d'alema-quagliariello
D’ALEMA-QUAGLIARIELLO, ALTERNATIVA ALLA RIFORMA
DI ROBERTO RAGONE
Uno dei cavalli di battaglia di Matteo Renzi è stato sempre quello di una Italia del NO tout court,del NO e basta, senza proposte, contrapposta alle sue ‘riforme’. Il NO di Massimo D’Alema è arrivato come un macigno nello stagno, sconvolgendo le acque già sufficientemente agitate del PD renziano. Ma tutti coloro che si erano visti costretti, anche turandosi il naso, a votare SI’, tirino un sospiro di sollievo. Il duo D’Alema-Quagliariello ha partorito una proposta originale e, pare, risolutiva di tanti nodi che parevano insuperabili. Uno dei gangli vitali della riforma renziana è senz’altro quello del superamento di un bicameralismo che da ‘perfetto’, è diventato ‘paritario’, forse perché qualcuno s’è reso conto che se fosse stato ‘perfetto’ non si sarebbe potuto cambiare: la perfezione è un limite. L’alternativa all ‘schiforma’, come ormai viene chiamata da tutti la Boschi-Verdini-Napolitano-Renzi, è un ddl proposto da un rottamando che invece esce allo scoperto e propone, insieme a Quagliariello, un’alternativa. In pratica, se dovesse passare il NO, e dovesse essere adottata la proposta di D’Alema, la Camera sarebbe ridotta a 400 parlamentari, il Senato a 200, e verrebbe istituita una ‘camera di conciliazione’ per eliminare le lungaggini fra i due organismi – evitando quello che don Matteo chiama ping-pong.. Inoltre sarebbe inserito in Costituzione il principio secondo il quale i parlamentari sono eletti dai cittadini, per chiudere definitivamente la stagione dei nominati. Sede della presentazione, la Residenza di Ripetta, a Roma. Mentre Renzi, come suo solito, minaccia dagli scranni di Montecitorio, dichiarando che il NO insulta l’Italia come democrazia. Poi si rifà a Mussolini e al fascismo, quando parla di “90 anni fa, quando qualcuno mise fine alla democrazia” con la nota tragica, – lui non era ancora neanche in mente Dei: “Altri hanno pagato con la vita.” E poi, in chiusura: “Abbiate rispetto delle parole, della libertà e della democrazia del paese che si chiama Italia, nonostante voi.” Come se lui ne avesse. Non si fa attendere la risposta di D’Alema, nel pomeriggio, che parla di “Schieramento vasto e minaccioso, che lancia insulti che non dovrebbero appartenere al confronto cui siamo chiamati, alimentando un clima di paura e intimidazione tale, da far sentire in colpa chi è per il NO, come se portasse il Paese verso il baratro.” dice nel corso del suo intervento alla Fondazione Magna Charta. "Con l'approvazione della riforma costituzionale a maggioranza il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha contraddetto il Manifesto dei valori del partito, che impegnava il Pd ad approvare solo riforme condivise. Il disprezzo verso la Costituzione si vede anche da questo". Qualcuno scrive sui giornali che questa sarebbe la vendetta di D’Alema nei confronti di un giovincello che già da sindaco di Firenze – assenteista – tuonava dai pulpiti di mezza Italia di voler rottamare lui e quelli come lui. Pare che il buon gallipolino non abbia ricevuto la poltrona di Commissario degli Affari Esteri dell’UE, affidata alla Mogherini. Vasto il parterre dei partecipanti alla conferenza di D’Alema, quanto di più politicamente composito si possa immaginare: erano presenti Gianfranco Fini, Stefano Rodotà, Davide Zoggia, Danilo Leva, Massimo Fedriga, Giancarlo Giorgetti. E, ancora: Pippo Civati, Renato Brunetta e Paolo Romani, Lamberto Dini, Paolo Cirino Pomicino, Cesare Salvi, Lorenzo Cesa, Maurizio Gasparri, Antonio Ingroia, Bobo Craxi. Per ciò che riguarda una eventuale modifica all’Italicum, D'Alema annuncia che "ci sarà un appello ai parlamentari per cominciare a raccogliere le firme e dare corpo a una proposta che potrebbe essere incardinata già dall'indomani del referendum". Fra i rottamandi troviamo anche in attività ‘eversiva’ un altro big del PD caduto in disgrazia, Pierluigi Bersani, che ha dichiarato di essere disposto perfino alla scissione del PD. La proposta di D’Alema arriva dopo che il 1^ febbraio del 1998 assistemmo alla morte della Commissione Bicamerale per le riforme costituzionali, – di cui D’Alema era presidente – , ad opera di Silvio Berlusconi, che con le sue richieste rovesciò il tavolo delle trattative. La revisione della Costituzione non è una novità. Vi hanno lavorato un po’ tutte le forze politiche, senza risultati. Oggi abbiamo di fronte una modifica che è viziata da una tendenza ad attribuire tutto il potere alla Camera dei Deputati, dove il premier ha la maggioranza. “Solo la camera darà la fiducia al governo.” ebbe a dire Matteo Renzi, intervistato a Porta a Porta da Bruno Vespa la sera del 6 settembre del 2016. Questo esclude ogni filtro da parte del Senato, creato dai padri costituenti per un maggior controllo, e non per creare inutili lungaggini. Volersene sbarazzare, trasformandolo in un coacervo di amministratori di altro, per di più nominati e non eletti, e che godono di una incomprensibile e anacronistica immunità parlamentare – andava bene nel dopoguerra, quando venivamo da situazioni eccezionali – è una manovra che dimostra chiaramente ciò che Renzi ha più volte smentito, cioè il voler ‘snellire’ l’iter delle decisioni legislative assumendole in carico in prima persona. Quella che qualcuno chiama ‘svolta autoritaria’. Rimane, in ogni caso, da sciogliere il nodo dei vitalizi dedicati agli ex-presidenti delle Repubblica – leggi Napolitano – che per Costituzione ammonterebbero a quasi 50.000 euro al mese; oltre che della riforma del Titolo Quinto della Costituzione, la cui modifica porterebbe in capo al governo la gestione delle ‘utilities’ – acqua, luce, gas ecc. – togliendola ai Comuni. Terra di conquista già dichiarata da parte di chi sta acquistando con il placet del governo in carica pezzi d’Italia a colpi di miliardi di euro, e da cui scaturirebbero altri miliardi di ricavi, con la conseguenza che le tariffe aumenterebbero in maniera incontrollata e incontrollabile. L’acqua, ad esempio, è un bene primario, che deve rimanere pubblico, a disposizione dei cittadini. Lo stato non ha mai rispettato l’esito del referendum tenuto qualche anno fa, dandone la gestione a privati, con la conseguenza che le società concessionarie hanno accumulato montagne di debiti, le tariffe sono insostenibili e gli acquedotti disperdono comunque ancora circa il 70%. Ci auguriamo che il progetto di D’Alema abbia preso in considerazione anche i cittadini, oltre la parte politica; questo per una politica sociale della quale si sente oggi più che mai la necessità.
Come comprare voti… niente di nuovo
di Roberto Ragone
A i tempi della DC, Achille Lauro, a Napoli, regalava una scarpa prima del voto, e la seconda se il voto andava a buon fine. Ma erano altri tempi. Il nostro premier Renzi fa le cose in grande: lui promette addirittura una fabbrica di scarpe in zona terremotata, d’accordo con Della valle, il proprietario di Tod’s. Una fabbrica costa denari, e, dati i tempi, Della Valle non si sarebbe sognato proprio ora di impiantarne una nuova per pura bontà d’animo, nonostante abbia dimostrato di utilizzare i guadagni della sua attività anche per opere di facciata, come il restauro del Colosseo – o meglio, la sua ripulitura. Il sospetto è legittimo: chi pagherà la nuova fabbrica di Tod’s, visto che Renzi sbandiera la sua realizzazione come una ‘sua’ nuova sorgente di posti di lavoro? Di sistemi per favorire un imprenditore che voglia fare ciò che è gradito al governo ce ne sono tanti, in particolar modo quando si tratta di ‘captatio benevolentiae’ da parte di chi vuole a tutti i costi che un certo referendum abbia esito positivo. Comprare voti? È proibito, si chiama voto di scambio ed è un reato punito dalla legge. Favorire Della Valle, e creare nuovi posti di lavoro, no. Specialmente quando c’è di mezzo qualcuno che si ritiene al disopra della legge dei comuni mortali. E poi può anche darsi che la fabbrica non serva più, dopo il 4 dicembre, e che in pratica la seconda scarpa se la tenga chi l’ha promessa. A Brindisi, sempre ai tempi della DC, c’era un uomo politico molto influente, che riceveva i questuanti a casa, dalle sette del mattino, con il viso ancora coperto di schiuma da barba. Un certo quartiere della città non aveva l’acqua, né la fogna, e in prossimità di elezioni politiche, i suoi abitanti videro arrivare un paio di camion che scaricarono sul marciapiedi grossi tubi per l’acqua e per la fogna, con cavalletti e segnali vari di lavori in corso. Tutti conclusero che l’onorevole C. avesse deciso di portare acqua e fogna, e il suo successo elettorale in quel collegio fu enorme. Conclusa la consultazione, gli stessi camion arrivarono di mattina presto, caricarono i famosi tubi, cavalletti e segnali, e li portarono da dove li avevano presi. Questa è una storia vera. Comprare voti può avere tante sfaccettature, al limite della decenza, della correttezza e della legalità. Guardiamoci da chi …
sceneggiata di renzi
SCENEGGIATA DI RENZI IN PARLAMENTO
DI ROBERTO RAGONE
I sondaggisti sondano, e tante volte, quando non conviene a chi li foraggia, non comunicano i loro risultati al grande pubblico, cioè a noi. Diciamola tutta: ormai la credibilità del premier è ai minimi storici, ben lontana da quando, da sindaco di Firenze, tuonava contro i ‘rottamandi’ – che poi sono ancora al loro posto. In realtà non aveva alcuna voglia di rottamarli, né ne avrebbe avuto il potere. Però sapeva che così facendo avrebbe demagogicamente attirato le simpatie di tutti, e così è stato – purtroppo. Non sapevamo cosa ci aspettava, a partire da Letta, liquidato con l’ormai famoso “Enrico stai sereno, nessuno vuole il tuo posto” e una pacca sulla spalla. La data fatidica si avvicina, e don Matteo ne fa di tutte per migliorare i risultati dei sondaggi, in vista del 4 dicembre. Se la riforma a molti non è chiara, è chiaro però l’impegno del presidente del consiglio per farla approvare; un impegno mai visto, con frequenti puntate in tutte le reti e in tutti i talk show politici possibili. L’abbiamo visto dalla Gruber, da Giletti, da Bianca Berlinguer; l’abbiamo visto contendere con Travaglio e Zagrebelski, confronti da cui è uscito massacrato, nonostante lui affermi il contrario; lo vediamo quotidianamente da tutte le parti, in particolare dove può mostrare la sua magnanimità, la sua vicinanza a chi è più sfortunato di lui – e magari ha perso la casa nel terremoto – inaugurare cose, annunciarne altre. Annunci, proclami, programmi, stanziamenti, promesse: si sprecano. Bisognava fare qualcosa per rialzare il suo personale indice di credibilità, visto che ormai a tutti appare sospetto tanto impegno per un referendum che alla fine dovrebbe essere espressione libera dei cittadini, e non l’espressione di una volontà distorta a tutti i costi. Alle spalle tuonano i cannoni di Napolitano, con l’artiglieria pesante; sul campo l’impegno di santa Maria Elena Boschi incontra vistose e ripetute gaffes, pietosamente taciute dai giornali-asserviti-al-potere – cioè quasi tutti. Abbiamo già visto Renzi battere il pugno sul tavolo a Bruxelles contro la Merkel & Co., lasciandoli allibiti. “Cosa mai avremo fatto?” avranno pensato, prima di capire che il nostro faceva così per accreditarsi contro i tanti – tutti – cittadini italiani che l’UE la vedono come fumo negli occhi, causa di austerity, suicidi, chiusura e fallimento di piccole e medie imprese, disoccupazione. Cioè proprio ciò per cui la UE ha lavorato, complice Monti e il suo ‘governo tecnico’. Che poi cosa avesse di tecnico non si sa, è stato un ‘governo disastro’. La sceneggiata dell’altro ieri in parlamento rientra nel solito programma di depistaggio. Da sempre, quando si sente minacciato da presso, Renzi depista i giornali, le TV e l’opinione pubblica. Spiace, a volte, dar ragione a Brunetta, ma davvero per mezz’ora il premier ha parlato del nulla. Se andiamo ad analizzare gli argomenti del suo discorso, possiamo rendercene conto. Aria fritta, cose vecchie, scontate, trite e ritrite. Quando Renzi parla di ‘frenetico immobilismo’ pronuncia un ossimoro, una contraddizione in termini: in realtà l’unico frenetico è lui, con la sua propaganda elettorale. E la sua frenesia si dimostra ogni giorno di più parossistica, con l’asserire slogan che dovrebbero accreditare il SI’ al referendum – compresa la scheda elettorale, dichiaratamente di parte. Quando parla dell’Unione, dice cose scontate, niente che non sia già a a conoscenza di tutti, compreso il grande pubblico. Conosciamo già i risultati del vertice di Bratislava, quello nel quale lui si è volutamente tenuto da parte per dimostrare cosa, poi, non s’è capito; e conosciamo anche gli effetti dello shock del referendum inglese – dopo del quale l’economia in UK ha ripreso a volare, con la prospettiva di un ribasso considerevole della tassa sul reddito. Le ‘importanti consultazioni elettorali’, espressione riferita alla sua carissima modifica costituzionale, sono importanti solo per lui, e non per tutta l’Unione. A meno che non vogliamo davvero credere alla tesi del complotto. Nota positiva, secondo lui, l’immaginare il futuro durante il prossimo vertice di marzo a Roma, “Sarà uno spartiacque importantissimo, cruciale, decisivo.” Che poi, a fronte di questo, Renzi ci voglia far credere di essere, proprio lui, quello che sconfiggerà l’attuale ‘paralisi dei leader europei’ e sarà capace di ‘lanciare da Roma una riforma dell’Unione tanto in campo economico, quanto su migranti, sicurezza e cultura’, proprio non ci convince. S’inventa poi i compiti a casa, affidando ai gruppi parlamentari, a cui chiede di ‘volare alto’, una serie di proposte sul futuro dell’Unione, per accompagnare e rinforzare il governo nello ‘sforzo’ di immaginare un percorso ‘inedito per l’Unione’. Non andiamo oltre. Il Bomba ha colpito ancora. Mentre i gruppi parlamentari avranno le mani occupate, a sentir lui, nello stilare proposte e programmi per l’Unione, verso la quale l’Italia dovrà avere una ‘posizione durissima’, il premier avrà già depistato l’attenzione dei media verso un falso scopo, anche solo un commento e una considerazione della posizione ‘forte’ da lui annunciata nei confronti della Merkel, di Schauble, di Schultz e Juncker. Insomma, Renzi, a parole, vuole mostrare agli Italiani quei muscoli che si vanta di avere, ma che in effetti non possiede. Questo è il motivo per cui Brunetta – ripeto, a volte dispiace dargli ragione, ma quando ce l’ha, ce l’ha – ha reagito in quel modo. E ad essere piccato è stato proprio Renzi, scoperto in fallo e colto nel vivo, con la sua reazione, che tutti possono leggere nei vari tabella pubblicati sui giornali. Non è una novità. Renzi ci ha abituati alla sua parlantina inarrestabile, soprattutto quando va in televisione. Ormai non ci incanta più. Se ne renda conto, e si comporti di conseguenza, per una uscita onorevole e dignitosa dalla vita politica.
la corsia degli orrori
MALASANITA'
perchè l'italia si sta sovietizzando
un errore demolire i cinquestelle
PERCHE’ E’ UN ERRORE DEMOLIRE I CINQUESTELLE
DI ROBERTO RAGONE
Beppe Grillo è stato un comico che mi ha sempre divertito, con quel suo accento genovese e le sue iperboli. Ancora più simpatia la fece più o meno a tutti quando dal palcoscenico di S. Remo pronunciò la famosa frase (erano tempi di Craxi): “Ma allora, se sono tutti socialisti, a chi rubano?” parlando dei Cinesi, per cui fu cacciato e allontanato dalla Rai. Insomma, un personaggio sopra le righe. Già circa trent’anni fa si fece riprendere mentre aspirava dal tubo di scappamento di una Fiat sperimentale a idrogeno. Dove sia finito quel progetto, nessuno lo sa – o forse qualcuno – ma è evidente che le Sette Sorelle, bersaglio della sua performance, non avrebbero dato il loro placet alla produzione. Quando Beppe è andato sul palco per i ‘Vaffa’ lo abbiamo applaudito tutti, anche quando ci ha presentato Casaleggio e il Movimento Cinquestelle. Tranne coloro che avevano – ed hanno – qualche reale o presunto vantaggio nella politica tradizionale, il M5S è piaciuto a tutti, prova ne sia il plebiscito che li ha portati ad avere più voti del PD alle ultime elezioni. Se hanno avuto meno seggi è stato solo per i complicati e quasi truffaldini meccanismi di calcolo dell’assegnazione delle maggioranze. Questa intrusione non è piaciuta al PD, come non era piaciuta la ‘scesa in campo’ di Berlusconi. Le reazioni sono state di rigetto, come di fronte ad corpo estraneo, da parte di destra e sinistra (posto che oggi si possa ancora trovare una differenza), visto che questa gente gli faceva le pulci, mettendo allo scoperto i segreti di famiglia. Questa opposizione continua ancora oggi, stante il fatto dichiarato che il Movimento non avrebbe mai fatto comunella con nessuno. Come sempre accade, la realtà è diversa da ciò che ci si è prefigurati. L’incontro/scontro con la politica pratica ha causato alcune discrasie, per cui gli eletti hanno dovuto aggiustare un attimo il tiro. Sono stati commessi alcuni errori in partenza, tipo quello di pretendere le dimissioni di chiunque fosse colpito da avviso di garanzia: l’avviso di garanzia oggi è lo strumento più usato dagli avversari politici, basta una denuncia di parte. Ma in questa trappola sono caduti in molti, e Direttorio è stato messo in confusione. Oggi Pizzarotti – a mio parere – dovrebbe essere riammesso nel Movimento. L’elezione della Raggi a Roma è stata – ed è – attaccata da qualsiasi parte. Da mesi l’apertura dei Tiggì è la situazione di Roma. È ormai chiaro a tutti che Roma è la pietra angolare del M5S e dell’Italia: il fallimento della Raggi decreterebbe la rovina del Movimento, che sarebbe totalmente squalificato. Il successo, al contrario, accrediterebbe i Cinquestelle per il prossimo governo della nazione. Quando la Taverna disse che c’era una specie di complotto per far vincere la Raggi a Roma, diceva la verità. Non un complotto, dato che Giachetti ha cercato veramente di vincere, ma una scappatoia per cui, anche se lei avesse vinto, le avrebbero potuto segare le gambe in altro modo. Se guardiamo le pagine dei maggiori quotidiani, il 90% è contro la Raggi e il M5S. Soltanto un paio sono più obiettivi, senza tanto scoprirsi, malgrado anche Repubblica abbia dichiarato che l’aver rinunciato alle Olimpiadi è stato giusto. C’è l’impressione diffusa che se la Raggi avesse detto sì ai Giochi Olimpici del 2024, l’aria sarebbe cambiata. Certamente non avrebbe avuto contro Malagò – appoggiato da Renzi – e Caltagirone, proprietario dei terreni su cui avrebbero dovuto sorgere i nuovi impianti. Personalmente mi auguro che la Raggi riesca nell’impresa, e questo per motivi vari, che comunque convergono in un unico scopo: l’opposizione a Renzi. Remare contro i Cinquestelle, è un grosso errore non solo per Roma, ma per la nazione, ed è un segno di miopia politica – a mio parere. Attualmente non esiste un’opposizione. I piccoli partiti che vengono bollati come ‘populisti’ sono frange che vivacchiano bene così, a destra e a sinistra, e non hanno nessuna voglia di impegnarsi più di tanto. Anche Berlusconi sta brigando sott’acqua per non cadere del tutto dal seggiolone, ma ha troppi interessi da salvaguardare per andare contro Renzi. L’operazione Parisi, nella sua apparente neutralità, ne è il ritratto. Il nazareno esiste ancora, anche se Renzi, dopo la stipula, lo ha tradito. In realtà con don Matteo nessuno può ‘star sereno’, neanche Verdini e i suoi. Oggi come oggi il Movimento è l’unica spina nel fianco di Renzi, e domani, se ben gestito, può essere quello che lo disarciona, mandando a pallino tutti i progetti di Renzi, Napolitano, JP Morgan, Rotschild, Rockfeller, Morgan e Bilderberg. Anche di coloro che, modificato il Titolo Quinto con la riforma della Costituzione, potranno a mani basse impadronirsi di quanto il ‘nostro’ governo andrà espropriando a Regioni e Comuni, cioè le ‘utilities’: acqua, luce, gas eccetera, che valgono parecchi miliardi di euro; con la prospettiva dichiarata in pubblico da Renzi e Napolitano di un ‘Nuovo Ordine Mondiale’ che consegnerà totalmente l’Italia in mani straniere, con un controllo capillare dei cittadini, alla ‘1984’ di Orwell. Chi oggi spara frasi spiritose e notizie lette in modo fazioso contro Grillo e soci, fa male alla nazione. Volenti o nolenti, oggi il M5S è l’unico baluardo contro lo strapotere di un premier che ha messo i suoi in tutti i posti che contano, compresa una Rai che assume cento nuovi giornalisti senza valutare se nelle file di quelli già a ruolo ci siano elementi capaci di ricoprire i ruoli da affidare ai nuovi venuti. Una Rai che costa tantissimo, dato che dei 1.900 giornalisti che ne fanno parte, ben 300 sono ‘dirigenti’, con adeguato stipendio. Con un Direttore Generale alla Fantozzi, caro e vecchio amico ‘leopoldino’ di Renzi, con uno stipendio di oltre 600.000 euro l’anno. Ma, si sa, la Rai è cruciale per l’informazione, e le informazioni devono subire una cernita prima di essere divulgate; e quelle divulgate devono essere date in un certo modo. L’opinione pubblica è importante. Pensiamoci prima di denigrare il M5S. Prima di dire che sono degli ‘improvvisati’. Prima di dire che ‘sono peggio degli altri’ perché proclamano onestà e poi non la praticano. Guardiamo da vicino le cose. Il Comune di Roma è un intreccio di clientele, mafie, reati vari, mangerie, come nessuno in Italia. Se la Raggi non riesce a trovare gli assessori giusti – segnatamente quello al Bilancio – è anche colpa della campagna di stampa che le si è scatenata contro, per cui i designati si tirano indietro. Lasciamola lavorare, Roma ne ha bisogno, e la nazione anche. Vogliamo davvero che si torni ad una politica come quella dei precedenti sindaci? Oppure qualcuno s’illude che un’opposizione di diverso tipo possa prendere le redini? Se la Raggi va a casa, torna il PD, con i risultati che conosciamo, e allora i giornali, quelli di regime, suoneranno campane a festa. Quelli che perderanno l’unica speranza in un governo diverso da Renzi/Napolitano saremo noi, ma a quel punto potremo solo morderci le mani.
caro dottor matteo renzi
renzi vs travaglio
OTTO E MEZZO, RENZI VS. TRAVAGLIO
DI ROBERTO RAGONE
L’ISTAT taglia ancora un punto di Pil all’Italia, da 0,8 a 0,7, mentre tutta l’area euro cresce più del doppio. Renzi continua ad emanare proclami sulla crescita, ma la verità è che l’Italia è in una palude di sabbie mobili, e sta affondando sempre più, mentre il debito pubblico è cresciuto a quasi 2500 miliardi, in costante aumento, e Juncker ha detto che non possiamo avere più credito dall’Unione. Apparso con il suo faccione rotondo – da quando è premier è ingrassato, e la giacca gli tira sul bottone centrale quando va in parata con il mento in su, alla Mussolini – alla trasmissione della Gruber, sua fan, a giudicare dagli interventi su Travaglio per zittirlo, don Matteo s’è esibito in uno dei suoi show, ignorando come al solito le obiezioni di Travaglio – anche troppo misurato – e descrivendo come al solito il Paese delle Meraviglie di Alice. Secondo lui, il referendum porta 500 milioni di risparmio – notizia già smentita dalla Ragioneria di Stato, che per carità di patria parla di ‘cifre non quantificabili’ – ed elimina il ‘giochino dei rimborsi’, nel quale sarebbero coinvolti anche i Cinquestelle. Peccato che il M5S dimostri con i fatti di finanziare la piccola e media impresa con denaro sottratto ai loro compensi, e di rifiutare rimborsi elettorali tripli e quadrupli, da loro più volte denunciati. Ma, si sa, le buone notizie non fanno notizia. Ammette, Renzi, l’errore di aver legato il successo della riforma costituzionale alla sua permanenza a guida del Paese: “La mia carriera politica è meno importante della Riforma Costituzionale” dichiara, così implicitamente ammettendo che il bassissimo gradimento nei suoi confronti avrebbe compromesso l’esito del referendum. Fucilato l’Italicum, la legge che doveva dargli pieni ed assoluti poteri, in nome della governabilità del paese, ora, a differenza di ciò che ebbe dire la Boschi in tv, la legge elettorale ottenuta a botte di maggioranza si può modificare. Il timore evidente è che qualcun altro ottenga quel 25% che era il suo traguardo, cioè i Cinquestelle. Comunque, respinta ogni mozione, la legge è ancora com’era, e si modificherà quando e come lui vorrà. Lorenzin si deve dimettere? Neanche per sogno. Un ministro che fa il suo dovere come lei, senza alzare polvere e creare problemi di contestazione interna, va lasciata al suo posto, anche se non si capisce quale sia la sua utilità, se non quella di avere rapporti con le case farmaceutiche, visto che per ogni problema, la Lorenzin, ‘delega’ qualcun altro. L’argomento crescita demografica – Fertility Day – è anche delegato ad un volantino molto contestato dai soliti buonisti che gridano al ‘razzista’ anche se non vogliamo il gelato al cioccolato, ma preferiamo la crema. Renzi finge di non sapere che la crescita demografica rispecchia un po’ quella industriale: se il fisco è troppo alto, non si produce. Bambini, nell’occasione, e averne anche soltanto uno, oggi, per una coppia che è costretta a lavorare in due e a pagare un mutuo, è troppo costoso. Il rischio concreto, vista anche la tendenza boldriniana, è che fra vent’anni ci troviamo con più della metà degli ‘Italiani’ di colore, e la nostra etnia vada a farsi benedire. “Il Pil nel 2017 andrà meglio degli anni precedenti”, dichiara Renzi, senza avere una benché minima base di realtà, se non la sua inesauribile parlantina, pari solo alla sua immaginazione. In effetti, è già stato smentito dai dati ufficiali dell’ISTAT, che ha ritoccato al ribasso le stime, dallo 0.8 allo 0.7. Secondo Renzi, nonostante il veto di Juncker, c’è ‘consenso’ sulle stime migranti e terremoto: cioè, in pratica possiamo spendere per migranti e terremoto al di fuori delle prescrizioni dell’Unione. “L’ho illustrato venerdì a Juncker e credo che ci sia il consenso europeo.” Tutto bene, dunque. Ne ha parlato lui, e la sua parola è legge, si autoraccomanda. Probabilmente otterrà quello che chiede, anche se quel ‘credo che ci sia’ il consenso lascia qualche dubbio. Ma ormai Renzi è lanciatissimo, in USA ha ricevuto dalle mani del segretario di Stato – il vice-Obama – John Kerry un prestigioso riconoscimento, il Global Citizen Award, e i complimenti di Obama per le sue riforme non si contano più, anche se mostra di non conoscere l’esito disastroso del Jobs Act. Bisogna sostenere il ragazzo, perché è l’anello debole della catena, e poi c’è Jim Messina che lo raccomanda. Nell’occasione, Matteo si è lasciato andare sulla spalla di Kerry, lamentando poca collaborazione per l’argomento migranti nei confronti dell’UE: “La verità” qualcosa che lui mostra di crare a sua immagine e simiglianza “è che manca la volontà politica di trovare una soluzione all’ondata migratoria nel Mediterraneo.” Dopodichè ha criticato Berlino, il vertice sulla Brexit a cui è stato invitato, Hollande, Angela Merkel e la poca collaborazione dell’UE. Poi la botta umanitaria: “L’Italòia salva le vite nel Mediterraneo perché, possiamo perdere il voto di qualcuno, ma non possiamo perdere i valori propri degli esseri umani.” Sperticati elogi a Renzi da parte di Kerry, che l’ha definito, fra l’altro, ‘High energy guy” per le riforme apportate, delle quali Renzi non ha mancato – e come poteva? – di fare propaganda per la sua riforma costituzionale. Risparmiamo il resto per amore di misericordia. Una visione che in Italia non è la stessa, quella che hanno gli Americani – alcuni di essi – del nostro premier. Ma, si sa, la distanza diluisce e crea miraggi. Per le Olimpiadi, vicenda chiusa, e Renzi è ben contento d’esserne quasi rimasto fuori. Infatti chi ha ricevuto Malagò è stato Lotti, e non lui.
zitti e buoni
ZITTI E BUONI, E MANI IN TASCA
DI ROBERTO RAGONE
In vigore dal 10 ottobre 2016, il nuovo regolamento della Camera dei Deputati prevede che non si possano più fotografare i parlamentari nell’espletamento delle loro funzioni, che per lo più consistono nel giocare con il telefonino – ci sono videogiochi fantastici, irresistibili – magari a caccia di qualche record, leggere il giornale, messaggiare – attività preferita di Renzi – corteggiare le colleghe, certificare la presenza di colleghi assenti, facendo scivolare la manina sul pulsante che ne certifica la presenza, (in modo che possano ricevere il gettone di presenza, favore ricambiato), e dormire, stanchi magari di una notte brava. Analogamente non si potrà più filmare le risse verbali e fisiche da mandare in onda sui Tiggì, né le scene di ordinaria inattività dei deputati durante le varie sospensioni delle sedute. Insomma, tutto va ben, madama la marchesa. Così avremo un’immagine del nostro Parlamento anodina e serena – “Enrico stai sereno” – senza la storica pacca sulla spalla. Ma nessuno potrà più dire che in Italia non siamo ordinati e disciplinati. Con il nuovo regolamento i giornalisti ammessi dovranno firmare un impegno a non fotografare, né filmare tutto ciò che dal 10 ottobre diventa Off Limits, con buona pace della democrazia e della libertà d’informazione. Ma, la domanda sorge spontanea: cosa ne faremo delle immagini degli interventi più accesi, bastonati e censurati con violenza dalla stessa ‘Presidenta’ della Camera Laura Boldrini? Sarà anche alle sue intemerate, a volte faziose, proibito l’accesso alla libera informazione? Che ne sarà degli interventi piuttosto decisi dei commessi quando una certa parte politica esporrà cartelli con scritte varie, o esibirà un pesce,- un branzino, presumibilmente d’allevamento – o una pistola finta, come ebbe a fare l’ormai buonanima del leghista Buonanno? Il problema, evidentemente, è istituzionale. Ormai siamo in Europa, gli altri ci guardano, ci ascoltano, entrano nel salotto buono e che immagine dobbiamo dare? E poi ce lo insegna il Presidente del Consiglio, mai dire la verità. Quindi, alle ortiche l’informazione, schiaffo ai giornalisti, zitti e buoni in transatlantico e il primo che sgarra, fuori. Sospensione e accompagnato dai genitori. Una deriva che pare innocua, ma può preludere ad altri ‘regolamenti’ da firmare, come la proibizione di diffondere notizie su di un certo argomento, o su di un certo politico, che potrebbe anche essere il Premier, o l’ex Presidente della Repubblica. Mala tempora currunt.