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ALLARME EBOLA IN AFRICA OCCIDENTALE: PARTONO ALTRI STANZIAMENTI DALL'EUROPA

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Il Ministero della Salute Italiano nel frattempo ha sottoscritto un accordo con lo Stato Maggiore della Marina Militare per la gestione delle problematiche quarantenarie che saranno eseguite stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano all’operazione Mare Nostrum al fine di effettuare le operazioni di controllo sanitario già prima che i migranti arrivino nei porti italiani ed utilizzando il lasso di tempo che intercorre tra il recupero e l’arrivo in porto.

 

di Cinzia Marchegiani

Commissione UE- Più di 325 casi di Ebola sono stati confermati in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Fino alla fine di maggio solo Guinea e Liberia erano stati colpiti. Dal 29 maggio, invece, 94 nuovi casi sono apparsi nel distretto di Kailahun della Sierra Leone, una zona al confine con la Guinea. 12 nuovi casi anche riapparso in Liberia, che erano stati dichiarati Ebola-liberoIl Laboratorio europeo di Mobile (EMLAB), un progetto finanziato dall'Unione europea per le malattie infettive pericolose, è operativo in Gueckedou, Guinea dalla fine di marzo. Gli esperti del laboratorio europeo aiutano Ministero della Salute della Guinea per la diagnosi di febbre emorragica virale tra i casi sospetti, contribuendo così a confermare la Ebola, ridurre il numero di casi non diagnosticati e limitare l'ulteriore diffusione della malattia. L'imminente stagione delle piogge rischia di ostacolare l'accesso alla epidemia di hot spot a distanza di Kailahun. Con i nuovi casi segnalati anche in Guinea e Liberia espansione regionale dell'epidemia richiede approcci coordinati e di una mobilitazione supplementare di risorse.

Ebola, scoperto nella Repubblica democratica del Congo e Sudan nel 1976, numerosi focolai di questa febbre emorragica virale sono stati segnalati in Africa orientale e centrale, ma mai non in Africa occidentale, questo dimostra che si sta spostando in altre zone. Altamente contagioso, trasmissione interumana del virus Ebola avviene per semplice contatto con sangue e fluidi corporei. Vaccino o trattamento è ancora disponibile per questo patogeno, uno del mondo più letale con un tasso di mortalità fino al 90% a seconda del ceppo.

Ieri la Commissione europea ha stanziato un supplemento di € 500 000 per migliorare gli interventi volti a contenere il peggioramento epidemia di Ebola in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Questo porta il totale degli aiuti Commissione a € 1,9 milioni.
"Questa è la peggiore epidemia mai di una delle malattie più letali che l'uomo conosca. Non possiamo abbassare la guardia – e tutti noi dobbiamo fare un passo avanti per aiutare coloro che stanno combattendo con coraggio la malattia in prima linea ", ha detto Kristalina Georgieva, commissario europeo per la cooperazione internazionale, aiuti umanitari e risposta alle crisi.

Il finanziamento consentirà tre organizzazioni per sostenere ed espandere le loro azioni: Médecins Sans Frontières per la gestione clinica dei casi, la Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa per la sensibilizzazione della comunità e di sensibilizzazione, e l'Organizzazione mondiale della sanità per il rinforzo dei paesi "risposte di salute.
Esperti umanitari della Commissione sono dispiegati nella regione, dove si stanno monitorando la situazione e mantenere contatti con le autorità locali e partner.
In relazione alla facilità di trasmissione di questo virus letale e i continui sbarchi di immigrati che provengono proprio dall’Africa rende difficile poter contenere le possibili epidemie, e in merito a queste nuove emergenze il Ministero della Salute italiano, proprio lo scorso 18 giugno ha sottoscritto un accordo con lo Stato Maggiore della Marina Militare nel quale si prevede che dal 21 giugno personale sanitario del Ministero, con specifica formazione per la gestione delle problematiche quarantenarie, che competono direttamente allo Stato, sarà effettuata stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano all’operazione Mare Nostrum al fine di effettuare le operazioni di controllo sanitario già prima che i migranti arrivino nei porti italiani ed utilizzando il lasso di tempo che intercorre tra il recupero e l’arrivo in porto. Si spiega questo nuovo approccio permette il contenimento delle possibile trasmissioni di malattie pericolose e quindi si opererà per la prima volta una proiezione in mare degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute. Medici, ed altro personale sanitario della Marina Militare imbarcato sulle stesse unità, continueranno ad effettuare gli interventi sanitari curativi che si rendessero necessari. L’operazione di controllo sanitario in mare aperto dovrebbe contribuire ad elevare ancora il livello di tutela dei cittadini residenti nel nostro Paese e quella dei migranti stessi. Il Ministero della Salute comunica questa nuova direttiva proprio sul sito istituzionale: "azione che permette di prosegue l’opera di rafforzamento del dispositivo di sorveglianza sanitaria nei confronti di potenziali rischi infettivi connessi ai flussi migratori ed ha avviato una iniziativa volta rispondere in maniera efficace all’incremento numerico delle persone da controllare."

L’Ebola, e quale altra malattia altamente infettiva, ha innescato queste nuove direttive? L’immigrazione senza fine ha creato allarmismi diventati non solo concreti, ma che hanno cambiato la vita soprattutto dei residenti delle zone dove questi approdi continui e senza sosta avvengono….una nazione deve dare assistenza, ma senza mettere in pericolo i propri cittadini…e queste notizie fanno riflettere sulle capacità amministrative non solo dell’Italia ma dell’intera Unione Europea.

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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