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Coronavirus, autoferrotranvieri e utenti: servono più tutele

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Tempo di lettura 4 minuti I macchinisti del profilo twitter ConduttoreMetroB dicono: “non ci sono state consegnate nè mascherine né guanti”

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Gli italiani “devono abituarsi ad una lunga guerra. Dovremo attendere fino all`estate per tornare a una vita normale”. Parola di Walter Ricciardi, consigliere Oms e consulente del Ministro della Salute per il coronavirus. È pandemia e gli autoferrotranvieri romani – e non solo – tornano sull’Aventino, “c’è paura del contagio”, dicono, “come è normale quando si lavora in un ambiante a rischio”. Gli interrogativi infatti, sono sempre quelli: chi controlla i flussi nei bus e treni urbani e suburbani? Chi vigila sugli accessi nei vagoni e vetture? Certo, con la nuova stretta del Governo, l’utenza è ulteriormente diminuita, ma questo sembra non bastare. E non hanno tutti i torti.

“Sono cambiati i flussi dei passeggeri, già con la chiusura delle scuole: con l’ultimo decreto già oggi la metro pareva di essere ad agosto. Poca gente, molti con le mascherine”. A confermarlo sono i macchinisti del noto profilo twitter ConduttoreMetroB, che aggiungono: “Non c’è chi rischia di più o di meno secondo noi. Il fatto è che bisogna cambiare approccio alla prevenzione. Bisognerebbe chiederci, cosa si può fare per ridurre il contagio per le categorie a rischio?”. Domanda essenziale.

“Chi lavora a contatto col pubblico è più esposto”, spiegano, “così come i colleghi delle ferrovie concesse, che fanno sempre i cambi banco tra la gente. Noi delle metro abbiamo poche occasioni, almeno per la B, di effettuare il cambio banco in banchina, tra i passeggeri, però se dobbiamo escludere una porta ancora, perché malfunzionante, non abbiamo delle indicazioni su come svolgere queste procedure senza rischi”. Cioè? “Per escludere una porta, chiuderla manualmente per capirci, dobbiamo recarsi nel vagone, questo discorso vale per tutti i materiali rotabili”. E le mascherine? “Non ci sono state consegnate per ora, e neanche i guanti, qualcuno col fai da te nel procurarsele. Atac ci ha consegnato un flaconcino di gel igienizzante mani. Speriamo ce ne diano altri anche perché ci vuole poco a finirla”.

Chiusura? riduzione? “Ne stiamo discutendo da giorni”, rispondono, “però c’è di mezzo il concordato. Forse sarebbe auspicabile rimodulare l’orario e terminare prima il servizio, così da indurre le persone a non muoversi. Quello potrebbe essere una idea valida. Poi le corse perse le potremmo recuperare una volta superata l’emergenza. Contingentare i flussi sarebbe un’altra idea, come nei supermercati, per garantire il rispetto della distanza di sicurezza tra gli utenti”.

Quello evidenziato dal profilo collettivo ConduttoreMetroB è un problema che interessa tutta la categoria italiana. “Questa mattina la nostra Segreteria Nazionale, – dichiara Renzo Coppini, Segretario Fast-Confsal Lazio – ha trasmesso una nota alle associazioni datoriali e al Comando Generale dei Carabinieri per sollecitare un intervento urgente sui singoli impianti delle aziende di TPL sul territorio italiano, per verificare il rispetto di tutte le misure di sicurezza ed incolumità personale dei dipendenti e dei passeggeri prescritte dai decreti del Governo, ordinando l’eventuale soppressione di tutti quei servizi che non rispettano tali prescrizioni governative. È l’ultimo preavviso, – prosegue il Segretario – se dovessimo constatare anomalie al riguardo, possiamo invitare gli autisti, macchinisti e capitreno di astenersi dall’effettuare le corse”.

Lapidario il professor Roberto Burioni, nel twitter di qualche ora fa: “Le fabbriche e alcuni uffici non chiudono ma 1) tutti i lavoratori che possono lavorare da casa devono lavorare da casa 2) tutti i lavoratori che non possono lavorare da casa hanno il diritto di lavorare in condizioni di sicurezza”.

Dal personale all’utenza il passo è breve. Fabrizio Bonanni, presidente del Comitato Pendolari RomaNord, estrapola dal gruppo due immagini significative, “la prima scattata il 28 febbraio, in piena crisi, e mostra la calca nella banchina della stazione di Montebello, mentre la seconda è di ieri mattina e palesa la sporcizia su un treno in servizio».

E rincara: “L’emergenza coronavirus si allarga e pensiamo sia già tardi per sanificare e fare prevenzione sulla nostra ferrovia, anche se da settimane chiediamo maggiore presidio e informazione circa l’emergenza che tutti stiamo vivendo sulla nostra pelle. Chiediamo solo di essere ascoltati. I nostri treni sono sporchi dentro e fuori, sono un immondo ricettacolo di batteri e né Atac e né la Regione Lazio sembrano rendersene conto. Inoltre si continuano a sopprimere corse vitali e ormai siamo totalmente tagliati fuori da Sacrofano in su, quando proprio il Premier continua a dire che i trasporti pubblici non devono fermarsi. Tutto questo è scandaloso – conclude – e dura da molti mesi ormai. “Forse si accorgeranno di noi quando saremo tutti infetti a causa delle pessime condizioni in cui ci fanno viaggiare”. Le soppressioni sulla Roma-Viterbo hanno raggiunto livelli impressionanti, solo oggi sono stati cancellati 8 treni extraurbani e 6 urbani. “E mancano ancora quelle del pomeriggio-sera”, sottolinea, infine, Bonanni.

Ieri, mercoledì 11 marzo, un passeggero ha accusato un malore nella stazione metro di Termini – il video dei soccorsi è diventato subito virale nel web – e questo richiamata l’attenzione al problema, oltre a sottolineare l’assoluta vulnerabilità dei luoghi pubblici.

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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