Governo, Di Maio dice no a incontro con Salvini prima delle nuove consultazioni

Il presidente Mattarella si appresta al nuovo giro di consultazioni nel tentativo di formare un governo. Si terrà giovedì e venerdì il secondo turno di incontri davanti al Presidente della Repubblica, secondo quanto si apprende da fonti parlamentari. Giovedì dovrebbero andare davanti a Mattarella le forze politiche mentre venerdì sarà il turno dei presidenti delle Camere e del Presidente emerito Giorgio Napolitano.

Di Maio: per ora non incontro Salvini

Vedere Matteo Salvini prima di salire al Colle per il secondo giro di consultazioni? La questione “è molto semplice: ci vediamo per fare cosa? Dobbiamo chiarire un paio di premesse, e valgono sia per il Pd sia per la Lega. Prima di tutto, qualunque tipo di contratto di governo partirà dai nostri temi. Poi inizierà la contrattazione con gli altri”. È il nuovo rilancio del capo politico e candidato premier del Movimento cinque stelle, Luigi Di Maio, in un’intervista al Fatto Quotidiano. Su possibili incontri con il leader della Lega, “vediamo, ma se dobbiamo farlo per dirci Berlusconi sì, Berlusconi no, non serve”, chiarisce: “io non voglio far saltare il tavolo, né con Lega né con il Pd – assicura – E voglio agevolare il lavoro del Presidente della Repubblica nel trovare una maggioranza. Ma dobbiamo arrivare agli incontri con le condizioni giuste”. Quanto all’apertura ai Dem, il leader M5s spiega di rivolgersi “a tutto il Pd, come a tutta la Lega. Chiunque sottoscriverà il contratto di governo, dovrà garantire per tutto il suo partito. Non voglio spaccare nessuna forza politica o incentivare rotture”.

Flick: clima elettorale non appropriato

Tra i “papabili” come premier, in caso di passo indietro dello stesso Di Maio e di Matteo Salvini, c’è l’ex Presidente della Consulta, Giovanni Maria Flick, che in un’intervista a RaiNews24 nota che per la formazione del governo “c’è una trattativa politica che è più adatta a un clima pre-elettorale” ma “le elezioni sono finite, sembra che qualcuno non se ne accorga, si continua a fare un discorso politico che non è in sintonia con il momento attuale”. Flick ha aggiunto che “i nostri padri e nonni non parlavano di contratti quando scrissero la Costituzione che era un bel compromesso, non un inciucio, non vedo perché dobbiamo parlarne adesso. Non riesco a capire un atteggiamento di questo genere ma forse sono demodé”.

Meloni: esempio è l’Ungheria di Orban

E la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per parlare della situazione italiana parte dal risultato delle elezioni ungheresi che hanno visto ancora un trionfo di Viktor Orban, che vince “perché fa gli interessi del suo popolo, perché difende l’identità cristiana dell’Europa, dice no al processo di islamizzazione forzata e non ha paura di combattere contro la speculazione finanziaria”. Oltre a questo, aggiunge Meloni, “negli ultimi anni Orban ha investito miliardi per il sostegno delle famiglie, delle fasce deboli e non risponde ai diktat del globalismo imperante”. Il leader ungherese è quindi il modello da seguire e deve diventare “un esempio anche per l’intero centrodestra italiano”, mentre “non si capisce nulla di quello che pensa il M5s. Dice tutto e il contrario di tutto”.




Governo, Salvini: “Se dall’altra parte arrivano solo no, si va a votare”

Ancora scintille tra il leader della Lega, Matteo Salvini, e quello del MoVimento cinque stelle, Luigi Di Maio. Salvini torna a parlare dopo la riunione dei leader del centrodestra ad Arcore e si dice convinto che ci sia il 51% delle possibilità di fare un governo tra centrodestra e Cinquestelle”. Pronta la replica di Di Maio: “C’è lo 0% di possibilità che il MoVimento 5 Stelle vada al governo con Berlusconi e con l’ammucchiata di centrodestra”, scrive su twitter.

“Se non c’è un governo serio si torna a votare. Non possiamo essere l’ultima ruota del carro. Farò di tutto per dare un governo a questo Paese che chiede cambiamento. Io mi sento pronto a prendere per mano questo Paese ma solo con una maggioranza certa. Serve un accordo scritto tra centrodestra e Cinque Stelle”, afferma Matteo Salvini. “Sono fiducioso che un governo si formerà e sarà un governo del cambiamento”, ha detto invece Luigi Di Maio “Di Maio, in questo momento, mi interessa meno di zero”, è la controreplica di Salvini.

Poi ancora Salvini da Spilimbergo: “La risposta a Di Maio è la vita reale: significa che c’è una squadra che ha vinto, voglio dialogare, non voglio fare il premier a tutti i costi, sono disposto a parlare di programmi, ma se dall’altra parte arrivano solo no, si va a votare e gli italiani daranno il loro voto a chi si fidano di più e penso che saremo noi”. “Da domani pronto a incontrare tutti, anche Di Maio. Anche non pretendendo di fare il premier. Ma se dall’altra parte ci sono arroganza, veti e supponenza non si va lontano”.

Salvini, che ha visitato il sacrario di Redipuglia, ha chiuso all’ipotesi di premier ‘terzi’ e sottolineato che chiederà un incontro a Di Maio. “Premier terzo? – ha detto Salvini – Quarto, quinto, dodicesimo, ma chi lo vota? I voti in parlamento da dove arrivano? Dal centrodestra e io immagino dai Cinque stelle, se vogliono ragionare seriamente”. “A Di Maio – ha aggiunto – chiedo se vuole ragionare o se preferisce il Pd, perché io ho visto che dice dialogo col Pd e anche con Renzi… auguri”.

“Non ci sono altri vertici, non è che possiamo far vertici tutti i giorni. Esiste il telefono fortunatamente, nel 2018”. “A Di Maio chiederò un incontro – ha aggiunto – volentieri, sulla disponibilità a venirci incontro per fare. Gli italiani chiedono di fare. Al di là dei veti o delle simpatie, facciamo qualcosa o no? Se la risposta è no, i numeri sono numeri, si torna al voto”. “Ci sono – ha detto ancora – il 51% di possibilità di fare governo tra centrodestra e Cinquestelle”.




Governo, scontro frontale al vertice centrodestra

Scontro frontale all’interno del centrodestra sulle prossime mosse in vista del prossimo giro di consultazioni al Quirinale. La polemica si consuma sotto traccia, al termine di un vertice ad Arcore tra i tre leader della coalizione, quando viene diffusa una nota congiunta in cui non si citano i Cinque Stelle e si ribadisce la richiesta a Mattarella di un incarico a un proprio leader, ovvero Salvini.
E’ necessario, recita il comunicato, che “dopo anni di governi nati da giochi di palazzo, il prossimo esecutivo sia rispettoso della volontà espressa dai cittadini nelle elezioni dello scorso quattro marzo”. Insomma, sulla carta una posizione unitaria, ma la coesione è solo di facciata: appena terminata la riunione fonti di Forza Italia fanno sapere che il centrodestra è unito nel chiedere un incarico a Salvini per un governo che vada a cercarsi i voti in Parlamento.

Un modo per stanare il leader del Carroccio e mettere oggettivamente in difficoltà il suo rapporto con Luigi Di Maio, si racconta in alcuni ambienti del centrodestra. Tanto da costringere Salvini a diffonde a sua volta un comunicato in cui chiarisce la sua intenzione di dialogare con tutti “a cominciare da Di Maio” e di non essere disposto a “tirare a campare”.

“In settimana – scrive – continuerò a dialogare con altri (a cominciare da Di Maio) l’unica cosa che escludo è di fare un governo insieme al PD, che ha fatto disastri negli ultimi sei anni. Se ci saranno i numeri per governare sarò orgoglioso di farlo, altrimenti – sintetizza – meglio tornare ad ascoltare gli italiani”.

Più tardi, fonti vicine alla Lega – in un estenuante ping pong con Arcore – traducono esplicitamente la nota precedente bocciando senza mezzi termini l’ipotesi che Salvini accetti un incarico al buio, senza avere prima in mano una maggioranza chiara. Insomma, nessuna ‘caccia al voto’ in Parlamento. Giorgia Meloni, invece, ospite da Barbara D’Urso, conferma che la coalizione punta alla premiership leghista ma poi, sottolinea: “vediamo chi ci sta in Parlamento”.

Quindi attacca Luigi Di Maio: “Ha una idea tutta sua della grande ammucchiata…Dice che vuol fare una cosa nuova e cerca un accordo con il Pd…. Vuole riportare al governo chi ha fatto disastri per sei anni. La grande ammucchiata è M5S-Pd”.

Sul fronte opposto, anche Giancarlo Giorgetti, ancora prima che inizi il vertice di Arcore, punzecchia il Cavaliere: “Berlusconi può decidere di fare un discorso orgoglioso, come quello che ha fatto al Colle, ma che però non ha sbocchi politici. Le alternative – osserva il capogruppo leghista su Rai 3 – sono peggiori a quelle che gli abbiamo proposto noi”. Quindi, auspicando un’intesa con i Cinque Stelle, chiede a Di Maio di evitare ogni “pregiudiziale sulla premiership” esortando tutti al fatidico passo indietro, come segnale di “responsabilità nei confronti il Paese”.
Un dialogo difficile, quello tra Lega e M5s, che però sembra non essersi mai interrotto.




Governo: si è dimesso il ministro Costa

Il ministro ha comunicato la sua decisione di lasciare l’esecutivo con una lettera al Presidente del Consiglio. “Caro Presidente – scrive Costa a Gentiloni – ho manifestato nei giorni scorsi la convinzione che sia il momento di lavorare ad un programma politico di ampio respiro che riunisca quelle forze liberali che per decenni hanno incarnato aspirazioni, ideali, valori, interessi di milioni di italiani che hanno sempre respinto soluzioni estremistiche e demagogiche.

Sono opinioni politiche del tutto naturali, per chi ha una storia politica come la mia. In questi mesi ho anche espresso il dissenso su alcuni provvedimenti (ius soli, processo penale), motivando dettagliatamente le mie posizioni. C’è chi ha ritenuto queste opinioni fonte di pregiudizio per il Governo, ma anche chi le ha apprezzate perché hanno portato una interessante dialettica. Tu, caro Presidente – prosegue Costa – hai sempre rispettato le mie idee. Non mi hai mai imposto il paraocchi e non mi hai chiesto di rinunciare alle mie convinzioni. Lo apprezzo moltissimo. Ma non posso far finta di non vedere la schiera di coloro che scorgono un conflitto tra il mio ruolo ed il mio pensiero. E siccome non voglio creare problemi al Governo rinuncio al ruolo e mi tengo il pensiero. Ho avuto un’occasione unica ed ho fatto un’esperienza bellissima, sempre con il massimo impegno. Ora faccio un passo indietro, perché le convinzioni vengono prima delle posizioni. A chi mi consiglia di mantenere comodamente il ruolo di Governo, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, rispondo che non voglio equivoci, né ambiguità. Allungherò la lista, peraltro cortissima, di Ministri che si sono dimessi spontaneamente. Rassegno, pertanto, con la presente – conclude Costa – le mie dimissioni dall’incarico di Ministro per gli Affari Regionali. Un caro saluto ed un augurio di buon lavoro a te ed a tutti i membri del Governo”.




Dal telelavoro agli asili nido: ecco le novità del Governo

 

Telelavoro e altre formule flessibili per venire incontro a mamme e papà con l'obiettivo di conciliare i tempi di vita e lavoro dei dipendenti pubblici. Il governo sta lavorando a una direttiva ad hoc per dare attuazione a quanto previsto dalla riforma Madia, dove si prevede che almeno il 10% dei dipendenti pubblici, dove lo richiedano, entro il 2018, possa avvalersi di nuove modalità spazio-temporali di lavoro. Nella stessa direzione vanno le convenzioni con gli asili nido e le misure per agevolare il ricorso al part time.

La delega Madia prevede, infatti, che le amministrazioni stringano accordi con nidi e scuole dell'infanzia, sempre nei limiti delle risorse disponibili. Viene aperta anche la possibilità di organizzare, anche d'intesa con altre amministrazioni, campi estivi per i figli dei dipendenti: servizi di supporto alla genitorialità aperti durante i periodo di chiusura delle scuole. Le linee guida per procedere su questo fronte dovrebbero rientrare nella direttiva che la ministra della P.a, Marianna Madia, starebbe stendendo insieme alla sottosegretaria Maria Elena Boschi, che ha la delega alle parti opportunità.

Insomma le novità per gli statali sembrano non finire, oltre al Testo Unico e al prossimo rinnovo dei contratti, ci sarà anche una direttiva apposita per un restyling del lavoro pubblico in versione 'family friendly'.




CONTINUA LO SCONTRO TRA GIUDICI E GOVERNO

Redazione

Non si placano le tensioni e le polemiche che si sono innescate tra toghe e governo: "Non vogliamo scontri e polemiche, non e' questa la finalita' del nostro congresso, vogliamo trovare intese e confronto". Lo ha detto il segretario dell'Anm, Maurizio Carbone, a margine della seconda giornata di congresso del sindacato delle toghe, dopo il dibattito scaturito dalla relazione ieri dal presidente Rodolfo Sabelli. "Non facciamo paragoni con il passato – ha aggiunto – la relazione era un'analisi degli ultimi due anni, chiediamo risposte concrete e forti, e questo non sempre e' accaduto, soprattutto sul fronte della corruzione. Un tema su cui la stessa politica sta facendo autocritica: la legge Severino, che era stata presentata come soluzione di tutti i mali, oggi viene rivista dal Parlamento, lo stesso presidente del Senato Grasso ha detto che e' insoddisfacente. Vogliamo che vengano meno errori e timidezze".
Carbone ha ripercorso poi tutti i temi al centro del congresso: sulle intercettazioni, ha osservato che "l'attenzione della politica si e' concentrata sulla pubblicazione piuttosto che sull'importanza dello strumento investigativo, questo per noi e' preoccupante". E sulla "campagna di delegittimazione", il segretario dell'Anm ha sottolineato che "noi magistrati siamo spesso stati indicati come unici responsabili delle disfunzioni del sistema, anche con slogan, come quello 'chi sbaglia paga', che hanno accompagnato riforme peggiorative. Noi ci ribelliamo a questo messaggio negativo"




VESCOVI AL GOVERNO: "FAMIGLIA DIMENTICATA"

Redazione

Un grosso freno arriva dai Vescovi. Nuovo stop della Chiesa sulle Unioni Civili che, dopo la presa di posizione di ieri dei vescovi arriva per voce del cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa a Roma. "La famiglia è un'altra cosa" sottolinea dicendosi "contrario" alle unioni civili. Tra i punti più "delicati" l'adozione dei figli. "Il governo farà le sue scelte, ma bastava il codice civile", ha sottolineato Vallini.

Ieri la brusca frenata di Maria Elena Boschi sulle unioni civili e l'affondo della Cei, con il segretario generale Nunzio Galantino, contro una politica "strabica" che investe energie su "queste forme di unioni particolari" e di fatto "sta mettendo all'angolo la famiglia tradizionale, pilastro della società". L'attacco dei vescovi piomba sul governo quando il ministro delle Riforme aveva appena ritirato l'aut aut di ieri agli alleati centristi: "Sulla stepchild adoption ci sono opinioni diverse e trasversali, il Pd lascerà libertà di coscienza. Non ci sarà nessuna rottura del governo e di maggioranza, ci confronteremo ed è possibile trovare un accordo". Pace fatta invece con il leader di Ap Angelino Alfano: "Per noi va bene quel che ha detto la Boschi e ribadiamo le nostre posizioni: sì ai diritti patrimoniali di ciascun soggetto della coppia no all' equiparazione al matrimonio e all'adottabilità dei figli per le coppie dello stesso sesso, perchè un grande errore". Il monito della Cei arriva ad impensierire il governo, anche se da giorni i cattolici della maggioranza (tanto quelli del Pd che quelli di Ap) si confortavano a vicenda dicendo che Renzi non avrebbe mai spinto l'acceleratore sulla adozione gay, sgradita ai due terzi degli italiani secondo sondaggi riservati noti al governo. "Come noi la pensa il 75 per cento degli italiani", rimarca non a caso il capogruppo di Ap alla Camera Maurizio Lupi, elogiando il retrofront della Boschi, così come fa il capogruppo al Senato Renato Schifani. Le parole di Monsignor Galantino non lasciano spazio ad equivoci, sono un monito severo ad un governo "che sta investendo tantissime energie per queste forme di unioni particolari e di fatto sta mettendo all'angolo la famiglia tradizionale fatta da padre, madre e figli". Per questa la Conferenza episcopale italiana invoca attenzione, senza che ci sia bisogno di 'appelli', perchè "un parlamentare cattolico non deve aver bisogno del giogo del prete".




IL GOVERNO APPROVA: BAGNOLI SARA’ RICOSTRUITA DA INVITALIA

di Christian Montagna

Bagnoli (Na) – Il Governo ha finalmente riscritto l’articolo 33 della legge salva-Italia secondo cui, è stato individuato il “soggetto attuatore” che si occuperà della ricostruzione del sito di Bagnoli. Sarà Invitalia ad occuparsi, dopo che il premier Renzi avrà siglato l’accordo il 30 Settembre, del tutto. L’area ex Italsider dovrà essere interamente bonificata e nuovamente organizzata: al momento, si stima che serviranno circa 300 milioni per il tutto. Al momento, resta da designare soltanto il commissario: pare che Renzi sia indirizzato su Salvo Nastasi.

Il premier ha varato l’articolo 33 per rendere la legge più facilmente applicabile e per venire incontro alle richieste del Comune e del sindaco Luigi de Magistris oltre a quelle del governatore Vincenzo De Luca. In molti, hanno obiettato e criticato sul tema che i ruoli di Comune e Consiglio comunale fossero troppo marginali rispetto alla bonifica e al ridisegno dell’area di Bagnoli-Coroglio. Addirittura, c’è stato chi ha gridato all’ incostituzionalità della stessa norma.

La cabina di regia. Una cabina per coordinare i lavori sarà istituita nelle vicinanze e all’interno, presieduta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio De Vincenti, ci saranno i ministeri dell’Ambiente, Sviluppo e Infrastrutture e un membro della Regione e uno del Comune che potrebbero essere gli stessi De Luca e de Magistris.

Il commissariamento. Era lo scorso venerdì 17 luglio quando il governo nominava il commissario per la bonifica e il rilancio dell'ex area Italsider di Bagnoli. Ad annunciarlo, il premier Matteo Renzi in una nota. 




INTERCETTAZIONI: NIENTE CARCERE PER I GIORNALISTI

di Angelo Barraco
 
Roma – Si è parlato di intercettazioni, del rischio di non poterne fare più un uso per un fine investigativo da parte dei giornalisti e dalla politica e dalle piazze italiane si è sentito il boato della polemica e dei pareri opposti “si va bene sono d’accordo; no non va bene mi oppongo”, i commenti degli italiani. Ma intanto, tra una polemica e l’altra, è arrivato nell’Aula della Camera l’emendamento PD che cambia il testo di riforma del processo penale che è stato approvato dalla commissione Giustizia di Montecitorio e che riguarda le intercettazioni. In seguito alle polemiche mosse dal M5S, il testo è stato messo a punto e stabilisce che vi è reato qualora la diffusione della registrazione avviene per il fine unico di diffamare. E’ stato firmato da Walter Verni e David Ermini e tale emendamento sostituisce la legge delega: “prevedere che costituisca delitto, punibile con la reclusione non superiore a quattro anni, la diffusione al solo fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente. La punibilita' e' esclusa quando le registrazioni o le riprese sono utilizzabili nell'ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca”. Inoltre le proposte di modifica sono altre, come quella sugli ascolti e la legge prevede che il PM abbia un tempo di 3 mesi per decidere poi se archiviare o avviare un’azione penale. Nel testo si legge: ”si applicano a procedimenti nei quali le notizie di reato sono iscritte nell'apposito registro di cui all'art. 335 codice di procedura penale successivamente all'entrata in vigore della presente legge”. Per quanto riguarda gli ascolti, Ncd resta ferma sulle sue posizioni e non presenta modifiche all'emendamento a prima firma Pagano presentato in commissione. L’intercettazione è sempre stato un mezzo che ha concesso ai giornalisti di smascherare truffatori dello Stato, soggetti all’interno dello Stato che truffano lo Stato stesso, falsi medici e quant’altro. Le tele camerine, i registratori hanno fatto si che costoro fossero stati scoperti, denunciati e talvolta arrestati.
 
Gli umori di qualche giorno fa sulla vicenda intercettazioni: L’emendamento di Area Popolare (Ncd-Udc) prevede la reclusione fino a 4 anni per coloro che effettuano registrazioni video e audio di nascosto al fine di recare danno al soggetti. Ma se le registrazioni contengono materiale importante e i soggetti tengono a cagionare la salute di altre persone, tendono a truffare e quindi sono loro a rovinare la reputazione altrui la legge come si muove? Intanto si ricomincia a parlare di legge bavaglio, e tra le norme c’è l’emendamento firmato da Alessandro Pagano che precisa “la punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell'ambito di un procedimento dinnanzi all'autorità giudiziaria o utilizzate nell' esercizio del diritto di difesa”. Ci sarà un emendamento che escluderà i professionisti dalla norma ma vi è anche un altro rischio, ovvero che le norme possano bloccare trasmissioni come Report, Le Iene e Striscia La Notizia. Intanto la politica è in agitazione e le voci si fanno alte. Intanto Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha delle perplessità “delle riserve e c'è una riflessione da fare”. Si è espresso sul delicato argomento dell’introduzione del carcere in caso di violazione “Questo è un emendamento che dovremmo valutare nell'impatto complessivo, perché in generale sono contrario alle sanzioni che prevedono il carcere per veicolazione di informazioni – dice in un’intervento a ilfattoquotidiano- Va specificato che si va a colpire chi carpisce informazioni in via fraudolenta” aggiunge inoltre “Non è l'orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti, c'è ancora il bicameralismo, vedremo il testo finale”. I M5S contestano e con pugno duro accusano maggioranza e governo di aver approvato una “porcata a danno della libera informazione”. Il Vicepresidente del M5S, dopo che la seduta viene chiusa, esclama “Se Berlusconi voleva mettere il bavaglio alla stampa, Renzi va ben oltre:questa è un'epurazione di massa”. Intanto Donatella Ferranti del Pd che sarà la relatrice del ddl sulla riforma sottolinea che la ratio di queste norme è la tutela dei privati, nessuno vuole mettere il bavaglio ai giornalisti e te tende a puntualizzare che “"Come relatore sono disponibile a riflettere su piccoli aggiustamenti che possano servire a chiarire”. Intanto dal blog di Grillo si legge la rabbia e la voglia di dar battaglia, scrivono e urlano a gran voce “"Noi lo diciamo fin da ora: siamo pronti a dar battaglia per difendere la libertà d'informazione. Il Governo pare voglia mettere una stretta alla pubblicazione delle intercettazioni –scrivono inoltre che- Ci aveva provato già Silvio Berlusconi, ed oggi ci ri-prova il Partito Democratico. Il progetto prevede che nelle ordinanze di custodia cautelare i magistrati non possano inserire intercettazioni che non abbiano rilevanza penale, che finiranno in un archivio riservato nella disponibilità di pochi. Ma la cosa grave è che si prevedono severe punizioni per imbavagliare i giornalisti che le pubblicano”. Sottolineano inoltre che le intercettazioni hanno rappresentato un punto importante per scovare il malaffare, la corruzione, scambi di tangenti e intrighi politici. 
 
Le storie. Ma le intercettazioni nel nostro paese sono un contorno di una terra arida e piena di insidie ma soprattutto con tanta nebbia, dove tutto non è mai chiaro, dove i politici dicono, non dicono e ritrattano. L’ultima vicenda di intercettazioni riguarda  il chirurgo Matteo Tutino, primario dell'ospedale palermitano di Villa Sofia arrestato per truffa al sistema sanitario, in un conversazione con il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, avrebbe affermato che l'assessore alla Salute, Lucia Borsellino, "va fermata, fatta fuori. Come suo padre", il giudice ucciso nella strage di via D'Amelio. La reazione dell’Italia è stata come un fulmine a cielo aperto e alla vigilia della commemorazione del 23esimo anniversario per la strage in Via D’Amelio, per ricordare la morte del Giudice Paolo Borsellino ucciso dalla mafia, le polemiche non mancano, soprattutto in seguito a quanto emerso dal Governatore della Sicilia in un’intercettazione con il suo medico Matteo Tutino. Rita Borsellino, la sorella del magistrato, ha inviato un sms a Crocetta, dicendo che la sua presenza non è ben gradita. L’intercettazione di Crocetta, pubblicata su l’Espresso, ha scosso gli animi di chi crede ancora in quel tipo di lotta e in quel tipo di giustizia che è diventata un simbolo per un’Italia ormai attorniata e piegata dalla corruzione, dal malaffare e dalla prevaricazione dell’interesse individuale a discapito dell’interesse collettivo. Sulle intercettazioni di Crocetta i pm smentiscono e dicono inoltre che di tale conversazione non vi è traccia nelle inchieste della Procura, ma il direttore dell’Espresso ribadisce che c’è, ma non h aggiunto altro. 
 
Un caso che è emerso grazie alle intercettazioni è stato quello di Berlusconi e delle escort che vedevano coinvolto il cavaliere in menage con ragazze e sono emesse registrazioni nel processo Ruby Ter. In tale inchiesta –chiusa con 34 indagati- è stata depositata una registrazione audio in cui vi è Barbara Guerra che, in un messaggio audio inviato tramite Whatsapp ad Ioana Visan dice di essere insoddisfatta per non aver ricevuto la macchina che aveva chiesto al tesoriere di Giuseppe Spinelli, tesoriere di Silvio Berlusconi. E dice “Domani butto giu' il cancello di Arcore comunque, vado a rubargli una macchina al vecchio”, Barbara Guerra, in un altro file audio, dice: “Ho appena richiamato Arcore e mi sono incazzata che io sono la p…… sono a 35 anni zitella perche' la p…… del presidente non la vuole piu' nessuno,  mi sono incazzata come una bestia, io del bla bla bla del burattino di Spinelli non me ne faccio piu' un c…. gli ho detto di riferirlo al presidente che se no io vado la' e gli chiamo magistrati giornalisti e inquirenti,  stasera veramente gli entro in casa”. La donna si lamenta con Spinelli e invia un sms nel febbraio 2014 dove scrive: “Dica al presidente che sono nella merda per colpa sua. Sto aspettando ancora la consegna della vettura. Io andro' con il mio legale in questura se non mi risolve i problemi che lui mi ha recato! Non ho ricevuto nulla. Ho urgenza per la vettura ragioniere. Grazie”. Il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il procuratore aggiunto Pietro Forno insieme al pm Tiziana Siciliano e al pm Luca Gaglio, titolari dell’inchiesta “Ter”, durante una conferenza hanno spiegato che Ruby, dei 7 milioni ricevuti da Berlusconi, avrebbe investo 2 milioni a Dubai. Secondo i pm, Ruby avrebbe intascato da Berlusconi soldi in contanti, compresi 800mila euro tra 2013 e metà 2014 e colui che si occupava di custodire i versamenti era l’avvocato Luca Giuliante. I pm ritengono che tra Berlusconi, Ruby e le altre ragazze, le cosiddette “olgettine”, vi fosse un accordo corruttivo risalente al periodo delle cene ad Arcore. Il pm spiega che “l'esborso di illeciti pagamenti in denaro per oltre 10 milioni di euro, oltre alla corresponsione di utilità quali concessione a titolo gratuito di case, pagamento di utenze, spese mediche e altre, unitamente a doni di elevato valore economico quali autovetture”. I pm ritengono che 3 milioni di euro sarebbero andati alle ragazze per non farle parlare e 7 milioni a Ruby. I soldi servivano per comprare il silenzio o rendessero dichiarazioni false nei due processi Ruby. Dalle indagini è emersa una 'tranche' da 400mila euro versata alla marocchina (avrebbe preso soldi fino allo scorso marzo), circa il 50% sarebbero finiti a Luca Risso. Gli inquirenti attendono una rogatoria avviata in Messico per fare ulteriori accertamenti. 



ANTICORRUZIONE: VIA LIBERA DELLA CAMERA

di Matteo La Stella
Roma- Arriva dall'Aula della Camera il definitivo lasciapassare per il ddl anticorruzione. Il testo di legge è stato accolto da 280 si, 53 no e 11 astenuti. A Montecitorio l'Aula ha scartato uno per uno gli emendamenti, lasciando il testo di legge invariato rispetto alla bozza già passata per il Senato, benedicendo così definitivamente il ddl anticorruzione. Tra i contrati M5S e FI, la Lega invece si è astenuta.
Gli umori sono alle stelle, il Premier Matteo Renzi twetta soddisfatto -”Anticorruzione e falso in bilancio sono legge. Quasi nessuno ci credeva. Noi si. Questo paese lo cambiamo, costi quel che costi. #lavoltabuona-”. A twettare ci pensa anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando che chiude la sua sfilza di cinguettii così-”Con la nuova legge #anticorruzione il falso in bilancio ritorna ad essere un reato punito con sanzioni severe”-.

IL TESTO
Il ddl passato definitivamente alla Camera è stato costruito sulla base di un testo presentato più di due anni fa da Pietro Grasso, unico suo atto da Parlamentare prima di diventare presidente del Senato. La legge reintroduce il reato di falso in bilancio, obbliga i condannati a restituire quanto dovuto e peraltro rinforza i poteri dell'Anac.
Le novità contenute nel testo sono:

CORRUZIONE
La pena per corruzione propria, che vede un pubblico ufficiale andare contro i doveri d'ufficio, si alza dai 4 agli 6 anni nel minimo e dagli 8 ai 10 anni nel massimo. L'effetto è quello di allungare i termini di prescrizione del reato. Schizzate verso l'alto anche le pene per peculato, corruzione per l'esercizio della funzione e corruzione in atti giudiziari.

Concussione anche nel pubblico servizio:
Il reato di concussione minaccia anche gli incaricati a pubblico servizio, con pene invariate: dai 6 ai 12 anni.

Pena più corta per chi collabora con la giustizia:
Sconti di pena da un terzo a due terzi per chi fornisce le prove, aiuta ad incastrare gli altri responsabili o il sequestro delle somme.

Patteggiamento, si può cone delle condizioni:
Il patteggiamento è possibile solo nel caso in cui ci sia stato il versamento anticipato ed integrale del costo o del guadagno del reato stesso.

REATO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA
La pena massima è quella dei boss, che dai 12 ai 24 anni di pena si innalza, fino a diventare dai 15 ai 26. Per i luogotenenti della stessa invece, la pena prevista, dai 9 ai 14 anni, diventa invece dai 12 ai 18 anni. Qualora l'associazione fosse composta da 3 o più persone, sono previsti dai 10 ai 15 anni dietro le sbarre (ora dai 7 ai 12) e oltretutto, se il gruppo è armato sono previsti dai 12 ai 20 anni di pena (ora dai 9 ai 15).

FALSO IN BILANCIO TORNA REATO
Il falso in bilancio, spesso utilizzato per la costituzione di fondi neri, torna ad essere reato. È prevista una distinzione tra società quotate e non quotate. La pena per aver falsificato il bilancio di un'attività quotata in borsa è dai 3 agli 8 anni. Per le altre società, nel caso in cui di proposito si espongano-”Fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”- si rischiano pene da 1 a 5 anni. Per questi reati niente intercettazione, utilizzabile solo per pene superiori ai 5 anni. I fatti di lieve entità vengono puniti con il carcere da 6 mesi a 3 anni. Inserita anche la non punibilità per -”Tenuità del fatto”-. Salgono invece le sanzioni pecuniarie per ogni tipo di società: le teste di serie dei brend rischiano di pagare dalle 200 alle 600 quote. Inoltre per le piccole società, che non possono fallire grazie al codice civile, è prevista la procedibilità a querela di parte.

OBBLIGO DI INFORMARE AUTORITA' ANTICORRUZIONE
Il pm che segue l'azione penale per i reati contro la pubblica amministrazione, deve tassativamente informare il presidente dell'Autorità Anticorruzione, dandogli notizia dell'imputazione.




PENSIONI, RENZI: "QUATTRO MILIONI DI ITALIANI AVRANNO 500 EURO A TESTA"

di Angelo Barraco
 
Roma – Il premier Matteo Renzi, ospite al programma "L'Arena" di Massimo Giletti, su Rai 1, ha promesso: "Rimborseremo le pensioni di 4 milioni di italiani con 500 euro a testa in media". Il primo ministro ha parlato di molte cose, dalle pensioni al fantomatico termine dei lavori della Salerno-Reggio Calabria per il 2016, con un Giletti stupito che diceva al premier che la responsabilità di quell’impegno era enorme e infatti lo è poiché la speranza della chiusura di quei lavori ormai è diventata un’utopia.

Ma andiamo con ordine. Renzi ha parlato di pensioni e ha detto che circa "quattro milioni di pensionati, il primo agosto, avranno circa 500 euro a testa in media". Questo vuol dire che verranno rimborsate le pensioni fino a quelle di 3mila euro. Il rimborso sarà comunque a scaglioni: i pensionati con un assegno più basso prenderanno di più.

Renzi ha voluto anticipare da Giletti la soluzione che il governo porterà al Cdm come risposta alla sentenza della consulta in merito al blocco delle indicizzazioni delle pensioni. Il premier ha puntualizzato anche che nessun pensionato perderà un centesimo da tutta questa vicenda. il primo ministro ha poi aggiunto che "gli assegni superiori ai 3.000 euro saranno tenuti fuori dal rimborso".

“Scriveremo una nuova norma rispetto al blocco delle indicizzazioni – continua Renzi – che restituirà a una parte dei pensionati una percentuale dei soldi". Per rispondere alla sentenza della Consulta il governo userà i due miliardi messe da parte per le misure per il contrasto della poverta.

“Ovviamente non è un rimborso totale" conclude il premier. Il costo lordo di tutta la manovra, se si volessero restituire tutti i soldi, sarebbe di 18 miliardi. "Significherebbe tagliare la scuola, il sociale e le strade" aggiunge il premier.

Salerno-Reggio Calabria – Il primo ministro ha anche parlato del problema della Salerno-Reggio Calabria. "Ultimeremo i lavori entro il 2016 – ha commentato Renzi -, e nomineremo il nuovo Cda di Anas".