PIAZZA DELLA LOGGIA. UNA CONDANNA FUORI TEMPO MASSIMO

di Silvio Rossi

 

Quando ci fu l’esplosione, che provocò otto morti e più di cento feriti, ero più piccolo della mia figlia minore. L’Italia di quegli anni non aveva quasi nulla in comune con quella odierna. La strage di Piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974, è stato uno dei più feroci atti contro lo stato italiano negli anni di piombo, una bomba piazzata durante una manifestazione antifascista in una piazza piena di persone.
La sentenza di condanna, a carico degli attivisti di Ordine Nuovo Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi, giunge oggi, dopo oltre quarant’anni, un tempo inaccettabile, che non restituisce certamente giustizia a quanti, direttamente o indirettamente, sono stati danneggiati dall’episodio.
Una sentenza che, purtroppo, non rappresenta un’eccezione nelle cause relative agli attentati eversivi di quegli anni. Nel 2005 le vittime di Piazza Fontana sono state condannate a pagare le spese processuali, perché non si è arrivati a condannare nessuno, la strage di Ustica ha avuto le prime condanne quattro anni fa, le vittime dell’Italicus non hanno ancora avuto giustizia.
La proverbiale lentezza della giustizia italiana non basta a giustificare queste tempistiche inaccettabili. Il coinvolgimento di settori deviati dello stato, di Servizi Segreti che, invece di operare per la difesa dei propri cittadini, tramavano contro le istituzioni democratiche, insabbiavano le prove, costruivano prove false, è stato determinante per boicottare tutti i tentativi di giungere a una verità processuale rispondete con la realtà dei fatti.
Parlare nel 2015 della colpevolezza di personaggi che, dagli anni settata a oggi, hanno condotto una vita regolare, esercitato le proprie professioni, hanno potuto godere di protezioni, in Italia e all’Estero, come Battisti in Brasile o Zorzi in Giappone, è un puro esercizio retorico. Vedere condannato l’esecutore o il mandante di una strage che ha rischiato di generare nel nostro paese una guerra civile, quando questi ha superato gli 80 anni, e probabilmente non sconterà la sua pena se non in forme alternative non paragonabili con la sofferenza da loro inflitta a tante persone, non può certo portare consolazione ai familiari delle vittime.