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Rapina a mano armata al bancomat, muore bandito pluripregiudicato durante il conflitto a fuoco: poliziotti indagati. Il solito atto dovuto?

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Sabato 21 luglio, di notte, alcuni rapinatori armati – almeno cinque – hanno assaltato con esplosivo un impianto Bancomat della Banca popolare di Bari, a Brindisi, al rione Commenda.

Il 113 sarebbe stato allertato da un passante. Con la pattuglia intervenuta, è nato un conflitto a fuoco, durante il quale è stato colpito a morte tale Giovanni Ciccarone, 50 anni, di Ostuni (BR), risultato pluripregiudicato per contrabbando, furti, rapine, estorsioni, spaccio di droga e di banconote false. Due anni fa era stato arrestato dalla GdF dopo un inseguimento lungo la SS 16 a bordo di un’Audi A 6, in cui furono trovati due Kalashnikov, tre caricatori e 90 cartucce.

Dopo la sparatoria i ladri sono fuggiti a bordo di un’Audi A6

Inseguiti da una volante, hanno sparso sull’asfalto chiodi a tre punte, forando le gomme dell’auto della polizia. A seguito dei fatti, i due poliziotti coinvolti nell’uccisione del Ciccarone, vicino al corpo del quale sono state rinvenute numerose cartucce cal. 12, sono indagati per omicidio colposo.

Per l’ennesima volta i tutori dell’ordine sono messi all’indice [Un atto dovuto?]

pur avendo agito, non solo legittimamente, ma, in più, nell’espletamento del loro dovere. È superfluo dire che la magistratura dichiara questa indagine un ‘atto dovuto’, per consentirne la difesa. Ma da cosa si dovrebbero difendere, se non hanno compiuto alcun illecito, hanno rischiato la vita e sventato una rapina, ciò che fa parte del loro dovere? A nostro parere la legge va cambiata. A questi elementi bisognerebbe dare una medaglia, altro che indagine per omicidio colposo. In più, le circostanze sono eclatanti e della massima evidenza. Per cui sarebbe bastato un sopralluogo del magistrato per concludere con il non luogo a procedere, senza ingolfare avvocati e tribunali di lavoro superfluo.

A questo proposito abbiamo chiesto un parere sull’accaduto, ma soprattutto sulle eventuali modifiche procedurali, al dottor Gianni Tonelli, già Segretario Generale del Sindacato di Polizia SAP, ora deputato della Lega, al fianco di Matteo Salvini.

Dottor Tonelli, a proposito del caso della sparatoria di Brindisi lei ha scritto un articolo pubblicato oggi, 24 luglio, sul Tempo di Roma. Perché in questi casi i poliziotti sono sempre indagati, perché le divise ci devono sempre rimettere?

È una cosa assurda. Ma questo già partendo dalla legittima difesa che riguarda i cittadini. La materia, sia la legittima difesa che l’uso legittimo delle armi, è inserita nel codice penale e nell’argomento “Cause oggettive dell’esclusione del reato”. Allora, se si esclude il reato, io comprendo che la magistratura debba aprire un procedimento finalizzato a verificare la sussistenza degli elementi che possano individuare le cause oggettive di esclusione del reato. Ma non è possibile che questo passi tramite l’incriminazione, o comunque la sottoposizione a procedimento penale della vittima. A maggior ragione quando questo avviene nell’adempimento del dovere. Perché i miei colleghi sono andati a sventare una rapina a danno di un bancomat da parte di delinquenti armati che gli hanno sparato contro. Quindi non è possibile adesso che i colleghi, che sono riusciti miracolosamente a salvare la pelle, e a colpire uno dei banditi, adesso si trovino nella condizione di patire gli oneri materiali, quindi economici, e anche morali di un procedimento. Va rivista la procedura, e va rivisto l’approccio, perché comunque, al di là di rivedere normativamente la procedura, io penso che possa essere aperto un fascicolo, come di regola viene fatto, dall’Autorità Giudiziaria, “Atti relativi a…”. E’ chiaro che serve anche una modifica normativa che possa prevedere la possibilità, cioè il dovere, in nome e per conto dello Stato, tramite l’Amministrazione della Polizia di Stato, di provvedere a nominare un perito di parte che assista all’autopsia. Non vedo perciò ragioni per cui queste persone debbano essere sottoposte, come lo è stato per l’eroe di Guidonia, a un procedimento penale. Sono quelle assurdità del nostro ordinamento, per noi che siamo dalla parte del diritto, di cui non riesco proprio a capacitarmi.
Ci sono poi alcuni giornali, dalla cui maniera di esporre il fatto, si capisce il loro orientamento politico. Un piccolo giornale di provincia ha titolato “Morto Giovanni Ciccarone” [uno dei rapinatori ndr] come se fosse un personaggio.
Ciccarone, come ho scritto nell’articolo che ho scritto per ‘Il Tempo’, è una persona che aveva numerosi procedimenti penali, un pregiudicato che è stato trovato in possesso di alcuni Kalashnikov, cioè tutto si può dire tranne che fosse uno stinco di santo, o che fosse una personalità. Forse lo era nel mondo criminale.

Qualcuno scrive anche “Il presunto partecipante alla rapina”.

Il presunto? Uno che con un fucile nelle mani ti spara addosso, cerchiamo un attimo di vedere di cosa stiamo discutendo. È chiara una cosa. Qui, più che la politica, più che il dibattito, dovrebbe intervenire l’Ordine dei Giornalisti, perché io credo che si siano violate le regole elementari di un codice deontologico. Io credo che il giornalista abbia l’obbligo di descrivere la realtà effettiva. Poi la può commentare secondo il proprio pensiero, la propria visione dei fatti. Ma che non possa prescindere dalla realtà storica. Perché se un giornalista con coscienza e volontà altera la realtà storica, viene meno al suo primo dovere di giornalista. Quello di descrivere ciò che è accaduto.

Cosa mi dice a proposito del rifiuto di modifica della legge sulla legittima difesa sa da parte dell’ANM? Sappiamo che questo è un punto importante per la politica di Salvini e per la Lega.

Il testo presentato nel 2006, molto chiaro, se non fosse stato forzato da una interpretazione giurisprudenziale, che, devo dire, ancora non mi spiego, non ci sarebbe oggi la necessità di rivedere ancora questa normativa. Ma mi sembra molto chiaro che comunque in un paese civile, in cui abbiamo potuto assistere alla metamorfosi dei topi d’appartamento , non è possibile lasciare il vantaggio della prima mossa a chi entra in casa.

Cosa ne pensa di due argomenti: primo, il risarcimento al ladro che eventualmente ci lascia la pelle in un’azione delittuosa, secondo, l’eccesso in legittima difesa che per logica andrebbe eliminato.

Faccio rifermento a quella cosiddetta ‘responsabilità aquiliana’, di cui all’art. 2073 del Codice Civile, per cui chiunque causi un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo. Io credo che manchi l’elemento fondamentale, cioè il danno ingiusto. Il danno c’è, con la perdita della vita dell’aggressore, ma non è ingiusto. Perché se tu entri in casa mia, e io mi difendo, e ne ho il diritto, perché non ti posso lasciare il vantaggio della prima mossa. La normativa è ingiusta, in questo caso, tra l’altro aggravata anche da un’applicazione giurisprudenziale, molto favorevole ai criminali. È chiaro che comunque manca l’ingiustizia del danno, perché io mi sono difeso. Quindi a mio parere non ci può essere risarcimento.

E per l’eccesso in legittima difesa? Come faccio a valutare l’intensità dell’offesa per opporre una difesa proporzionale, nei momenti di concitazione che certamente appartengono a situazioni di aggressione?

Oggi la legittima difesa prevede l’attualità, la necessità e la proporzionalità. Io non mi posso modulare, perché per poter avere la proporzionalità devo lasciare il vantaggio della prima mossa a chi entra in casa mia. Ma quando questo mi ha aperto il cervello, mi ha ammazzato, mi ha immobilizzato, e poi magari torturato, io non posso più fare nulla. Allora io non sono in grado di mettere in atto una difesa proporzionata all’offesa. Allora deve intervenire una presunzione di legge, per cui, quando sono in casa mia, o nel mio domicilio professionale, per legge è presumibile il principio di proporzionalità. E quindi non esiste l’eccesso.

Roberto Ragone

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1943/1944, “linea Gustav”teatro di feroci combattimenti: Medaglia d’Oro al Valor Civile per la Provincia di Frosinone

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“Territorio di rilevante importanza strategica, in quanto posto a ridosso della ‘Linea Gustav’ e attraversato dalla via Casilina, maggiore arteria di collegamento tra la Capitale ed il Sud del Paese, dal 10 settembre 1943 fu teatro di una violenta occupazione militare e subì devastanti bombardamenti che causarono la distruzione di ingente parte del patrimonio edilizio e culturale. La popolazione, oggetto di feroce barbarie e costretta allo sfollamento, sorretta da eroico coraggio, profonda fede nella libertà ed altissima dignità morale, sopportava la perdita di un numero elevato di concittadini ed indicibili sofferenze, offrendo un luminoso esempio di abnegazione, incrollabile fermezza ed amore patrio”. 1943/1944 – Provincia di Frosinone.
 
È questa la motivazione con la quale stamattina, presso il salone di rappresentanza dell’Amministrazione provinciale di Frosinone, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha fissato sul gonfalone della Provincia di Frosinone, la Medaglia d’Oro al Valor Civile. Alla cerimonia di conferimento, dall’alto profilo istituzionale, accolti dal Presidente dell’Amministrazione provinciale Luca Di Stefano, hanno preso parte il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il Prefetto di Frosinone Ernesto Liguori, il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli e lo storico e giornalista Paolo Mieli. Presenti in sala anche le massime autorità civili, militari e religiose, gli amministratori provinciali e tantissimi sindaci del territorio.
 
A scandire i vari momenti della cerimonia è stata la presentatrice Valeria Altobelli che ha anche letto una testimonianza di Giuseppina Capuano, nata ad Aquino il 19-10-1905 e residente a Piedimonte San Germano in via Petrone, defunta il 16 aprile 2009, tratta dal libro ‘Tra le pieghe della memoria’ di Elena Montanaro.
 
 
IL PRESIDENTE DI STEFANO: “UN TRIBUTO AI NOSTRI VALOROSI CITTADINI”
 
“La Medaglia D’Oro al Merito Civile è un segno tangibile dell’ammirevole coraggio e della straordinaria resilienza dimostrata dalla nostra provincia durante i terribili eventi legati alla seconda guerra mondiale. Le ferite del passato hanno modellato il nostro presente, ma non hanno mai minato la nostra determinazione e la nostra speranza nel futuro” ha detto il Presidente dell’Amministrazione provinciale Luca Di Stefano.
 
“Quando ogni pilastro era stato raso al suolo, abbiamo trovato la forza di ricostruire, quando il destino sembrava contro di noi, abbiamo trovato la forza di resistere. Il conferimento di questa alta onorificenza su cui ho l’obbligo morale e istituzionale di ringraziare, per l’impegno profuso, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ci insigne di un compito ancora più importante: quello di impegnarci solennemente ad assicurare che le sofferenze patite non siano vane, che le vite perdute non siano dimenticate, e che le lezioni apprese siano tramandate alle future generazioni”, ha aggiunto.
 
“Questa medaglia rappresenta un tributo ai nostri valorosi cittadini, che hanno dimostrato con la loro forza d’animo che la vita e la speranza possono risorgere anche dalle ceneri della distruzione. In questo giorno solenne, giuriamo di onorare il passato, di abbracciare il presente e di costruire un futuro che rifletta la forza e la dignità che ha sempre contraddistinto il nostro territorio” ha concluso il Presidente di Stefano.
 
 
IL SINDACO MASTRANGELI: “LA NOSTRA POPOLAZIONE HA SUBITO L’IMMANE DRAMMA DELLE VIOLENZE”
 
Il primo cittadino della città capoluogo di Provincia ha ripercorso brevemente quei drammatici momenti. “La nostra è stata una popolazione civile che ha vissuto sulla propria pelle anche l’immane dramma delle violenze ad opera dei goumiers francesi su donne, uomini e bambini” ha spiegato in un passaggio il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli ricordando le ‘marocchinate’. Inoltre ha anche sottolineato “l’altissimo prezzo pagato dalla Città di Frosinone nel corso del sanguinoso conflitto bellico”. 
 
 
LO STORICO PAOLO MIELI: “NON DIMENTICHIAMO QUANTA DIGNITÀ LE NOSTRE FAMIGLIE ABBIANO AVUTO NEL RESISTERE”
 
Una attenta e puntuale lectio magistralis, quella tenuta dallo storico e giornalista, professor Paolo Mieli, ringraziato più volte dal Ministro e dal Presidente della Provincia per la sua presenza. Mieli ha raccontato delle “violenze subite da questa provincia” e delle “marocchinate”, evidenziando come “far passare la storia delle sofferenza di questa area solo per le violenze subite dai liberatori è stato un trucco per omettere le sofferenze degli otto mesi che hanno preceduto la liberazione”, che “sono il motivo della medaglia”. “Se potessi vivere in un mondo in cui tutti si comportano come si comportarono i cittadini di questo territorio né sarei lieto” ha ancora detto, mettendo in evidenza la dignità e la resistenza del popolo ciociaro e raccomandando di “non dimenticare quanta dignità le nostre famiglie abbiano avuto nel resistete, nel non farsi abbattere”.
 
 
IL MINISTRO PIANTEDOSI: “L’INTERA CIOCIARIA FU, IN VIRTÙ DELLA SUA VALENZA STRATEGICA, PESANTEMENTE SEGNATA E COLPITA”
 
“Sono lieto di poter consegnare questa medaglia alla Provincia di Frosinone – ha detto fra l’altro il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi -. Un importante riconoscimento voluto  a tributo delle ingenti perdite umane, delle immani sofferenze, delle privazioni, dei diffusi fenomeni di distruzione e devastazione che questo territorio ha dovuto patire durante il secondo conflitto mondiale”.
 
“Un conferimento, quello alla Provincia – ha aggiunto il titolare del Viminale in un altro passaggio – a cui tengo particolarmente, nella consapevolezza che l’intera Ciociaria fu, in virtù della sua valenza strategica, pesantemente segnata e colpita nel corso dei tragici eventi bellici”.
 
“Rievocare le pene sofferte dal popolo ciociaro da parte dei nazifascisti, e anche dalla parte di truppe aggregate degli alleati, deve servire a riconoscere il merito di una comunità che, nonostante le immani sofferenze patite, scelse di proiettarsi e credere nel futuro oltre ogni rivendicazione, senza cedere a tentazioni divisive. I ciociari, come il resto degli italiani, compirono enormi sforzi per contribuire, una volta conclusa la tragedia della seconda guerra mondiale, alla rinascita del nostro paese” ha concluso il Ministro dell’Interno.
 
CENNI STORICI
 
La Linea Gustav è stata una linea difensiva tedesca che si estendeva lungo l’Italia centrale durante la seconda guerra mondiale. Costruita nel 1943-1944 in risposta all’inasprimento dell’offensiva alleata in Italia, la Linea Gustav era uno dei principali ostacoli che l’Asse doveva superare per avanzare verso il nord e liberare il Paese dall’occupazione tedesca.
 
La linea si estendeva approssimativamente da Pescara sulla costa adriatica fino a Grosseto sulla costa tirrenica, attraversando montagne, fiumi e terreni difficili. Era costituita da una serie di fortificazioni, bunker, trincee, campi minati e ostacoli naturali, progettati per rallentare e bloccare l’avanzata delle forze alleate.
 
La battaglia per superare la Linea Gustav è stata estremamente feroce e ha visto pesanti combattimenti tra le forze tedesche e alleate. Gli Alleati hanno lanciato diverse offensive lungo la linea, tra cui la battaglia di Monte Cassino, una delle più celebri e sanguinose della guerra. Questa battaglia, in particolare, ha coinvolto scontri durissimi e pesanti perdite su entrambi i fronti, con gli Alleati che hanno cercato di sfondare le difese tedesche per avanzare verso Roma e il nord Italia.
 
Nonostante le difficoltà e le perdite, gli Alleati sono riusciti a rompere la Linea Gustav nell’ambito dell’operazione Diadem nel maggio 1944. Questo successo ha permesso loro di avanzare verso Roma, liberata il 4 giugno 1944, e di continuare la loro campagna per la liberazione dell’Italia settentrionale.
 
L’avanzata alleata per liberare l’Italia dopo aver superato la Linea Gustav ha rappresentato un momento cruciale nella guerra in Europa, portando alla caduta del regime fascista e alla fine dell’occupazione tedesca nel Paese. Tuttavia, la campagna per la liberazione dell’Italia è stata lunga e difficile, e ha comportato ingenti perdite umane e materiali su entrambi i lati.
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com

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Prevenzione e contrasto dei crimini informatici: siglato accordo tra Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea

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È stato siglato a Roma l’accordo tra la Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea, capogruppo del Gruppo BCC Iccrea, per la prevenzione e il contrasto dei crimini informatici che hanno per oggetto le reti e i sistemi informativi di supporto alle funzioni istituzionali della società.
La convenzione, firmata dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani e da Mauro Pastore, Direttore Generale di BCC Banca Iccrea, è finalizzata a sviluppare una collaborazione strutturata tra le parti, per l’adozione ed il potenziamento di strategie sempre più efficaci in materia di prevenzione e contrasto al cybercrime, considerato il delicato e strategico settore di intervento del Gruppo.
Il Gruppo BCC Iccrea è il maggiore gruppo bancario cooperativo, l’unico gruppo bancario nazionale a capitale interamente italiano e il quarto gruppo bancario in Italia per attivi. BCC Iccrea, in qualità di Capogruppo esercita le attività di direzione, coordinamento e controllo sulle Società del Perimetro di Direzione e Coordinamento e, in tale ambito, supporta l’operatività bancaria delle BCC, fornendo prodotti, servizi e consulenza al fine di soddisfare le esigenze dei loro Soci, clienti, famiglie e territorio di riferimento.
La tutela delle infrastrutture critiche informatizzate di istituzioni e aziende che erogano servizi essenziali è una delle mission specifiche della Polizia Postale, l’articolazione specialistica della Polizia di Stato deputata alla prevenzione e contrasto della criminalità. La Polizia di Stato assicura attraverso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, Organo del Ministero dell’Interno deputato alla sicurezza delle comunicazioni. In particolare, tale compito viene assolto attraverso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) che, con una sala operativa disponibile h24, rappresenta il punto di contatto per la gestione degli eventi critici delle infrastrutture di rilievo nazionale operanti in settori sensibili e di importanza strategica per il Paese.
Alla firma della convenzione erano presenti per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato, Prefetto Renato Cortese, il Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Dott. Ivano Gabrielli mentre per BCC Banca Iccrea erano presenti Renato Alessandroni,
Responsabile Sicurezza e Continuità Operativa, Chief Information Security Officer, Pasquale De Rinaldis, Responsabile Sicurezza delle Informazioni, Giuseppe Cardillo, Head of Architecture & Innovation e Raffaella Nani, Responsabile Comunicazione Istituzionale.

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Roma, al Quarticciolo baby spacciatori per evitare imputazioni

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ROMA – Proseguono i controlli antidroga in zona Quarticciolo dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma che, dopo gli 11 arresti eseguiti qualche giorno fa che hanno portato alla luce anche numerosi nascondigli utilizzati per occultare lo stupefacente – cassonetti dei rifiuti, aiuole, fori nei muri e addirittura una trappola per topi – hanno arrestato in flagranza di reato un 16enne romano gravemente indiziato del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. In compagnia del 16enne c’era anche un 13enne, non imputabile, che è stato segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Roma.
Più nel dettaglio, i Carabinieri della Stazione di Roma Tor Tre Teste, impegnati in un servizio perlustrativo finalizzato alla repressione dei reati in materia di stupefacenti nel quartiere Quarticciolo, hanno sorpreso i due minori cedere dello stupefacente ad alcuni acquirenti in strada, prelevandolo da un nascondiglio di fortuna costituito da un arbusto.
I Carabinieri hanno fermato i due ragazzini e li hanno trovati in possesso di oltre 400 euro in contanti, ritenuti provento di attività illecita, rinvenendo 12 dosi di crack occultate tra gli arbusti.
Su disposizione della Procura per i Minorenni, il 16enne è stato accompagnato al centro di prima accoglienza di via Virginia Agnelli e, su richiesta del Pubblico Ministero, il G.I.P. ha applicato la misura cautelare delle prescrizioni con ordinanza del 30/03/2024, mentre il 13enne è stato affidato ai rispettivi genitori.

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