Roberta Bruzzone vince in tribunale contro gli autori dell’articolaccio apparso sul Secolo XIX: Cetara e La Rocca condannati per diffamazione a mezzo stampa. Adesso dovranno risarcire i danni

Vittoria schiacciante per Roberta Bruzzone. Il Tribunale di Genova ha pronunciato una sentenza che condanna Umberto La Rocca, direttore Responsabile del quotidiano Il Secolo XIX e Cetara Graziano autore di un articolo che ha diffamato la professionista Bruzzone.
L’articolo in questione titolato “Criminologi in guerra: Via la Bruzzone dalle trasmissioni Rai” è infatti risultato altamente diffamatorio per la reputazione di Roberta Bruzzone tacciata di aver inserito nel curriculum vitae dei titoli accademici non veritieri. L’articolo a sfondo puramente diffamatorio ha avuto pesanti strascichi tant’è che è stata scritta addirittura una lettera, firmata da alcuni sindacati di polizia e “noti esponenti della criminologia forense”, inviata all’attenzione di Bruno Vespa conduttore di Porta Porta, programma dove Roberta Bruzzone è ospite fissa.
L’intento era di screditare la dottoressa Bruzzone agli occhi del conduttore ma tutta questa operazione si è rivelata un boomerang perché sia il direttore che l’autore dell’articolo sono stati condannati per diffamazione a mezzo stampa aggravata. Le accuse che hanno rivolto a Bruzzone sono gravissime e totalmente prive di fondamento. I due si sono macchiati di una vergognosa pagina di giornalismo tentando di screditare una professionista di successo soltanto a causa di dinamiche facilmente comprensibili. Ora dovranno risarcire Bruzzone per tutti i danni causati.
Soddisfatta Roberta Bruzzone per la sentenza che le da piena ragione: ”
Finalmente un giudice molto scrupoloso – ha dichiarato la criminologa – ha verificato quanto io vado sostenendo da anni, confermando pienamente in sentenza la mia ricostruzione dei fatti e cioè che le accuse che mi sono state rivolte di non avere i titoli per esercitare la mia professione sono totalmente false oltre che gravemente diffamatorie. Ora il danno dovrà essere quantificato in sede civile. Il giudice stesso in sentenza che ha condannato i due giornalisti del Secolo XIX parla infatti di accuse gravissime quanto infondate. Sono davvero molto soddisfatta per l’esisto del processo. Il tempo è galantuomo per chi, come me, non ha mai avuto nulla da nascondere”.