati per garantire la sicurezza stradale ma spesso percepiti come strumenti per far cassa.

La proliferazione di autovelox e T-Red, nati per proteggere gli automobilisti, porta oggi molti a domandarsi se l’obiettivo non si sia spostato da quello della sicurezza stradale a una mera fonte di entrate per le amministrazioni locali.

È tempo di riflettere sul reale significato di sicurezza stradale e garantire che questi strumenti rispondano a un’autentica necessità di protezione, piuttosto che al bisogno di riempire le casse pubbliche.

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