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Economia e Finanza

Banca Popolare del Lazio, mutui agrari tra Coopcredit e Ampla: il Tribunale di Roma vuole vederci chiaro [L’inchiesta 11 parte]

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L’imprenditore agricolo Stefano De Marchi dopo aver richiesto ed ottenuto un mutuo agrario con l’intervento oneroso della Coopcredit (3% sull’importo del mutuo), si è visto negare l’erogazione dalla Banca Popolare del Lazio, dopo la stipula dell’atto di vendita e del mutuo stesso

Respinto dal Tribunale di Roma il ricorso della società di mediazione Coopcredit S.C.p.A nei confronti dell’imprenditore agricolo Stefano De Marchi, titolare dell’Azienda Agricola di De Marchi Stefano che è stato travolto da una vicenda dai contorni paradossali e tutt’ora in corso con la banca Popolare del Lazio.

La grande notizia è che il giudice del tribunale di Roma Francesco Remo Scerrato vuole vederci chiaro su quella che si prefigura come una mediazione creditizia che di fatto non appare necessaria. Perché? Perché è “mediatore chi (Cass. 1447/2000; Cass. 6959/2000) interponendosi in maniera neutrale e imparziale tra due contraenti, deve metterli in relazione e farli pervenire alla conclusione dell’affare, cui è subordinato il diritto al compenso, e ricordato altresì che l’indipendenza del mediatore va intesa come assenza di qualsiasi vincolo o rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario”.

Il giudice ha ritenuto “opportuno non concedere la provvisoria esecutorietà e rimettere al prosieguo ogni migliore approfondimento sugli effettivi rapporti fra l’opposta e la mutuante”. Un grande risultato perché evidentemente, al Tribunale di Roma non appare chiara una situazione che è finita tra le questioni rilevate in un verbale di Banca d’Italia e evidenziate a più riprese nella nostra inchiesta giornalistica sulla Banca Popolare del Lazio.

LE PUNTATE PRECEDENTI DELLA NOSTRA INCHIESTA GIORNALISTICA

Nelle nostre puntate dove siamo entrati nei particolari abbiamo parlato anche dei fatti riportati nel verbale redatto dalla Banca D’Italia dell’anno 2018, rompendo un silenzio disarmante per i cittadini onesti e compiacente, probabilmente, per altri. Una sorta di rigurgito di verità che fino ad oggi ha fatto fatica ad emergere a causa di una presunta immobilità degli organi preposti, primo tra tutti la Vigilanza della Banca D’Italia. Quest’ultima ha anche abdicato al conflitto di interessi, certificato nel proprio verbale, non sanzionato individualmente e quindi ritenuto lecito, con buona pace del controllo sulla sana e prudente gestione.

Eppure, non sembra possa esserci nulla di sano e prudente nei fatti e casi che abbiamo raccontato. Ricordiamo tra tutti il caso Protercave, il caso Ciarla-Masi, la situazione Di Giacomantonio, la posizione Ladaga, alle quali la Vigilanza ha aggiunto i conflitti di interesse del Consigliere Natalizia, e conseguentemente del Dott. Romagnoli, presidente del collegio sindacale della Natalizia Petroli e della Banca Popolare del Lazio, tanto da dimettersi per primo subito dopo i rilievi della Vigilanza.

Sembrerebbe che la Vigilanza abbia fatto tesoro del famoso contenuto della lettera dei soci coraggiosi, lettera da cui è partita la nostra inchiesta, dimostrandone la affidabilità delle affermazioni contenute. Di contro, se la Vigilanza ha ritenuto che non costituiscano conflitto di interessi i fatti dalla stessa individuati, tutti gli amministratori di Banca in futuro potranno regolarsi di conseguenza, sapendo di non incorrere in sanzioni nel caso in cui vengano taciuti i propri rapporti professionali e di fornitura con clienti ai quali venga deliberata una qualche forma di affidamento, anche quando si sia a conoscenza di situazioni di rischio per la Banca che si è chiamati ad amministrare.

Si deve però prendere atto che per la prima volta, e speriamo sia solo l’inizio di un fiume in piena che neanche i più consolidati rapporti tra poteri paralleli più o meno occulti sia in grado di fermare, un Magistrato ha inteso mettere in dubbio la legittimità di uno dei tanti fatti, di quello che a noi sembra un malgoverno della Banca, posti in essere da amministratori non certo specchiati e da questo giornale narrati in tempi non sospetti.


Stiamo parlando della società Ampla, di proprietà della sig.ra Angela Ghirga moglie del sig. Roberto Lucidi, fratello del Ragioniere Massimo Lucidi, (amministratore delegato della Banca Popolare del Lazio ai tempi dei fatti narrati), società che si prestava ad emettere fatture di consulenza alla Coopcredit per ottenere il pagamento di una somma che sembrerebbe aver costituito parte delle somme che la Popolare del Lazio riconosceva a quest’ultima società (Coopcredit) per il lavoro definito dalla Coopcredit di intermediazione tra il cliente agricoltore e la banca.

Questo giornale ha trattato la questione in una puntata di officina stampa, nella quale con stupore ed una certa incredulità andammo a commentare i documenti dai quali risultava che la Coopcredit dopo aver ricevuto dagli agricoltori l’importo di mediazione pari al 3% dell’importo mutuato, provvedeva a saldare le fatture emesse dalla Ampla per prestazioni di consulenza immaginiamo finanziaria;

Sembrerebbe che solo nel primo anno di gestione da parte della Coopcredit, degli affidamenti in materia agricola per conto della Banca Popolare del Lazio, siano stati pagati circa 900mila euro dagli agricoltori a fronte di circa 30milioni di mutui. Di tale passaggio di denaro ne certificò l’esistenza perfino la Banca D’Italia la quale nella propria ispezione del 2018 constatò, mettendolo nero su bianco, della esistenza di tale sistema avendo avuto la possibilità di riscontrare la presenza di fatture emesse dalla Ampla srl a favore della Coopcredit.

Immaginiamo che Massimo Lucidi possa essere rimasto imbarazzato nel dover giustificare tali avvenimenti in Consiglio di Amministrazione, in ogni caso benevolo, per non essere i componenti stati in grado di scagliare la prima pietra, (non va dimenticato il Consigliere che mentre invitava ad acquistare azioni della Banca, si preoccupava di far liquidare quelle del padre venuto a mancare del valore di circa 232.755,00 euro) accontentandosi delle giustificazioni fornite, d qualcuno definite come “giustificazioni fanciullesche”.

Sembra che il ragionier Lucidi ne sia uscito brillantemente alla italiana maniera…. limitandosi ad affermare, nella più classica delle giustificazioni che non fosse a conoscenza dell’esistenza della società Ampla e di tale passaggio di denaro. La storia insegna.

Neanche il famoso Scajola seppe riferire chi gli aveva pagato la casa vista Colosseo, ma almeno lui fu indagato.

Così vanno le cose in Italia, soprattutto quelle bancarie in cui nessuno sa, nessuno vede e sicuramente nessuno interviene salvo fare a scaricabarile quando una banca affonda, in un rimbalzo di responsabilità tra la Banca D’Italia (sulle cui specifiche responsabilità ci piacerebbe tornare a parlare in futuro) che sembra non aver controllato a fondo, la Magistratura che non ha indagato e la Politica che non ha preso provvedimenti.


Viene alla memoria l’affermazione dell’Onorevole Paragone, non a caso fuoriuscito dai 5 stelle, il quale indicava come malato un sistema nel quale le Banche finanziano in modo trasversale i politici, questi ultimi nominano i vertici della Banca D’Italia e la Banca D’Italia dovrebbe prendere provvedimenti nei confronti di quegli amministratori che si sono dimostrati tanto affidabili da finanziare la politica che li ha nominati (i vertici di banca D’Italia).

Finché la giostra gira nessuno ha interesse a fermarla, ognuno ha la sua parte; I politici (vedi caso Verdini/Chiocci/Protercave) ottengono lauti finanziamenti occulti, i dirigenti della Banca D’Italia, se si dimostrano servili alla politica che li ha nominati, mantengono i loro privilegi, gli amministratori della Banche in questo ginepraio sanno che non saranno oggetto di provvedimenti dalla Vigilanza, qualunque Ampla decidano di far girare sulla giostra, fin tanto che saranno in grado di “aiutare” la politica.

Qualcuno potrebbe obiettare ma la magistratura?

Ebbene non vogliamo pensare che la Magistratura, come ha dimostrato il caso Palamara, non sia altro che lo specchio della politica; forse esiste qualche Procuratore che si metta anche solo a guardare come gira la giostra.

In tutto questo girotondo, gli unici che hanno pagato la realizzazione della giostra senza capire come funziona, sono i poveri investitori, in genere i micro-investitori, quelli realmente poveri, le famiglie i pensionati la cui utilità marginale degli investimenti è enorme, i grandi investitori forse sanno per tempo quando devono scendere dalla giostra, disinvestire e recuperare i propri profitti, forse hanno sempre un vocina che li mette in guardia, fa parte delle regole della giostra.

L’attività posta in essere, anche in questo caso non è rimasta priva di effetti per gli investitori della domenica

La vigilanza, infatti, dopo aver accertato i fatti ad essa segnalati, fu costretta a ritenere totalmente prive di efficacia le garanzia Ismea, acquisite grazie all’intervento, evidentemente ritenuto non troppo sapiente, della Coopcredit, con la conseguenza la Banca Popolare del Lazio, su imposizione della Vigilanza dovette eseguire accantonamenti sui mutui agrari anche per la parte che riteneva garantita da Ismea (50%), tanto che nell’anno in esame 2018, la semestrale si presentò in perdita e il bilancio chiuse con il più basso utile degli ultimi quaranta anni. Il valore delle azioni già in declino iniziò una inesorabile ed ancora oggi irreversibile picchiata.

Del resto un altro degli effetti negativi della giostra messa in piedi fu che le migliori e più solide aziende agricole emigrarono verso altri istituti bancari dai quali ottennero affidamenti a costi di gran lunga inferiori a quelli praticati dalla Banca Popolare del Lazio, che dal canto suo richiedeva la percentuale a favore della Coopcredit, un tasso a proprio favore ed uno a favore dell’Ismea oltre a qualche spicciolo per le spesucce di istruttoria; rimasero clienti della Banca solo coloro che non erano solidi ovvero che facevano richieste anomale, quali ad esempio mutui equivalenti all’intero prezzo della compravendita, tutte operazioni ad alto rischio.

Nella nostra inchiesta giornalistica ci siamo imbattuti in una unica grande azienda agricola che ha avuto la forza e la sfrontatezza di affrontare il Drago rifiutandosi di pagare la Coopcredit richiedendo indietro quanto già versato. Vinse la battaglia ma perse la guerra. Dopo aver ottenuto l’esenzione dal pagamento della provvigione a Coopcredit, a tempo debito ma con fermezza gli venne “educatamente” comunicato di accomodarsi alla porta in quanto cliente sgradito.

Ancora oggi nessuno, né la politica, né la vigilanza, né gli organi di indagine hanno mai avuto il coraggio o forse l’interesse di affrontare il Drago, quanto meno a tutela dei piccoli investitori, ciò fino a quando nell’imminente vigilia di Natale un Magistrato del Tribunale di Roma, ignaro del vespaio che ne sarebbe potuto seguire, ha sollevato dubbi sulla legittimità giuridica del rapporto di collaborazione che intercorreva tra la Banca Popolare del Lazio e la Coopcredit, rigettando le richieste di quest’ultima nei confronti di un povero agricoltore, ritenendo opportuno di indagare a fondo sull’”indipendenza del mediatore” Coopcredit, rispetto alla Banca ed all’agricoltore.


Anche quest’ultima vicenda è nota e ne abbiamo già parlato nella puntata di Officina Stampa del 15 ottobre 2020

Si tratta di Stefano De Marchi, che abbiamo avuto ed avremo nuovamente nostro ospite, insieme al suo legale l’Avvocato Francesco Innocenti nella prossima puntata di Officina Stampa del 14 gennaio 2021.

De Marchi avendo richiesto ed ottenuto un mutuo agrario con l’intervento oneroso della Coopcredit (3% sull’importo del mutuo), si vedeva negare l’erogazione dalla Banca Popolare del Lazio, dopo la stipula dell’atto di vendita e del mutuo stesso.

Mentre quest’ultima vicenda è all’attenzione di altri magistrati, l’agricoltore si vedeva anche recapitare una ingiunzione dalla Coopcredit per il pagamento di circa 39mila euro quale provvigione senza la quale sembrerebbe che non avrebbe potuto ottenere il mutuo.

Apprendiamo dalla lettura del provvedimento del magistrato che diversamente da quello che era sempre stato a noi evidente, la Coopcredit quale mediatore avrebbe dovuto essere equidistante tra le parti acquisendo autonomamente il cliente ed adoperandosi al fine di far ottenere un mutuo agrario.

L’evidente anomalia era che il cliente agricoltore non veniva intercettato e reperito dal mediatore Coopcredit e successivamente presentato alla Banca per la richiesta di mutuo, circostanza quest’ultima che forse avrebbe potuto giustificare il pagamento di un importo, per quanto a noi possa sembrare elevato, pari al 3% del mutuo da pare dell’agricoltore, si trattava al contrario di un cliente storico della Banca, che rivoltosi a quest’ultima sembra venisse indirizzato dal ragioniere alla Coopcredit, la quale, non avendo, come certificato dalla vigilanza, acquisito le garanzie Ismea e non avendo acquisito neanche il cliente, deve ritenersi che avesse il solo ruolo di farsi pagare la percentuale sul mutuo quasi fosse una garanzia per l’agricoltore di buon esito della pratica, anche e soprattutto, come accennato, quando il mutuo veniva richiesto, in modo del tutto anomalo, per l’intero prezzo di compravendita.

Alcuni professionisti del campo giuridico riferiscono che tale ricostruzione possa configurare anche ipotesi di reato quali l’estorsione ovvero presunte false fatturazioni emesse dalla Ampla. Per quanto ci riguarda non essendo esperti della materia ci limitiamo ad osservare gli eventi e gli sviluppi della vicenda, sempre che esista ancora qualcuno che abbia interesse a fermare la giostra, piuttosto che continuare a salirci sopra, ed abbia a cuore i piccoli investitori.

Economia e Finanza

Quale futuro per i diritti dei lavoratori? intervista al professor Alberto Lepore, professore associato di diritto del Lavoro

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Alberto Lepore classe 1972, professore associato in Diritto del Lavoro presso l’Università di Roma 3, membro del Labour Law Group presso l’University College of London. Decine di pubblicazioni in ambito del Diritto al Lavoro ma, principalmente, un grande amico.

Alberto ci diamo del tu, ovviamente: ieri, 1° Maggio, Festa del Lavoro e dei Lavoratori mi è venuta spontanea l’idea di rivolgerti qualche domanda in merito al Diritto al Lavoro proprio per comprendere se, ancora oggi, quelle conquiste sociale figlie dell’800 hanno ancora valore.

La prima domanda prende spunto dall’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Quanto valore ha, ancora oggi, questa affermazione nel nostro Paese?
Quanto affermato dall’articolo 1 della nostra Costituzione ha ancora un grande valore e una portata fondamentale perché a seguito della promulgazione della Costituzione del 1948 vengono superati quell’insieme di privilegi, di retaggio aristocratico e feudale che caratterizzavano l’ordinamento monarchico preesistente.
Secondo l’articolo 1 della Costituzione il cittadino si qualifica all’interno della società non più attraverso quello che ha, ma attraverso quello che fa. Il lavoro quindi diventa da un lato ciò che qualifica la persona, nel contempo il lavoro è anche lo strumento attraverso cui la persona trova la sua collocazione all’interno della società.
Il lavoro diventa in forza dell’articolo 1 il collante tra cittadino e corpo sociale; senza l’esecuzione di una prestazione lavorativa il cittadino non può partecipare al corpo sociale, non può avere una collocazione nella società e non può neanche ricoprire una determinata posizione economica; rimane sostanzialmente emarginato; tagliato fuori dalla società. Quindi l’articolo 1 ha ancora un ruolo fondamentale all’interno della nostra Repubblica, tant’è che si è detto appunto che la Repubblica italiana è una Repubblica lavorista. Ma il principio da questo espresso va protetto perché i privilegi possono sempre, in altra forma, rinascere e, pertanto, bisogna stare sempre in guardia.

Lo sai, sono nato il 20 maggio 1971 ad un anno esatto dalla promulgazione dello Statuto dei Lavoratori. Qualcuno dice che sia stata profondamente scardinata dal Job Act di Matteo Renzi.
Cosa di buono mantiene questa intuizione di cui fu padre putativo Gino Giugni?

Il Jobs Act di Matteo Renzi ha colpito al cuore lo Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n.300 n.d.s.), perché ha abrogato una norma di civiltà e cioè l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che prevedeva, a certe condizioni, qualora il licenziamento fosse illegittimo la reintegrazione nel posto di lavoro, in altri termini, il ritorno nello stesso posto di lavoro come se il licenziamento non fosse mai stato intimato.
Con il decreto legislativo n. 23 del 2015 il Jobs Act ha sostanzialmente modificato la tutela prevista in caso di licenziamento illegittimo sostituendola con la tutela indennitaria: la reintegrazione è stata conservata soltanto in casi marginali, mentre nella maggior parte dei casi nelle ipotesi di licenziamento illegittimo al lavoratore verrà pagata un’indennità monetaria commisurata alla durata del rapporto.
La cancellazione della reintegrazione nel posto di lavoro come tutela generale rende la posizione del lavoratore nel rapporto di lavoro molto più debole.
Il Jobs Act di Renzi poi ha colpito un’altra norma molto importante che tutela la professionalità del lavoratore e cioè l’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori introduttivo del 2103 del codice civile sulle mansioni: ha previsto che è oggi possibile demansionare in ipotesi molto ampie tra cui anche per ragioni economiche legate alle esigenze dell’impresa. Anche questa norma che colpisce la professionalità e la progressione di carriera lede un’altro dei patrimoni del lavoratore e rende molto più debole la sua posizione; anche la norma sul divieto dei controlli sul posto di lavoro (art.4 dello Statuto dei lavoratori n.d.s.) è stata riformata nel senso di consentire controlli molto più pervasivi sul posto di lavoro.
Lo Statuto conserva ancora norme importanti soprattutto nella dimensione collettiva come gli articoli 19 e seguenti che introducono i diritti sindacali; l’articolo 28 sulla repressione della condotta antisindacale; l’articolo 15 sulla non discriminazione.
C’è quindi ancora molto nello Statuto di buono e di protettivo per il lavoratore ma certamente la cancellazione dell’articolo 18 ha creato un vulnus notevole perché ha sostanzialmente monetizzato il posto di lavoro: il datore di lavoro oggi può anche intimando un licenziamento illegittimo sapere che anche se perde in causa dovrà pagare solo una somma di denaro commisurata alla durata del rapporto di lavoro per togliersi dai piedi un lavoratore non più desiderato.

Spesso non si coniuga il diritto al lavoro con i doveri che scaturiscono dal lavoro stesso. A tuo avviso dove sta il punto di rottura tra queste due situazioni?
Il diritto al lavoro come anche il dovere di lavorare sono enunciati dall’art. 4 della Costituzione. Questi due principi sono tra loro complementari, perché la repubblica deve far sì che sia garantito il diritto al lavoro, d’altro canto il cittadino deve fare tutto il possibile per poter trovare un’occupazione.
L’articolo 4, però, è una norma programmatica cioè detta praticamente un programma, un progetto che deve essere realizzato attraverso leggi ordinarie e infatti abbiamo assistito nel corso degli anni all’introduzione una serie di leggi per realizzare il diritto al lavoro.
Dalla introduzione degli uffici di collocamento fino alla creazione delle agenzie accreditate per attuare concretamente il diritto al lavoro. Ma essendo l’art. 4 una norma programmatica il diritto al lavoro e’un principio tendenziale, anche perché non vi è una sanzione se il lavoro non è garantito a tutti tant’è che siamo in un’epoca nella quale la disoccupazione è molto elevata, nonostante gli sforzi che la Repubblica ha fatto, la piena occupazione non è stata mai raggiunta.
D’altro canto il dovere di lavorare è fondamentale perché si lega all’art. 1: il cittadino partecipa al corpo sociale e acquisisce una posizione sociale ed economica nella società soltanto se lavora. Indirettamente la Costituzione stessa sanziona colui che non vuole lavorare: l’articolo 38 prevede prestazioni previdenziali, quindi provvidenze economiche di sostegno al reddito o quando il lavoratore è inabile al lavoro oppure quando il lavoratore è disoccupato, quindi abbia già lavorato ma ha perso il lavoro oppure sia subentrato un evento che abbia reso impossibile lavorare. Quando invece non vuole lavorare il sistema previdenziale non lo supporta, essendo il reddito di cittadinanza una parentesi anomala nel nostro ordinamento, se non addirittura incostituzionale, e, infatti, è stato rapidamente espunto dall’ordinamento previdenziale.
È evidente però che se non è garantito il diritto al lavoro, il cittadino non potrà’ nonostante i suoi sforzi adempiere al dovere di lavorare.

Un’ultima domanda: quale è il futuro stesso dei diritti dei lavoratori ai giorni nostri?
A fronte della globalizzazione dei mercati e della competizione mondiale il futuro dei diritti dei lavoratori non mi pare roseo. Già negli ultimi anni abbiamo assistito, come accennato, ad una riduzione notevole dei diritti a tutela dei lavoratori e probabilmente nei prossimi anni assisteremo a un’ulteriore riduzione dai diritti. Oggi, oltretutto, il lavoro è minacciato dalla informatizzazione e dalla meccanizzazione dei processi produttivi. Il lavoro digitale è eseguito attraverso strumenti elettronici e sicuramente ridurrà ulteriormente le chance di trovare lavoro. Quindi le sfide future per i diritti dei lavoratori sono grandi e molto difficili, ma quale lavorista sono pronto ad affrontarle.
Ringraziamo il professor Alberto Lepore per la sua disponibilità e per averci fatto comprendere, con le sue parole, l’alto senso istituzionale della giornata di oggi Primo Maggio Festa del Lavoro e dei Lavoratori.

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Castelli Romani

Banca Popolare del Lazio, il 4 maggio c’è l’assemblea a Castel Gandolfo

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Il prossimo sabato 4 maggio 2024, alle ore 10 presso il Centro Mariapoli Internazionale, Via
S. Giovanni Battista de la Salle a Castel Gandolfo si terrà l’assemblea dei soci della Banca Popolare del Lazio per deliberare su argomenti molto importanti.

Nello stesso giorno a Velletri si tiene la Festa della Madonna delle Grazie e processione dei Ceri nel pomeriggio. Ma sicuramente i soci interessati alle attività e assemblea della Banca troveranno comunque il modo di partecipare.

L’Articolo 6 del regolamento assembleare Bpl dice chiaramente che “gli aventi diritto possono intervenire su ciascuno degli argomenti posti in discussione una sola volta, facendo osservazioni, chiedendo informazioni e formulando eventuali proposte. La richiesta può essere avanzata fino a quando il Presidente non abbia dichiarato chiusa la discussione sull’argomento oggetto della stessa. Coloro che intervengono hanno altresì diritto di replica”.

Gli argomenti all’ordine del giorno sono, tra gli altri:

Presentazione del Bilancio di esercizio al 31.12.2023, proposta di ripartizione dell’utile e di
determinazione del valore di rimborso delle azioni per i casi di scioglimento del rapporto sociale; proposta di determinazione dell’ammontare complessivo da destinare a scopi di beneficenza, assistenza e di pubblico interesse, proposta di determinazione del compenso degli amministratori, acquisto e disposizione di azioni proprie, nomina di 3 Sindaci effettivi e 2 Sindaci supplenti e designazione del Presidente del Collegio Sindacale, fissazione degli emolumenti dei membri del Collegio Sindacale, nomina di 5 Probiviri effettivi e 2 Probiviri supplenti.

Dopo un lungo periodo dove le assemblee ancora si continuavano a tenere in remoto per via del Covid, e succedeva fino a poco tempo fa, oggi si svolgono di persona e sarà dunque un’occasione di confronto e partecipazione democratica.

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Economia e Finanza

Taglio di 500 miliardi di Spesa Pubblica, Maria Grazia Cucinotta: “Basta elemosinare per il diritto alla salute”

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Il Comitato Promotore della Legge d’iniziativa Popolare per il Taglio di 500 miliardi della Spesa Pubblica STIAMO UNITI “capitanato” dal presidente, l’avvocato Evandro Senatra, è al gran completo.

Due donne sono i veri motori dell’iniziativa nata dalla “intuizione geniale” dell’onorevole Roberto Mezzaroma: Maria di Prato e Maria Grazia Cucinotta.
Due donne che fanno comprendere come questa sia l’ultima possibilità per il nostro Paese di rimettere non solo i “conti in ordine” ma per porre basi solide per il nostro rilancio sociale, economico e politico.
Ed in più ci sono: Civita di Russo, Evelina Amadei, Giuseppe Scarano, Gianluca di Ascenzo, Antonio Tanza, Massimo Zignani, Paolo Sabbioni, Pier Giorgio Poretti, Antonio Gambino, Michele Navaglio, gli altri componenti il Comitato Promotore.


Non ci sono bandiere di partito, ci sono donne ed uomini, professionisti, imprenditori che hanno le idee ben chiare sui mali endemici della nostra Repubblica.

“Vede – dice Roberto Mezzaroma che risponde alla nostra domanda su come gli è arrivata questa intuizione – ci sono arrivato avendo alla spalle la mia esperienza di imprenditore e di padre di famiglia. Questo che oggi noi proponiamo è solo un 10% di quello che il nostro Paese potrebbe risparmiare avendo la volontà di farlo

Quindi mi vuole dire che questa è la punta di un iceberg?

Certamente. Ridurre i ritardi dei lavori, qualificare l’offerta lavorativa, una accoglienza che metta in risalto le qualifiche e la professionalità sono altre componenti.
Se ci aggiungiamo una rivalutazione di tutto quel patrimonio immobiliare nelle mani di Stato, Regioni, Comuni etc, glielo dico da architetto, avremmo ulteriori risparmi e ricchezza.

Prima parlavamo di mancanza di sinergie. Rivestono un peso importante nella società odierna?

Concordo con Lei. Se considera che la formazione non essendo ancora del tutto parte fondamentale del lavoro porta, purtroppo, ad un deprezzamento del valore che questo può generare.
Maestranze poco adeguate e poco formate sono un realtà che può e deve essere incrementata e migliorata.

L’Europa come può esserci di aiuto visto i suoi trascorsi al Parlamento di Bruxelles?

Mi spiace dovere constatare che quella unità di azione politica europea viene sempre più meno.
Le diversità Europee che posso essere valore aggiunto diventano ostacolo.
Le faccio un esempio: la politica estera e di difesa: oggi non vi è una unità di intenti.

nella foto l’onorevole Roberto Mezzaroma e Maria Grazia Cucinotta

Maria di Prato, già promotrice del Referendum contro il Finanziamento Pubblico ai partiti, è il “motore” di questo Comitato.
Dottoressa di Prato ma come ci si arriva a 50.000 firme in due mesi?

Ci si arriva ricordando agli italiani i troppi sprechi.
Ci si arriva facendo non solo capire ma facendo toccare con mano che quella che Lei chiamava “intuizione” è qualcosa di concreto: sanare l’Italia

Maria Grazia Cucinotta sempre attenta ai problemi sociali in modo concreto ed attivo “ci mette la faccia”
Oggi, signora Cucinotta, Lei è qui come Italiana e mamma

Certo e ne vado profondamente fiera. Tocco ogni giorno con mano il dolore della gente.
Vedo donne ed uomini elemosinare la salute che deve essere la base del vivere civile.

Lei con la sua fondazione è molto attenta e vicina alle tante e troppe fragilità che coinvolgono l’Italia.

Si! Troppe volte ascolto il dolore di molte cittadine, di molti cittadini. Assisto troppe volte a situazioni in cui il personale medico e paramedico fa davvero i miracoli per portare avanti ospedali e strutture sanitari.
Loro operano con quello spirito che è frutto della loro professionalità troppe volte arginata dagli sprechi.

Nella foto Maria Grazia Cucinotta ed il presidente del Comitato, avvocato Evandro Senatra

In conclusione Evandro Senatra, avvocato, presidente di questo Comitato Promotore.
Avvocato Senatra, l’onorevole Mezzaroma parlava di pianificazione e formazione. Il suo pensiero?

Concordo in pieno con Roberto (Roberto Mezzaroma n.d.s.) Come vede non è solo il taglio di 500 miliardi il cuore della nostra proposta.
È facile dire: taglio 500 miliardi. È difficile dire e poi attuare la “spendibilità” di questo capitale.
200 miliardi per tagliare il debito pubblico sarebbero la migliore medicina per la nostra economia.
Vede riprendo le parole di Roberto: Lei da padre di famiglia va in banca a chiedere un mutuo perché ha bisogno di comprare casa o iniziare una attività ma ha un debito già esistente.
Trova qualcuno pronto a concederglielo? Sicuramente no.
Oggi il nostro Paese resta ancora in queste condizioni.

E – aggiunge – bisogna investire nelle famiglie, cuore vivo di ogni Nazione.
Ridare dignità con 40 miliardi ai malati in difficoltà
Altri 40 miliardi per i troppi italiani che sono in difficoltà con i mutui.
Un nuova e concreto rilancio per il Paese.

Non c’è solo entusiasmo nei loro visi. C’è la consapevolezza, passata la porta che li condurrà alla Accettazione da parte della Corte di Cassazione di questa “intuizione genitale”, di rendere davvero un servizio come “padri e madri” del nostro Paese.

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