VENAFRO (IS) – Venolea 2018, la manifestazione promossa dal Parco dell’Olivo di Venafro che punta alla tutela dei paesaggi rurali storici, vedrà tra i suoi partecipanti il pro Rettore dell’università La Sapienza con delega all’energia, il Professore Livio De Santoli. Di origine molisana, sarà presente al convegno proprio per parlare di territorio, dell’impatto che le attività umane hanno sui territori agricoli e rurali.
Puntata di Officina Stampa del 13/12/2018Puntata di Officina Stampa del 23/02/2017
Abbiamo chiesto al pro Rettore quale è il messaggio che vuole portare nella discussione, in una dichiarazione che pubblichiamo in anteprima per i lettori de L”Osservatore d’Italia
Quella di sabato sarà la prima uscita ufficiale da quando è stato nominato Pro Rettore, nella quale si parlerà di territorio. Quanto può influire un’attenta politica energetica per la salvaguardia di luoghi come quelli del Molise, che lei conosce bene perché ne è originario?
Gli Stati membri dell’Unione Europea hanno assunto l’obbligo di presentare entro il 2018 il Piano nazionale clima-energia, che deve contenere la definizione degli obiettivi e delle misure al 2030 coerenti con quelli su energia e decarbonizzazione dell’Unione europea (Clean Energy for All European Package) e una proiezione di questi obiettivi al 2050.
Gli obiettivi della UE sono molto sfidanti e possono essere conseguiti solo con azioni contestuali, congiunte ed intersettoriali su tutti i centri di consumo. Un centro di consumo molto rilevante è quello dell’agricoltura, che rappresenta attualmente circa il 30 per cento del consumo totale di energia del mondo ed il 22 percento delle emissioni di gas climalteranti totali. I paesi industrializzati utilizzano una porzione maggiore di questa energia per la lavorazione e il trasporto, tre-quattro volte superiore all’energia usata per la produzione primaria.
Questo significa che occorre necessariamente migliorare l’efficienza energetica per l’intera filiera alimentare, nelle coltivazioni, nell’uso dell’irrigazione e fertilizzanti, nella refrigerazione, nei sistemi di stoccaggio, nei trasporti, nella produzione e nella preparazione del cibo. I consumi di energia nel sistema agricolo-alimentare italiano sono – dopo un lungo trend in diminuzione – in rialzo, con una quota parte dell’energia finale consumata in Italia pari a circa 12%. Anche in questo settore occorre fare di più e soprattutto farlo in maniera organica, proprio nel settore alimentare dove si consuma quasi il doppio di quello agricolo (8 contro 5 Mtep/anno).
I potenziali risparmi energetici del settore sono da considerarsi significativi, con valori del 25% nell’irrigazione, del 70% nella ventilazione degli ambienti industriali e del 20% nella trasformazione agroalimentare, con interventi di efficienza energetica che devono riguardare contestualmente sia la produzione, la trasformazione, la conservazione dei prodotti, la climatizzazione degli ambienti di lavoro. Ma per rendere più strutturale il tema dell’efficienza energetica nel settore agricolo, occorre riferirsi obbligatoriamente alla filiera corta come strumento per ridurre le emissioni e contenere il consumo di fonti fossili. Questo significa valorizzazione dei territori ed investimenti soprattutto rivolti a questi.
Infine, l’accesso all’energia prodotta da fonti rinnovabili trova una perfetta integrazione e utilizzazione nei settori dell’agricoltura, dell’acquacoltura, negli impianti di trasformazione dei prodotti e l’energia può essere fonte di introiti supplementari se venduta sul territorio, soprattutto se favorisce lo sfruttamento delle risorse locali, dei residui di biomassa, della produzione e della trasformazione alimentare. L’aumento dell’uso delle fonti rinnovabili è allo stato iniziale nel settore agricolo, e proprio per questo il settore in questo campo si rivela ad elevato potenziale, a patto che si potenzino investimenti e ricerca, unitamente allo sviluppo di programmi di istruzione e di disseminazione di buone pratiche.
Gli occupati ad aprile crescono di 48mila unità rispetto a marzo (+0,2%) e di 390mila unità rispetto ad aprile 2022 (+1,7%).
Lo rileva l’Istat spiegando che il tasso di occupazione sale al 61%.
L’occupazione cresce tra i dipendenti permanenti e gli autonomi e cala per i dipendenti a termine
La crescita porta gli occupati a 23milioni 446mila unità. Su base mensile, il tasso di occupazione sale al 61,0%, mentre quelli di disoccupazione e di inattività calano al 7,8% e 33,6% rispettivamente
L’occupazione cresce ad aprile grazie alle donne. A fronte di un aumento di 48mila unità nel complesso su marzo si registra un calo di 4mila unità tra gli uomini e un aumento di 52mila unità per le donne.
Anche su base annua le donne registrano il risultato migliore con 217mila occupate in più a fronte di un aumento di 173mila unità tra gli uomini. Il tasso di occupazione femminile arriva ad aprile al 52,3% con un aumento di 0,3 punti su marzo e una crescita di 1,4 punti su aprile 2022 (+0,6 punti sull’anno per gli uomini).
Il tasso di disoccupazione cala al 7,8% con una riduzione di 0,1 punti rispetto a marzo e di 0,4 punti su aprile 2022. Le persone in cerca di lavoro scendono sotto quota due milioni e sono 1 milione 986mila, in calo di 14mila unità su marzo e di 72mila unità su aprile 2022. Nel mese il tasso di occupazione sale al 61% mentre, quello di inattività cala al 33,6% (-0,1 punti sul mese, -0,9 sull’anno).
Il mercato del lavoro tira e per assicurarsi il personale necessario le aziende fanno più contratti stabili. I dipendenti permanenti nel mese sono cresciuti di 74mila unità sul mese e di 468mila unità sull’anno. I dipendenti a tempo determinato ad aprile sono diminuiti di 30mila unità su marzo e di 149mila unità su aprile 2022.
Nel complesso gli occupati sono cresciuti di 48mila unità su marzo e di 390mila su aprile 2022. I dipendenti complessivamente sono circa un milione in più dell’aprile 2021.
Oltre 30.000 presente al Netcomm Forum, un successo anche per il 2023, nel corso della diciottesima edizione dell’evento di riferimento per il digital retail in Italia.
Lo scorso 18 maggio la kermesse si è conclusa con tre conferenze plenarie, 175 workshop di approfondimento e oltre trecento aziende sponsor ed espositrici. Numeri importanti per un marchio che è il riferimento assoluto nel settore dell’e-commerce italiano, i cui numeri dal 2020 non smettono di salire: nel 2022 l’e-commerce ha migliorato del +8% i già buoni dati del 2021, toccando i 33,2 miliardi di euro.
Quel che è chiaro è che il retail si sta via via evolvendo e contestualmente spostando verso nuove frontiere: sono queste le opportunità del futuro. Così Netcomm ha lanciato il primissimo “Manifesto dell’e-commerce”, con dieci punti da attenzionare, che rappresentano per l’appunto la direzione presa dal settore, protagonista di trasformazioni definibili anche epocali per quel che riguarda l’intero Paese. Il primo punto del Manifesto riguarda il valore economico del settore: il digital retail ha totalizzato 71 miliardi di valore di crescita, il primo driver dell’economia italiana, con un fatturato nettamente raddoppiato e con la compresenza di 723.000 imprese. Il secondo punto invece prende in esame le competenze: qui entrano in gioco le skill digitali, per imprese, ma anche per imprenditori e giovani.
Il terzo punto tocca l’argomento proximity commerce, che secondo gli esperti va sostenuto perché spinge sempre più verso l’integrazione tra i grandi marchi del commercio elettronico e i piccoli negozianti. Un mix, insomma, tra grandi e piccole imprese per la sostenibilità del settore. Senza dimenticare il Made in Italy, quarto punto del Manifesto: tutto in digitale ma valorizzando il patrimonio artistico, culturale, artigianale e tutto quel che concerne le bellezze della Penisola, sotto tutti i punti di vista.
Tutto verte sul digitale: i punti cinque, sei e sette del Manifesto forniscono attenzione su Mll digitali locali, distretti digitali e marketplace, probabilmente la novità degli ultimi anni: sono oltre 400 i marketplace internazionali su cui investire in export digitale.
Il punto otto verte sulla logistica e l’intermodalità: occorrono nuovi modelli di logistica, anche in ottica sostenibilità ambientale, economica, sociale. Il punto nove invece riguarda i pagamenti digitali, assieme ai marketplace la nuova frontiera dell’e-commerce. Tutte le industrie del mondo stanno incentivando pagamenti digitali anche “non convenzionali”, slegati cioè ai metodi bancari tradizionali, puntando quindi su canali come Satis Pay, i pagamenti via smartphone, le criptovalute. Questa apertura può essere rivoluzionaria per il prossimo decennio.
Ultimo punto, che racchiude tutti gli altri: le tecnologie sempre più centrali e performative, dall’AI ai Big Data alla Blockchain, passando per Realtà Aumentata e Realtà Virtuale. Questo è l’ultimo punto ma non per importanza: perché è anche la base di partenza per questo decalogo e per il futuro del digitale.
“Lo dico dallo scorso gennaio al Governo di Giorgia Meloni: riorganizziamo la capacità produttiva delle imprese italiane. Bisogna aprire un vero tavolo di lavoro con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia per le imprese, Mediocredito e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy”. E’ quanto afferma Diego Righini, presidente della Federazione della PMI Confartigianato Città Metropolitana di Roma.
“Come evidenziato dalla Corte dei conti è un argomento prioritario”, prosegue Righini, “Non produciamo più. La fiducia delle imprese nell’investire in capitale, mezzi e personale manca per una questione di carenza organizzativa del sistema del piano industriale e del credito, il problema iniziale é come sfruttare il fondo del PNRR, ma poi ci sarà quello dei fondi di coesione 2021-2027 e i fondi RePowerUe”.
Il presidente della Federazione della PMI Confartigianato Città Metropolitana di Roma ricorda alcuni dati, emersi dal Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti. “A fine 2022 i 24,5 miliardi di spesa sostenuta dalle Amministrazioni centrali titolari di misure del PNRR testimoniavano un avanzamento del 12,8%”, prosegue Righini, “Considerando anche il progresso dei primi mesi di quest’anno, il tasso di sale al 13,4%. Se le prime 3 missioni (digitalizzazione, transizione energetica e infrastrutture), “evidenziano progressi più ampi, tutti superiori al 16%”, le missioni 4 e 5 (legate all’istruzione e all’inclusione) presentano tassi di avanzamento vicini al 5%, mentre la 6 in tema di salute non raggiunge la soglia dell’1%”.