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Roma-Giardinetti, Di Macco: “Metro al collasso, riapertura rapida”

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L’appuntamento settimanale di Officina Stampa, la rubrica giornalistica di approfondimento condotta dalla giornalista Chiara Rai, ha dedicato spazio all’annosa vicenda della ferrovia Roma-Giardinetti.

Sottolineando la decisione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di finanziare il progetto di conversione in tramvia e di prolungamento, sostenuto da Roma Capitale, per un importo pari a circa 213 milioni di euro, ma anche l’importanza di riaprire, nell’attesa degli eventi futuri, l’esercizio della tratta Centocelle-Giardinetti, invocata dai cittadini, associazioni e comitati per ragioni di sicurezza sanitaria e per alleggerire il carico della Linea C.

Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 28/05/2020

Quest’ultimo argomento pare snervare la maggioranza capitolina pentastellata

Che anziché trovare soluzioni, preferisce imboccare la via (semplicistica) della polemica politica. Un classico. «Trovo davvero curioso», scrive in un post su facebook il Presidente della commissione trasporti Enrico Stefàno, «che chi ad agosto 2015 ha interrotto [il servizio, ndr], oggi si sbracci e ne strilli a gran voce la riapertura, come fosse un interruttore da girare su on». «Come se nel frattempo», aggiunge, «non si sia ridotto il personale, la manutenzione e le relative maestranze (oggi praticamente impossibili da recuperare), come se nel frattempo la Regione Lazio (ancora formalmente il Proprietario) non abbia chiaramente detto che non avrebbe pagato i km oltre Centocelle». La Regione Lazio per bocca di Eugenio Patanè, Presidente Dem dell’omonima commissione, afferma, invece, essere il Comune a dover richiedere la riattivazione.

Nell’attesa i pendolari aspettano di vedere un treno oltre la stazione di Centocelle, e sgomitano sulla Metro C e nei bus sostitutivi oppure si incastrano con le proprie auto sulla Casilina. E attendono, altrettanto, risposte alla richiesta ufficiale di riapertura, condivisa e inviata il 5 maggio scorso dal Coordinamento Roma-Giardinetti, cioè Legambiente Lazio, l’Osservatorio Regionale sui Trasporti, TrasportiAmo e Assoutenti-UTP. Rispetto alla quale Roma Capitale tace, mentre la Regione Lazio lascia aperto uno spiraglio.  Almeno quello. Che, comunque, dovrà essere sviluppato e, eventualmente, tramutato in una direttiva specifica. «Rigettiamo tutte queste polemiche politiche, dall’uno e dall’altra parte», precisano dal Coordinamento, «continuiamo a sostenere che di debba trovare un accordo tra le due amministrazioni per una richiesta la cui necessità è particolarmente evidente. Occorre suddividere i flussi passeggeri in questa fase drammatica, alleggerire le metropolitane A e C, specie al nodo di scambio di San Giovanni, e decongestionare il traffico sulla Casilina. Pagare un servizio integrativo bus e tenere chiusi tre chilometri di ferrovia è uno schiaffo alla “cura del ferro” e all’ambiente».

L’ing. Alessandro Di Macco

Nell’arringa interviene l’ingegnere Alessandro Di Macco, nominato nel Comitato Tecnico-Scientifico dall’Osservatore Regionale, parte integrante del Coordinamento stesso, insieme ai colleghi Pierluigi Siazzu e Massimo Montebello. «L’esercizio è sacro», esordisce dall’alto della sua grande esperienza e competenza maturata, come gli altri, nel settore dei trasporti ferroviari e automobilistici d’Italia. «La riapertura della tratta Centocelle-Giardinetti è strategica, consente di arrivate al nodo di interscambio di Termini senza appesantire la Metro A e in tempi minori. Si potrebbe da subito ipotizzare il prolungamento della ferrovia oltre la stazione terminale di Laziali, poche centinaia di metri di binari, una fesseria».

La Linea A la conosce molto bene, avendo curato, prima con Intermetro poi con l’Acotral, le fasi di pianificazione, costruzione e apertura. «Già allora era carica», rincara l’Ingegnere, «è stato un grande errore progettuale appesantire il suo esercizio con i flussi passeggeri della Metro C. Al nodo di San Giovanni mi raccontato scene drammatica, code all’entrata, nei mezzanini e nelle scale mobili nonché assembramenti nei treni. In tali condizioni, faccio fatica a capire come si faccia a rispettare le norme sul distanziamento fisico. Se fossi il Direttore dell’Esercizio chiederei istruzioni al Prefetto». E perché? «È la figura deputata che, a norma di legge, deve garantire il normale svolgimento del servizio, sentiti tutti i pareri». Lo farebbe sul serio? «L’ho fatto e assicurai i collegamenti nella tratta Bari-Matera delle ferrovie Calabro-Lucane, in occasione di una strepitosa nevicata. Ero il Direttore. Ripeto, l’esercizio è sacro. Sempre».  

Ingegnere, cosa dovrebbe fare l’utenza per farsi ascoltare? «Chiariamo subito un concetto», risponde Di Macco, «un bus non può sostituire un treno, è una contraddizione spendere risorse pubbliche per sostituire, sulla Casilina, la ferrovia con un autoservizio. È contro ogni logica trasportistica. I cittadini hanno piena ragione, ma manca l’organo di interlocuzione; manca il filtro, la commissione che c’era prima, che serviva e serve per ascoltare le valutare le rimostranze dell’utenza. Quando ero Direttore alle Calabro-Lucane avevo istituito personalmente questa struttura, che mi dava la forza per chiedere al Ministero i fondi da destinare al miglioramento del servizio. In questo momento non c’è, Atac non ascolta». Qualcuno afferma che riaprire quel tratto costituirebbe danno erariale. «Assolutamente no, magari è l’esatto contrario».

Di Macco ricorda il vecchio progetto di una linea metroferroviaria circolare e tangenziale che metteva in collegamento le metro A, B e Roma-Lido, con annessa realizzazione di grandi parcheggi al di fuori del GRA. «Lo scopo era di alleggerire il nodo di Termini e incentivare la mobilità su ferro». Un’altra occasione mancata. E sulla questione dello scartamento, altro tema nevralgico della Giardinetti, afferma: «il MIT non ha imposto la sua conversione, da ridotto a tramviario. Tra l’altro lo scartamento ridotto agevola la mobilità del treno, in presenza di livellette e curve strette, non è un elemento detrattivo. Anzi. Abbiamo esempi in Italia di conversione o riqualificazione di linee a scartamento ridotto. E poi, quanto ci costa? Smantellare e ricostruire, mi sembra un’esagerazione». E poi si interrompe il servizio? «Altra assurdità. Ribadisco, l’esercizio è sacro, per cui lavori di ammodernamento potrebbero essere svolti in soggezione di esercizio. Un esempio? Sostituii 50 Km di rotaie sulle Appolo-Lucane senza chiudere niente». Ad maiora.  

Cultura e Spettacoli

Frascati: Torna il salotto letterario di “Libri in Osteria”

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Mancano davvero pochi giorni al ritorno di Libri in Osteria giunta alla Quinta Edizione
Si tratta di una intuizione geniale di Emanuela Bruni, noto giornalista, già assessore alla Cultura del Comune di Frascati ed attualmente nel cda del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo
Nella splendida cornice di piazza dell’Olmo, sede di una delle più antiche osterie di Frascati – l’Osteria dell’Olmo, appunto – questa iniziativa nel corso degli anni è divenuta uno dei salotti letterali più importanti dei Castelli Romani e della stessa Capitale.
Decine e decine di scrittori e di scrittrici che hanno raccontano i loro libri, le loro storie, i loro pensieri.
Abbiamo incontrato l’ideatrice di questa importante rassegna che è svolta, da sempre, in collaborazione con la libreria Ubik Cavour di Frascati e con il patrocinio del Comune.

nella foto Emanuela Bruni, lo scrittore Girolamo Grammanico e Francesco Collacchi

Emanuela ma come ti è venuta l’idea di coniugare un bel libro con il tipico prodotto della città tuscolana, cioè il celeberrimo vino Frascati?
In un giorno di fine lockdown con la voglia di incontrarci nuovamente in presenza e riflettendo su come farlo rispettando le distanze di sicurezza, tornando a casa dopo aver comprato un libro nella libreria Cavour, attraversando piazzetta dell’Olmo è scattata l’idea. Semplice e facile: recuperiamo la tradizione! Del resto da Goethe a Neruda, sui tavoli delle osterie frascatane accanto a un buon bicchiere di vino si sono intessuti trame e versi, racconti e cronache di tanti importanti scrittori e artisti, per secoli. Francesco Collacchi della Libreria Ubik di Frascati e Remigio Sognatesori titolare dell’Osteria dell’Olmo hanno sposato subito la proposta ed eccoci qui, ancora dopo 4 anni! Tanti sono stati gli autori che sono venuti a chiacchiere con noi sui tavoli di legno del nostro “spartano salotto” e anche quest’anno il programma e ricco e vario. Passeremo dai noir allo Sport, dalla storia del Novecento all’Antica Roma, dalle saghe familiari ai romanzi ambientati ai giorni nostri. Con noi ci saranno autorevoli penne del giornalismo nazionale e della narrativa insieme a giovani esordienti come ormai nostra tradizione.

ph di Corrado Spagnoli – l’Osteria dell’Olmo

“Quanta vita e quante storie ancora da raccontare. Luogo dell’anima e del cuore”
Questa è una frase, accompagnata da una splendida foto dell’Osteria dell’Olmo, di uno dei più accaniti fan della tua splendida iniziativa: il presidente del Consiglio Comunale di Frascati, Corrado Spagnoli.
Questa piazza è uno dei cuori pulsanti della città tuscolana e grazie alla tua iniziativa è tornato ad essere uno dei centri culturali più importanti della città.
Ti sei “assunta” una grossa responsabilità … cosa ti ha spinto a farlo?

Il centro storico sta perdendo la sua caratteristica di cuore pulsante della città durante le ore del giorno e del pomeriggio per lasciare spazio solo alla movida notturna. Cercare di far vivere la città tutto il giorno è anche un modo per sostenere le attività diurne e far vedere il centro storico in una luce diversa. Per questo vorremmo anche realizzare dei momenti speciali di narrazione delle tradizioni popolari per raccontare come a Frascati la vita è anche frutto di un passato vicino che ancora può insegnarci ad esempio la socialità, la bellezza, la capacità di percepire gli odori dei nostri forni o dei tigli che a giugno inondano l’aria di dolci profumi fioriti. Insomma in una parola riscoprire la bellezza del vivere Slow, almeno per qualche ora!
Libri in Osteria si dice che porti bene agli autori: finalisti al premio Strega, vincitori del premio Alda Merini e così via discorrendo… una sorta di talismano magico per scrittori e scrittrici.
Ti fa sorridere o è frutto di una scelta saggia da parte tua e degli altri organizzatori?

Mi fa sorridere ma allo stesso tempo piace a me e anche Francesco Collacchi e Remigio Sognatesori pensare di portare fortuna. A parte le facili battute dietro ogni edizione di Libri in Osteria però c’è una precisa scelta. Quella di far conoscere libri ed autori che hanno tanto da dire e raccontare senza necessariamente essere pubblicati dai giganti dell’editoria. Tentiamo di scegliere libri di contenuto che non siano frutto di marketing televisivo e commerciale. Guardiamo insomma alla qualità del testo nei contenuti e nella scrittura più che alla notorietà!

Mi raccomando non mancate … il primo appuntamento è mercoledì 22 maggio alle ore 18,00 quando arriverà la Vespa Ubik in tour con a bordo Andrej Longo autore del libro “La forma dei sogni” … non poteva iniziare meglio.

Un grazie davvero immenso ad Emanuela Bruni, alla libreria Cavour- Ubik di Frascati e all’Osteria dell’Olmo.

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Ambiente

Anbi, concorso fotografico “Obiettivo Acqua”: vincono Lazio e Toscana

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Sono la toscana Pamela Doretti (con lo scatto “Splash” nella categoria “colore”) ed il romano Franco Tulli (con lo scatto “L’impero dell’Acqua” nella sezione “bianco e nero”) i vincitori della 5° edizione del Concorso Fotografico Nazionale “Obiettivo Acqua”, organizzato da ANBI, Coldiretti e Fondazione Univerde.
Oltre 800 sono state le opere concorrenti a testimonianza del crescente successo del contest, che ha, come protagoniste, diverse sfaccettature della risorsa idrica.
“Non bisogna dare per scontata la disponibilità d’acqua ed il concorso serve a ricordare la vitale funzione della risorsa – ricorda Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e elle Acque Irrigue (ANBI) – E’ altresì necessario riprendere una politica di programmazione degli interventi per uscire dalla logica degli stati d’emergenza e va trovato un giusto equilibrio fra agricoltura ed ambiente, facce imprescindibili di una realtà chiamata territorio.”
“Senza acqua non può esserci nè qualità, né quantità in agricoltura; non solo: l’acqua è elemento determinante per la bellezza dei nostri territori – afferma Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti – Per questo occorre programmare investimenti per efficientare le infrastrutture idriche esistenti e realizzarne di nuove, consapevoli che la gestione dell’acqua è fondamentale anche per la manutenzione del suolo: servono bacini di accumulo, che abbinino prevenzione idrogeologica e disponibilità irrigua. In questo, chiediamo più coraggio alla politica.”
“Il concorso fotografico Obiettivo Acqua ci ricorda la necessità di dare impulso ad azioni concrete per la conservazione e la gestione sostenibile degli ecosistemi, che devono continuare a prosperare – aggiunge Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente di Fondazione UniVerde – Dobbiamo essere più responsabili nei confronti dei paesaggi d’acqua dolce, tutelarli dalle frammentazioni, dalla cementificazione e dal degrado causato dagli inquinamenti. L’uso insostenibile dei territori sta portando molti ecosistemi pericolosamente vicini al collasso: è ancora possibile passare a pratiche più sostenibili per la qualità dell’acqua, ripristinando anche la salute del suolo; i paesaggi con un ciclo idrologico funzionante forniscono acqua e cibo, sostengono la biodiversità e contribuiscono alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici.”
Alla premiazione sono intervenuti anche Nazario Palmieri, Generale Comandante Carabinieri Tutela Forestale e Parchi; Aldo Mattia, Componente Commissione Ambiente Territorio Camera; Vincenzo Gesmundo, Segretario Generale Coldiretti; Francesca Salvemini, Capo Segreteria Tecnica Ministero Ambiente Sicurezza Energetica.
Durante la cerimonia conclusiva, svoltasi a Roma in Palazzo Rospigliosi, sono state assegnate anche 9 menzioni speciali: “Le forme dell’acqua” al lavoro dell’umbro Fulvio Sudati per l’immagine “Rugiada”; “Un tesoro per l’uomo” al toscano Flavio Vieri per la fotografia “Sentieri curvi”; “Crisi climatica: difendere l’acqua – difendersi dall’acqua” al romagnolo Massimo Cavallari per lo scatto “Alluvione Maggio 2023: cascina nelle campagne di Lugo completamente isolata”; “Acqua fonte di cibo” dalla Fondazione Campagna Amica all’emiliana Donatella Drovandi per lo scatto “I prati di Sara”; “A due ruote lungo l’argine” dalla F.I.A.B. (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) al lombardo Marco Carè per l’opera “Tramonto sull’argine dell’Oglio”; “Scatti d’acqua, lo scorrere perpetuo da ANBI E.R. alla romagnola Elena Ghini per l’immagine “Alluvione in Romagna – Maggio 2023”; “Come ti cucino il Consorzio: acqua dolce, dal canale alla tavola” da ANBI Liguria al genovese Vittorio Ricci per la fotografia “Val Gargassa”; “Lombardia, una regione disegnata dall’acqua” da ANBI Lombardia al bresciano Andrei Domanin per lo scatto “Lago di Garda”; “Myacqua” da ANBI Marche alla pesarese Paula Castelli per l’opera “Nell’acqua, sull’acqua”.
“La cultura dell’acqua è uno dei tasselli della strategia ANBI per incentivare l’adattamento alla crisi climatica e che si fonda anche su nuove infrastrutture idriche, efficientamento di quelle esistenti ed investimenti in innovazione – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale ANBI – La nostra azione non si ferma e sabato prossimo, 18 Maggio, in tutta Italia inizierà la Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione.”

Ufficio Comunicazione:
Fabrizio Stelluto (tel.cell.393 9429729)
Alessandra Bertoni (tel.06 84432234 – cell. 389 8198829)

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Costume e Società

Sergio Leone: un’icona del “sogno americano” del cinema

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Sergio Leone è stato uno dei più grandi registi italiani del XX secolo, noto soprattutto per aver rivoluzionato il genere western e per aver contribuito a definire il “sogno americano” del cinema. La sua influenza si estende ben oltre i confini nazionali, raggiungendo un pubblico internazionale e influenzando generazioni di cineasti.

Nato a Roma nel 1929, Leone ha trascorso la sua infanzia immerso nel mondo del cinema, grazie al suo rapporto privilegiato con suo padre, il regista Vincenzo Leone. Tuttavia, è stato il suo lavoro come assistente alla regia su film come “Quo Vadis” e “Ben-Hur” a plasmare la sua visione cinematografica e a prepararlo per il successo che lo avrebbe atteso.

Il grande colpo di fortuna per Leone è arrivato con il suo primo film da regista, “Per un pugno di dollari” (1964), il primo della celebre trilogia del dollaro. Con questo film, Leone ha ridefinito il genere western, introducendo un nuovo stile visivo e narrativo che ha affascinato il pubblico di tutto il mondo. La sua abilità nel creare tensione attraverso lunghi silenzi, primi piani intensi e musiche iconiche ha trasformato il western in un’esperienza cinematografica completamente nuova.

Ma cosa c’entra tutto questo con il sogno americano? In realtà, molto. Il sogno americano non è solo una questione di geografia, ma anche di aspirazioni e possibilità. Sergio Leone incarnava perfettamente quest’idea, anche se in modo non convenzionale. Pur essendo italiano, ha saputo catturare l’essenza del west americano e ha portato la sua visione unica al grande schermo, conquistando il pubblico e la critica di entrambi i lati dell’Atlantico.

Leone ha continuato a consolidare il suo status di regista di culto con film come “Per qualche dollaro in più” (1965) e “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966), entrambi appartenenti alla sua trilogia del dollaro. Questi film hanno elevato il genere western a nuove vette di popolarità e hanno ispirato una generazione di cineasti, da Quentin Tarantino a Martin Scorsese.

Ma non è solo il successo commerciale che rende Leone un’icona del sogno americano del cinema. È anche il suo spirito pionieristico, la sua audacia nell’affrontare nuove sfide e il suo inconfondibile stile artistico che lo distinguono. Anche quando i suoi film non sono stati immediatamente accolti con favore dalla critica, Leone ha perseverato, rimanendo fedele alla sua visione e alla sua passione per il cinema.

In conclusione, Sergio Leone è stato molto più di un regista di successo. È stato un innovatore, un visionario e un’icona del sogno americano del cinema. Attraverso il suo lavoro, ha dimostrato che il talento e la determinazione possono superare qualsiasi confine geografico o culturale, e che i sogni possono diventare realtà, anche nel selvaggio west del cinema.

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