L’imprenditore agricolo StefanoDe Marchi dopo aver richiesto ed ottenuto un mutuo agrario con l’intervento oneroso della Coopcredit (3% sull’importo del mutuo), si è visto negare l’erogazione dalla Banca Popolare del Lazio, dopo la stipula dell’atto di vendita e del mutuo stesso
Respinto dal Tribunale di Roma il ricorso della società di mediazione Coopcredit S.C.p.A nei confronti dell’imprenditore agricolo Stefano De Marchi, titolare dell’Azienda Agricola di De Marchi Stefano che è stato travolto da una vicenda dai contorni paradossali e tutt’ora in corso con la banca Popolare del Lazio.
La grande notizia è che il giudice del tribunale di Roma Francesco Remo Scerrato vuole vederci chiaro su quella che si prefigura come una mediazione creditizia che di fatto non appare necessaria. Perché? Perché è “mediatore chi (Cass. 1447/2000; Cass. 6959/2000) interponendosi in maniera neutrale e imparziale tra due contraenti, deve metterli in relazione e farli pervenire alla conclusione dell’affare, cui è subordinato il diritto al compenso, e ricordato altresì che l’indipendenza del mediatore va intesa come assenza di qualsiasi vincolo o rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario”.
Il giudice ha ritenuto “opportuno non concedere la provvisoria esecutorietà e rimettere al prosieguo ogni migliore approfondimento sugli effettivi rapporti fra l’opposta e la mutuante”. Un grande risultato perché evidentemente, al Tribunale di Roma non appare chiara una situazione che è finita tra le questioni rilevate in un verbale di Banca d’Italia e evidenziate a più riprese nella nostra inchiesta giornalistica sulla Banca Popolare del Lazio.
Nelle nostre puntate dove siamo entrati nei particolari abbiamo parlato anche dei fatti riportati nel verbale redatto dalla Banca D’Italia dell’anno 2018, rompendo un silenzio disarmante per i cittadini onesti e compiacente, probabilmente, per altri. Una sorta di rigurgito di verità che fino ad oggi ha fatto fatica ad emergere a causa di una presunta immobilità degli organi preposti, primo tra tutti la Vigilanza della Banca D’Italia. Quest’ultima ha anche abdicato al conflitto di interessi, certificato nel proprio verbale, non sanzionato individualmente e quindi ritenuto lecito, con buona pace del controllo sulla sana e prudente gestione.
Eppure, non sembra possa esserci nulla di sano e prudente nei fatti e casi che abbiamo raccontato. Ricordiamo tra tutti il caso Protercave, il caso Ciarla-Masi, la situazione Di Giacomantonio, la posizione Ladaga, alle quali la Vigilanza ha aggiunto i conflitti di interesse del Consigliere Natalizia, e conseguentemente del Dott. Romagnoli, presidente del collegio sindacale della Natalizia Petroli e della Banca Popolare del Lazio, tanto da dimettersi per primo subito dopo i rilievi della Vigilanza.
Sembrerebbe che la Vigilanza abbia fatto tesoro del famoso contenuto della lettera dei soci coraggiosi, lettera da cui è partita la nostra inchiesta, dimostrandone la affidabilità delle affermazioni contenute. Di contro, se la Vigilanza ha ritenuto che non costituiscano conflitto di interessi i fatti dalla stessa individuati, tutti gli amministratori di Banca in futuro potranno regolarsi di conseguenza, sapendo di non incorrere in sanzioni nel caso in cui vengano taciuti i propri rapporti professionali e di fornitura con clienti ai quali venga deliberata una qualche forma di affidamento, anche quando si sia a conoscenza di situazioni di rischio per la Banca che si è chiamati ad amministrare.
Si deve però prendere atto che per la prima volta, e speriamo sia solo l’inizio di un fiume in piena che neanche i più consolidati rapporti tra poteri paralleli più o meno occulti sia in grado di fermare, un Magistrato ha inteso mettere in dubbio la legittimità di uno dei tanti fatti, di quello che a noi sembra un malgoverno della Banca, posti in essere da amministratori non certo specchiati e da questo giornale narrati in tempi non sospetti.
Stiamo parlando della società Ampla, di proprietà della sig.ra AngelaGhirga moglie del sig. Roberto Lucidi, fratello del Ragioniere Massimo Lucidi, (amministratore delegato della Banca Popolare del Lazio ai tempi dei fatti narrati), società che si prestava ad emettere fatture di consulenza alla Coopcredit per ottenere il pagamento di una somma che sembrerebbe aver costituito parte delle somme che la Popolare del Lazio riconosceva a quest’ultima società (Coopcredit) per il lavoro definito dalla Coopcredit di intermediazione tra il cliente agricoltore e la banca.
Questo giornale ha trattato la questione in una puntata di officina stampa, nella quale con stupore ed una certa incredulità andammo a commentare i documenti dai quali risultava che la Coopcredit dopo aver ricevuto dagli agricoltori l’importo di mediazione pari al 3% dell’importo mutuato, provvedeva a saldare le fatture emesse dalla Ampla per prestazioni di consulenza immaginiamo finanziaria;
Sembrerebbe che solo nel primo anno di gestione da parte della Coopcredit, degli affidamenti in materia agricola per conto della Banca Popolare del Lazio, siano stati pagati circa 900mila euro dagli agricoltori a fronte di circa 30milioni di mutui. Di tale passaggio di denaro ne certificò l’esistenza perfino la Banca D’Italia la quale nella propria ispezione del 2018 constatò, mettendolo nero su bianco, della esistenza di tale sistema avendo avuto la possibilità di riscontrare la presenza di fatture emesse dalla Ampla srl a favore della Coopcredit.
Immaginiamo che Massimo Lucidi possa essere rimasto imbarazzato nel dover giustificare tali avvenimenti in Consiglio di Amministrazione, in ogni caso benevolo, per non essere i componenti stati in grado di scagliare la prima pietra, (non va dimenticato il Consigliere che mentre invitava ad acquistare azioni della Banca, si preoccupava di far liquidare quelle del padre venuto a mancare del valore di circa 232.755,00 euro) accontentandosi delle giustificazioni fornite, d qualcuno definite come “giustificazioni fanciullesche”.
Sembra che il ragionier Lucidi ne sia uscito brillantemente alla italiana maniera…. limitandosi ad affermare, nella più classica delle giustificazioni che non fosse a conoscenza dell’esistenza della società Ampla e di tale passaggio di denaro. La storia insegna.
Neanche il famoso Scajola seppe riferire chi gli aveva pagato la casa vista Colosseo, ma almeno lui fu indagato.
Così vanno le cose in Italia, soprattutto quelle bancarie in cui nessuno sa, nessuno vede e sicuramente nessuno interviene salvo fare a scaricabarile quando una banca affonda, in un rimbalzo di responsabilità tra la Banca D’Italia (sulle cui specifiche responsabilità ci piacerebbe tornare a parlare in futuro) che sembra non aver controllato a fondo, la Magistratura che non ha indagato e la Politica che non ha preso provvedimenti.
Viene alla memoria l’affermazione dell’Onorevole Paragone, non a caso fuoriuscito dai 5 stelle, il quale indicava come malato un sistema nel quale le Banche finanziano in modo trasversale i politici, questi ultimi nominano i vertici della Banca D’Italia e la Banca D’Italia dovrebbe prendere provvedimenti nei confronti di quegli amministratori che si sono dimostrati tanto affidabili da finanziare la politica che li ha nominati (i vertici di banca D’Italia).
Finché la giostra gira nessuno ha interesse a fermarla, ognuno ha la sua parte; I politici (vedi caso Verdini/Chiocci/Protercave) ottengono lauti finanziamenti occulti, i dirigenti della Banca D’Italia, se si dimostrano servili alla politica che li ha nominati, mantengono i loro privilegi, gli amministratori della Banche in questo ginepraio sanno che non saranno oggetto di provvedimenti dalla Vigilanza, qualunque Ampla decidano di far girare sulla giostra, fin tanto che saranno in grado di “aiutare” la politica.
Qualcuno potrebbe obiettare ma la magistratura?
Ebbene non vogliamo pensare che la Magistratura, come ha dimostrato il caso Palamara, non sia altro che lo specchio della politica; forse esiste qualche Procuratore che si metta anche solo a guardare come gira la giostra.
In tutto questo girotondo, gli unici che hanno pagato la realizzazione della giostra senza capire come funziona, sono i poveri investitori, in genere i micro-investitori, quelli realmente poveri, le famiglie i pensionati la cui utilità marginale degli investimenti è enorme, i grandi investitori forse sanno per tempo quando devono scendere dalla giostra, disinvestire e recuperare i propri profitti, forse hanno sempre un vocina che li mette in guardia, fa parte delle regole della giostra.
L’attività posta in essere, anche in questo caso non è rimasta priva di effetti per gli investitori della domenica
La vigilanza, infatti, dopo aver accertato i fatti ad essa segnalati, fu costretta a ritenere totalmente prive di efficacia le garanzia Ismea, acquisite grazie all’intervento, evidentemente ritenuto non troppo sapiente, della Coopcredit, con la conseguenza la Banca Popolare del Lazio, su imposizione della Vigilanza dovette eseguire accantonamenti sui mutui agrari anche per la parte che riteneva garantita da Ismea (50%), tanto che nell’anno in esame 2018, la semestrale si presentò in perdita e il bilancio chiuse con il più basso utile degli ultimi quaranta anni. Il valore delle azioni già in declino iniziò una inesorabile ed ancora oggi irreversibile picchiata.
Del resto un altro degli effetti negativi della giostra messa in piedi fu che le migliori e più solide aziende agricole emigrarono verso altri istituti bancari dai quali ottennero affidamenti a costi di gran lunga inferiori a quelli praticati dalla Banca Popolare del Lazio, che dal canto suo richiedeva la percentuale a favore della Coopcredit, un tasso a proprio favore ed uno a favore dell’Ismea oltre a qualche spicciolo per le spesucce di istruttoria; rimasero clienti della Banca solo coloro che non erano solidi ovvero che facevano richieste anomale, quali ad esempio mutui equivalenti all’intero prezzo della compravendita, tutte operazioni ad alto rischio.
Nella nostra inchiesta giornalistica ci siamo imbattuti in una unica grande azienda agricola che ha avuto la forza e la sfrontatezza di affrontare il Drago rifiutandosi di pagare la Coopcredit richiedendo indietro quanto già versato. Vinse la battaglia ma perse la guerra. Dopo aver ottenuto l’esenzione dal pagamento della provvigione a Coopcredit, a tempo debito ma con fermezza gli venne “educatamente” comunicato di accomodarsi alla porta in quanto cliente sgradito.
Ancora oggi nessuno, né la politica, né la vigilanza, né gli organi di indagine hanno mai avuto il coraggio o forse l’interesse di affrontare il Drago, quanto meno a tutela dei piccoli investitori, ciò fino a quando nell’imminente vigilia di Natale un Magistrato del Tribunale di Roma, ignaro del vespaio che ne sarebbe potuto seguire, ha sollevato dubbi sulla legittimità giuridica del rapporto di collaborazione che intercorreva tra la Banca Popolare del Lazio e la Coopcredit, rigettando le richieste di quest’ultima nei confronti di un povero agricoltore, ritenendo opportuno di indagare a fondo sull’”indipendenza del mediatore” Coopcredit, rispetto alla Banca ed all’agricoltore.
Anche quest’ultima vicenda è nota e ne abbiamo già parlato nella puntata di Officina Stampa del 15 ottobre 2020
Si tratta di Stefano De Marchi, che abbiamo avuto ed avremo nuovamente nostro ospite, insieme al suo legale l’Avvocato Francesco Innocenti nella prossima puntata di Officina Stampa del 14 gennaio 2021.
De Marchi avendo richiesto ed ottenuto un mutuo agrario con l’intervento oneroso della Coopcredit (3% sull’importo del mutuo), si vedeva negare l’erogazione dalla Banca Popolare del Lazio, dopo la stipula dell’atto di vendita e del mutuo stesso.
Mentre quest’ultima vicenda è all’attenzione di altri magistrati, l’agricoltore si vedeva anche recapitare una ingiunzione dalla Coopcredit per il pagamento di circa 39mila euro quale provvigione senza la quale sembrerebbe che non avrebbe potuto ottenere il mutuo.
Apprendiamo dalla lettura del provvedimento del magistrato che diversamente da quello che era sempre stato a noi evidente, la Coopcredit quale mediatore avrebbe dovuto essere equidistante tra le parti acquisendo autonomamente il cliente ed adoperandosi al fine di far ottenere un mutuo agrario.
L’evidente anomalia era che il cliente agricoltore non veniva intercettato e reperito dal mediatore Coopcredit e successivamente presentato alla Banca per la richiesta di mutuo, circostanza quest’ultima che forse avrebbe potuto giustificare il pagamento di un importo, per quanto a noi possa sembrare elevato, pari al 3% del mutuo da pare dell’agricoltore, si trattava al contrario di un cliente storico della Banca, che rivoltosi a quest’ultima sembra venisse indirizzato dal ragioniere alla Coopcredit, la quale, non avendo, come certificato dalla vigilanza, acquisito le garanzie Ismea e non avendo acquisito neanche il cliente, deve ritenersi che avesse il solo ruolo di farsi pagare la percentuale sul mutuo quasi fosse una garanzia per l’agricoltore di buon esito della pratica, anche e soprattutto, come accennato, quando il mutuo veniva richiesto, in modo del tutto anomalo, per l’intero prezzo di compravendita.
Alcuni professionisti del campo giuridico riferiscono che tale ricostruzione possa configurare anche ipotesi di reato quali l’estorsione ovvero presunte false fatturazioni emesse dalla Ampla. Per quanto ci riguarda non essendo esperti della materia ci limitiamo ad osservare gli eventi e gli sviluppi della vicenda, sempre che esista ancora qualcuno che abbia interesse a fermare la giostra, piuttosto che continuare a salirci sopra, ed abbia a cuore i piccoli investitori.
Ora la ex compagnia di bandiera dovrà restituire l’importo maggiorato di interessi all’Italia
La Commissione europea ha concluso che il prestito ponte da 400 milioni di euro concesso ad Alitalia nel 2019 rappresenta un aiuto di Stato illegale ai sensi delle norme comunitarie. L’Italia ora deve quindi recuperare dalla compagnia l’aiuto di Stato illegittimo, maggiorato degli interessi.
Lo ha annunciato lo stesso esecutivo Ue. “L’esclusione di Ita dalle richieste di restituzione del prestito ponte ad Alitalia è la dimostrazione che siamo nel giusto e continueremo su questa strada. Le conclusioni della Commissioni Ue erano attese e ampiamente previste”, commenta il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
“Un mero pro forma”
“Si tratta di un mero pro forma, perché anche questa somma non sarà recuperata dal governo italiano, – ha detto Andrea Giuricin, professore di economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano – come già i 900 milioni del 2017 o i 300 milioni del governo Prodi. La commissione europea ci ha messo tre anni e mezzo per decidere, questa lentezza è frutto di una decisione politica di Bruxelles, e i contribuenti italiani non vedranno restituire il prestito, considerando il tasso di interesse annuo del 10% stiamo parlando di quasi 600 milioni”. Così il giurista commenta la decisione della Commissione Ue di dichiarare illegittimo il prestito da 400 milioni del governo italiano all’ex compagnia di bandiera nel 2019. Cosa succederà dunque? La somma sarà iscritta nel passivo dell’amministrazione straordinaria così come i precedenti 900 milioni.
I prestiti precedenti
A maggio 2017 Alitalia era stata commissariata e continuava ad operare come compagnia aerea. Per mantenere l’ex compagnia di bandiera operativa, nel 2017 e nel 2019, vennero concessi dai governi italiani due prestiti, rispettivamente, da 900 milioni di euro (in due tranches) e da 400 milioni di euro. Nel 2018 la Commissione avviò un’indagine per stabilire se il prestito del 2017 fosse conforme alle norme sugli aiuti di stato e nel febbraio 2020 mise nel mirino il prestito pubblico aggiuntivo di 400 milioni del 2019. A settembre 2021 Bruxelles concluse che il prestito di Stato da 900 milioni di euro ad Alitalia era illegale, ma non è mai stato restituito. Adesso è arrivata la decisione sul prestito da 400 milioni: per Bruxelles “non è stata valutata in anticipo la probabilità di rimborso dei prestiti con gli interessi” dal governo italiano che “si è concentrato nel voler garantire la continuità del servizio dei voli” di Alitalia.
Nonostante il calo dei prezzi energetici rispetto ai picchi dei mesi scorsi, il governo si prepara a garantire un sostegno a famiglie e imprese anche oltre il 31 marzo, quando scadono gli sconti previsti dalla legge di bilancio. Questa volta però non ci si limiterà ad una proroga, ma il governo ha già detto di voler cambiare gli aiuti.
Tra le misure allo studio, si va dal bonus famiglie che premia il risparmio, alla soglia per i crediti d’imposta, fino al nodo degli oneri di sistema. Il nuovo decreto è quasi pronto sul tavolo del governo, che punta a portarlo al prossimo consiglio dei ministri, che dovrebbe riunirsi in settimana o al massimo all’inizio della prossima – se dovesse slittare per gli impegni internazionali della premier attesa a Bruxelles per il Consiglio europeo. La logica dei nuovi aiuti, ha spiegato in un’intervista la sottosegretaria all’economia Sandra Savino, è quella della “selettività”.
Si valuta in particolare il rinnovo del bonus sociale con le attuali soglie Isee, mentre per le imprese si studia un credito di imposta modulato sul prezzo del gas: l’idea è fissare una soglia oltre la quale lo sconto aumenta, mentre al di sotto non è previsto.
Per le famiglie, invece, come già annunciato dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, si pensa ad un bonus famiglie basato sui consumi, incentivando il risparmio: sulla misura, tuttavia, si attendono le proiezioni di fattibilità dell’Arera e l’avvio potrebbe quindi slittare al trimestre successivo. C’è poi il tema degli oneri generali di sistema, che finora sono stati azzerati, ma per i quali restano in piedi anche le ipotesi di un taglio parziale o addirittura della reintroduzione. La decisione non è ancora stata presa: “In questo momento ci sono ancora i tavoli tecnici che fanno le simulazioni, ci porteranno la proposta e su quello valuteremo”, spiega il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto.
Ma la preoccupazione delle associazioni dei consumatori è alta e sale il pressing sul governo: se non si rinnova per intero l’azzeramento degli oneri di sistema della luce e l’intervento sul gas, Iva al 5% e oneri, nonostante i prezzi all’ingrosso in calo, le bollette delle famiglie rischiano un’impennata, avvertono in coro, calcolando il rischio di un balzo del 58% per il gas e del 27% per la luce. Resta in primo piano intanto sul tavolo del governo anche il tema della siccità. Dopo la cabina di regia crisi idrica convocata per domani, è atteso nel prossimo consiglio dei ministri anche il decreto per affrontare l’emergenza: un provvedimento con semplificazioni e deroghe per accelerare le opere, per le quali ci sono risorse già stanziate per quasi 8 miliardi.
Il fatturato dell’industria registra nel complesso del 2022 una crescita annua sostenuta, pari al 18%, sebbene in decelerazione rispetto all’anno precedente.
E’ quanto annuncia l’Istat precisando che l’andamento congiunturale è stato caratterizzato da una forte espansione nei primi due trimestri dell’anno, cui ha fatto seguito un deciso rallentamento nella seconda metà del 2022.
Anche l’indicatore di volume, relativo al solo settore manifatturiero, risulta in crescita in media d’anno, seppure in misura molto più contenuta dell’indice in valore. Nel solo mese di dicembre invece l’Istat stima che il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, aumenti dello 0,7% in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+0,8% sul mercato interno e +0,6% su quello estero).