Ai medici di famiglia l’obbligo di fare tamponi: riflessioni di chi sta in prima linea

Un accordo tra il Ministro della Salute ed un sindacato non trova tutti d’accordo. E i motivi del dissenso sono pertinenti con chi fa il medico con serietà da anni.

A forza di rinviare i problemi di giorno in giorno si è arrivati ad aggravarli. È ben noto quali siano le categorie professionali che questo Governo ritiene non “essenziali” da chiuderle mezza giornata per vederli agonizzare ma forse non molti sono a conoscenza che giovedì scorso il ministro della Salute, Roberto Speranza, laureato in Scienze politiche, ha firmato con un sindacato di medici e pediatri l’accordo che li obbliga a fare tampone. “Molto importante- ha scritto sui social il Ministro – l’impegno a fare tamponi rapidi antigenici, negli studi o in altri spazi adeguati e l’utilizzo di nuove attrezzature per la diagnostica di primo livello.”

Dal Ministero è arrivata la garanzia delle risorse per la remunerazione dei medici, dai 12 a 18 euro lordi, mentre sarà il commissario Arcuri a fornire i tamponi rapidi antigenici (circa 2 mln) e dispositivi di protezione individuale.

C’è tuttavia più di un problema per una intesa destinata ad acuire i dissapori di una seria programmazione. Oltremodo nella Asl Roma 5 che ha il record della cronaca nera per le file di auto e la scazzottata on line tra chi era in fila e chi voleva transitare. Il primo è dove i pazienti che vorranno fare il tampone si dovranno recare ovvero nello studio del medico, se i Sindaci non sono capaci di trovare soluzioni alternative valide. Insieme agli altri pazienti, entrando in un condominio già affollato dai residenti, venendo a contatto con i pazienti generici dello stesso dottore obbligando a sanificazioni diuturne e generali sono solo alcuni dei motivi che fanno dissentire.

Nessun medico, ovviamente, non ha lo spirito di offrire un reale contributo ma certe scelte acuiscono i problemi ed il terrore che ammanta la popolazione. Sono già partite diffide di amministratori di condomini ai medici titolare di studi in popolosi palazzi conferma il presidente dei professionisti a Milano. Anche a Guidonia Montecelio seconda città d’Italia non capoluogo di provincia sono tanti i medici che stanno dedicando la vita professionale e personale agli altri che dissentono sulle modalità.

Di seguito le riflessioni della dottoressa Sofia Scopelliti medico di famiglia:

“Questa mattina – giovedì 29 ottobre 2020 Ndr. – ho avuto comunicazione dai colleghi che è alla firma un provvedimento che prevede l’effettuazione dei tamponi per Covid cosiddetti “rapidi” negli studi dei Medici di Famiglia. Le amare considerazioni di un “semplice” medico che lavora da 25 anni nel territorio, dopo 6 anni di corso di laurea e 4 di specializzazione, sono le seguenti: Delle due una: se è vero che i pazienti gravi (neoplastici, trapiantati, bronchitici severi in tutte sfumature di patologia, … e quant’altro) non devono afferire agli ospedali perchè non devono sottoporsi ad ulteriore rischio ( e sono stati organizzati servizi di TELEMEDICINA), perchè potrebbero andare senza problemi nello studio del medico di famiglia dove si effettuano tali test ? E se da noi non ci sono rischi di contagio facendo i tamponi , perchè non si ripristinano tutti i servizi ambulatoriali ospedalieri e del territorio? Vorrei interfacciarmi con un confronto scientifico con colui che ha partorito questa e diverse altre idee in ambito sanitario in epoca Covid, vorrei guardare negli occhi chi afferma tutto e il contrario di tutto (vedi quanto appena esposto) e sapere soprattutto: dove e cosa ha studiato, che esperienza ha nel campo medico , che ruolo ha nella definizione di tali provvedimenti e ,soprattutto, se fosse disposto a mandare i suoi più cari amici e parenti che abbiano gravi patologie nei nostri studi dove si effettuano questi prelievi….. Mi faccio portavoce di tutti i colleghi : ogni giorno diamo la massima disponibilità durante il servizio nei nostri studi ma anche e soprattutto mediante telefono, tengo acceso il cellulare per 18 ore al giorno, ed i miei pazienti lo possono testimoniare, fino a notte fonda. Le comunicazioni via mail le effettuiamo prevalentemente in orario extra-lavorativo perchè non c’è altra possibilità, i call-center di sorveglianza non rispondono alle richieste delle persone contagiate e noi non abbiamo un canale preferenziale con tali servizi di sorveglianza (raramente ho saputo di colleghi che hanno avuto risposta ), siamo letteralmente subissati di richieste “burocratiche”, come i numeri di protocollo dell’INPS che ci richiedono per validare la malattia Covid. Non è abbastanza per spiegare in che modo siamo costretti a lavorare ogni giorno? Come se non fosse abbastanza mi sono fratturata la rotula e da 3 settimane non mi sono fermata perchè : non si trovano sostituti ( i giovani colleghi neolaureati NON POSSONO essere in grado di sostenere un tale carico, nè hanno l’esperienza per farlo), in ogni caso debbo rispondere alle telefonate dei miei assistiti perchè HO UNA COSCIENZA conoscendoli uno ad uno. Noi medici di famiglia che volessimo sottoporci ad un tampone DOBBIAMO FARE LA FILA COME TUTTI GLI ALTRI!!! Non abbiamo una copertura assicurativa nel caso di malattia o decesso per Covid hanno fatto scalpore i casi riferiti la scorsa primavera dei colleghi contagiati, deceduti e….dimenticati né estesa ai nostri assistiti. Alle riunioni ai nostri rappresentanti viene detto, a seguito di come comportarsi nei vari casi di eccezionalità che e sono molti, non c’è solo il positivo o negativo: USATE IL BUONSENSO(!) Ecco questa è la goccia nel mare, ma non è pensabile di continuare ad accettare tutto questo! Mi sono offerta di lavorare GRATIS , ad aprile u.s., per il servizio di Sorveglianza della mia AUSL, al fine di coordinare il lavoro fra loro e noi ( cosa che non si è mai verificata): non ho nemmeno ricevuto risposta!!!!! Perchè chi ha il polso della situazione sul territorio non è mai chiamato come consulente? Anche questa “fotografia “dello stato di salute del nostro Paese sarà occultata e non ascoltata? O c’è qualcuno che ha la capacità e il coraggio di farsi carico di una risposta coerente e di mettersi a tavolino con chi sta in prima linea per definire al meglio quello che ciascuno di noi deve fare?”