Renzi e l'«asservilismo»: Maiorano cassato dalla Cassazione

di Chiara Rai

Gli è andata male ancora una volta ad Alessandro Maiorano, l’uomo delle denunce a Matteo Renzi che con sentenza della V sezione penale della Corte di Cassazione del 15 luglio 2016 ha visto rigettato un altro suo ricorso con condanna a risarcire le spese processuali. Maiorano, imputato per diffamazione ai danni di Renzi in un processo pendente, ha proposto istanza di remissione perché sussisterebbe il legittimo sospetto della “incapacità degli organi d’accusa e della giurisdizione di determinarsi liberamente rispetto alle decisioni da assumere” in quanto succubi della persona offesa.

La spina nel fianco del premier ha provato anche a dimostrare un presunto “asservimento” tra il precedente Procuratore della Repubblica del Tribunale di Firenze e il comandante territoriale della Guardia di Finanza nei confronti dell’ex sindaco di Firenze e attuale presidente del Consiglio. Sia il giudice che il comandante delle Fiamme Gialle, secondo Maiorana, sarebbero colpevoli di aver “insabbiato” alcune denunce da lui presentate che riguardavano l’operato di Renzi quando era presidente della provincia e poi sindaco della città del giglio. Questo “asservimento” sarebbe evidente grazie anche ad alcune anomalie evidenziate da Maiorano nella fase iniziale del processo: dilazioni nella sua celebrazione, illegittima ammissione della pur intempestiva costituzione di parte civile di Renzi, la derubricazione dell’imputazione da parte della pubblica accusa al fine di scongiurare l’esercizio dell’exceptio veritatis da parte dell’imputato Maiorano cui è conseguita l’esclusione di tutte le prove da lui richieste al fine di provare la fondatezza delle accuse mosse a Renzi ritenute diffamatorie. A nulla sono valse le sue “imprese” perché tutte le sue richieste sono finite in un nulla di fatto.

I giudici della Corte di Cassazione ritengono che la fattispecie esposta Maiorano non corrisponda a quella tipizzata dall'art. 45 c.p.p. Il collegamento tra i comportamenti processuali del giudice e del pubblico ministero censurati dall’accusatore del premier e il fatto che persona offesa del reato per cui si procede nei suoi confronti sia Renzi “è infatti frutto di mere illazioni, per di più solo genericamente prospettate atteso che alcuna delle circostanze evocate nella richiesta è stata in qualche modo documentata. Non di meno, che il precedente Procuratore della Repubblica di Firenze, una volta ritiratosi, sia divenuto consulente dell'amministrazione comunale di Firenze – peraltro, sembra di capire dalla richiesta, quando già il citato Renzi non ne era più al vertice – non si comprende per quale motivo dovrebbe ritenersi sintomatico nell'attualità di una situazione in grado di pregiudicare la libera determinazione dei protagonisti del processo ed in particolare l'ipotizzato "asservimento" del giudice e del pubblico ministero all'interesse della persona offesa”. Peraltro i giudici sottolineano che se la situazione di incompatibilità ambientale deve essere valutata, per l'appunto, con riferimento al momento della celebrazione del processo e questa sarebbe determinata dall'influenza esercitata Renzi nell'ambito territoriale di riferimento in ragione della carica politica, “è appena il caso di evidenziare come Renzi – come noto – non sia più Presidente della Provincia di Firenze o Sindaco della stessa città e come, seguendo il ragionamento tracciato dall'istante, la sua qualifica attuale di Presidente del Consiglio dei Ministri sostanzialmente renderebbe incompatibile il processo con qualunque sede giudiziaria del territorio nazionale”.