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8 anni faon
BENOIT HAMON E IL DEBITO PUBBLICO
DI ROBERTO RAGONE
“Bisogna unire il debito pubblico di tutti i paesi dell’Unione, far cassa comune” è la scioccante proposta di Benoit Hamon, il nuovo leader della sinistra, un outsider, candidato credibile per l’Eliseo, a scapito del favorito Manuel Valls che tutti davano per favorito. Un leader, a quanto pare, in grado di risvegliare una ‘gauche’ che era passiva e arrabbiata, e che finalmente si è risvegliata. Hamon ha le idee chiare su molte cose, ma certamente la cosa più interessante è ciò che pensa del debito pubblico delle nazioni aderenti all’Unione Europea, compresa l’Italia. Infatti, a proposito dei contrasti fra Italia e Moscovici nel merito dei conti pubblici e delle spese per il terremoto, Hamon è totalmente dalla nostra parte. “La commissione, e i commissari europei, che pure hanno avuto responsabilità politiche,” dichiara Benoit Hamon “sembrano ossessionati dall’applicazione di criteri contabili, peraltro perfettamente arbitrari. Bruxelles” continua Hamon “pur essendo stata in passato di manica larga con la Francia, applica le regole con una severità assurda. Bisognerebbe poter ricorrere al deficit in caso di calamità naturali, o, come nel caso della Francia, per operazioni militari, come quella francese in Mali.” Insomma, in Italia, nella classe media, ormai declassata stato di povertà, Hamon sarebbe il leader ideale. Il prescelto dalle primarie trova che la politica di austerità, propugnata da Merkel & Co., e messa crudamente in atto dal prof. Monti, insieme alla crisi del 2008, hanno fortemente indebolito lo stato sociale. “Bisogna finirla con l’applicazione cieca del 3% e del rigore budgetario” continua Hamon “e pensare semmai alla messa in comune del debito. Il trio riformista europeo Valls-Renzi-Sanchez non ha portato progressi all’Europa, nessuno ha difeso Renzi quando si è trovato isolato di fronte a Bruxelles. Dov’è la sinistra europea quando si dice che entro il 2050 i rifugiati a causa del cambiamento climatico potrebbero arrivare ad un miliardo?” A lui fa eco Thomas HYPERLINK "http://piketty.pse.ens.fr/en/"Piketty, professore di economia presso la Paris School of Economics, autore di numerosi libri, fra cui ‘Il capitale del XXI secolo’. “Errare è umano, perseverare diabolico. Cambiamo strada ora.” dice il prof. Piketty a proposito di quella che lui chiama ‘dittatura del debito’. Piketty è contro ogni forma di austerità. “Non per partito preso o per ideologia” precisa “ma perché ho studiato la storia del debito pubblico dall’800 ad oggi.” Piketty, uno dei moderni guru dell’economia moderna, proprio in seguito alla sua ultima fatica, edita da Bompiani, appunto ‘Il capitale del XXI secolo’, non crede che il difetto dell’eurozona sia economico, ma politico. “I paesi dell’euro devono avere un parlamento che possa decidere in autonomia, rispetto alle istituzioni di ciascun paese. Abbiamo creato un mostro, e non possiamo più avere una moneta unica senza una politica di bilancio comune.” Secondo Piketty, i debiti pubblici in Europa non sono più alti delle altre nazioni come gli Stati Uniti, il Giappone o il Regno Unito. Solo che in Europa questa situazione si è trasformata in una stagnazione dell’economia. Per ridurre il debito con gli avanzi primari sul bilancio statale, come sta cercando di fare l’Italia, secondo Piketty ci vorrebbero decenni. Tirando le somme, sia Hamon che Piketty concludono che, nell’ottica di una politica europea, è necessario far cassa comune, mettendo insieme il debito pubblico di tutte le nazioni. Soluzione che certamente non trova d’accordo la Germania. Prova ne sia il fatto che i tedeschi in buona parte sono orientati ad una Germanexit. Le elezioni del 2018, che vedono contrapposti Merkel e Schultze, ci daranno la risposta. Mentre questa Europa, che lo stesso Piketty ha definito ‘un mostro’, si sfalda progressivamente, sotto le spinte ‘populiste’ di May e Trump. Le opinioni sono controverse, ma alcuni dei più grandi economisti mondiali prevedono una via di fuga per gli squilibri che deriverebbero dal ritorno alla lira, che sarebbero gli stessi provocati da ogni svalutazione o riallineamento del cambio in regime di cambi fissi. Vi sono, del resto, alcune difficoltà accessorie, perfettamente gestibili ove vi sia la volontà di farlo. Quanto poi alla paura dell’abbandono del mercato italiano da parte degli investitori esteri, gli stessi troverebbero molto più appetibile il nostro mercato nel momento in cui, al riparo da grandi svalutazioni, non avrebbero più motivo di andarsene, come invece accade oggi. Lo dimostrano le massicce fughe di capitali in corso da più di un anno, ben documentate su Project Syndicate da Carmen Reinhart. Così l’Italia muore, perché ora al rischio uscita-svalutazione unisce l’impossibilità di crescere. L’unica soluzione sarebbe, come già accennato, unire il debito pubblico di tutti i 28 paesi dell’Unione, soluzione che i paesi più ricchi e con meno debito, come la Germania, di sicuro non accetterebbero. Oppure, come dal dentista, togliere la carie una volta per sempre, magari con una lunga convalescenza, ma avendo riacquistato la propria sovranità monetaria e politica. D’altronde, fonti bene informate riferiscono che già le banche italiane si stanno preparando all’Italexit, e che l’operazione porterebbe all’Italia un vantaggio immediato di una cifra di otto miliardi. Fantasie? Vedremo.