Vinitaly, ecco le previsioni della grande distribuzione per le vendite di vino nel 2018

Aumenteranno i vini a denominazione, i vini a marchio del distributore ed i vini tipici delle regioni – Preoccupazione per un aumento dei prezzi dovuto alla cattiva vendemmia del 2017

VERONA – Nonostante un avvio moderato dei consumi nella grande distribuzione, il 2018 dovrebbe vedere un’ulteriore crescita delle vendite di vino, specie nei settori dei vini a denominazione d’origine, delle bollicine e dei vini tipici delle regioni. Potranno, inoltre, verificarsi rialzi dei prezzi, a causa della cattiva vendemmia nel 2017. Buone le prospettive di crescita dei vini offerti col marchio delle insegne della grande distribuzione. Dovrebbero aumentare anche le vendite di vino biologico, ancora un settore di nicchia sugli scaffali dei supermercati. Questo il sentiment diffuso tra i buyer vino della grande distribuzione che parteciperanno all’evento “Gdo Buyers’ Club” organizzato da Veronafiere per Vinitaly2018 (Verona, 15/18 aprile).

Da qualche anno le catene distributive stanno operando un doveroso recupero di valore dei vini venduti, con un prezzo medio che aumenta anno dopo anno. La ricerca IRI per Vinitaly evidenzia che le bottiglie da 0,75 si sono vendute nel 2017 con un prezzo medio di 4,32 euro al litro (quindi vicino ai 5 euro nella bottiglia da 0,75cl) con un aumento del 2,3% sull’anno precedente. Un processo di stabilizzazione del prezzo quasi fisiologico che però potrebbe essere disturbato da aumenti di prezzo sensibili dovuti alla cattiva vendemmia del 2017.

“L’aumento dei prezzi di vendita potrebbe portare ad una riduzione degli acquisti – dichiara Francesco Scarcelli di Coop Italia – Si rischia anche che l’aumento concesso all’acquisto si traduca in spinta promozionale andando ulteriormente a svalorizzare il prodotto: l’invito che facciamo alle cantine è quello di essere flessibili, cercando di proporre listini sempre più in linea con il valore reale del prodotto”.

Aumenti che dovrebbero colpire più i vini da tavola, di uso quotidiano, che i vini a denominazione d’origine, secondo l’analisi di Valerio Frascaroli di Conad: “L’aumento dei prezzi è già in atto e proseguirà sui prodotti “tavola”. Sarà meno evidente sui prodotti di fascia medio/medio-alta dove una buona parte degli incrementi saranno probabilmente assorbiti dai distributori per non rallentare la crescita di questo segmento”.

La questione della definizione del prezzo più appropriato è ovviamente semplificata nei vini offerti col marchio dell’insegna distributrice, un settore che nel 2017 ha pesato per il 13,7% sulle vendite del vino e del 6% sulle bottiglie da 0,75cl (dati IRI, supermercati, iper, libero servizio piccolo) e sul quale diverse insegne puntano per il futuro.

“La nostra linea di vini a denominazione di origine a marchio Grandi Vigne – riferisce Marco Peduzzi di Iper, la Grande I – presenta una fascia di prezzo molto ampia, tra i 4 e i 40 euro. Nel 2017 abbiamo venduto 1 milione di bottiglie, in un’offerta completa che comprende anche vino biologico, senza solfiti ed anche mezze bottiglie”.

Anche il Gruppo Selex (insegne Famila, A&O ed altre insegne regionali) ha investito sul marchio “Le Vie dell’Uva”, come spiega Dario Triarico: “Sugli scaffali presentiamo 59 etichette con quel marchio con una fascia di prezzo per i vini più comuni che va dai 3 ai 5 euro e quella per le eccellenze enologiche regionali che va dai 6 euro in su. Nel 2017 abbiamo avuto una crescita delle vendite del 12% a volume”.

Nel 2018 potrebbero aumentare anche le vendite di vino e spumante biologico nella grande distribuzione, oggi limitate a poco più di 4 milioni di litri per un valore di circa 24 milioni di euro, come testimoniato anche dal successo di un’insegna specializzata nel biologico come EcorNaturaSi: “Nel 2017 abbiamo registrato un incremento a volume del 9%, meglio i rossi dei bianchi, con gli spumanti oltre il 15% – spiega Michele Bonato – Ma questo è un settore ancora ‘giovane’ che crescerà in tutta la grande distribuzione”.

Il 2017 ha fatto registrare un boom dei vini tipici delle regioni, che dovrebbe ripetersi nel 2018. Ecco i vini preferiti nelle diverse insegne: Capetta del Piemonte, Montecchio dalla Toscana, Terre de Trinci dall’Umbria (Gruppo Pam); Vermentino dalla Sardegna, Gewurztraminer dal Trentino Alto Adige, Pignoletto da Emilia Romagna (Conad); Primitivo dalla Puglia, Pecorino e Passerina da Marche e Abruzzo e Prosecco (Italy Discount); Chianti, Vermentino e Prosecco (Coop Italia).

Di vino e grande distribuzione si parlerà a Vinitaly2018 nei due tradizionali eventi organizzati da Veronafiere: la tavola rotonda del 16 aprile e il GDO Buyers’ Club del 16 e 17 aprile cui partecipano le seguenti catene: Coop, Conad, Gruppo Selex, Carrefour, Iper la Grande I, Gruppo Vègè, Gruppo Pam, EcorNaturaSì, Italy Discount, S&C-Consorzio Distribuzione Italia.




Grottaferrata, sviluppo economico: siglato protocollo tra Comune, Unicusano e fondazione Tor Vergata

GROTTAFERRATA (RM) – Protocollo d’intesa tra il Comune di Grottaferrata, l’Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma e la Fondazione Universitaria Inuit-Tor Vergata.

Obiettivo dell’accordo è la promozione di un legame tra innovazione, sviluppo economico e impresa

Il tutto in un Laboratorio-Incubatore per lo sviluppo imprenditoriale da creare con le risorse che i tre enti metteranno a disposizione del progetto nato sotto l’egida dell’assessorato allo Sviluppo Economico del Comune di Grottaferrata e inserito nel Dup (Documento Unico di Programmazione)

L’impegno dichiarato nell’atto sottoscritto è quello di favorire lo sviluppo dell’autoimprenditorialità e la nascita di nuove imprese sul territorio, sostenendo le capacità competitive delle imprese, andando a promuovere attività e servizi funzionali alla diffusione dell’innovazione, al trasferimento di tecnologia e dei risultati della ricerca applicata.

In tal senso il Comune di Grottaferrata intenderà promuovere e sostenere la realizzazione del progetto anche attraverso il coinvolgimento di altri enti e imprese interessate, reperirà spazi, strutture e valorizzerà l’intesa firmata in termini di comunicazione.

Unicusano, da parte sua, supporterà l’organizzazione della struttura e dei programmi del Laboratorio Incubatore, favorirà l’accompagnamento per l’avvio di imprese tramite la gestione di junior e senior angel per l’identificazione delle nuove idee e dei mercati, promuoverà presso la propria rete di associazioni e istituzioni le iniziative che seguiranno puntando a dar vita a proficue sinergie, quindi valorizzerà a sua volta il protocollo presso gli studenti universitari incentivando la loro partecipazione all’iniziativa.

La Fondazione quindi si si impegnerà a svolgere azioni di scouting delle idee tra i gruppi di ricerca, della domanda di innovazione del territorio, formazione alla cultura d’impresa e all’autoimprenditorialità , promozione all’interno dell’università della eventuale nascita di imprese.

Al convegno, intitolato “Sostenibilità, innovazione e imprenditorialità” hanno preso parte in rappresentanza dell’Università degli Studi Niccolò Cusano il professor Mario Risso con una relazione dal titolo: “Impresa 4.0 e processi di innovazione: prospettive per le piccole e medie imprese”, quindi il professor Stefano Paponi con una relazione incentrata su “le spin-off per l’applicazione della circular economy”.

Per l’Università di Tor Vergata sono intervenuti i professori Maurizio Talamo e Paola Paniccia che hanno parlato di start-up, innovazione e territorio.

Ha concluso i lavori, prima della firma in pubblico del protocollo d’intesa, il Magnifico Rettore dell’Università di Tor Vergata, professor Giuseppe Novelli.

Il professor Mirko DI Bernardo, assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Grottaferrata, promotore dell’iniziativa, ha coordinato i lavori e sottolineato come non casualmente l’evento è stato fatto coincidere con la Fiera di Grottaferrata che “ha come cuore centrale le attività produttive e quest’anno l’innovazione e lo sviluppo economico. Tuttavia non può esserci sviluppo economico se non ci sono innovazione e ricerca scientifica” ha detto l’assessore sottolineando il ruolo potenziale degli enti locali “come vettori di sviluppo, innovazione e ricerca scientifica” soffermandosi proprio sull’esempio di Grottaferrata che in un’altra intesa già in piedi con Tor Vergata “dà agli studenti universitari la possibilità di svolgere la loro attività di tirocinio e ricerca presso gli assessorati comunali. Occasioni in cui si sprigionano energie positive e intelligenze ed è questa la strada che la nostra Amministrazione sta intraprendendo con un occhio particolare allo sviluppo dell’imprenditorialità, motivo di questo incontro, nel quale abbiamo analizzato come questi temi e nello specifico la realizzazione di un incubatore di impresa, possano diventare centrali anche per il nostro ente e il nostro territorio. In tal senso intendo ringraziare con particolare gratitudine il vicesindaco Luciano Vergati, il consigliere delegato all’Innovazione, Alessandro Cocco e la segretaria generale, dottoressa Stefania Calcari che ha fatto in modo l’ente sviluppasse in termini pratici le potenzialità di questa ulteriore sinergia”.

Il sindaco di Grottaferrata, Luciano Andreotti ha detto come la sua Amministrazione da sempre abbia considerato oltremodo importante il rapporto con il mondo universitario, che dà a tutti la o “di aprire una finestra sul mondo. Tutti insieme ci stiamo giocando una parte di credibilità e noi stiamo puntando davvero molto su iniziative come questa. Non a caso siete ospiti della Fiera che noi vogliamo far tornare ad essere un momento d’eccellenza. Sono certo che su questo e su tanti altri progetti come la raccolta differenziata dei rifiuti che sono considerati il nuovo petrolio, Grottaferrata possa lavorare al meglio insieme a una università come Tor Vergata” ha concluso il primo cittadino, ringraziando ancora una volta il professor Novelli, magnifico rettore dell’università che “di fatto è l’ateneo dei Castelli”.




Pensioni, Inps: 7 su dieci sotto i mille euro

Il tasso di disoccupazione non scende, i giovani sotto i 30 se trovano lavoro ci riescono attraverso dei contratti a 6 mesi, 4 italiani su 10 è a rischio povertà assoluta ed infine, la notizia di poche ore fa: in Italia 7 pensioni su 10 sotto la soglia dei mille euro.

Il tempo passa e la situazione economica del paese, attraverso i dati più volte pubblicati, non trova via d’uscita

Lo scorso primo gennaio il 70,8% delle pensioni erogate per il settore privato, 12,8 milioni di assegni, sono infatti state inferiori a 1.000 euro. E’ quanto documenta l’Inps nel suo osservatorio sulle pensioni, rilevando che per le donne la percentuale è decisamente inferiore arrivando all’86,6%. Nel complesso al primo gennaio 2018 le pensioni erogate erano 17.886.623 con un calo di circa 143 mila unità rispetto a inizio 2017: di queste 13.979.136 erano di natura previdenziale, mentre le rimanenti 3.907.487 sono di natura assistenziale. La spesa complessiva annua risulta pari a 200,5 miliardi di euro (di cui 179,6 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali): un dato, spiega l’Istituto, ottenuto moltiplicando per 13 mensilità (12 nel caso delle indennità di accompagnamento) il valore dell’importo mensile di gennaio. Per quanto riguarda le pensioni liquidate, nel 2017 sono state 1.112.163 per il settore privato: di queste poco meno della metà (553.105, pari al 49,7%) erano di natura assistenziale (507.177 per gli invalidi civili e 45.928 assegni sociali). L’Inps sottolinea come gli importi annualizzati, stanziati per le nuove liquidate del 2017, ammontano a 10,8 miliardi di euro, un valore che rappresenta circa il 5,4% dell’importo complessivo annuo in pagamento allo scorso primo gennaio. Le nuove pensioni erogate ai dipendenti privati sono state 335.246, il 30,1% del totale, per un importo annualizzato di 5,44 miliardi (il 50,2% del totale). Le nuove prestazioni erogate agli autonomi sono state invece 215.439. Le pensioni liquidate nelle altre gestioni e assicurazioni facoltative sono state 8.373. Oltre la metà delle pensioni – spiega l’Inps – è in carico alle gestioni dei dipendenti privati delle quali quella di maggior rilievo (95,6%) è il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti che gestisce il 48,2% del complesso delle pensioni erogate e il 61,1% degli importi in pagamento. Le gestioni dei lavoratori autonomi elargiscono il 27,5% delle pensioni per un importo in pagamento del 23,9% mentre le gestioni assistenziali erogano il 21,8% delle prestazioni con un importo in pagamento di poco superiore al 10,4% del totale.

Marco Staffiero




Fiumicino, nuovo slancio al commercio: nasce uno sportello per aiutare gli imprenditori

 FIUMICINO – È stata firmata questa mattina la Convenzione tra Comune di Fiumicino, CNA e ConfCommercio per la Gestione del nuovo Sportello per le Piccole e Medie Imprese. Lo Sportello, inaugurato sempre questa mattina alla presenza tra gli altri dei consiglieri Giua, Bonanni e Patriarca, si trova presso gli Uffici della Fiumicino Tributi in Piazza Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa 10 e sarà aperto ogni martedì e giovedì dalle ore 9.30 alle ore 16.30

“Si tratta – spiega l’assessore alle Attività Produttive e al Lavoro Anna Maria Anselmi – di uno sportello dedicato alle piccole e medie imprese del nostro territorio che possono avere attraverso le consulenze di CNA e ConfCommercio notizie utili per la propria attività, sia nuove aperture, sia per la partecipazione a bandi, oppure per tutto ciò che riguarda le nuove tecnologie, il rapporto con il personale, l’accesso al credito e al microcredito. Cerchiamo di offrire un servizio che dia risposte concrete su tutto ciò che concerne il mondo imprenditoriale, in modo da essere un supporto per il lavoro autonomo del nostro territorio. Lo sportello è stato aperto dopo un lungo lavoro preparatorio, per cui ringrazio gli Uffici del mio Assessorato e in particolare la dirigente Livio e la funzionaria Carrafelli, che si sono molto adoperate per realizzare questo importante obiettivo della nostra Amministrazione.

“Siamo molto orgogliosi di questo risultato – aggiunge la Presidente della Commissione Attività produttive Valentina Giua – perché è un modo concreto per aiutare la nostra economia a ripartire. È fondamentale per chi desideri aprire una nuova impresa avere un luogo di riferimento dove poter chiedere ogni sorta di informazione a riguardo”.




Tasse: italiani i più tartassati d’Europa

Cosa sarà del futuro del nostro paese? I dati illustrati fanno riferimento al decennio 2006/2016, ma la situazione non è cambiata. Numerosi squilli di tromba insignificanti (soprattutto in campagna elettorale) continuavano a parlarci di una ripresa economica, che di fatto non c’è. Povera Italia. Con tasse record in Ue e con una spesa sociale tra le più basse d’Europa, il rischio di povertà o di esclusione sociale tra il 2006 e il 2016 è aumentato di quasi 4 punti percentuali, raggiungendo il 30% della popolazione.

Le persone in difficoltà e deprivazione sono passate da 15 a 18,1 milioni

E’ quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre. Il livello medio europeo è invece salito solo di un punto, attestandosi al 23,1 per cento: 6,9 punti in meno rispetto alla nostra media. In Francia e in Germania, invece, in questi 10 anni il rischio povertà è addirittura diminuito e attualmente presenta un livello di oltre 10 punti in meno al dato medio Italia. A livello regionale la situazione al Sud è pesantissima. Gli ultimi dati disponibili riferiti al 2016 segnalano che il rischio povertà o di esclusione sociale sul totale della popolazione ha raggiunto il 55,6% in Sicilia, il 49,9% in Campania e il 46,7% in Calabria. In Italia la pressione tributaria (vale a dire il peso solo di imposte, tasse e tributi sul Pil) si attesta al 29,6% (anno 2016).

Tra i nostri principali paesi competitori presenti in Ue nessun altro ha registrato una quota così elevata

La Francia, ad esempio, ha un carico del 29,1%, l’Austria del 27,4%, il Regno Unito del 27,2%, i Paesi Bassi del 23,6%, la Germania del 23,4% e la Spagna del 22,1%. Al netto della spesa pensionistica, il costo della spesa sociale sul Pil (disoccupazione, invalidità, casa, maternità, sanità, assistenza, etc.) si è attestata all’11,9%. Tra i principali paesi Ue presi in esame in questa analisi, solo la Spagna ha registrato una quota inferiore alla nostra (11,3% del Pil), anche se la pressione tributaria nel paese iberico è 7,5 punti inferiore alla nostra. Tutti gli altri, invece, presentano una spesa nettamente superiore alla nostra. In buona sostanza siamo i più tartassati d’Europa e con un welfare “striminzito” il disagio sociale e le difficoltà economiche sono aumentate a dismisura. “Da un punto di vista sociale – commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – il risultato ottenuto è stato drammatico: in Italia, ad esempio, la disoccupazione continua a rimanere sopra l’11 per cento, mentre prima delle crisi era al 6 per cento. Gli investimenti, inoltre, sono scesi di oltre 20 punti percentuali e il rischio povertà ed esclusione sociale ha toccato livelli allarmanti. In Sicilia, Campania e Calabria praticamente un cittadino su 2 si trova in una condizione di grave deprivazione. E nonostante i sacrifici richiesti alle famiglie e alle imprese, il nostro rapporto debito/Pil è aumentato di oltre 30 punti, attestandosi l’anno scorso al 131,6 per cento”.

In questi ultimi anni la crisi ha colpito indistintamente tutti i ceti sociali, anche se le famiglie del cosiddetto popolo delle partite Iva ha registrato, statisticamente, i risultati più preoccupanti. Il ceto medio produttivo, insomma, ha pagato più degli altri gli effetti negativi della crisi e ancora oggi fatica ad agganciare la ripresa. “A differenza dei lavoratori dipendenti – fa notare il Segretario della CGIA Renato Mason – quando un autonomo chiude l’attività non beneficia di alcun ammortizzatore sociale. Perso il lavoro ci si rimette in gioco e si va alla ricerca di una nuova occupazione. In questi ultimi anni, purtroppo, non è stato facile trovarne un altro: spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento hanno costituito una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso impieghi completamente in nero”.

Marco Staffiero




Scandalo Facebook, abuso dati di milioni di utenti: titoli social in picchiata

Facebook nello scandalo. Il titolo crolla a Wall Street per il secondo giorno. Perde più del 5%, travolto dallo scandalo sull’abuso dei dati di milioni di utenti che coinvolge anche la società di consulenza politica Cambridge Analytica.

Trascina trutti i social media: Twitter -9,68%, Snapchat -3,6%. Il colosso del web è sotto inchiesta in Gran Bretagna e Stati Uniti. La Commissione parlamentare britannica su Cultura, Media e Digitale ha chiesto a Mark Zuckerberg di comparire per un’audizione. La Casa Bianca chiede di tutelare il diritto alla privacy. Il caso, secondo il Garante Ue per la privacy, ‘potrebbe essere lo scandalo del secolo e mostra solo la punta dell’iceberg’. Tajani invita il fondatore di Facebook a dare spiegazioni al Parlamento europeo.

“Abbiamo invitato Mark Zuckerberg al Parlamento europeo. Facebook chiarisca davanti ai rappresentanti di 500 milioni di europei che i dati personali non vengono utilizzati per manipolare la democrazia”. Così in un tweet il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani.

La Commissione parlamentare britannica sulla Cultura, i Media e il Digitale ha chiesto a Mark Zuckerberg di comparire per un’audizione sullo scandalo relativo all’abuso dei dati di milioni di utenti che coinvolge Facebook e la società di consulenza politica Cambridge Analytica. Lo ha reso noto il presidente della commissione, Damian Collins, citando una sua lettera al patron del colosso Usa del web in cui si accusa il management dell’azienda di aver “ingannato” l’organismo in precedenti audizioni

Sulla stessa linea la Casa Bianca: ‘Il presidente americano Donald Trump – afferma il vice portavoce della Casa Bianca, Raj Shah – ritiene che i diritti alla privacy degli americani dovrebbero essere tutelati”.




Nuove tecnologie e crisi occupazionale, quando le macchine si sostituiscono all’uomo: Toys ‘R’ Us chiude i negozi Usa, non regge alle vendite online. E’ solo l’inzio di una grande crisi?

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? La crescente disoccupazione è rappresentata soprattutto da un nuovo elemento, che spesso non viene nemmeno nominato. Le nuove tecnologie stanno spazzando via l’uomo dal lavoro. Cosa accadrà? Pochi giorni fa Toys, il colosso dei giochi americano ha comunicato ai suoi dipendenti che probabilmente venderà o chiuderà tutti i suoi negozi di vendita, sottolineando che la mossa mette a rischio 33.000 posti di lavoro. David Brandon, nel dare l’annuncio ai lavoratori dell’azienda che ha guidato fino ad oggi, ha detto che gli introiti, anche dopo le ultime feste di fine anno, sono stati veramente magri: una volta erano di 600 milioni di dollari all’anno, oggi “meno della metà”. Sull’altro piatto della bilancia i 6,6 miliardi di debiti accumulati a partire dal 2005, anno di una sciagurata acquisizione da parte di una cordata di capitani coraggiosi. L’ex colosso dei giocattoli, che ha fatto ricorso alla bancarotta lo scorso settembre, ha più 700 negozi negli Stati Uniti, inclusi quelli con il marchio Babies ‘R’ Us. Un’eventuale liquidazione sarebbe una delle maggiori negli Stati Uniti da quando The Sport Authority ha fatto bancarotta nel 2016, chiudendo più di 460 negozi e licenziando 14.500 lavoratori.

Colpa della crisi, colpa dell’ecommerce con le loro consegne in tempi rapidi fin sulla porta di casa

A nessuno va più di passare un sabato pomeriggio al negozio di giocattoli. Um grosso segnale di come il mercato, ma tutto il sistema del lavoro o non solo stia cambiando. Ma quando tutti i lavori saranno svolti da delle macchine, cosa faremo? La cassa automatica sostituisce il cassiere, il bancomat il bancario allo sportello. Amazon cancella commessi e agenti di commercio, Airbnb e Booking gli addetti degli hotel e delle agenzie di viaggio. L’email il postino. I robot gli operai. App e siti web i telefonisti dei call center. Uno degli ultimi rapporti McKinsey, A Future That Works: Automation, Employment, and Productivity, lo conferma: quasi la metà (il 49%) dei lavori svolti oggi nel mondo da persone fisiche potranno essere automatizzati. Anche in Italia, dove il tasso di sostituzione si aggirerebbe tra il 49 e il 51 per cento. Significa che più della metà dei lavoratori italiani, circa 11 milioni di persone, potrebbero essere sostituiti da una macchina.

Uno scenario a tratti inquietante. Anche se in Italia non sembra che ce ne stiamo preoccupando così tanto

Molte associazioni di categoria, anche quelle dei comparti più interessati dall’automazione, non hanno avviato nessuna riflessione né ricerca sul tema. Tantomeno politici e sindacati italiani. In teoria, l’automazione potrebbe colpire qualsiasi lavoro, ma alcuni lavori sono “più sostituibili” di altri dal braccio di una macchina o da un algoritmo. In primis, quelli più semplici e ripetitivi. “Nelle fabbriche, parliamo di mansioni come l’assemblaggio, ad esempio», spiega Jacopo Brunelli, managing director di Boston Consulting Group. Per l’ufficio, invece, sono a rischio attività come il data entry (inserimento di dati, ndr). Dobbiamo aspettarci una riduzione graduale di questo tipo di figure professionali”. Ci sono settori più esposti di altri alla sostituzione meccanica. I luoghi di lavoro a più alto tasso di automazione attuale e potenziale sono le aziende manifatturiere e di costruzioni (la famosa industry 4.0), le aziende agricole, gli hotel e le strutture ricettive in generale, i ristoranti e i fast food, i centri commerciali, i supermercati (la grande distribuzione in generale), le banche, le compagnie assicurative, le società di consulenza finanziaria, i call center. Cosa ci aspetta? a quali cambiamenti economici e sociali dobbiamo prepararci? Siamo soltanto all’inizio di una crisi epocale? Tutte domande che richiedono delle urgenti risposte.

Marco Staffiero




Starhotels, rinegoziato il nuovo contratto integrativo aziendale: inserita clausola “anti molestie”

E’ stato firmato recentemente il nuovo contratto integrativo aziendale della prestigiosa catena alberghiera italiana Starhotels, presente con 29 strutture nel cuore delle più belle città d’arte italiane come Firenze, Milano, Roma, Venezia, Siena e del mondo come Londra, New York e Parigi.

La direzione aziendale ha comunicato di aver raggiunto un importante accordo con i sindacati di categoria relativamente al rinnovo della contrattazione integrativa di settore: relazioni sindacali ai due livelli della contrattazione, nazionale e locale, terziarizzazioni, conciliazione dei tempi di vita e lavoro, tutela della maternità con un ampliamento dei diritti per le lavoratrici madri e per i padri lavoratori in termini di congedi e permessi, formazione professionale, anticipi del TFR, sistema premiante con l’introduzione del sistema dei flexible benefits e welfare aziendale i punti cardine del nuovo contratto integrativo in vigore dal 1° gennaio 2018.

“È fondamentale incoraggiare i nostri collaboratori – ha dichiarato Enzo Casati, Direttore Generale di Starhotels – a raggiungere traguardi sempre più ambiziosi attraverso incentivi e riconoscimenti di carattere sia tangibile che intangibile, che consentano il conseguimento di obiettivi comuni e la condivisione dei valori dell’azienda. Organizziamo training interni mirati a favorire lo sviluppo delle professionalità individuali anche tramite percorsi di job rotation, affinché abbiano una conoscenza quanto più ampia della realtà della quale sono protagonisti attivi. La scelta dei collaboratori è strategica per il successo di un’azienda. Ogni giorno siamo impegnati ad affrontare le sfide che il mercato ci presenta ed è soprattutto grazie al loro impegno e alla loro dedizione che Starhotels sta ottenendo gli ottimi risultati di questi anni. Da sempre Starhotels riserva ampio spazio alle donne, che occupano in azienda ruoli rilevanti, crediamo fortemente che ciò possa portare un valore aggiunto alla visione ed alla governance del gruppo”.

Importante, da questo punto di vista, la clausola inserita nella rinegoziazione del Contratto relativa alle “molestie”: “Starhotels ritiene intollerabile ogni atto o comportamento che si configuri come molestia o violenza nel luogo di lavoro e si impegna ad adottare misure adeguate nei confronti di coloro che le pongano in essere. Il rispetto reciproco della dignità degli altri a tutti i livelli all’interno dei luoghi di lavoro è una delle caratteristiche fondamentali delle organizzazioni etiche e socialmente responsabili. Questa è la ragione per cui le molestie e la violenza sono inaccettabili”, sottolinea Casati.

Soddisfazione in sede Fisascat Cisl: «L’intesa conferma la grande attenzione e l’impegno sociale ed etico di Starhotels nei confronti dei propri dipendenti per i quali il nuovo integrativo riconosce nuove tutele anche nelle esternalizzazioni e nei cambi di gestione, un sistema premiante che introduce l’opzione welfare e norme innovative sulla conciliazione vita lavoro che spaziano dal sostegno alla genitorialità fino al supporto economico in caso di necessità familiare, anche in caso di molestie e violenze» ha commentato la funzionaria sindacale della categoria cislina Elena Maria Vanelli.
«Il valore attribuito alle risorse umane – ha concluso la sindacalista – accompagnerà il processo di sviluppo di una grande azienda italiana che con passione e consapevolezza affronta le nuove sfide puntando all’eccellenza ed alla professionalità, elementi imprescindibili per una accoglienza turistica di alto livello».

“Siamo molto soddisfatti per come si è conclusa questa trattativa” ha commentato Cristian Sesena- Segretario Nazionale della Filcams Cgil: “Siamo riusciti a costruire una intesa equilibrata e innovativa che porterà maggiori tutele, importanti diritti e adeguati riconoscimenti economici ai dipendenti di questa importante catena”.

Gianfranco Nitti




Turismo nel Lazio: le proposte della Fiavet al nuovo governo regionale

 

In un recente incontro con la stampa, la FIAVET Lazio, Federazione degli agenti di viaggio della regione, ha presentato le proposte ed i suggerimenti per per il nuovo governo regionale in tema di settore turistico. In particolare, sul tema ‘Il turismo domanda’ il presidente Ernesto Mazzi, affiancato dai consiglieri Paolo Tsimbirlis e Ezio Maria Biagioli, ha stilato una lista di richieste che, se attuate, sarebbero di slancio concreto per il settore.

Coordinamento, consultazione e raccolta dati per realizzare una strategia: questi elementi in sintesi la Fiavet Lazio pone sul tavolo del al nuovo governo regionale lamentando la scarsa attenzione riservata in passato al settore.

Mazzi ha ricordato come manchi uno specifico dicastero per il turismo che razionalizzi e stimoli; ritiene indifferibile anche un impegno per norme nazionali chiare e coerenti, anche con riferimento al recepimento della nuova Direttiva UE sui pacchetti turistici,e per la competitività in Europa contro le disparità che incoraggiano la delocalizzazione di imprese e consumo. E ancora appelli sul lavoro giovanile, contro l’abusivismo, sul fondo di garanzia e l’evoluzione dell’infrastruttura tecnologica indispensabile , con un riferimento per Roma, che ritrovi decoro e dignità.
Ha anche fatto riferimento all’esigenza di una modifica alla vigente legge regionale settoriale, all’urgenza di indizione di un nuovo concorso per la creazione di direttori tecnici di agenzie. La lotta all’abusivismo e la frammentarietà e contraddittorietà delle normative vigenti sono anche punti dolenti non secondari

Altri punti critici citati da Mazzi e dai consiglieri riguardano la tassa di soggiorno, “i cui proventi vanno reinvestiti nel settore”, ed i controlli sia nella raccolta di tale tassa che nella lotta all’abusivismo, auspicando altresì un supporto alle agenzie nella tutela del consumatore, una revisione delle modalità di gestione del Fondo di garanzia, un impegno, a livello nazionale, per una uniformità delle aliquote IVA e della tassazione nella UE per contrastare le delocalizzazioni selvagge ed anticoncorrenziali. Non secondario il tema del sostegno all’occupazione giovanile ed ad una migliorata formazione. Indefiniti un carnet d’impegni che il nuovo non leggero e di grande impegno su cui la Fiavet Lazio intende essere protagonista e propositrice collaborativa.

Gianfranco Nitti




Guidonia: Saltamartini e Giorgetti (Lega) incontrano il mondo delle piccole medie imprese

GUIDONIA (RM) – La Lega di Salvini incontra il mondo delle professioni e delle pmi dell’hinterland di Guidonia. Il vicesegretario federale Giancarlo Giorgetti, numero 2 della Lega, accompagnerà oggi nel suo tour elettorale la deputata Barbara Saltamartini, candidata alla Camera di tutto il centrodestra nel collegio uninominale. “Si tratta di un’ulteriore conferma dell’attenzione del centrodestra e della Lega alle realtà produttive del territorio. Le piccole imprese locali, i commercianti, gli artigiani, i professionisti e i lavoratori autonomi – afferma Saltamartini – rappresentano il tessuto produttivo della zona e l’ossatura dell’economia locale che noi tuteleremo e valorizzeremo, abbassando le tasse e rimuovendo lacci e vincoli della macchina burocratica”.
Si parte alle ore 11 con la visita al Centro agroalimentare Roma per poi proseguire nel primo pomeriggio, alle ore 14, all’area industriale pip di Guidonia Montecelio.
Alle ore 16 Giorgetti e Saltamartini incontreranno il mondo delle professioni all’hotel Duca D’Este, mentre alle ore 18 aperitivo con esponenti delle pmi locali a Guidonia. In serata appuntamento a Marcellina.



Fuga dall’Italia: aumentano le imprese che investono all’estero

Non si ferma l’ondata di delocalizzazioni da parte di aziende italiane. Gli effetti di una eccessiva burocrazia, accompagnata da una mancanza di politiche economiche spinge le aziende ad investire all’estero. Fenomeno che ha visto – fra 2009 e 2015 – un aumento del numero delle partecipazioni all’estero delle imprese italiane pari al 12,7%, passando dalle 31.672 unità verso la fine del decennio scorso a quota 35.684. E’ quanto emerge da un’elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della Cgia su Banca dati Reprint del Politecnico di Milano e dell’Ice, che mostra anche come nel periodo preso in esame il numero di occupati all’estero alle dipendenze di imprese a partecipazione italiana è tuttavia diminuito del 2,9% (una contrazione di poco più di 50.000 unità).

Il fatturato, invece, è aumentato dell’8,3% facendo registrare un incremento in termini assoluti del giro di affari di oltre 40 miliardi di euro, toccando nel 2015 i 520,8 miliardi di ricavi per le imprese straniere controllate da aziende italiane. Un giro elevato di denaro che non influenza l’economia del nostro paese, anzi…. Dei 35.684 casi registrati nel 2015, oltre 14.400 (pari al 40,5% del totale) sono riconducibili ad aziende del settore del commercio, per lo più costituite da filiali e joint venture commerciali di imprese manifatturiere.

L’altro settore più interessato alle partecipazioni all’estero è quello manifatturiero che ha coinvolto oltre 8.200 attività (pari al 23,1% del totale): in particolar modo quelle produttrici di macchinari, apparecchiature meccaniche, metallurgiche e prodotti in metallo. Il principale Paese di destinazione di questi investimenti sono gli Stati Uniti: nel 2015 le partecipazioni italiane nelle aziende statunitensi sono state superiori a 3.300. Di seguito scorgiamo la Francia (2.551 casi), la Romania (2.353), la Spagna (2.251) la Germania (2.228), il Regno Unito (1.991) e la Cina (1.698) .

“Chi pensava che la meta preferita dei nostri investimenti all’estero fosse l’Europa dell’Est – segnala il segretario della Cgia Renato Mason – rimarrà sorpreso. A eccezione della Romania, nelle primissime posizioni scorgiamo i Paesi con i quali i rapporti commerciali sono da sempre fortissimi e con economie tra le più avanzate al mondo”. “Purtroppo – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo – non ci sono statistiche complete in grado di fotografare con precisione il fenomeno della delocalizzazione produttiva. Infatti, non conosciamo, ad esempio, il numero di imprese che ha chiuso l’attività in Italia per trasferirsi all’estero. Tuttavia, siamo in grado di misurare con gradualità diverse gli investimenti delle aziende italiane nel capitale di imprese straniere ubicate all’estero. Un risultato, come dimostrano i dati riportati in seguito, che non sempre dà luogo ad effetti negativi per la nostra economia”. Le regioni italiane più interessate agli investimenti all’estero sono la Lombardia (11.637 partecipazioni), il Veneto (5.070), l’Emilia Romagna (4.989) e il Piemonte (3.244).

Quasi il 78% del totale delle partecipazioni sono riconducibili a imprese italiane ubicate nelle regioni del Nord Italia che, comunque, ricorda Zabeo, “presentano livelli di disoccupazione quasi fisiologici e sono considerate, a tutti gli effetti, aree con livelli di industrializzazione tra i più elevati d’Europa”. “Infatti – spiega – quando la fuga non è dettata da mere speculazioni di natura opportunistica, queste operazioni di internazionalizzazione rafforzano e rendono più competitive le nostre aziende con ricadute positive anche nei territori di provenienza di queste ultime”. La Cgia comunque sottolinea come, negli ultimi anni, anche a seguito degli effetti della crisi economica, non sono poche le imprese che hanno ripreso la via di casa. Ovvero, si sono ri-localizzate in Italia. In Veneto ed in Emilia, ad esempio, vanno ricordati i casi Benetton, Bottega Veneta, Fitwell, Geox, Safilo, Piquadro, Wayel, Beghelli, Giesse e Argotractors.

Marco Staffiero