Dighe in Italia, partito il Dam Day: Un evento per promuovere la conoscenza e l’importanza di queste opere idrauliche
Dal 24 maggio al 1° giugno 2024 si terrà la prima edizione del “Dam Day – Dighe in Italia”, un’iniziativa organizzata dal Comitato Nazionale Italiano per le Grandi Dighe (ITCOLD). L’evento è volto a promuovere una maggiore consapevolezza sul ruolo cruciale delle dighe nel panorama ambientale, economico, energetico e di sicurezza del paese.
L’Obiettivo del Dam Day
L’evento mira a sensibilizzare il pubblico sull’importanza delle dighe attraverso una serie di iniziative che si terranno in tutto il territorio nazionale. Il Dam Day prevede un totale di 26 eventi, tra cui visite guidate, seminari, dibattiti e conferenze, concentrati in una settimana per garantire un impatto significativo e coordinato sul tema.
Il Ruolo di ITCOLD
ITCOLD, l’associazione culturale e scientifica che organizza l’evento, rappresenta oltre 300 delle circa 500 grandi dighe presenti in Italia. Il comitato si impegna a promuovere lo studio e la valorizzazione delle dighe, collaborando con operatori del settore, pubbliche amministrazioni, accademici e liberi professionisti. Inoltre, ITCOLD è membro della Commissione Internazionale per le Grandi Dighe (ICOLD-CIGB), istituita nel 1928.
Gli Eventi in Programma
Gli eventi del Dam Day sono pensati per coinvolgere un pubblico ampio e variegato, con particolare attenzione ai giovani studenti. Tra gli appuntamenti previsti vi sono:
Visite Guidate: Alla Diga di Mignano a Vernasca (PC), alla Diga di Occhito a Carlantino (FG) e alla Diga del Locone a Minervino Murge (BT).
Seminari: Come quello sulla “Gestione delle risorse agricole per l’agricoltura” a Bari e il seminario dedicato agli impianti idroelettrici a Tramonti di Sopra (PN).
Convegni e Workshop: Inclusi eventi tecnici come il workshop sulla caratterizzazione geotecnica presso il laboratorio ISMGEO a Seriate (BG).
Open Day e Conferenze: Tra cui l’Open Day “Dighe e cambiamento climatico: quali sinergie?” a Firenze e la conferenza stampa presso la Diga del Gabiet a Gressoney (AO)
Un’Iniziativa Europea
Il Dam Day non è solo un evento nazionale, ma si inserisce in una serie di iniziative analoghe organizzate in altre nazioni europee sotto l’egida di EURCOLD, il Club Europeo delle Dighe. Questo rafforza la collaborazione e lo scambio di conoscenze tra i paesi europei in materia di gestione e valorizzazione delle dighe.
Il “Dam Day – Dighe in Italia” rappresenta un’importante occasione per avvicinare il pubblico alle tematiche legate alle dighe, evidenziandone il ruolo strategico nella gestione delle risorse idriche e nella produzione di energia rinnovabile. Partecipare agli eventi previsti sarà un’opportunità unica per conoscere da vicino queste grandi opere ingegneristiche e il loro impatto positivo sull’ambiente e sulla società.
Frascati, Libri in Osteria: Andrej Longo ci racconta il suo “La forma dei sogni”
Ma cosa lega un romanzo giallo al terzo storico scudetto del Napoli? A primo acchito, apparentemente, nulla. Poi, ieri sera, ci sediamo ad uno dei tavoli “spartani”, così li chiama la “padrona di casa”, Emanuela Bruni, del salotto letterario frascatano, Libri in Osteria, all’Osteria dell’Olmo di Frascati, e scopriamo qualcosa di meraviglioso.
Qualche anno fa – racconta Andrej Longo – avevo in mente di girare un documentario sulla mia città, Napoli. Beh l’organizzazione, i tempi, il lavoro lungo mi “sconsigliarono” di farlo. Giurai che l’avrei realizzato solo nel caso in cui la squadra del mio cuore, il Napoli, avesse vinto lo scudetto. Al terzo tricolore, ovviamente, ho dovuto mantenere la parola data ed allora … è nato il mio libro, La forma dei Sogni. Uno spaccato della mia città raccontata con il “sottofondo” di questo storico ed incredibile scudetto. Ce lo presenta Fabio Mendolicchio, arrivato a Frascati a bordo della Vespa Ubik, direttamente da Torino, per il suo “Giro d’Italia” in 11 tappe – ben 4000 chilometri – per farci riscoprire la bellezza nel leggere un libro. 11 tappe per presentare 12 scrittori con questo Tour nato da una “follia”, così la definisce lo stesso Mendolicchio.
Porto personalmente a Torino ed in Piemonte – racconta Fabio – i libri con la mia Vespa. Poi qualche anno fa un corso di grafica e … mi viene la voglia ed il desiderio di dare vita alla mia casa editrice, la Miraggi Edizioni. Nel 2021, dopo il Covid, l’obiettivo di riabbracciare le persone unito alla Vespa, mio sogno fin da bambino, mi accompagna per l’Italia in questo tour. Poi Andrej Longo ci racconta il suo libro. Due i personaggi principali; l’agente di Polizia, Acampora e il suo amico infanzia, Ciro. Dopo una violenta discussione tra i due, Ciro, si convince a farsi ospitare in una comunità di recupero per tossicodipendenti ad un patto: Acampora dovrà inviarli, ad partita giocata del Napoli, una lettera che gli descriva il match. C’è un problema di fondo: “Cirù, ma io di pallone non è che ne capisco molto” – dice nel libro Acampora. “Antò – risponde Ciro – se non lo puoi fare non fa niente, per carità. Tu hai già fatto troppo assai per me, lascia stare”. Ma uno scatto di orgoglio fa pronunciare all’agente questo giuramento solenne: “Cirù, stammi a sentire bene. Io questa cosa delle lettere che mi hai chiesto, la voglio fare …” E da qui si spalanca un mondo dove il calcio diventa lo spunto per raccontare Napoli “una umanità spaventosa” dice Andrej Longo e “ci si innamora dei personaggi … scoprirete che per noi napoletani la partita si vive insieme, un momento collettivo di convivialità”.
E poi la brava Emanuela Bruni, con la professionalità ed il suo piglio giornalistico, gli porge una bellissima domanda: Oltre ed essere un bravo scrittore sei un bravo sceneggiatore. Se ti dico Lina Wertmuller … te la sei cavata bene? Sorride Andrej Longo ricordando a tutti la sua esperienza nel gruppo di sceneggiatori del celebre film “Io speriamo che me la cavo”. Sorride divertito e ci racconta due aneddoti: mi pagarono poco e lo fecero perché, su pressione di Lina, interpretai, spaventato, l’infermiere dell’ospedale. Pensavo di sbagliare ogni parola del copione. Lo volete sapere come andò a finire? Beh molte riprese: io non sbagliai quasi mai, Paolo Villaggio si. Gli applausi ed i sorrisi inebriano la piazzetta dell’Olmo a Frascati ricordano questo momento. E poi – aggiunge sorridente – mi ricordo i giri sul mio motorino, assieme a Lei, per Napoli ; resteranno indelebili nella mia memoria. Sapete – confessa Andrej Longo – se non avessi avuto la fortuna di fare lo scrittore avrei fatto, di sicuro, il pizzaiolo; un lavoro che mi ha consentito di potermi poi dedicare alla mia passione: scrivere. Le sue parole scivolano leggere durante questa ora di serenità nel cuore storico della città tuscolana.
Tra un bicchiere di vino Frascati e le parole di Andrej Longo è un connubio di bello, di raffinato e di stile. La bellezza dell’ultimo scudetto della mia squadra è l’etica Spallettiana – dice sereno l’autore. Spalletti – aggiunge – ci ha insegnato a prenderci le responsabilità del nostro vivere. A Napoli se si perdeva una partita era sempre colpa di qualcun altro. Voi ve lo ricordate il giocatore Kim dopo Udinese – Napoli? Scrisse sui social “Vorrei esprimere le mie più profonde scuse ai miei compagni di squadra e ai tifosi. Potevamo vincere solo grazie ai miei compagni di squadra. Gli errori mi renderanno solo più forte. La prossima volta aiuterò meglio la squadra”: a Napoli questo non era mai successo. Ci ha cambiato il modo di vedere e leggere il mondo; fu davvero una lezione di etica sportiva, una vera rivalsa sociale. E poi arriva la nostra domanda: Andrej tre aggettivi per la tua città? sorride, mi guarda e risponde sorridente: Solo tre? Ce ne vorrebbero una enormità. Non si può racchiudere una città che è sempre in movimento dentro un semplice aggettivo. Ecco ti ho risposto: Napoli non è statica … Il mio sorriso come quello del pubblico di Frascati si unisce in un applauso verso l’autore. Chiude poi la serata raccontando un’altra perla dell’etica spallettiana: Portò i suoi ragazzi in ritiro – racconta – una sera li fece sedere per ammirare il Cielo e le stelle. Gli chiese se fosse splendido. Ovviamente loro annuirono. Poi gli chiese ancora “Se una di loro si spegnesse, qualcuno se ne accorgerebbe?” In coro dissero di no. E poi spiegò loro che dovevano essere proprio come quelle stelle nel Cielo. “Tutte le stelle fanno il Cielo anche se una si spegne. Noi dobbiamo essere le stelle ed il Cielo”
L’applauso finale è una standing ovation a questo libro, La forma dei sogni, un giallo che nasce da una telefonata e porta tutti noi a scoprire, parola dopo parola, le bellezze di una Napoli che vive il Sogno del suo terzo scudetto e, soprattutto, al suo autore, Andrej Longo, che in questa serata, con la sua semplicità, con la sua ironia, il suo sorriso, ci ha regalato le bellezze della sua città.
Vi ricordiamo il prossimo appuntamento giovedì 30 maggio ore 18, Osteria dell’Olmo, con François Morlupi ed il suo “Il gioco degli opposti”.
Frascati: Torna il salotto letterario di “Libri in Osteria”
Mancano davvero pochi giorni al ritorno di Libri in Osteria giunta alla Quinta Edizione Si tratta di una intuizione geniale di Emanuela Bruni, noto giornalista, già assessore alla Cultura del Comune di Frascati ed attualmente nel cda del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo Nella splendida cornice di piazza dell’Olmo, sede di una delle più antiche osterie di Frascati – l’Osteria dell’Olmo, appunto – questa iniziativa nel corso degli anni è divenuta uno dei salotti letterali più importanti dei Castelli Romani e della stessa Capitale. Decine e decine di scrittori e di scrittrici che hanno raccontano i loro libri, le loro storie, i loro pensieri. Abbiamo incontrato l’ideatrice di questa importante rassegna che è svolta, da sempre, in collaborazione con la libreria Ubik Cavour di Frascati e con il patrocinio del Comune.
Emanuela ma come ti è venuta l’idea di coniugare un bel libro con il tipico prodotto della città tuscolana, cioè il celeberrimo vino Frascati? In un giorno di fine lockdown con la voglia di incontrarci nuovamente in presenza e riflettendo su come farlo rispettando le distanze di sicurezza, tornando a casa dopo aver comprato un libro nella libreria Cavour, attraversando piazzetta dell’Olmo è scattata l’idea. Semplice e facile: recuperiamo la tradizione! Del resto da Goethe a Neruda, sui tavoli delle osterie frascatane accanto a un buon bicchiere di vino si sono intessuti trame e versi, racconti e cronache di tanti importanti scrittori e artisti, per secoli. Francesco Collacchi della Libreria Ubik di Frascati e Remigio Sognatesori titolare dell’Osteria dell’Olmo hanno sposato subito la proposta ed eccoci qui, ancora dopo 4 anni! Tanti sono stati gli autori che sono venuti a chiacchiere con noi sui tavoli di legno del nostro “spartano salotto” e anche quest’anno il programma e ricco e vario. Passeremo dai noir allo Sport, dalla storia del Novecento all’Antica Roma, dalle saghe familiari ai romanzi ambientati ai giorni nostri. Con noi ci saranno autorevoli penne del giornalismo nazionale e della narrativa insieme a giovani esordienti come ormai nostra tradizione.
“Quanta vita e quante storie ancora da raccontare. Luogo dell’anima e del cuore” Questa è una frase, accompagnata da una splendida foto dell’Osteria dell’Olmo, di uno dei più accaniti fan della tua splendida iniziativa: il presidente del Consiglio Comunale di Frascati, Corrado Spagnoli. Questa piazza è uno dei cuori pulsanti della città tuscolana e grazie alla tua iniziativa è tornato ad essere uno dei centri culturali più importanti della città. Ti sei “assunta” una grossa responsabilità … cosa ti ha spinto a farlo? Il centro storico sta perdendo la sua caratteristica di cuore pulsante della città durante le ore del giorno e del pomeriggio per lasciare spazio solo alla movida notturna. Cercare di far vivere la città tutto il giorno è anche un modo per sostenere le attività diurne e far vedere il centro storico in una luce diversa. Per questo vorremmo anche realizzare dei momenti speciali di narrazione delle tradizioni popolari per raccontare come a Frascati la vita è anche frutto di un passato vicino che ancora può insegnarci ad esempio la socialità, la bellezza, la capacità di percepire gli odori dei nostri forni o dei tigli che a giugno inondano l’aria di dolci profumi fioriti. Insomma in una parola riscoprire la bellezza del vivere Slow, almeno per qualche ora! Libri in Osteria si dice che porti bene agli autori: finalisti al premio Strega, vincitori del premio Alda Merini e così via discorrendo… una sorta di talismano magico per scrittori e scrittrici. Ti fa sorridere o è frutto di una scelta saggia da parte tua e degli altri organizzatori? Mi fa sorridere ma allo stesso tempo piace a me e anche Francesco Collacchi e Remigio Sognatesori pensare di portare fortuna. A parte le facili battute dietro ogni edizione di Libri in Osteria però c’è una precisa scelta. Quella di far conoscere libri ed autori che hanno tanto da dire e raccontare senza necessariamente essere pubblicati dai giganti dell’editoria. Tentiamo di scegliere libri di contenuto che non siano frutto di marketing televisivo e commerciale. Guardiamo insomma alla qualità del testo nei contenuti e nella scrittura più che alla notorietà!
Mi raccomando non mancate … il primo appuntamento è mercoledì 22 maggio alle ore 18,00 quando arriverà la Vespa Ubik in tour con a bordo Andrej Longo autore del libro “La forma dei sogni” … non poteva iniziare meglio.
Un grazie davvero immenso ad Emanuela Bruni, alla libreria Cavour- Ubik di Frascati e all’Osteria dell’Olmo.
Anbi, concorso fotografico “Obiettivo Acqua”: vincono Lazio e Toscana
Sono la toscana Pamela Doretti (con lo scatto “Splash” nella categoria “colore”) ed il romano Franco Tulli (con lo scatto “L’impero dell’Acqua” nella sezione “bianco e nero”) i vincitori della 5° edizione del Concorso Fotografico Nazionale “Obiettivo Acqua”, organizzato da ANBI, Coldiretti e Fondazione Univerde.
Oltre 800 sono state le opere concorrenti a testimonianza del crescente successo del contest, che ha, come protagoniste, diverse sfaccettature della risorsa idrica.
“Non bisogna dare per scontata la disponibilità d’acqua ed il concorso serve a ricordare la vitale funzione della risorsa – ricorda Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e elle Acque Irrigue (ANBI) – E’ altresì necessario riprendere una politica di programmazione degli interventi per uscire dalla logica degli stati d’emergenza e va trovato un giusto equilibrio fra agricoltura ed ambiente, facce imprescindibili di una realtà chiamata territorio.”
“Senza acqua non può esserci nè qualità, né quantità in agricoltura; non solo: l’acqua è elemento determinante per la bellezza dei nostri territori – afferma Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti – Per questo occorre programmare investimenti per efficientare le infrastrutture idriche esistenti e realizzarne di nuove, consapevoli che la gestione dell’acqua è fondamentale anche per la manutenzione del suolo: servono bacini di accumulo, che abbinino prevenzione idrogeologica e disponibilità irrigua. In questo, chiediamo più coraggio alla politica.”
“Il concorso fotografico Obiettivo Acqua ci ricorda la necessità di dare impulso ad azioni concrete per la conservazione e la gestione sostenibile degli ecosistemi, che devono continuare a prosperare – aggiunge Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente di Fondazione UniVerde – Dobbiamo essere più responsabili nei confronti dei paesaggi d’acqua dolce, tutelarli dalle frammentazioni, dalla cementificazione e dal degrado causato dagli inquinamenti. L’uso insostenibile dei territori sta portando molti ecosistemi pericolosamente vicini al collasso: è ancora possibile passare a pratiche più sostenibili per la qualità dell’acqua, ripristinando anche la salute del suolo; i paesaggi con un ciclo idrologico funzionante forniscono acqua e cibo, sostengono la biodiversità e contribuiscono alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici.”
Alla premiazione sono intervenuti anche Nazario Palmieri, Generale Comandante Carabinieri Tutela Forestale e Parchi; Aldo Mattia, Componente Commissione Ambiente Territorio Camera; Vincenzo Gesmundo, Segretario Generale Coldiretti; Francesca Salvemini, Capo Segreteria Tecnica Ministero Ambiente Sicurezza Energetica.
Durante la cerimonia conclusiva, svoltasi a Roma in Palazzo Rospigliosi, sono state assegnate anche 9 menzioni speciali: “Le forme dell’acqua” al lavoro dell’umbro Fulvio Sudati per l’immagine “Rugiada”; “Un tesoro per l’uomo” al toscano Flavio Vieri per la fotografia “Sentieri curvi”; “Crisi climatica: difendere l’acqua – difendersi dall’acqua” al romagnolo Massimo Cavallari per lo scatto “Alluvione Maggio 2023: cascina nelle campagne di Lugo completamente isolata”; “Acqua fonte di cibo” dalla Fondazione Campagna Amica all’emiliana Donatella Drovandi per lo scatto “I prati di Sara”; “A due ruote lungo l’argine” dalla F.I.A.B. (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) al lombardo Marco Carè per l’opera “Tramonto sull’argine dell’Oglio”; “Scatti d’acqua, lo scorrere perpetuo da ANBI E.R. alla romagnola Elena Ghini per l’immagine “Alluvione in Romagna – Maggio 2023”; “Come ti cucino il Consorzio: acqua dolce, dal canale alla tavola” da ANBI Liguria al genovese Vittorio Ricci per la fotografia “Val Gargassa”; “Lombardia, una regione disegnata dall’acqua” da ANBI Lombardia al bresciano Andrei Domanin per lo scatto “Lago di Garda”; “Myacqua” da ANBI Marche alla pesarese Paula Castelli per l’opera “Nell’acqua, sull’acqua”.
“La cultura dell’acqua è uno dei tasselli della strategia ANBI per incentivare l’adattamento alla crisi climatica e che si fonda anche su nuove infrastrutture idriche, efficientamento di quelle esistenti ed investimenti in innovazione – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale ANBI – La nostra azione non si ferma e sabato prossimo, 18 Maggio, in tutta Italia inizierà la Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione.”
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Sergio Leone: un’icona del “sogno americano” del cinema
Sergio Leone è stato uno dei più grandi registi italiani del XX secolo, noto soprattutto per aver rivoluzionato il genere western e per aver contribuito a definire il “sogno americano” del cinema. La sua influenza si estende ben oltre i confini nazionali, raggiungendo un pubblico internazionale e influenzando generazioni di cineasti.
Nato a Roma nel 1929, Leone ha trascorso la sua infanzia immerso nel mondo del cinema, grazie al suo rapporto privilegiato con suo padre, il regista Vincenzo Leone. Tuttavia, è stato il suo lavoro come assistente alla regia su film come “Quo Vadis” e “Ben-Hur” a plasmare la sua visione cinematografica e a prepararlo per il successo che lo avrebbe atteso.
Il grande colpo di fortuna per Leone è arrivato con il suo primo film da regista, “Per un pugno di dollari” (1964), il primo della celebre trilogia del dollaro. Con questo film, Leone ha ridefinito il genere western, introducendo un nuovo stile visivo e narrativo che ha affascinato il pubblico di tutto il mondo. La sua abilità nel creare tensione attraverso lunghi silenzi, primi piani intensi e musiche iconiche ha trasformato il western in un’esperienza cinematografica completamente nuova.
Ma cosa c’entra tutto questo con il sogno americano? In realtà, molto. Il sogno americano non è solo una questione di geografia, ma anche di aspirazioni e possibilità. Sergio Leone incarnava perfettamente quest’idea, anche se in modo non convenzionale. Pur essendo italiano, ha saputo catturare l’essenza del west americano e ha portato la sua visione unica al grande schermo, conquistando il pubblico e la critica di entrambi i lati dell’Atlantico.
Leone ha continuato a consolidare il suo status di regista di culto con film come “Per qualche dollaro in più” (1965) e “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966), entrambi appartenenti alla sua trilogia del dollaro. Questi film hanno elevato il genere western a nuove vette di popolarità e hanno ispirato una generazione di cineasti, da Quentin Tarantino a Martin Scorsese.
Ma non è solo il successo commerciale che rende Leone un’icona del sogno americano del cinema. È anche il suo spirito pionieristico, la sua audacia nell’affrontare nuove sfide e il suo inconfondibile stile artistico che lo distinguono. Anche quando i suoi film non sono stati immediatamente accolti con favore dalla critica, Leone ha perseverato, rimanendo fedele alla sua visione e alla sua passione per il cinema.
In conclusione, Sergio Leone è stato molto più di un regista di successo. È stato un innovatore, un visionario e un’icona del sogno americano del cinema. Attraverso il suo lavoro, ha dimostrato che il talento e la determinazione possono superare qualsiasi confine geografico o culturale, e che i sogni possono diventare realtà, anche nel selvaggio west del cinema.
Trovare l’anima gemella? Chat online vs. classico “struscio”
Nel mondo moderno, la ricerca dell’anima gemella ha subito una trasformazione significativa grazie alla diffusione delle tecnologie digitali. Se un tempo il “classico struscio” era il principale modo per incontrare nuove persone, oggi le chat online offrono un’alternativa conveniente e accessibile. Tuttavia, nonostante l’avvento delle piattaforme di incontri virtuali, ci sono ancora coloro che prediligono l’approccio tradizionale. In questo articolo, esploreremo come è cambiato il modo di approcciare l’anima gemella, confrontando le chat online con il classico struscio.
Le Chat online: Un mondo di opportunità virtuali
Le chat online hanno rivoluzionato il modo in cui le persone si incontrano e si connettono. Con un semplice clic, è possibile accedere a una vasta gamma di potenziali partner, filtrando le preferenze e gli interessi per trovare corrispondenze compatibili. Le chat offrono un ambiente confortevole per conoscere nuove persone senza la pressione del contatto fisico immediato. Inoltre, consentono una comunicazione costante e una connessione emotiva prima di un possibile incontro faccia a faccia.
Il classico “struscio”: incontri reali e spontanei
Nonostante l’avvento delle chat online, c’è ancora un fascino intramontabile nel classico struscio. Camminare per strada, frequentare bar o eventi sociali offre l’opportunità di incontrare persone in modo spontaneo e naturale. Questo approccio permette di valutare immediatamente la chimica personale e di creare connessioni autentiche attraverso il contatto visivo, il linguaggio del corpo e la conversazione diretta. Inoltre, il classico struscio offre l’opportunità di scoprire nuove persone nella propria comunità locale e di immergersi nell’atmosfera sociale circostante.
La sfida dell’autenticità e della sincerità
Indipendentemente dall’approccio scelto, sia le chat online che il classico struscio presentano sfide uniche. Nel mondo virtuale delle chat, può essere difficile valutare l’autenticità delle persone e la veridicità delle informazioni fornite. Allo stesso tempo, nel classico struscio, si può incorrere in incontri superficiali o effimeri che non portano a connessioni significative. È essenziale mantenere un equilibrio tra apertura e prudenza, cercando sempre connessioni sincere e autentiche, indipendentemente dal contesto.
In definitiva, il modo di approcciare l’anima gemella è cambiato radicalmente nel corso degli anni, con l’avvento delle chat online e il persistere del classico struscio. Entrambi gli approcci offrono vantaggi e sfide uniche, e la scelta dipende dalle preferenze personali e dalle esperienze individuali. Ciò che conta di più è mantenere un atteggiamento aperto e positivo, essere sinceri nelle proprie intenzioni e cercare connessioni autentiche, ovunque esse si trovino. Che sia attraverso una chat online o un incontro casuale per strada, l’anima gemella può essere trovata nei luoghi più inaspettati.
WhatsApp si rifà il look e aggiorna le sue funzioni
WhatsApp ha annunciato il rilascio di un aggiornamento che introduce un design rinnovato per l’app iOS e Android. Gli utenti raggiunti dall’update potranno notare una nuova tavolozza di colori e altre modifiche che rendono più fluida l’esperienza di utilizzo su entrambe le piattaforme. “Nel corso degli anni, ci siamo principalmente dedicati all’integrazione di nuovi strumenti all’interno dell’applicazione” spiega Meta in una nota ufficiale. “Con la costante espansione delle funzionalità, abbiamo sentito la necessità di far evolvere anche il design. Il nostro obiettivo era rendere il prodotto più fresco e moderno, senza però stravolgere la sua funzionalità principale”. Con l’aggiornamento, WhatsApp adotta il colore verde come tonalità principale in tutte le applicazioni. Dopo aver esaminato oltre 35 varianti di colore, gli sviluppatori hanno deciso di aderire al verde iconico di WhatsApp, creando una palette che consenta di ottenere abbinamenti cromatici in tutta l’app. Di conseguenza, elementi come badge di avviso e pulsanti di notifica appariranno solo in verde. Su Android, la barra delle schede è stata spostata nella parte inferiore dello schermo, rendendo WhatsApp più simile alla versione per iPhone. Proprio qui, viene introdotta una nuova area per gli allegati, con una visione più chiara delle opzioni disponibili durante l’invio di file. Per la modalità oscura, WhatsApp afferma di aver modificato i colori per fornire un contrasto più elevato e toni atti a “ridurre l’affaticamento degli occhi in ambienti con scarsa illuminazione”. L’app ha anche ricevuto nuove animazioni e sfondi per la chat. Sarà inoltre possibile selezionare i filtri per i messaggi non letti e per i gruppi con un semplice tocco, per recuperare le chat singole e di gruppo preferite.
F.P.L.
Grottaferrata, il Coro Crypters si presenta!
L’appuntamento è a Grottaferrata, in piazza. Ci incontriamo e li subito il mio stupore: Sei tu Benedetta Tomboletti? Non lo nascondo; sono piacevolmente meravigliato nel vedere una ragazza giovanissima – poco più di 20 anni – presidente di una Associazione di Promozione Sociale. Sono io! – la sua risposta gentile e sorridente.
Il coro Crypters, negli anni, ha saputo coniugare una modalità antica di cantare, la polifonia, con un repertorio estremamente giovane unendo il tutto dentro una compagine “orgogliosamente” mista.
I “requisiti” per farne parte: avere nel cuore e nella testa la voglia di cantare. Benedetta sono estremamente sorpreso nel vedere una ragazza della tua età a capo di una Associazione che riporta una serie di successi davvero importanti (sorride compiaciuta) Ti ringrazio pensa che sono diventata presidente di questa nostra associazione ben 5 anni fa.
Non ti hanno, passami il termine, tremato le gambe ad accettare questo ruolo? Guarda sono circondata da un gruppo di persone che riesce, da sempre, a fare squadra. Il direttore, il maestro Massimo Laurelli, che è nel contempo nostro direttore artistico insieme agli altri membri del direttivo della Associazione sono per me lo stimolo a fare meglio e le mie guide nel migliorare ogni giorno.
Partiamo proprio dal nome; perché Crypters? Essendo anche tu dei Castelli Romani conoscerai bene la tradizione che vuole far risalire il nome di Grottaferrata alla “Grotta”, crypta in latino, con una grata, appunto ferrata che è, per la tradizione, il luogo del primo accampamento dei monaci di San Nilo da Rossano. Da lì il nome di Cryptaferrata che poi divenne “Grottaferrata”.
Quindi avete rinnovato nel nome la storia millenaria che caratterizza la vostra città collegandola poi alla meraviglia del canto polifonico che è vostra caratteristica prima? E si! Noi siamo un giovane coro, dal punto di vista della propria storia, ma che spazia da una componente giovanile di adolescenti fino alle età più mature: un coro misto che amalgama diverse vocalità e tonalità che oggi supera il numero dei 30 componenti. Una alchimia nata da una precedente esperienza che si è arricchiata nel corso di questo quinquennio. Un gruppo che si è posto una serie di obiettivi che piano piano punta a raggiungere conscio e consapevole che il migliorare ed il mettersi in gioco sono gli elementi principali di questa ricetta.
Quindi mi stai dicendo che il segreto del vostro successo risiede in questo? È uno degli elementi. Costruire un realtà necessita di scelte, di tempo, di dedizione. È un puzzle dove bisogna cercare di unire gli elementi e qualora necessario limare alcuni pezzi per renderli ancora di più importanti nella costruzione del quadro finale. Quindi un lavoro continuo? Certo che si. La passione che ci unisce, la voglia di migliorare, unita poi alla dedizione per questo che per noi resta, di sicuro, un gioco che ci appassiona è di certo la formula migliore per creare quella, passami il termine, magia che poi durante i nostri concerti vediamo negli occhi e nell’animo di chi ci viene a trovare.
Ricapitolando: presidente a 18 anni, oggi 23 … ma dove vuoi arrivare? (sorride) Io mi sono messa a disposizione di un gruppo che veniva, come ti dicevo prima, da una esperienza corale. Noi tutti insieme ogni giorni ci poniamo delle sfide che servono esclusivamente ad alzare l’asticella del miglioramento. Sono più che altro una sorta di ascoltatore attento degli equilibri di questo gruppo. Cerco di capire le diversità dei singoli e farne, assieme al maestro, ed a tutti gli altri una operazione di sintesi per creare valore aggiunto. Ed ogni giorno che passa mi rendo sempre più conto della necessità di imparare e fare tesoro delle esperienze che stiamo creando insieme.
Tornando alla musica ed alla vostra caratteristica principale: un repertorio moderno in chiave “classica”. Permettimi la domanda: ma non correte il rischio di annoiare? Vedi il nostro è un repertorio principalmente pop: spaziamo dai Queen, agli Abba, alle Spice Girl, fino ad arrivare a Michael Jackson. Ti racconto un fatto: il brano Wannabe delle Spice Girl è stato per noi una sfida davvero importante. Il nostro maestro è riuscito ad avere questa partitura con un arraggiamente stile madrigale. Di fronte a noi avevamo persone di ogni genere entuasiaste di questa nostra particolare esecuzione. Per noi tutti è stata davvero una esperienza indimenticabile. Vedere persone che si divertivamo di fronte ai nostri occhi ci ha riempito il cuore di gioia dandoci una ulteriore voglia di continuare con questo nostro progetto.
Personalmente ho apprezzato moltissimo la vostra versione della canzone “Le ragazze” de I neri per Caso durante l’ultima Fiera di Grottaferrata. Quale è stato il motivo della scelta di questo brano davvero particolare? Viviamo in un momento storico in cui la violenza di genere, ed in particolare, la violenza sulle donne sono notizie, ahimè, che riempiono le prime pagine. Abbiamo voluto dare un segnale forte. La musica, da sempre, ha una valenza positiva che è principalmente declinata come “portatrice di pace”.
Eseguire questo brano è stato per noi dare testimonianza di una presenza forte. Creare questo equilibrio musicale diventa stimolo a creare quell’equilibrio sociale necessario alla nostra collettività per comprendere i rischi di questo terribile fenomeno di violenza.
Come si svolgono le attività del Coro? (sorride ancora di più) Guarda chi viene alle prime lezioni del nostro Coro può restare stupefatto dalla capacità del nostro maestro di coinvolgere ogni persone rendendoci abili nei ruoli che dobbiamo ricoprire. Spesso passiamo intere giornate insieme, ovviamente intervallate dalle chiacchierate tra amici, perché poi questo in fondo noi siamo, che ci portano ad entrare in piena sinergia gli uni con gli altri. Poi – e qui si lascia scappare un piccolo segreto – a volte il maestro ci “interroga” singolarmente proprio perché ognuno deve essere ben consapevole della responsabilità che la parte gli attribuisce. Un gioco ma che permette ad ognuno di poter essere parte principale di un progetto comune.
Che si prova prima di entrare in scena? (e qui diventa seria) La paura c’è, non lo nascondo! Poi dipende dal luogo, dalla circostanza. Ma nel momento in cui c’è l’inizio del brano ritorna quella “magia” che crea il gruppo e le paure, le ansie, le preoccupazioni lasciano lo spazio a quella fiducia che insieme riusciamo a costruire e la gioia di poter regalare a chi ci ascolta qualche minuto di serenità fa il resto.
Un Diploma Oro in un concorso di Cori. Una popolarità sempre crescente. Addirittura nell’ultima Fiera di Grottaferrata avete fatto il pienone? Ma quali sono oggi i sogni dei Crypters? Il primo è facile: vogliamo confrontarci con tutte le altre realtà coristiche di Roma e non solo. E poi ti do una anteprima: assieme al Comune di Grottaferrata, alla Associazione Arché e alla Associazione Nesos abbiamo in esecuzione un progetto vinto per il recupero di quella che è la cosiddetta casa del Custode. Ti spiego meglio: noi proviamo presso il Villino delle Civette, sempre a Grottaferrata. Esiste quel complesso che era la vecchia casa del Custode. Abbiamo vinto questo bando da 150 mila euro con il quale ristruttureremo il locale creando un vero e proprio HUB CULTURALE. Ci sarà la sede di una redazione giornalistica, una radio ed uno studio di registrazione. Ma non finisce qui: questo che sarà poi chiamato YOUNG HUB sarà sede di tutta una serie di corsi indirizzati ai cosidetti NEET cioè ragazzi e ragazze che non studiano e non lavorano. Vogliamo creare tutta una serie di figure professionali che possano essere di corredo alla redazione, al giornale, alla radio, ect. Un progetto dentro il progetto. Vogliamo fare in modo che la passione che come Coro mettiamo in essere divenga traino anche per far riscoprire desideri e sogni ai ragazze ed alle ragazze.
Cavolo, passami il termine, un progetto davvero ambizioso ma concreto e a che punto siete? Per questo mese di maggio dovrebbero partire i lavori di ristrutturazione dei locali e poi partiranno una serie di corsi Beh te lo dico già da subito: il giorno in cui si sarà l’inaugurazione noi come giornale saremo li per raccontare ancora questa vostra esperienza Sarete i benvenuti ma vi diamo già da adesso un ulteriore appuntamento, diciamo, a breve: ad ottobre nella splendida cornice delle Scuderie Aldobrandini ci sarà, organizzata dalla nostra Associazione, la II edizione della rassegna “RYCANTO”. Un rassegna coristica che sarà davvero, come ti dicevo prima, l’occasione per confrontarci con altre realta corali. Che dirti Benedetta, non possiamo che ringraziarti di questa splendida energia che tramite le vostre attività, la vostra passione portate avanti.
Queste realtà meritano davvero tutta l’attenzione ed il fatto stesso di trovarsi di fronte una ragazza di 23 anni con questa carica è davvero il segno che le nuove generazioni sono davvero una garanzia per il nostro futuro. … dimenticavamo … i Crypters vi aspettano sabato 18 maggio a Villa Celimontana per la Notte Europea dei Musei … non perdeteveli.
Quale futuro per i diritti dei lavoratori? intervista al professor Alberto Lepore, professore associato di diritto del Lavoro
Alberto Lepore classe 1972, professore associato in Diritto del Lavoro presso l’Università di Roma 3, membro del Labour Law Group presso l’University College of London. Decine di pubblicazioni in ambito del Diritto al Lavoro ma, principalmente, un grande amico.
Alberto ci diamo del tu, ovviamente: ieri, 1° Maggio, Festa del Lavoro e dei Lavoratori mi è venuta spontanea l’idea di rivolgerti qualche domanda in merito al Diritto al Lavoro proprio per comprendere se, ancora oggi, quelle conquiste sociale figlie dell’800 hanno ancora valore.
La prima domanda prende spunto dall’articolo 1 della nostra Carta Costituzionale: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Quanto valore ha, ancora oggi, questa affermazione nel nostro Paese? Quanto affermato dall’articolo 1 della nostra Costituzione ha ancora un grande valore e una portata fondamentale perché a seguito della promulgazione della Costituzione del 1948 vengono superati quell’insieme di privilegi, di retaggio aristocratico e feudale che caratterizzavano l’ordinamento monarchico preesistente. Secondo l’articolo 1 della Costituzione il cittadino si qualifica all’interno della società non più attraverso quello che ha, ma attraverso quello che fa. Il lavoro quindi diventa da un lato ciò che qualifica la persona, nel contempo il lavoro è anche lo strumento attraverso cui la persona trova la sua collocazione all’interno della società. Il lavoro diventa in forza dell’articolo 1 il collante tra cittadino e corpo sociale; senza l’esecuzione di una prestazione lavorativa il cittadino non può partecipare al corpo sociale, non può avere una collocazione nella società e non può neanche ricoprire una determinata posizione economica; rimane sostanzialmente emarginato; tagliato fuori dalla società. Quindi l’articolo 1 ha ancora un ruolo fondamentale all’interno della nostra Repubblica, tant’è che si è detto appunto che la Repubblica italiana è una Repubblica lavorista. Ma il principio da questo espresso va protetto perché i privilegi possono sempre, in altra forma, rinascere e, pertanto, bisogna stare sempre in guardia.
Lo sai, sono nato il 20 maggio 1971 ad un anno esatto dalla promulgazione dello Statuto dei Lavoratori. Qualcuno dice che sia stata profondamente scardinata dal Job Act di Matteo Renzi. Cosa di buono mantiene questa intuizione di cui fu padre putativo Gino Giugni? Il Jobs Act di Matteo Renzi ha colpito al cuore lo Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n.300 n.d.s.), perché ha abrogato una norma di civiltà e cioè l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che prevedeva, a certe condizioni, qualora il licenziamento fosse illegittimo la reintegrazione nel posto di lavoro, in altri termini, il ritorno nello stesso posto di lavoro come se il licenziamento non fosse mai stato intimato. Con il decreto legislativo n. 23 del 2015 il Jobs Act ha sostanzialmente modificato la tutela prevista in caso di licenziamento illegittimo sostituendola con la tutela indennitaria: la reintegrazione è stata conservata soltanto in casi marginali, mentre nella maggior parte dei casi nelle ipotesi di licenziamento illegittimo al lavoratore verrà pagata un’indennità monetaria commisurata alla durata del rapporto. La cancellazione della reintegrazione nel posto di lavoro come tutela generale rende la posizione del lavoratore nel rapporto di lavoro molto più debole. Il Jobs Act di Renzi poi ha colpito un’altra norma molto importante che tutela la professionalità del lavoratore e cioè l’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori introduttivo del 2103 del codice civile sulle mansioni: ha previsto che è oggi possibile demansionare in ipotesi molto ampie tra cui anche per ragioni economiche legate alle esigenze dell’impresa. Anche questa norma che colpisce la professionalità e la progressione di carriera lede un’altro dei patrimoni del lavoratore e rende molto più debole la sua posizione; anche la norma sul divieto dei controlli sul posto di lavoro (art.4 dello Statuto dei lavoratori n.d.s.) è stata riformata nel senso di consentire controlli molto più pervasivi sul posto di lavoro. Lo Statuto conserva ancora norme importanti soprattutto nella dimensione collettiva come gli articoli 19 e seguenti che introducono i diritti sindacali; l’articolo 28 sulla repressione della condotta antisindacale; l’articolo 15 sulla non discriminazione. C’è quindi ancora molto nello Statuto di buono e di protettivo per il lavoratore ma certamente la cancellazione dell’articolo 18 ha creato un vulnus notevole perché ha sostanzialmente monetizzato il posto di lavoro: il datore di lavoro oggi può anche intimando un licenziamento illegittimo sapere che anche se perde in causa dovrà pagare solo una somma di denaro commisurata alla durata del rapporto di lavoro per togliersi dai piedi un lavoratore non più desiderato. Spesso non si coniuga il diritto al lavoro con i doveri che scaturiscono dal lavoro stesso. A tuo avviso dove sta il punto di rottura tra queste due situazioni? Il diritto al lavoro come anche il dovere di lavorare sono enunciati dall’art. 4 della Costituzione. Questi due principi sono tra loro complementari, perché la repubblica deve far sì che sia garantito il diritto al lavoro, d’altro canto il cittadino deve fare tutto il possibile per poter trovare un’occupazione. L’articolo 4, però, è una norma programmatica cioè detta praticamente un programma, un progetto che deve essere realizzato attraverso leggi ordinarie e infatti abbiamo assistito nel corso degli anni all’introduzione una serie di leggi per realizzare il diritto al lavoro. Dalla introduzione degli uffici di collocamento fino alla creazione delle agenzie accreditate per attuare concretamente il diritto al lavoro. Ma essendo l’art. 4 una norma programmatica il diritto al lavoro e’un principio tendenziale, anche perché non vi è una sanzione se il lavoro non è garantito a tutti tant’è che siamo in un’epoca nella quale la disoccupazione è molto elevata, nonostante gli sforzi che la Repubblica ha fatto, la piena occupazione non è stata mai raggiunta. D’altro canto il dovere di lavorare è fondamentale perché si lega all’art. 1: il cittadino partecipa al corpo sociale e acquisisce una posizione sociale ed economica nella società soltanto se lavora. Indirettamente la Costituzione stessa sanziona colui che non vuole lavorare: l’articolo 38 prevede prestazioni previdenziali, quindi provvidenze economiche di sostegno al reddito o quando il lavoratore è inabile al lavoro oppure quando il lavoratore è disoccupato, quindi abbia già lavorato ma ha perso il lavoro oppure sia subentrato un evento che abbia reso impossibile lavorare. Quando invece non vuole lavorare il sistema previdenziale non lo supporta, essendo il reddito di cittadinanza una parentesi anomala nel nostro ordinamento, se non addirittura incostituzionale, e, infatti, è stato rapidamente espunto dall’ordinamento previdenziale. È evidente però che se non è garantito il diritto al lavoro, il cittadino non potrà’ nonostante i suoi sforzi adempiere al dovere di lavorare. Un’ultima domanda: quale è il futuro stesso dei diritti dei lavoratori ai giorni nostri? A fronte della globalizzazione dei mercati e della competizione mondiale il futuro dei diritti dei lavoratori non mi pare roseo. Già negli ultimi anni abbiamo assistito, come accennato, ad una riduzione notevole dei diritti a tutela dei lavoratori e probabilmente nei prossimi anni assisteremo a un’ulteriore riduzione dai diritti. Oggi, oltretutto, il lavoro è minacciato dalla informatizzazione e dalla meccanizzazione dei processi produttivi. Il lavoro digitale è eseguito attraverso strumenti elettronici e sicuramente ridurrà ulteriormente le chance di trovare lavoro. Quindi le sfide future per i diritti dei lavoratori sono grandi e molto difficili, ma quale lavorista sono pronto ad affrontarle. Ringraziamo il professor Alberto Lepore per la sua disponibilità e per averci fatto comprendere, con le sue parole, l’alto senso istituzionale della giornata di oggi Primo Maggio Festa del Lavoro e dei Lavoratori.
A Milano l’arte elegante del pugliese parigino
Palazzo Reale a Milano sta celebrando, per la prima volta, con una mostra monografica, il talento di Giuseppe De Nittis esponendo una novantina dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Leontine De Nittis.
La consacrazione di Giuseppe de Nittis come uno dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo è avvenuta grazie alla fortuna espositiva di cui ha goduto a partire dalla magnifica retrospettiva dedicatagli nel 1914 dalla 11a Biennale di Venezia. Altre tappe fondamentali sono state la mostra ‘Giuseppe De Nittis. La modernité élégante’ allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11, e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova a Palazzo Zabarella.
In ‘De Nittis. Pittore della vita moderna’ si intende esaltare la statura internazionale di un pittore che è stato, insieme a Boldini, il più grande degli italiani a Parigi, dove è riuscito a reggere il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.
I francesi e De Nittis, che si è sempre sentito profondamente parigino di adozione, hanno affrontato gli stessi temi, come il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna che De Nittis ha saputo catturare lungo le strade delle due metropoli da lui frequentate, in quegli anni grandi capitali europee dell’arte: Parigi e Londra. Ha saputo rappresentare con le due metropoli, in una straordinaria pittura en plein air, i luoghi privilegiati della mitologia della modernità, che saranno collocati al centro di un percorso espositivo articolato lungo un arco temporale di vent’anni, dal 1864 al 1884, ricostruendo un’avventura pittorica assolutamente straordinaria, conclusasi prematuramente con la sua scomparsa a soli 38 anni di età. I risultati da lui raggiunti si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con la pittura giapponese allora diventata di moda.La mostra vede infine la collaborazione di METS Percorsi d’Arte, che ha contribuito al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il Kimono color arancio, Piccadilly e la celeberrima Westminster.
Tutto questo è sottolineato dalla mostra e dal ricco catalogo Silvana Editoriale.
Una vita breve ma sufficiente per entrare nella storia dell’arte
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta il 25 febbraio 1846. A pochi mesi dalla sua nascita, il padre si suicidò dopo due anni di carcere per motivi politici e Giuseppe crebbe con i tre fratelli nella casa dei nonni paterni. Fin dall’infanzia manifestò una forte propensione alla pittura e, nonostante il parere contrario della famiglia, si iscrssee nel 1861 all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Insofferente agli schemi accademici, fu espulso due anni dopo ed iniziò a dipingere en plen air con altri artisti, come Federico Rossano e Marco De Gregorio. Nel 1866 partì per Firenze dove prese contatto con il gruppo dei Macchiaoli. Dopo aver visitato Palermo, Roma, Venezia e Torino, nel 1867 si trasferì a Parigi dove due anni dopo sposò Léontine Lucile Gruvelle. Nel 1869 partecipò per la prima volta al Salon con opere molto vicine al gusto parigino. Il soggiorno napoletano del 1870 vide il suo stile arrivare alla maturità e all’indipendenza artistica e il ritorno a Parigi nel 1872 segnò il suo successo con la partecipazione al Salon dell’opera ‘Una strada da Brindisi a Barletta’. Il dipinto ‘Che freddo!’ esposto al Salon nel 1874 rappresentò l’affermazione definitiva dell’artista, che si meritò anche l’appellativo ‘peintre des Parisiennes’ (pittore della parigine). Nello stesso anno partecipò con ben cinque tele alla prima esposizione di quello che sarà il gruppo impressionista tenutosi nello studio del fotografo Nadar. In cerca di nuovi stimoli partì poco dopo per Londra, dove realizzò una serie di opere dedicate alla vita quotidiana della città. Partecipò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 con dodici lavori che polarizzarono l’attenzione sia del pubblico che della critica. Negli ultimi anni si concentrò particolarmente sulla tecnica del disegno a pastello. Colpito da una forte bronchite nel 1883, rimase per mesi bloccato a letto e dipingere diventò sempre più difficile; morì a Saint-Germain-en-Laye (Francia) il 21 agosto del 1884 a causa di un ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise (divisione 11) ed il suo epitaffio fu scritto da Alessandro Dumas figlio. Sua moglie Léontine donò molti suoi quadri alla città natale del pittore, ora conservati nella Pinacoteca De Nittis collocata nel Palazzo della Marra a Barletta.
Informazioni:
Una mostra Comune di Milano – Cultura | Palazzo Reale | CMS.Cultura
A cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti , fino al 30.06.2024
Orario: Da martedì a domenica ore 10:00-19:30, giovedì chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un’ora prima. Lunedì chiuso.
Biglietti
Aperto: € 17,00; Intero: € 15,00;Ridotto: € 13,00; Esclusi i costi di prevendita.
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it mostradenittis.it
Prevenzione e contrasto dei crimini informatici: siglato accordo tra Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea
È stato siglato a Roma l’accordo tra la Polizia di Stato e BCC Banca Iccrea, capogruppo del Gruppo BCC Iccrea, per la prevenzione e il contrasto dei crimini informatici che hanno per oggetto le reti e i sistemi informativi di supporto alle funzioni istituzionali della società.
La convenzione, firmata dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani e da Mauro Pastore, Direttore Generale di BCC Banca Iccrea, è finalizzata a sviluppare una collaborazione strutturata tra le parti, per l’adozione ed il potenziamento di strategie sempre più efficaci in materia di prevenzione e contrasto al cybercrime, considerato il delicato e strategico settore di intervento del Gruppo.
Il Gruppo BCC Iccrea è il maggiore gruppo bancario cooperativo, l’unico gruppo bancario nazionale a capitale interamente italiano e il quarto gruppo bancario in Italia per attivi. BCC Iccrea, in qualità di Capogruppo esercita le attività di direzione, coordinamento e controllo sulle Società del Perimetro di Direzione e Coordinamento e, in tale ambito, supporta l’operatività bancaria delle BCC, fornendo prodotti, servizi e consulenza al fine di soddisfare le esigenze dei loro Soci, clienti, famiglie e territorio di riferimento.
La tutela delle infrastrutture critiche informatizzate di istituzioni e aziende che erogano servizi essenziali è una delle mission specifiche della Polizia Postale, l’articolazione specialistica della Polizia di Stato deputata alla prevenzione e contrasto della criminalità. La Polizia di Stato assicura attraverso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, Organo del Ministero dell’Interno deputato alla sicurezza delle comunicazioni. In particolare, tale compito viene assolto attraverso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) che, con una sala operativa disponibile h24, rappresenta il punto di contatto per la gestione degli eventi critici delle infrastrutture di rilievo nazionale operanti in settori sensibili e di importanza strategica per il Paese.
Alla firma della convenzione erano presenti per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato, Prefetto Renato Cortese, il Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Dott. Ivano Gabrielli mentre per BCC Banca Iccrea erano presenti Renato Alessandroni,
Responsabile Sicurezza e Continuità Operativa, Chief Information Security Officer, Pasquale De Rinaldis, Responsabile Sicurezza delle Informazioni, Giuseppe Cardillo, Head of Architecture & Innovation e Raffaella Nani, Responsabile Comunicazione Istituzionale.