Umbria, prosegue con successo il Festival Federico Cesi dedicato alla musica classica

Oltre 40 concerti eseguiti in splendide location a cielo aperto, auditori, anfiteatri romani, giardini, cortili e palazzi seicenteschi con performer di fama mondiale: questo il programma della XVI edizione del Festival Federico Cesi – Musica Urbis, la manifestazione dedicata alla musica classica organizzata dall’associazione Fabrica Harmonica ETS, inaugurata lo scorso 11 luglio a Spello nella meravigliosa sede della Chiesa di Sant’Andrea a Spello – protagonista il coro femminile Arsys di Madrid.
Il Festival prosegue fino al 27 agosto nelle città di Spello e Trevi e si conclude con un’appendice dedicata alla Musica Sacra ad Acquasparta dall’1 al 3 settembre, che vede in programma inediti del ‘700 italiano e il famoso Mozart Requiem KV 626 per soli, coro e orchestra.
La 16a edizione prevede anche una sezione riservata al Perugino , “Il meglio Maestro d’Italia” che si apre con il concerto di lunedì 17 luglio alla Sala dell’Editto di Spello con Giuseppe Nova al flauto e Maurizio Fornero al cembalo, per proseguire sabato 22 luglio con il concerto dedicato ai più giovani intitolato Perugino POP, spettacolo prodotto dal Festival che attualizzerà la figura del Perugino ai giorni contemporanei. La kermesse ha il patrocinio della Regione Umbria, della Diocesi di Orvieto-Todi e dei Comuni che la ospitano; ha il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni (Carit) in collaborazione con le associazioni territoriali più importanti.
Saranno eseguiti anche brani coevi all’epoca in cui è vissuto il Perugino tra i quali la Toccata di Luzzaschi: la musica aiuterà ad immaginare l’ambiente in cui ha operato ed è vissuto il Perugino. Tra i partecipanti, il vincitore del Concorso Nazionale Giovani Musici 2022, Ivan Davide Muraro, vero virtuoso del pianoforte, che interpreta alcuni celebri brani del repertorio, ed il vincitore del Concorso Nazionale Giovani Musici 2022, talento dell’oboe, Salvatore Ruggiero, che interpreterà capolavori del barocco.
Ingresso libero con prenotazione obbligatoria.
Anche per questa edizione del Festival l’Associazione Fabrica Harmonica ETS ha posto al centro la propria missione: diffondere la musica classica rendendola fruibile ad un pubblico sempre più ampio con oltre il 50% delle attività ad ingresso libero, dare spazio a nuovi talenti e giovani personalità artistiche, presentare grandi musicisti noti al pubblico e alla scena internazionale.




TikTok Music sfida i colossi dello streaming musicale

TikTok Music espande il suo servizio di streaming musicale in altri Paesi a sole due settimane dal debutto. Australia, Messico e Singapore si aggiungono a Brasile e Indonesia. TikTok Music permette agli utenti di accedere ad una vasta libreria di brani disponibili online e ascoltarli in streaming o scaricarli sul proprio dispositivo. Per l’occasione, il social di proprietà ByteDance ha ottenuto in licenza i cataloghi delle maggiori case discografiche al mondo, tra cui Universal Music Group, Warner Music Group e Sony Music. Per ora, il servizio è in beta chiusa, ossia disponibile solo su invito per una ristretta cerchia di utenti. Una questione, come spiega il sito Techcruch, non solo tecnica ma anche di business. TikTok vuole capire se l’offerta può funzionare, visto che richiede il pagamento di un abbonamento, proprio come le alternative musicali concorrenti, da Spotify ad Apple Music. I prezzi vanno dagli 8,16 dollari equivalenti in Australia ai 6,86 dollari in Messico e 7,48 dollari a Singapore. “TikTok Music è un nuovo tipo di servizio che combina il potere della scoperta musicale su TikTok con lo streaming – spiega l’azienda a Techcrunch – alla base c”è l’offerta di milioni di brani di migliaia di artisti. Ora stiamo testando la versione beta di TikTok Music in Australia, Messico e Singapore e avremo altre notizie da condividere sul lancio di Music nei prossimi mesi”. Oltre ad ascoltare le versioni complete dei brani preferiti, TikTok Music integra anche una sezione dove scoprire consigli personalizzati, creare playlist collaborative con gli amici e ricercare canzoni partendo dal testo ma anche facendo ascoltare all’app uno spezzone audio proveniente dall’esterno, come avviene per Shazam. Riuscirà TikTok Musica a prendere piede e a diventare una spina nel fianco per i colossi del settore? Lo scopriremo solamente nei prossimi mesi.

F.P.L.




Consorzi di Bonifica, conclusa l’assemblea nazionale

Il Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani ha annunciatto la candidatura di Roma a sede del Forum Mondiale dell’Acqua 2027
 
 
“L’Italia è un Paese idrogeologicamente fragile, ma bellissimo; per questo ha bisogno di una costante manutenzione, dalla montagna alle coste, per continuare ad avere, nello scenario climatico futuro e nel contesto competitivo globale, un ruolo da protagonista: sicurezza idrogeologica ed ottimizzazione della gestione idrica sono asset indispensabili per lo sviluppo del Paese”: a ribadirlo è il Presidente di ANBI, Francesco Vincenzi, all’indomani dell’annuale Assemblea dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, svoltasi a Roma, presenti, tra gli altri, i Ministri, Gilberto Pichetto Fratin  e Francesco Lollobrigida, oltre a centinaia di rappresentanti degli enti di bonifica ed irrigazione italiani. Ai lavori sono anche intervenuti il Viceministro, Galeazzo Bignami;  il Sottosegretario, Luigi D’Eramo; i Presidenti di Commissione, Francesco Battistoni e Giovanni Maria Bergesio; gli Europarlamentari, Paolo De Castro e Nicola Procaccini.
 
Particolarmente significativo è stato il messaggio inviato dal Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani che, impedito ad essere presente dalla contingenza internazionale, ha scelto l’Assemblea ANBI per annunciare la candidatura di Roma a sede del Forum Mondiale dell’Acqua 2027.
 
Nei due giorni di confronto con il mondo della politica, dell’economia e della ricerca,  ANBI ha riproposto, per le proprie competenze, le azioni da realizzare prioritariamente per la migliore  gestione della risorsa idrica nel tempo dei cambiamenti climatici.
 
Forte è stato il richiamo alla necessità di Piano straordinario 2023-2030 per la realizzazione di nuovi invasi sostenibili e multifunzionali, il cosiddetto Piano Laghetti per lo stoccaggio d’acqua da utilizzare nel momento del bisogno (attualmente l’89% dei 300 miliardi di metri cubi annuali di pioggia va perduto in mare…). L’obbiettivo è garantire disponibilità idrica non solo per fini irrigui, ma anche per le esigenze potabili e civili, industriali, energetiche, ambientali, turistico-ricreative, antincendio e, se l’individuazione delle aree per i bacini fosse a monte dei  centri urbani, anche per la sicurezza idrogeologica. Il Piano, da finanziare con un fondo pluriennale adeguato, dispone attualmente di un pacchetto di 389 progetti, redatti dai Consorzi di bonifica e perlopiù immediatamente cantierabili. Tali interventi determinerebbero effetti positivi sia sulla produzione agroalimentare del Paese (nel 2022, un valore di circa 580 miliardi di euro con circa 61 miliardi di euro di export), sia importanti benefici ecosistemici sull’ambiente naturale; inoltre, importante sarebbe la ricaduta positiva sull’occupazione con l’attivazione di oltre 24.000 nuovi posti di lavoro.
 
E’ inoltre necessario addivenire ad un progressivo ampliamento ed efficientamento della superficie agricola, attrezzata con impianti irrigui collettivi (attualmente 3,5 milioni di ettari), attraverso soluzioni innovative per l’ottimizzazione d’uso della risorsa idrica (digitalizzazione, monitoraggio, gestione automatizzata e telecontrollata delle reti di adduzione e distribuzione, avanzati servizi climatici per un uso razionale ed efficiente della risorsa idrica). Il marchio registrato di certificazione GocciaVerde, attestante l’uso sostenibile della risorsa idrica nel processo produttivo della filiera agroalimentare e la piattaforma telematica di consiglio irriguo Irriframe sono testimonianza della capacità di innovazione dei Consorzi di bonifica ed irrigazione.
 
Serve poi un Piano di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per la messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico: dal  consolidamento e sistemazione degli argini alla sistemazione degli alvei; dalla realizzazione di barriere contro la risalita del cuneo salino alle foci fluviali al  potenziamento delle idrovore. È urgente rimuovere le limitazioni alla capacità di invaso dei bacini esistenti, oggi ridotta del 10% per il sedime accumulato sui fondali. Il Piano ANBI, a disposizione del Paese, prevede oltre 850 interventi per un investimento di oltre 4 miliardi di euro, capaci di sviluppare occupazione per circa 21.000 posti di lavoro.
 
Infine, bisogna consentire un maggiore utilizzo, in agricoltura, delle acque reflue depurate. Attualmente in Italia vengono dispersi circa 9 miliardi di metri cubi all’anno d’acqua rigenerata da impianti di depurazione e che potrebbe essere impiegata a scopo irriguo, se in grado di garantire la tutela della qualità e la salubrità delle produzioni agricole. Il tema delle acque depurate è un tema da affrontare con concretezza, in quanto può essere una soluzione integrativa rispetto ai problemi di scarsità idrica, determinata dal cambiamento climatico e dal moltiplicarsi degli usi concorrenti della risorsa. È necessario che la gestione attiva delle acque reflue in agricoltura sia garantita sicura in tutte le aree geografiche del Paese e che l’efficacia degli attuali trattamenti depurativi sia certificata anche verso inquinanti quali microplastiche, metalli pesanti, elementi radioattivi, antibiotici, ecc. . È fondamentale, quindi, la rapida predisposizione, concertata con le Istituzioni ed i portatori d’interesse, dei “piani di gestione dei rischi” connessi al riutilizzo delle acque reflue trattate in agricoltura.
 
“Questo – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI  – è il concreto contributo dei Consorzi di bonifica ad una visione di futuro, che abbia al centro il territorio e lo sviluppo delle comunità, che lo abitano. Siamo onorati di metterlo a disposizione del Paese e di averlo condiviso nei due giorni di Assemblea, con qualificati rappresentanti dei soggetti decisori e della società civile.”
 
All’Assemblea ANBI hanno portato il loro contributo:
 
Ettore Prandini e Vincenzo Gesmundo, Presidente e Segretario Generale Coldiretti; Cristiano Fini, Presidente CIA; Giovanna Parmigiani, Giunta Confagricoltura; Josè Nuncio, Presidente Irrigants d’Europe;
 
i rappresentanti d’impresa: Renzo Piraccini, Presidente Macfrut; Giordano Colarullo, Direttore Generale Utilitalia; Fabrizio Palermo, Amministratore Delegato ACEA; Gabriella Chiellino, Ceo IMQ eAmbiente Group; Catia Bastioli, Amministratore Delegato Novamont;
 
inoltre: Nicola Dell’Acqua, Commissario Straordinario per l’Emergenza Siccità; Marco Casini, Segretario Generale Autorità di Bacino Distrettuale Appennino Centrale; Giuseppe Blasi, Capo Dipartimento DIPEISR – MASAF; Fabrizio Curcio, Capo Dipartimento Protezione Civile; Paolo Cuccia, Presidente Gambero Rosso; e gli assessori regionali:  Stefania Saccardi (Vicepresidente Toscana); Nicola Caputo, (Campania), Alessio Mammi (Emilia Romagna), Luca Sammartino (Vicepresidente Sicilia), Stefano Zannier (Friuli-Venezia Giulia), Ornella Segnalini (Comune di Roma).
 




Allarme dell’agenzia Oms: aspartame possibile cancerogeno per l’uomo

L’International Agency for Research on Cancer (Iarc), l’agenzia dell’Oms specializzata nella ricerca sul cancro, potrebbe presto classificare il dolcificante aspartame come “possibile cancerogeno per l’uomo”.

È quanto anticipa la Reuters sul proprio sito citando fonti anonime. 
    L’ufficializzazione della notizia è attesa per il prossimo 14 luglio, quando sarà resa disponibile la monografia Iarc dedicata all’aspartame e la valutazione sarà pubblicata sulla rivista Lancet Oncology.

L’aspartame è uno dei più diffusi dolcificanti in commercio. 
    È presente in numerosi prodotti, dalle bevande a cibi industriali fino ad alcuni farmaci. Una prima valutazione effettuata all’inizio degli anni Ottanta ne aveva confermato la sicurezza definendo la dose massima a 40 mg al giorno per chilo di peso corporeo. 
    A più di 40 anni di distanza giunge oggi la nuova valutazione dello Iarc per decidere sulla capacità della sostanza di favorire lo sviluppo di tumori. Il gruppo di lavoro si è riunito dal 6 al 13 giugno scorsi. Mentre in questi giorni (27 giugno-6 luglio 2023) è in corso la riunione di un diverso gruppo di lavoro Oms-Fao che dovrà decidere la dose sicura per la sostanza. “Le due valutazioni sono complementari”, afferma lo Iarc. “Ecco perché il risultato delle valutazioni sarà reso disponibile insieme”. 
    Il sistema di classificazione dell’agenzia dell’Oms prevede quattro categorie: il gruppo 1 è destinato alle sostanze per cui ci sono sufficienti prove di cancerogenicità; le sostanze inserite nei gruppi 2A (probabile cancerogeno) e 2B (possibile cancerogeno) sono considerate potenzialmente in grado di favorire lo sviluppo di tumori, ma con differenti livelli di forza delle prove scientifiche disponibili. L’ultimo gruppo è riservato alle sostanze per cui non siano disponibili prove di cancerogenicità. 
    Secondo l’anticipazione Reuters, l’aspartame sarebbe stato inserito nella categoria dei ‘possibili cancerogeni’, in cui, al momento sono presenti 322 sostanze.

–  Aziende dolcificanti: L’Associazione Internazionale dei Dolcificanti “nutre serie preoccupazioni per le speculazioni preliminari” sull’opinione dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro “che potrebbero fuorviare i consumatori sulla sicurezza dell’aspartame”. Lo sottolinea in una nota l’Isa, specificando come questo ingrediente sia uno dei più “studiati nella storia” ed è stato dichiarato sicuro da “oltre 90 agenzie per la sicurezza alimentare”. “L’International Agency for Research on Cancer, o Iarc, – spiega Frances Hunt-Wood, segretario generale dell’International Sweeteners Association – non è un organismo per la sicurezza alimentare. Il comitato congiunto Fao e Oms di esperti sugli additivi alimentari dell’Organizzazione mondiale della sanità sta conducendo una revisione completa della sicurezza alimentare dell’aspartame e non è possibile trarre alcuna conclusione fino alla pubblicazione di entrambi i rapporti”. L’aspartame, prosegue il segretario Isa, “è uno degli ingredienti più studiati nella storia, con oltre 90 agenzie per la sicurezza alimentare in tutto il mondo che ne dichiarano la sicurezza, inclusa l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha condotto la più completa valutazione della sicurezza dell’aspartame fino ad oggi”. Per questo Isa, aggiunge, ha “fiducia nel rigore scientifico dell’analisi completa della sicurezza alimentare dell’aspartame condotta da parte del Comitato Congiunto di Esperti Fao/Oms sugli Additivi Alimentari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e attende con impazienza la pubblicazione completa di tali risultati nelle prossime settimane”. 




Titan, resti del sommergibile vicino al Titanic: il tragico destino della pronipote di Isidor e Ida Straus

La tragedia si è consumata negli abissi dell’oceano per il Titan, il sommergibile che osava sfidare la maledizione del Titanic portando facoltosi turisti ad osservare i resti del famoso relitto a quasi 4.000 metri di profondità.

Dopo giorni di ricerche disperate, i rottami del sottomarino di OceanGate disperso da domenica sono stati trovati proprio accanto al fantasma del Titanic, con la stessa società e la Guardia costiera americana che in serata hanno annunciato la morte dell’equipaggio.

La gelata sulle poche speranze ancora rimaste di ritrovare il veicolo e i suoi passeggeri ancora in vita era arrivata già giovedì in mattinata con il tweet delle autorità Usa sul ritrovamento dei detriti.

Un cinguettio di poche parole con il quale la Guardia costiera, pur non sbilanciandosi ancora in dichiarazioni e annunci ufficiali, aveva di fatto lasciato intendere che per i cinque avventurieri ormai era finita. Il robot schierato per setacciare i fondali a caccia del sottomarino ha rinvenuto il telaio di atterraggio del batiscafo e la sua parte posteriore assieme ad altri tre pezzi proprio vicino alla prua del Titanic. 
Un cinguettio di poche parole con il quale la Guardia costiera, pur non sbilanciandosi ancora in dichiarazioni e annunci ufficiali, aveva di fatto lasciato intendere che per i cinque avventurieri ormai era finita. Il robot schierato per setacciare i fondali a caccia del sottomarino ha rinvenuto il telaio di atterraggio del batiscafo e la sua parte posteriore assieme ad altri tre pezzi proprio vicino alla prua del Titanic. 
Il veicolo è imploso istantaneamente per una “catastrofica perdita di pressione”, hanno spiegato in serata le autorità, confermando i timori degli esperti che avevano ipotizzato un cedimento strutturale dovuto alla pressione o a un malfunzionamento. Al quarto giorno di ricerche, le chance di riuscire a salvare l’equipaggio erano d’altra parte ridotte al lumicino considerato il freddo gelido e l’ossigeno molto probabilmente esaurito se il batiscafo fosse stato ancora integro. Nonostante questo i ricercatori, complice il bel tempo, hanno continuano senza sosta e con un’urgenza sempre maggiore la loro attività, affiancati da personale medico specializzato con al seguito una camera iperbarica in grado di contenere sei persone, pronta all’uso qualora ci fosse stato il miracolo.

Davanti a una tragedia del genere le polemiche su OceanGate e il suo ceo non si placano. Nel mirino delle critiche c’è la struttura del sommergibile, operato tramite un controller per videogame Logitech F710, la mancanza di controlli sulla sicurezza ma anche i ritardi nel lanciare l’allarme una volta persi i contatti. Il Titan, così come i veicoli simili, era soggetto ad una supervisione regolamentare molto limitata e questo – secondo i critici – ha aperto la strada a scorciatoie in termini di sicurezza da parte della società. Viaggiare sul sommergibile di OceanGate era “un’operazione kamikaze”, ha raccontato Arthur Loibl, il 61enne tedesco che due anni fa ha compiuto la stessa immersione. Gli esperti ritengono che uno dei problemi del sottomarino fosse il suo ripetuto utilizzo: per la sua struttura era infatti adeguato alla traversata sott’acqua per un numero limitato di volte, non per immergersi spesso come invece ha fatto. I molteplici viaggi potrebbero infatti aver indebolito la struttura, causandone il catastrofico collasso. E suonano ormai come un sinistro presagio le parole che l’amministratore delegato Rush aveva pronunciato in un podcast del 2022, quando aveva sostenuto che la sicurezza era un “puro spreco”: “Se si vuole rimanere al sicuro non ci si deve alzare dal letto, non si deve entrare in macchina, non si deve fare niente”. Il risultato stasera è sotto gli occhi del mondo. Inizierà a smobilitare parte del personale impegnato nella ricerca nelle prossime 24 ore. Al momento ci sono nove imbarcazioni nell’area delle ricerche.

Wendy Rush, moglie del patron di OceanGate e pilota del sommergibile disperso nel Nord Atlantico Stockton Rush, è anche la pronipote di Isidor e Ida Straus, due passeggeri di prima classe che erano a bordo del Titanic quando affondò nel 1912. Gli Straus erano tra i passeggeri più ricchi del Titanic, riporta la Bbc: Isidor e suo fratello Nathan erano comproprietari dei grandi magazzini Macy’s. I sopravvissuti della tragedia hanno ricordato di aver visto Isidor rifiutare un posto su una scialuppa di salvataggio del Titanic finché tutte le donne e i bambini non fossero saliti a bordo. Ida, sua moglie da 40 anni, si rifiutò di andare senza il marito e i due furono visti abbracciati mentre la nave affondava. Una versione romanzata di questa scena è stata rappresentata nel film Titanic del 1997 di James Cameron, che mostra una coppia abbracciata a letto mentre viene sommersa dall’acqua. Secondo gli archivi del New York Times, il corpo di Isidor fu recuperato in mare circa due settimane dopo il naufragio, mentre i resti di Ida non furono mai ritrovati. Wendy Rush, attuale direttrice delle comunicazioni di OceanGate, ha sposato Stockton Rush nel 1986 e ha partecipato a tre spedizioni sul relitto del Titanic.




Transizione energetica, proseguono gli investimenti del gruppo italiano Prysmian

Circa 120 milioni di euro si aggiungono ai 100 già stanziati nel 2022 
 
Prysmian Group, il gruppo italiano leader mondiale nel settore dei sistemi in cavo per l’energia e le telecomunicazioni, sta avviando un nuovo investimento di circa €120 milioni nel proprio stabilimento strategico di Pikkala, Finlandia.
 
L’investimento, che si aggiunge ai €100 milioni già stanziati nel 2022, ha l’obiettivo di incrementare la capacità produttiva di cavi sottomarini da 525 kV HVDC, supportando così la crescente domanda del mercato, spinta dalla necessità di sviluppare e potenziare le reti di trasmissione di energia per la transizione energetica.
 
Si prevede che il mercato globale dei cavi per la trasmissione di energia crescerà di 15 miliardi di euro entro il 2030, rispetto ai circa 8 miliardi di euro registrati nel 2022. “Questo investimento rientra nei circa €500 milioni di capex* annuo allocato dal Gruppo per supportare la transizione energetica, i processi di elettrificazione e di digitalizzazione che richiedono l’aggiornamento delle reti elettriche e di telecomunicazione. Vale anche la pena sottolineare che questo importante piano di investimenti è possibile grazie alla solidità finanziaria e alla comprovata capacità di generazione di cassa” ha dichiarato Massimo Battaini, Chief Operating Officer di Prysmian Group.
 
Le nuove linee di vulcanizzazione continua verticale (VCV) incrementeranno più del doppio la capacità produttiva attuale di Pikkala di cavi sottomarini estrusi da 525 kV e di cavi CA da 400 kV entro il 2026. “La nostra strategia globale si basa sulla creazione di tre hub all’avanguardia per le tecnologie in cavo per la trasmissione di energia, uno in Nord Europa, grazie ai crescenti investimenti nell’impianto di Pikkala in Finlandia, l’altro nell’area del Mediterraneo, dove stiamo investendo circa 100 milioni di euro nell’impianto esistente di Arco Felice, a Napoli. Il terzo è l’impianto di cavi sottomarini completamente nuovo negli Stati Uniti, in Massachusetts, che servirà il mercato nordamericano ad altissimo potenziale. Questo ci consentirà di supportare le esigenze dei nostri clienti e di continuare a perseguire i nostri impegni in materia di cambiamenti climatici”, ha commentato Hakan Ozmen, EVP Projects BU. La rivoluzionaria tecnologia in cavo sottomarino da 525 kV è infatti l’ultima innovazione del Gruppo ed è specificatamente progettata per sostenere la transizione energetica grazie alle sue principali caratteristiche che permettono di incrementare la capacità di trasmissione a 2 GW, ovvero più del doppio del valore raggiunto dai sistemi da 320 kV in corrente continua attualmente in essere. “Questo investimento conferma l’importanza strategica di Pikkala, già considerato il fiore all’occhiello del Gruppo per la transizione energetica. Grazie al passaggio a fonti energetiche rinnovabili, Pikkala è stato il primo impianto di cablaggio al mondo a raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette. Tutte le attività di costruzione rispettano i più stringenti requisiti ambientali, riducendo al minimo gli impatti sull’ambiente e tutelando i bisogni degli stakeholder locali interessati, creando anche nuove e significative opportunità di lavoro” ha affermato Ferdinando Quartuccio, CEO di Prysmian Group Finlandia.
 
Per Prysmian Group lo stabilimento di Pikkala è un elemento fondamentale in quanto rappresenta un centro di eccellenza nella produzione di cavi high-tech destinati a interconnessioni terrestri e sottomarine per parchi eolici onshore e offshore a livello internazionale.
 
*  Capex (contrazione da CAPital EXpenditure, cioè le spese in conto capitale) indica in economia aziendale l’ammontare di flusso di cassa che un’impresa impiega per acquistare, mantenere o gestire le proprie immobilizzazioni operative, come edifici, terreni, impianti o attrezzature.
 




Diablo IV, tradizione e novità nel gdr più ricco e grande della saga targata Blizzard

Diablo IV è finalmente realtà e tutti i fan potranno giocarlo da Pc, Xbox series X/S e Playstation 5. Per chi non lo sapesse il titolo è un videogame di ruolo e d’azione sviluppato e pubblicato da Blizzard Entertainment, ed è il quarto capitolo principale della serie Diablo, un brand che è ormai uno dei caposaldi del genere dal lontano 1996. Una volta avviato il gioco e scelto la propria classe di appartenenza fra quelle disponibili (Mago, Negromante, Tagliagole, Barbaro e Druido) e aver creato il proprio alter ego virtuale si viene catapultati all’inizio della storia. Gli occhi dei fan di vecchia data noteranno subito che Diablo IV vuole rappresentare una specie di ritorno alle origini, a partire dalla direzione artistica che si allontana da quanto visto in Diablo III per riproporre uno stile grafico dalle tinte gotiche, più cupo e decadente, che vuole evocare le atmosfere già conosciute nei primi due capitoli della saga. Da questo punto di vista il lavoro di Blizzard non può che dirsi riuscito e fin da subito la sensazione è quasi quella di essere nella stessa Sanctuarium vista durante i viaggi a Tristram, Lut Gholein o Kurast, solo con un comparto grafico decisamente più al passo coi tempi e più che in grado di dar vita a paesaggi e scenari suggestivi da produzione tripla-A. L’influenza di Diablo II si fa notare anche nel gameplay, in particolare nella presenza di diversi alberi di abilità tra cui scegliere e con cui sbloccare nuovi poteri o potenziarli secondo le preferenze di chi gioca, e anche in un ritmo un po’ più lento rispetto a quello molto frenetico dell’immediato predecessore, col nostro protagonista che ci mette un po’ di tempo in più nel portare a segno i suoi attacchi. Tuttavia, non sarebbe corretto dire che l’ultima fatica di Blizzard si rifaccia in tutto e per tutto al secondo capitolo della saga, ma anzi in diversi aspetti si può notare pure una certa vicinanza con Diablo III, cosa che rende questo nuovo gioco un po’ una sorta di sintesi fra il secondo e terzo capitolo. Per esempio, non si può scegliere come distribuire i punti nei quattro attributi del protagonista (forza, destrezza, intelligenza e volontà), che invece crescono in autonomia a ogni nuovo livello guadagnato in base alla classe scelta, proprio come avveniva in Diablo III. Anche lo schema dei comandi strizza piuttosto chiaramente l’occhio al terzo episodio della serie, con la possibilità di “equipaggiare” sei abilità primarie in modo da essere utilizzate rapidamente premendo i pulsanti frontali e i dorsali del controller. Un altro punto di contatto fra il terzo e il quarto capitolo ha a che vedere con la presenza di una risorsa specifica per ogni classe, che viene usata per attivare molte delle abilità o magie più potenti del personaggio e il cui funzionamento varia (almeno in parte) in base alla classe di riferimento: per esempio, il mana dell’incantatore parte dal suo livello massimo e viene consumato quando usa alcune magie, mentre si rigenera rapidamente quando non ne lancia; al contrario la furia del barbaro parte da 0 all’inizio di una battaglia e viene generata con ogni attacco semplice effettuato, a quel punto può essere consumata per utilizzare i suoi poteri più avanzati, ma se si sta lontani dalla battaglia troppo a lungo la furia accumulata fino a quel momento deperisce velocemente. A livello d’interfaccia, la bolla rossa nella parte in basso a sinistra dello schermo rappresenta la salute del personaggio ed è uguale per tutti, mentre quella alla sua destra è la risorsa di cui parlavamo prima con cui attivare poteri e abilità, che cambia di classe in classe.

Altro aspetto molto importante è rappresentato dal loot e i numerosissimi oggetti con cui si può equipaggiare il proprio eroe per renderlo ancora più potente. Anche per quanto riguarda questo aspetto la lancetta pende verso quanto visto in Diablo III piuttosto che verso il secondo capitolo: gli oggetti che si possono accumulare sono di diverse qualità, a partire da quelli comuni (i meno potenti), per passare poi a quelli magici, rari, leggendari, sacri e infine gli “unici”, con ogni successivo “livello” che aggiunge nuovi bonus e miglioramenti, per quanto sia comunque possibile trovare un oggetto raro più potente di uno leggendario, o perlomeno più utile per la build che si ha in mente. Inoltre, è possibile potenziare il proprio equipaggiamento presso un fabbro e in base alla rarità dell’oggetto è possibile sbloccare ulteriori possibilità di potenziamento: una spada rara per esempio può essere potenziata fino a tre volte rispetto al suo valore di partenza, mentre una spada leggendaria può essere potenziata quattro volte. Stessa sorte tocca agli amuleti e agli anelli che però vanno potenziati dal gioielliere. Proprio come accadeva in Diablo III, è possibile anche cambiare l’aspetto del proprio equipaggiamento, quindi se si è trovato un oggetto molto potente ma con un’estetica non proprio bella, si può modificarla così che sia più vicina ai gusti di chi gioca. Allo stesso modo è possibile anche cambiare le proprietà di un’arma o armatura o amuleto (ad esempio mettiamo che non sia utile avere un bonus di 10 ai danni da ghiaccio ma si preferisce qualcos’altro), sostituendole con qualcosa di nuovo oppure anche scambiando tra loro i bonus di due oggetti in proprio possesso. Tutte queste azioni non sono gratis ma hanno un costo in valuta (rigorosamente in-game) e in alcuni componenti più o meno rari, che è necessario consumare ogni volta che si desidera cambiare l’aspetto o le proprietà del proprio equipaggiamento. Accumulare armi, corazze, elmi, guanti, anelli e amuleti rari, leggendari, sacri o addirittura unici all’inizio è molto difficile, ma proseguendo con la crescita del personaggio e aumentando la difficoltà del mondo di gioco diventa più semplice. Il problema però non sarà tanto trovare oggetti, quanto trovare quelli giusti o quasi per la propria build. Ci si troverà spessissimo ad avere l’inventario pieno di armature inutili da distruggere o vendere in cambio di materiali o soldi. Il modo migliore per trovare il pezzo tanto agognato che completerebbe alla perfezione la build che si ha in mente resta comunque quello di riaffrontare qualche boss o dungeon (magari in modalità incubo) e sperare nella fortuna. Prima di proseguire oltre, ci teniamo a sottolineare la natura più cupa del titolo, infatti non è un caso che una delle prime cinematiche veda un sacerdote brutalmente ucciso dai suoi fedeli, corrotti dall’influenza tentatrice di Lilith, la principale antagonista di Diablo IV. Più che un filmato introduttivo, si tratta di una dichiarazione di intenti. Dall’abbondanza di sangue, allo sguardo invasato degli astanti, all’iconografia turpe e blasfema di dungeon e mostri, tutto sembra tornato al 1996. La creatura di Blizzard non si risparmierà e, durante il corso dell’avventura, mostrerà senza troppi problemi scene truculente degne del più crudo dei film splatter. La palette cromatica spenta e torbida contribuisce a trasmettere un senso di abbandono e ci aiuta a entrare subito in sintonia con il mondo di gioco, una Sanctuarium esausta e martoriata dagli scontri, in cui ogni speranza sembra perduta. Procedendo nel viaggio, poi, si nota fin dalle prime battute che la caratterizzazione dei personaggi ha compiuto passi da gigante rispetto al capitolo precedente. Ad esempio, Lorath Nahr assume tutt’altro spessore rispetto al ruolo marginale che ha avuto in precedenza. Appesantito dagli anni di guerre perenni e ritiratosi in solitudine, avrà per il protagonista un’importanza simile a quella del compianto Deckard Cain, ispirando l’eroe e guidandolo nelle sue peregrinazioni. Lilith, vera protagonista di questo quarto capitolo, è ovviamente il fiore all’occhiello della produzione. Crudele, sadica ma terribilmente affascinante, si contrappone in maniera netta ai Primi Maligni dei precedenti episodi. Nella Sanctuarium di Diablo 4 i confini tra bene e male si assottigliano e spesso si confondono. In una terra in cui gli Angeli sembrano vanagloriosi, dispotici e distaccati dalla realtà, l’evolversi della trama lascia al giocatore più domande che risposte. Il conflitto tra Lilith, Inarius e i demoni dell’inferno porterà spesso a domandarsi chi sia davvero l’antagonista del racconto e chi, invece, potrà tornare utile agli scopi dell’eroe. Più che liberare il mondo dall’oppressione di un grande nemico, spesso si tratterà di scegliere il male minore, stringendo alleanze temporanee con improbabili compagni. Un intreccio narrativo così strutturato risulta inevitabilmente più interessante rispetto alla marcata contrapposizione tra il cast di eroi e Diablo visto nelle scorse iterazioni. Al netto di alcuni piccoli inciampi nelle fasi finali dell’avventura, la campagna principale risulta godibile e avvincente al punto giusto, nonostante una durata molto superiore a quella degli altri titoli della serie, ovviamente a patto di fare tutto quello che la mappa offre.

Tornando a parlare del il gameplay di Diablo IV, possiamo dire che l’ultima produzione Blizzard riesce a essere sia immediata che gratificante, dando vita a scontri intensi e soddisfacenti, che rimangono tali anche dopo che si sono spese diverse dozzine di ore a sterminare demoni e mostri a Sanctuarium. Inoltre, la software house si è premurata pure di rendere l’azione più viscerale che in passato, prestando una maggiore attenzione soprattutto alla mobilità e al controllo del campo di battaglia, con numerosi nemici che possono effettuare alcuni attacchi ad area che richiedono al giocatore di posizionarsi nel modo corretto e spostarsi per evitare il pericolo, se necessario, anche facendo uso della nuova schivata rapida, che permette di effettuare uno scatto in una direzione a scelta per coprire qualche metro in un istante. Queste modifiche rendono ogni combattimento un po’ più movimentato che in passato e gli scontri sono ulteriormente rafforzati dalla grande varietà del bestiario che tra non-morti, animali e mostri, spiriti inquieti o maligni, banditi e demoni di ogni tipo sa sempre come tenerci impegnati. I cambiamenti appena descritti però si fanno notare soprattutto negli scontri contro i boss, che spesso infatti fanno ampio uso di attacchi ad area, si muovono o si teletrasportano in giro per l’arena, evocano servitori pronti ad aiutarli, piazzano trappole sul terreno o sparano dardi e proiettili magici che dobbiamo schivare, costringendo quindi il giocatore a muoversi continuamente e a fare attenzione a ogni mossa e soprattutto a posizionare il personaggio nel modo corretto, se non si vuole fare una brutta fine e trovarsi di fronte alla schermata del game over almeno. Game over che è solo un piccolo ostacolo sul cammino di chi gioca perché è possibile semplicemente rigenerarsi e ripartire da un vicino checkpoint, trovandosi in men che non si dica a riaffrontare i mostri che lo avevano sconfitto; l’unico malus legato alla morte è che l’equipaggiamento verrà danneggiato del 10 per cento e se non si riparta potrà anche rompersi, qualora si muoia 10 volte senza far riparare le armi da un fabbro. Ovviamente più i danni sono gravi, più sarà alto il costo di riparazione. Al di là degli aspetti più “meccanici” legati ai combattimenti, come da tradizione sono le build a ricoprire un ruolo fondamentale e a determinare buona parte del successo nell’avventura, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti o quando si ha intenzione di superare sfide più complicate. Proprio da questo punto di vista c’è un ampio ventaglio di opzioni tra cui scegliere, che non solo possono cambiare il modo di affrontare la partita se si sta giocando con una tagliagole o un druido, ma che permettono pure di dar vita a personaggi differenti anche quando appartengono alla stessa classe: un incantatore può specializzarsi maggiormente su magie di fuoco, di ghiaccio o elettriche, oppure mischiare tra loro gli elementi, può puntare di più sugli attacchi ad area per sistemare rapidamente ampi gruppi di nemici o preferire uno stile più difensivo e munirsi di una corazza supplementare; il negromante può servirsi di numerosi servitori non-morti che lo aiutino in battaglia e magari lasciar fare a loro il lavoro sporco godendosi lo spettacolo da una posizione privilegiata, o rinunciare alla possibilità di evocarli per potenziare le proprie abilità, può anche far esplodere ogni cadavere fresco per generare ingenti danni ad area o lanciare lance necrotiche contro una fila di avversari, rinchiuderli in prigioni d’ossa e così via. Abbiamo avuto modo di passare diverse ore con ognuna delle classi disponibili, testando così i differenti stili di gioco e le possibilità messi a disposizione dalla software house californiana. Giocare nei panni di un barbaro piuttosto che di un druido o di un tagliagole vuol dire avere strumenti differenti con cui affrontare le numerose orde di nemici che sbarrano il cammino e quindi significa affrontare la partita in modo diverso, cosa che permette a Diablo IV di poter vantare una certa rigiocabilità. Il bilanciamento non è perfetto, ma tutto sommato non è nemmeno troppo importante che lo sia, quanto piuttosto che ogni classe offra opzioni interessanti e la possibilità di procedere senza troppi intralci. Parlando ancora delle classi, possiamo dire che siamo soddisfatti dalle opzioni presentate da Blizzard perché, come già detto, le cinque classi fra cui scegliere sono diverse fra loro, offrono più possibilità di sviluppo e in generale sono divertenti da condurre nel campo di battaglia.

In Diablo IV il mondo di gioco è un vasto open world che contiene diverse regioni di Sanctuarium e che si può esplorare liberamente, a piedi o a cavallo (anche se il cavallo verrà sbloccato solo dopo metà della campagna e inizialmente bisognerà esplorare a piedi). La natura open world del titolo fa si che si trovino le località disposte allo stesso modo, mentre la generazione procedurale viene riservata ai dungeon. Quindi riaffrontare lo stesso dungeon più volte, garantisce forme differenti della mappa e disposizioni diverse dei nemici. Il mondo di gioco è grande e denso di contenuti, con più di cento missioni secondarie da svolgere, oltre una dozzina di roccaforti da conquistare, più di cento dungeon da esplorare, a cui si aggiungono pure vari eventi pubblici casuali in cui è possibile imbattersi nel corso dei viaggi. Ci sono pure alcuni collezionabili, come alcuni altari di Lilith da scoprire che forniscono alcuni piccoli bonus alle statistiche dei propri personaggi, insomma è chiaro che Blizzard non abbia voluto lesinare sulla quantità e fornire ai giocatori una marea di attività con cui dilettarsi. L’open world ideato dagli sviluppatori americani per Diablo IV non è dunque particolarmente innovativo ma anzi si appoggia su una formula piuttosto tradizionale, tuttavia esplorare Sanctuarium resta un’attività piacevole e spesso abbastanza gratificante perché di solito c’è qualche scoperta interessante che ricompensa gli sforzi di chi gioca: una nuova cittadina o villaggio in cui sbloccare un crocevia e conoscere personaggi pronti ad affidare ogni sorta di missioni, forzieri e tesori nascosti, roccaforti da conquistare, biomi differenti popolati da diversi tipi di creature, ma anche la sola bellezza dei paesaggi realizzati dagli sviluppatori può essere uno stimolo sufficiente per partire all’esplorazione. In gioco poi sono presenti due aree dedicate al PVP dove lo scopo del gioco è quello di uccidere i mostri per guadagnare una valuta unica che va estratta per essere utilizzata. Il problema però è che quando si estrae, nel lasso di tempo necessario all’estrazione, si viene segnalati sulla mappa e chiunque potrà venire a reclamare i crediti del giocatore uccidendolo. Tale modalità di gioco purtroppo al momento risulta essere un po’frustrante in quanto chi è al livello più alto quasi sempre uccide e deruba chi è di livello più basso. Proprio per tale ragione vi consigliamo di entrare nelle zone PVP solo se si è alti di livello e ben buildati. Chiusa la parentesi campagna, il giocatore può continuare a esplorare Sanctuarium e perseguire le attività presenti fin dall’inizio: le missioni secondarie, le spedizioni e le cantine, gli eventi pubblici, la ricerca delle effigi di Lilith e così via. Completando la prima spedizione principale, tuttavia, si sblocca un altro livello di difficoltà del mondo – che potenzia i nemici ma migliora anche i bottini – e si apre un ventaglio di attività che permette di continuare a crescere il personaggio specialmente dopo il livello 50, quando diventa disponibile la scacchiera delle Eccellenze: in questa schermata si possono definire meglio le build, scegliendo vari bonus e i Glifi che conferiscono nuove caratteristiche e variabili alle combinazioni di abilità. I Glifi si potenziano completando con successo le Spedizioni da Incubo: quest’ultime si svolgono nelle Spedizioni che già conosciamo, ma che dopo aver utilizzato l’apposito Sigillo dell’incubo diventano più difficile con l’aggiunta di vari modificatori. I Sigilli dell’Incubo sbloccano Spedizioni sempre più difficili o complesse, scagliando sul giocatore orde di nemici, soprattutto di rango élite, che possono far cadere i bottini con una frequenza maggiore. Lo scopo dell’endgame, in fondo, è solo quello: potenziare il proprio personaggio ricorrendo a bottini sempre migliori. La grande varietà di parametri associati casualmente ai bottini induce a una ricerca continua degli oggetti migliori o delle percentuali più alte, e le nuove funzionalità di Diablo 4, che includono la possibilità di estrarre e imprimere i poteri leggendari sugli oggetti comuni fin dall’inizio, offrono al giocatore un’enorme libertà di scelta.

Alle Spedizioni da Incubo si aggiungono altri contenuti concepiti solo per l’endgame. Sbloccato l’Albero dei Sussurri, la mappa di Sanctuarium si riempie di obiettivi che ricompensano in Tetri Favori e ogni dieci favori accumulati si può scegliere un forziere pieno di bottini casuali. I Campi dell’odio e le Maree infernali sono, invece, eventi a tempo in cui i nemici lasciano cadere delle valute con cui è possibile aprire forzieri speciali: i Campi dell’Odio sono, tuttavia, le uniche zone di Sanctuarium in cui i giocatori possono sottrarsi a vicenda la valuta raccolta, mentre le Maree infernali compaiono casualmente in luoghi diversi della mappa e ci fanno combattere orde su orde di nemici. Infine, i boss mondiali compaiono in specifiche zone di Sanctuarium a intervalli di tempo e sono i contenuti più difficili, poiché servono più giocatori per sconfiggerli, ma potenzialmente anche i più remunerativi. La varietà di contenuti, insomma, non manca, e raggiunto un certo livello e superata la seconda Spedizione principale, si sblocca un ulteriore livello del mondo in cui si trovano i bottini migliori in assoluto. Il progressivo svelarsi di contenuti e livelli di difficoltà aiuta a trattenere l’interesse del giocatore, che si sente stimolato a ripetere le attività summenzionate in cerca di migliorie per l’equipaggiamento, mentre allo stesso tempo accumula i punti esperienza per sbloccare nuove eccellenze nella scacchiera: non sono soluzioni particolarmente innovative e originali, ma funzionano e impegnano il giocatore senza annoiarlo. Insomma, come avrete già potuto capire se avete avuto la pazienza di leggere fino a qui, Diablo IV è un gioco enorme che anche solo dal punto di vista quantitativo offre un ammontare di contenuti e attività da svolgere di molto superiori a ciò che si può trovare nella stragrande maggioranza degli altri giochi. E per quanto siano presenti alcuni difetti più o meno fastidiosi, anche sotto il profilo qualitativo il titolo si attesta senz’altro su buonissimi livelli e quello creato da Blizzard è un gioco di ruolo d’azione divertente e ben congegnato, che può accogliere tra le sue fila sia i giocatori alle prime esperienze col genere sia i veterani che hanno speso un’infinità di ore sui predecessori. Certo, non siamo di fronte al gioco più coraggioso o innovativo che si sia mai visto, ma alla fine in un Diablo la cosa più importante è che il gameplay sia capace di divertire e in quest’ottica Diablo IV ha certamente raggiunto l’obiettivo. Aspettiamo con ansia adesso le future espansioni e le “stagioni” con tanto di pass di cui Blizzard ha già dato l’annuncio ai giocatori prima del lancio. Tirando le somme, possiamo dire che è davvero valso la pena attendere l’uscita di Diablo IV. Blizzard è riuscita a portare sugli schermi un gioco di ruolo d’azione appagante e divertente, oltre che pieno di contenuti e con una narrazione più articolata e interessante rispetto al passato. Non mancano alcuni difetti, tra cui un design dei dungeon un po’ troppo ripetitivo, ma anche se non ci si trova di fronte al gioco perfetto, comunque il lavoro svolto da Blizzard unisce quantità e qualità in un mix che difficilmente può lasciare indifferenti sia i neofiti che gli amanti della serie. A nostro avviso questo è un videogame che merita e deve essere giocato. Lasciarselo sfuggire sarebbe un errore in quanto ci troviamo dinanzi a uno di quei titoli che sono destinati a lasciare il segno e ad essere giocati per migliaia di ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Sicurezza idrogeologica, l’appello di ANBI: “In attesa delle indispensabili scelte programmatorie del Governo”

Massimo Gargano (DG ANBI): “Nei cassetti degli uffici tecnici dei Consorzi di bonifica sono centinaia i progetti definitivi ed esecutivi in attesa di finanziamento”
 
In Sardegna, dopo quasi 10 anni, sono stati aggiudicati definitivamente i lavori del primo lotto per la messa in sicurezza idrogeologica della Bassa Valle del Coghinas, il cui primo finanziamento (€ 1.250.000,00) risale al 2014, interessando il comune di Santa Maria, in provincia di Sassari. È stata una genesi travagliata per un lavoro del costo complessivo di 28 milioni di euro e che ha dovuto attendere l’approvazione di una serie di atti di pianificazione da parte della Regione Sardegna, quali il Piano di Gestione dei Rischi di Alluvione, ma soprattutto il Piano di Laminazione Statica dell’invaso della diga di Muzzone sul fiume Coghinas, bloccando la progettazione fino al 2020.

“Nulla togliendo alla necessità degli atti normativi espletati, è però impensabile che, di fronte alla velocità della crisi climatica e delle sue spesso drammatiche conseguenze, sia necessario un decennio solo per avviare la realizzazione di un’opera” sottolinea Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

Il superamento del complesso procedimento burocratico consente ora di arrivare finalmente all’appalto del primo lotto di lavori, ma soprattutto allo sblocco di tutto l’iter per dare corso alla maggior parte delle opere.

“L’intervento si articola su 9 lotti per complessivi 28 milioni di euro, finanziati per oltre 20 milioni attraverso diversi stanziamenti sia regionali che statali – spiega Toni Stangoni, Presidente del Consorzio di bonifica del  Nord Sardegna, ente attuatore – E’ importante chiarire che la realizzazione del primo lotto di lavori non garantirà la messa in sicurezza di nessuna area: occorrerà infatti completare l’intero argine sinistro con i lotti 2 e 3 per evitare problemi a Valledoria e Santa Maria Coghinas. Gli altri lotti consentiranno la messa in sicurezza di Viddalba e di Baia delle Mimose a Badesi.”

A breve l’ente consortile avvierà anche due progetti di manutenzione alle reti irrigue di tutti i distretti (Chilivani, Perfugas e Bassa Valle del Coghinas) per quasi 12 milioni di euro e ha elaborato una serie di proposte tecniche per superare  i problemi di capacità nell’invaso della diga di monte Lerno, garantendo le stagioni irrigue anche alle aziende agricole della Piana di Chilivani.

In Lombardia ha raggiunto intanto piena operatività il bacino multifunzionale di Castrezzato, nel bresciano: l’invaso serve per lo stoccaggio d’acqua per l’irrigazione e la difesa dalle piene; le recenti precipitazioni, che hanno permesso di procrastinare l’avvio dell’irrigazione, hanno consentito le operazioni di riempimento del bacino multifunzionale, in località Bargnana, realizzato con fondi regionali dal Consorzio di bonifica Oglio Mella in un’ex cava dismessa.

“Una parte dell’acqua che scorre nella roggia Trenzana-Travagliata – spiega il Direttore dell’ente consortile, Cesare Dioni – viene immessa nell’invaso attraverso le paratoie e lo scivolo di scarico appositamente costruito.”

Questo consente di mettere da parte un “tesoretto” d’acqua utile per affrontare la stagione irrigua in corso, ma non solo.

“La funzione principale di questo bacino – aggiunge  il Presidente del Consorzio di bonifica Oglio Mella, Renato Facchetti – è infatti la laminazione delle piene della roggia, consentendo, attraverso l’alleggerimento delle portate, di mettere in sicurezza questa parte di pianura, grazie ad una capacità d’invaso pari a 150.000 metri cubi, di cui la metà sempre disponibili per raccogliere le acque in eccesso.”

L’installazione di un impianto idraulico consente poi di riportare, nella roggia Trenzana-Travagliata, le riserve stoccate, irrigando un comparto di oltre 1500 ettari  con la possibilità di prefigurare la nascita di un distretto, in cui sperimentare nuove tecniche d’utilizzo idrico; l’ex cava recuperata, inaugurata lo scorso Gennaio, rappresenta anche uno specchio d’acqua di valore paesaggistico-ambientale, arricchito dagli alberi appositamente plantumati lungo le rive per mitigare l’impatto di importanti arterie viarie sull’area.

“L’avvio della piena operatività del bacino – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI –  costituisce un esempio della capacità del sistema consortile di dare risposte all’urgente necessità di concrete risposte multifunzionali per la gestione dell’acqua nel nostro Paese. L’appello è alla politica, perché nei cassetti degli uffici tecnici dei Consorzi di bonifica sono centinaia i progetti definitivi ed esecutivi in attesa di finanziamento.”

GRAZIE




Morto Silvio Berlusconi: addio al Cav

l fratello Paolo e i figli Eleonora, Barbara, Marina e Pier Silvio sono all’ospedale San Raffaele dove l’ex premier e leader di FI ed ex premier è morto stamani.

Tutti erano arrivati nel giro di pochi minuti.

L’ex premier era entrato nella struttura venerdì scorso per essere sottoposto ad “accertamenti programmati” legati alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffre da tempo. 

 stato un politico e grande imprenditore quattro volte Presidente del Consiglio. Era conosciuto anche come il Cavaliere, avendo ricevuto nel 1977 l’ordine al merito del lavoro, al quale ha rinunciato a seguito di una condanna penale nel 2014.[6] Dopo aver iniziato la sua attività imprenditoriale nel campo dell’edilizia nel 1975 ha costituito la società finanziaria Fininvest e nel 1993 la società di produzione multimediale Mediaset, nelle quali convergono altre società come Arnoldo Mondadori Editore e Silvio Berlusconi Communications, rimanendo figura simbolo della sua famiglia.




Risparmi, rendimenti e costi: meglio scegliere i Btp o le polizze vita?

I Titoli di Stato (Btp) sono una tra le opzioni di investimento più utilizzate dalle famiglie italiane. Eppure, secondo i dati dell’OCSE relativi all’anno 2021, la ricchezza finanziaria degli italiani è investita per il 16,9% in polizze vita, percentuale che risulta essere la più alta dell’Unione Europea dopo Francia e Danimarca.

La spiegazione è presto data, poiché la tipologia di polizza vita più diffusa, la ramo I, ha in realtà molti elementi in comune con i Titoli di Stato in quanto le compagnie assicurative investono solitamente la gran parte del loro portafoglio in titoli governativi, in particolare italiani.

Ma come funzionano effettivamente le polizze vita? Quali sono i vantaggi?

Polizze vita o Btp, quali sono le differenze?

Quando si parla di polizze vita (e soprattutto quelle di ramo I) ciò a cui va prestato attenzione è il tipo di garanzia che l’investimento può produrre: ossia la restituzione del capitale investito e l’ammontare dell’eventuale tasso di rendimento definito in sede di contratto con la compagnia assicurativa. Questi elementi sono ciò che più accomuna le assicurazioni sulla vita con i Titoli di Stato. Tuttavia, ci sono alcune differenze fra i due prodotti. La prima differenza fondamentale fa riferimento alla durata del contratto. Se per ciò che riguarda i titoli di Stato la scadenza è predeterminata, la polizza vita fa scattare il trasferimento di capitale ai beneficiari in seguito al decesso dell’assicurato, anche nel caso in cui avvenga prima della scadenza del contratto stipulato con la compagnia assicurativa.

In ogni caso, le polizze vita, prevedono solitamente la possibilità di riscattare parte del capitale o il capitale intero – rendimento incluso.

Polizza vita e trattamento fiscale, perché conviene?

Se è vero che la polizza vita di ramo I risulta essere la soluzione più costosa tra le due (e con un deficit in tema di flessibilità), è vero anche che restituisce più garanzie rispetto ai titoli di Stato. Sia la polizza vita che i titoli di Stato sono esenti dall’imposta sulle successioni. Le polizze vita, tuttavia, sono esentate dal pagamento annuale dello 0,2% come imposta di bollo sul deposito titoli, mentre per la parte che le assicurazioni investono in titoli di Stato, è prevista la stessa tassazione sulle rendite destinata agli investitori finali, ossia il 12,5%. Nel momento della scadenza del contratto, sia l’investimento in titoli di Stato sia la polizza vita di ramo I prevedono la restituzione del capitale investito/assicurato.

Tuttavia, ci sono alcune differenze da tenere in considerazione. Nel caso dei titoli di Stato, l’investitore accetta di assumere il rischio diretto che la controparte (cioè lo Stato italiano) possa risultare insolvente e si trovi nelle condizioni di non riuscire a restituire il capitale.

Nel caso della polizza vita, invece, questo rischio, viene assunto dall’assicurazione che è vincolata alla restituzione del capitale assicurato, per le polizze ramo I. Investire in titoli di Stato, seppure in modo diversificato e al di là dell’ammontare del rendimento generato, presenta un rischio potenzialmente più alto rispetto a quello delle polizze vita: non protegge infatti dall’eventualità che uno o più emittenti vadano in default e non rimborsino quanto dovuto.

La polizza vita, in tal senso, risulta quindi generalmente essere un investimento più sicuro.




Meta lancerà in autunno Quest 3, il nuovo visore a realtà mista

Quest 3 è il visore a realtà mista (aumentata e virtuale) di nuova generazione che Meta, l’azienda di Mark Zuckeberg, renderà disponibile in autunno.

L’annuncio sui profili social del fondatore di Facebook, arriva qualche giorno prima della conferenza degli sviluppatori di Apple, il 5 giugno, in cui molto probabilmente l’azienda di Cupertino mostrerà la sua idea di visore. “Meta Quest 3 è il primo visore per la realtà mista a colori ad alta risoluzione, 40% più sottile e più confortevole, display e risoluzione migliori – scrive Zuckerberg – Ha un chipset Qualcomm di nuova generazione con prestazioni grafiche raddoppiate e le nostre cuffie più potenti di sempre.

E’ in arrivo quest’autunno”. Il prezzo del dispositivo si aggirerà intorno ai 500 dollari, mentre quello di Apple è previsto abbia un prezzo più alto. “Quest 3 – aggiunge il Ceo di Meta – sarà il modo migliore per sperimentare la realtà mista e virtuale in un dispositivo autonomo. Sarà compatibile con l’intera libreria di Quest 2 con altri titoli in arrivo. Maggiori dettagli alla nostra conferenza Connect il 27 settembre”. La società, intanto, dal 4 giugno abbassa i prezzi dei visori già in commercio Quest 2 e Quest Pro e con il prossimo aggiornamento software rinnova l’unità di elaborazione grafica e l’unità centrale di elaborazione promettendo un aumento delle prestazioni e della velocità su app e giochi. Insomma, dopo questo annuncio, la guerra ad Apple per il mercato del mondo dei visori a realtà mista entra nel vivo. Solo gli utenti sapranno far capire quale dei due device sarà più apprezzato. Non resta che aspettare e capire soprattutto quanto sarà rivoluzionario questo dispositivo.

F.P.L.