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PAURA DI MORIRE

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Tempo di lettura 3 minuti La paura della morte può manifestarsi come paura della propria morte o come paura di perdere una persona cara

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a cura della dott.ssa Vanessa Tartaglia, Psicologa e Psicoterapeuta 

"Non ho paura di morire. E' solo che non vorrei essere li quando questo succede"  Woody Allen  

La paura della morte affligge milioni di persone in tutto il mondo soprattutto in certi paesi industrializzati in cui l'aspettativa di vita è molto elevata sia in termini di qualità che di durata.

La tanatofobia è la paura della morte, delle cose morte o di qualsiasi altra cosa ad essa associata. Questo disturbo è spesso associato con altre problematiche quali l'ansia, gli attacchi di panico, la depressione e l'ipocondria.

Tutte le paure originano da una fondamentale che è la paura della morte, dalla consapevolezza che un giorno moriremo. Questo è l'elemento irrisolvibile che crea tutte le altre paure. Se pensiamo a cosa ci spaventa effettivamente della morte, probabilmente vedremo che è il nulla, l’ignoto, il vuoto, l’idea che di noi non resti niente, la fine di tutto, la perdita degli affetti, dell’amore, delle emozioni che la vita ci regala, ma soprattutto la sua ineluttabilità e il fatto che sfugge ad ogni controllo razionale. Pur essendo naturale, proprio per queste sue caratteristiche, può diventare una patologia nel momento in cui il pensiero della morte è così intenso e invadente da condizionare la vita del soggetto impedendo a chi la vive di agire, di scegliere, di cambiare, di vivere.

La paura della morte sopraggiunge, spesso, prima di andare a dormire, perché legata a quella “morte temporanea”, intesa come assenza di sé, che è il sonno. 

La paura della morte può manifestarsi come paura della propria morte o come paura di perdere una persona cara, pur trattandosi dello stesso disturbo può cambiare il modo in cui si manifesta.

 

Quando si manifesta la paura di morire?

La paura della morte è comune alla maggior parte delle culture e varia a seconda dell’età di un individuo, i bambini pensano di non morire, che muoiano gli altri e parlano della morte praticamente senza timore, anzi spesso la esorcizzano nel gioco, la paura subentra con la crescita quando il ragazzo prende consapevolezza dei propri limiti e sente di perdere la, rassicurante, protezione dei genitori;  nella pre-adolescenza iniziano i primi timori legati alla morte…si prende consapevolezza che la morte è inevitabile per tutti. Queste paure aumentano sempre più finché nell’età adulta si arriva a considerare la morte un vero e proprio tabù, la si esorcizza al punto di evitare di parlarne può però diventare una fobia in seguito ad trauma. Si può avere paura della morte provocata dalle malattie più comuni come l'infarto, il cancro e che la morte li colga all'improvviso senza che ricevano soccorso.

Ci sono condizioni particolari durante le quali si può sviluppare la tanatofobia come ad esempio durante la gravidanze la gestante può essere colpita da attacchi d'ansia associati alla paura di morire durante il parto o alla paura di perdere il bambino.

In vecchiaia, quando l'individuo diventa cosciente del proprio decadimento fisico, la paura della morte, può diventare patologica e spesso si presenta associata ad ipocondria.

 

Come superare la paura di morire

I bambini ed i ragazzi, in assenza di condizioni familiari difficili e di fobie patologiche, superano la paura della morte senza difficoltà.

Se la tanatofobia si sviluppa all'inizio della gravidanza spesso si risolve spontaneamente con il parto, se invece, si sviluppa verso la fine della gravidanza può protrarsi anche dopo la nascita del bambino.

Nell'anziano lo svilupparsi della tanatofobia è dovuto ad un reale avvicinarsi della fine, alla consapevolezza del fatto che la nostra vita ha una durata e che gran parte di essa l’abbia già vissuta, in questo caso ha bisogno, più di prima, di attenzioni ed affetto.

Per quanto riguarda la tanatofobia in età adulta la psicoterapia è la cura più efficace. Scopo della terapia psicologica è comprendere quali siano le cause dell'insorgenza della fobia innanzitutto cercando di capire se quella del soggetto è una paura localizzata e superficiale, legata a un trauma specifico, oppure se è una paura di tipo esistenziale, più profonda. In quest’ultimo caso dietro a quella paura c'è un'insicurezza di fondo, una mancanza di autostima e dunque la terapia psicologica consisterà nel risalire all’origine di questo stato di crisi. La psicoterapia può essere affiancata, in alcuni casi, dalla terapia farmacologica che aiuta a controllare i sintomi.

La terapia farmacologica consiste nell'assunzione di antidepressivi quali il Nefazodone o le Benzodiazepine, hanno un effetto più immediato ma effetti collaterali quali vomito, sonnolenza e dipendenza.

 

Contatti: 

Dott.ssa Vanessa Tartaglia

Psicologa-Psicoterapeuta

Cell.3388558488 email: dott.vanessatartaglia@cpcr.it

www.centropsicologiacastelliromani.it

p.zza Salvatore Fagiolo n. 9 00041 Albano laziale

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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