Shenmue I e II tornano in versione remastered su Xbox One, PS4 e Pc

Un piccolo grande sogno per gli amanti della serie targata SEGA è finalmente realtà: Shenmue I e II sono ora disponibili in versione fisica e digitale per Playstation 4 e Xbox One e in versione solo digitale per PC. Con il ritorno di questi appassionati titoli sarà possibile rivivere ancora una volta una storia di vendetta e mistero senza tempo che ha appassionato migliaia di persone in tutto il globo a partire dal lontano 1999 (data di lancio del primo capitolo ndr). Per anni si è atteso invano il terzo capitolo, poi finalmente l’annuncio: a partire dall’Agosto 2019 sarà finalmente disponibile. Quindi nell’attesa che il nuovo titolo della serie sia lanciato SEGA ha deciso di pubblicare questa collection che comprende i primi due titoli della serie. Per coloro che non lo conoscono, in Shenmue si vestono i panni di Ryo Hazuki, il quale, un giorno rientrando a casa dopo il suo allenamento quotidiano assiste alla morte del padre. Il genitore viene ucciso a sangue freddo da un esperto di arti marziali cinese noto come Lan Di, giunto in Giappone per impadronirsi dei sacri e magici specchi del Drago e Fenice. Deciso a vendicarsi Ryo partirà per un lungo viaggio che lo porterà fino in Cina dove farà un’importante scoperta. Non intendiamo rivelare altro riguardo alla trama per evitare di rovinare l’esperienza di gioco a chi si avvicina per la prima volta al brand, ma quello che possiamo assicurare è che a livello di storyline il software SEGA è decisamente di alto livello e merita di essere approfondito. Shenmue è un gioco particolare, un titolo difficile da inquadrare in uno qualsiasi dei generi oggi conosciuti, perchè c’è sia l’azione con le fasi picchiaduro e con i Quick Time Events, c’è una grande componente narrativa che si rivela attraverso l’esplorazione e i dialoghi con le centinaia di NPC che popolano il mondo di gioco, c’è una componente da gioco di ruolo basata sull’apprendimento di nuove mosse da utilizzare nei combattimenti, ci sono sessioni di guida con gare e corse contro il tempo, insomma c’è davvero un po’ di tutto. Nonostante ciò, Shenmue è un gioco lento, alcuni lo potrebbero definire “rilassante”, il che badate bene non coincide con noiso o brutto, tutto sta ai gusti personali. La componente esplorativa, infatti, è alla base dell’infrastruttura di gioco, con i dialoghi, i testi e una bellissima storia da scoprire passo passo, ma le altre fasi elencate vengono proposte ad un ottimo ritmo, studiato per spezzare e soprattutto per dare la sensazione di un gioco vario, tanto che nessuna di queste ha una netta supremazia sulle altre, tolta, ovviamente, la parte iniziale, utile a prendere dimestichezza con i comandi, croce e delizia del gioco originale e forte interrogativo di questa nuova edizione in alta definizione. Fortunatamente il team di sviluppo 3dt, che si è occupato delle operazioni di rimasterizzazione, è riuscito in parte a modernizzare quelli che, ad oggi, risulterebbero dei controlli farraginosi e impacciati, dovuti al controller di una console uscita venti anni fa. La scelta di una telecamera bloccata a 180 gradi frontali rispetto al punto cardine e un’unica leva analogica sul controller del Dreamcast hanno portato AM2 (team di sviluppo originale) a mappare i controlli di Ryo sul d-pad, optando dunque per una sorta di tank control e difficili da rimappare su una leva analogica a causa della telecamera semibloccata. Oggi come allora, infatti, i controlli non risultano immediatamente familiari, e ci vorrà più di qualche minuto per imparare a padroneggiarli al meglio, soprattutto negli spazi chiusi. Il discorso, però, cambia molto nelle fasi di lotta e di guida, che grazie a meccaniche completamente diverse rispetto a quelle dell’esplorazione, risultano migliori rispetto alle originali, soprattutto in precisione e reattività. Le fasi picchiaduro in particolare risultano ancor più godibili rispetto alla prima edizione del titolo, libere della “classica” macchinosità derivante dalla serie Virtua Fitghter, nonostante le meccaniche siano esattamente le stesse del gioco realizzato sempre da Yu Suzuki, con combinazioni di tasi e movimenti per mosse diverse, che si possono imparare lungo il percorso di Ryo nella sua avventura, grazie agli insegnamenti delle persone incontrate o a pergamene da acquistare od ottenere.


Reimmergersi nelle atmosfere del vivo mondo di Shenmue fa ancora il suo squisito effetto a livello di emozioni e colori, ma i controlli, oggi, potrebbero risultare indigesti ai più, e questo rinnovamento apportato dagli sviluppatori potrebbe essere un buon compromesso per chi non ha mai giocato uno dei due giochi della serie creata da Yu Suzuki. Ovviamente va sottolineato che, trattandosi prevalentemente di esplorazione, questa sorta di tank control non inficia sulla godibilità dei giochi, ma può risultare difficilmente digeribile a chi non ha mai avuto a che fare con la serie. A livello di gameplay è bene ricordare che Shenmue è un’avventura che si basa sull’esplorazione in backtracking, che “maschera” il tutto da open world, ma rientra a pieno titolo nel genere dei free roaming, in quanto non ci sono missioni che si susseguono ma permette di seguire la trama principale con modi e tempi dettati dal giocatore. Ci sono eventi che hanno i connotati di missioni secondarie per cui però non si riceve alcuna ricompensa una volta portate a termine, perché la decisione di concluderle o meno arriva dalle emozioni che tali eventi provocano nel giocatore, trattandosi di spaccati di vita di NPC che, volendo, possono essere ignorati. Tutto questo, inoltre, è amalgamato nei modi e nei tempi giusti con altre attività che, proprio per il modo in cui sono inserite nei giochi, risultano complementari e mai banali, con meccaniche di gameplay che non annoiano mai. Per quanto riguarda il comparto estetico il lavoro svolto dal team di sviluppo è veramente apprezzabile: la direzione artistica originale è esaltata sulle console di attuale generazione da un ottimo lavoro in fase di pulizia, rendering, colori, contrasti e illuminazione. I 3dt sono riusciti anche ad applicare un ottimo anti-aliasing che restituisce un quadro generale colorato e molto definito, il massimo che si potesse fare col materiale a disposizione, che nei modelli poligonali rispecchia esattamente l’epoca in cui si è visto per la prima volta Shenmue. Peccato solo per le scene di intermezzo che, a differenza delle fasi di gioco che ora sono in formato 16:9, vengono presentate con due bande nere verticali ai lati per ovviare alla maggiore ampiezza degli schermi odierni rispetto ai televisori 4:3, che era il formato standard all’epoca del Dreamcast. Tirando le somme Shenmue I e II sono dei titoli atipici, oggi come allora, ed è per questo che anche a distanza di quasi 20 anni possono essere considerati titoli “di nicchia”, esattamente come quando uscirono. Possono essere amati od odiati, dipende semplicemente dai gusti personali. Se amate la cultura orientale, se volete una bella storia da scoprire piano piano attraverso dialoghi ed esplorazione con i modi e i tempi giusti, allora Shenmue e Shenmue II sono dei giochi che dovete possedere nonostante i comandi ostici, eredità dei tempi in cui uscirono i titoli originali. Se volete vivere uno spaccato di vita del Giappone e della Cina rurale di fine anni ‘80 e volete essere letteralmente rapiti da una direzione artistica e da una storia appassionante allora l’acquisto è obbligatorio.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 7,5
Sonoro: 7,5
Gameplay: 8
Longevità: 7,5
VOTO FINALE: 7,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Shining Resonance Refrain, la saga JRPG torna finalmente in Occidente

A patto di non essere fan di vecchia data o quei tipi di giocatori che adoravano il genere JRPG d’importazione, è molto difficile che si conosca la saga di Shining, una serie longeva quasi quanto quelle di best seller del genere come Final Fantasy e Dragon Quest. Lanciato da SEGA negli anni ‘90, il franchise era noto anche nel nostro continente, almeno fino a quando il colosso nipponico, nella seconda metà degli anni 2000, decise di confinare la serie nel solo continente asiatico. Dopo ben 14 anni dall’uscita di Shining Soul II per GBA, il publisher ha deciso di riprovarci, lanciando sui mercati occidentali la versione rimasterizzata di Shining Resonance, un action RPG uscito nel 2014 su PlayStation 3. Disponibile adesso su PlayStation 4, Nintendo Switch e per la prima volta anche su Xbox One, Shining Resonance Refrain include non solo i circa 150 DLC distribuiti per l’edizione originale, ma anche una buon numero di accorgimenti tecnici studiati apposta per rendere ancora più unica questa splendida riedizione. La trama di Shining Resonance è un classico dei JRPG e affonda le sue radici in molte leggende del fantasy classico con richiami alla mitologia norrena. Il gioco è ambientato in un mondo fantasy e colorato, dove i draghi governavano l’intera terra di Alfheim e convivevano pacificamente con gli Elfi. Utilizzando le mistiche Canzoni Runiche, questi potevano addirittura entrare in comunione con le possenti creature e sfruttarne gli straordinari poteri. Il meraviglioso regno idilliaco di Alfheim venne però sconvolto da Deus, un essere malvagio e più potente di qualsiasi drago esistito, che dopo aver spaccato in due fazioni la razza elfica provocò una guerra che avrebbe inghiottito il mondo intero e che sarebbe stata ricordata negli annali di storia col nome di Ragnarok. A distanza di mille anni dalla sconfitta di Deus, i draghi risultano ormai estinti, ma la terra di Alfheim continua ad essere attanagliata nella morsa della guerra: il vicino e potente Impero di Lombardia ha già conquistato mezzo continente e si prepara a schiacciare i piccoli regni alleati di Astoria e Wellant. L’unica speranza rimasta alle due nazioni è rappresentata dai Dragneer, i guerrieri che utilizzano in battaglia degli antichi strumenti musicali donati ai mortali dal leggendario Shining Dragon: una creatura che ora giace nel corpo del giovane spadaccino chiamato Yuma. Orfano sin dalla giovane età, il ragazzo in grado di trasformarsi nella bestia mitologica è tuttavia impaurito dalle sue capacità e ha deciso di tenere nascosto il suo segreto, almeno finché una sfortunata serie di eventi non lo costringerà a farne uso e ad evocare la spada Vandelhorn. In seguito a questa premessa non proprio originale e ricca di cliché, il giovane familiarizzerà sempre più coi poteri dello Shining Dragon e deciderà di mettersi al servizio del regno di Astoria, per garantire la libertà ai suoi pacifici abitanti. Grazie alla musica i potenti Dragoneer possono “comunicare” con i draghi e sfruttare il loro potere in battaglia. Ogni protagonista del gioco possiede un’arma chiamata Armonics, che naturalmente ricorda uno strumento. Questa può essere usata/suonato nel corso delle battaglie per ottenere dei bonus temporanei. Non tutti i personaggi che si usano saranno Dragoneer, ma ciò non significa che siano meno importanti o utili in battaglia.

Come da tradizione dei JRPG nipponici è possibile modificare in qualsiasi momento la “formazione”, scegliendo tra i protagonisti sbloccati fino a quel momento. A tal proposito è opportuno fare una precisazione: all’inizio del gioco bisognerà decidere se giocare l’avventura Classica o la versione Refrain. Quest’ultima viene consigliata a chi ha già portato a termine l’avventura. Questo perché la presenza di due nuovi personaggi giocabili, disponibili quasi da subito, potrebbe creare un po’ di confusione. Detto in parole povere, scegliendo da subito la modalità Refrain si verrà a conoscenza di dettagli della trama in modo brusco e apparentemente insensato, con il rischio quindi di perdere importanti dettagli e di compromettere l’esperienza di gioco. A livello di gameplay, il titolo è un action-GdR con combattimenti in tempo reale, un character design molto curato e che gode di una longevità immensa. Ovviamente Shining Resonance Refrain posside un’importante componente “social”, con dialoghi, relazioni da instaurare e persino incontri romantici tra i vari membri del party. Il combat-system è piuttosto basico, soprattutto se si è abituati a JRPG che prediligono scontri più tattici. In sostanza le battaglie sono in stile button mashing senza particolari varianti in cui, anche grazie alla valida IA degli alleati, rimanere uccisi anche nelle battute finali del gioco è piuttosto raro. La barra della stamina infatti si riempie molto velocemente, i poteri curativi dei compagni evitano sempre il peggio e il protagonista Yuma può trasformarsi in un possente drago dagli attacchi devastanti in grado di rompere le difese di qualsiasi nemico. È vero che abusando di questo potere c’è il rischio che Yuma entri in modalità berserk e inizi a prendersela anche con gli alleati, ma questi possono intonare un canto in grado di calmare la furia di Yuma e quindi di riequilibrare le sorti del combattimento. Ovviamente in Shining Resonance Refrain sono presenti anche poteri speciali e abilità da migliorare nel corso del gioco, ma a parte le armi Armonic e le gemme Aspect non aspettatevi comunque nulla di molto profondo, anche perché al passaggio di ogni livello di esperienza non è possibile assegnare punti abilità o migliorare le classiche statistiche tipiche di qualsiasi GdR. Aspetto piacevole di Shining Resonance Refrain è l’importanza dei legami con i vari membri del party, utili non solo per scoprire il background narrativo di quelli che più intrigano il giocatore, ma anche per costruire una sorta di patto-amicizia che, se abbastanza solido, può portare a potenziamenti temporanei in sede di combattimento.

Tecnicamente parlando il gioco non fa mistero di arrivare dalla passata generazione, con un impatto grafico mediamente piatto, ma tendenzialmente solido. Il character design mostra un buon lavoro concettuale e l’utilizzo dei costumi presenti nei DLC rendono migliore il colpo d’occhio, mostrando una definizione maggiore nelle texture rispetto a quelli originali. Di tutt’altro livello la davvero buona colonna sonora visto anche che dopo poche ore di gioco vi sarà chiara l’importanza della musica in Shining Resonance Refrain. E il doppiaggio? Ottimo anch’esso, a patto di scegliere quello nipponico. Da evitare quello inglese, mentre va segnalato con forza la presenza dei testi solo in lingua anglosassone. Niente italiano, scelta che pesa non poco, vista anche l’enorme mole di dialoghi (presenti in game. Se proprio non masticate l’inglese, meglio pensare due volte all’acquisto, in quanto, vista la natura del gioco, essi sono di vitale importanza. Tirando le somme, Shining Resonance Refrain è un JRPG ben studiato, sebbene non all’ultimo grido e gradevole dal punto di vista grafico, un titolo capace di dare spunti interessanti sulla gestione del party e i combattimenti venendo, inoltre, venduto a prezzo se non budget, comunque inferiore alle cifre canoniche, niente male per un pacchetto da 45 ore di gioco circa. Quindi, a patto che si capisca un po’ d’inglese, il software è un ottimo prodotto, capace di tener compagnia durante le calde giornate estive e con la possibilità di rivivere l’avventura una seconda volta grazie alla doppia storia disponibile.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Sonoro: 8
Gameplay: 7,5
Longevità: 8,5
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




Ubisoft torna in pista con The Crew 2

Ubisoft riporta i giocatori a gareggiare su bolidi fiammanti con The Crew 2, sequel dell’innovativo racing game uscito 4 anni fa su Pc, Xbox One, PS4 e che torna anche stavolta sulle medesime piattaforme. In questo sequel l’obiettivo degli sviluppatori è quello di creare un mondo in stile MMO dove i giocatori possono sia competere in maniera cooperativa, sia unirsi in “clan” per sfidare altri piloti in adrenaliniche gare a bordo di bolidi fiammanti in una mappa immensa. In The Crew 2 tutto questo è possibile in quanto viene proposta una riproduzione di ben 1900 miglia quadrate del territorio continentale degli Stati Uniti, compreso delle sue città più famose come Detroit, New York, Los Angeles, Miami, Las Vegas e delle sue zone rurali. Anche se la mappa di gioco è praticamente identica a quella vista nel primo episodio, le differenze sono palpabili durante l’esplorazione, soprattutto dal punto di vista artistico/grafico. Gli sviluppatori di Ivory Tower, infatti, hanno davvero rimesso mano sul comparto tecnico, migliorando il sistema di illuminazione, i riflessi e l’effettistica e introducendo una risoluzione 4K per le console più potenti in circolazione. Il ciclo giorno e notte, il meteo dinamico e un frame rate solido e ancorato ai 30fps esaltano l’open world dell’esperienza, che, almeno visivamente, nonostante qualche pop-up di troppo, riesce a regalare scorci davvero suggestivi, perfetti per spingere al massimo la modalità foto e video editing, completi di diversi setting per tutti i gusti e con la possibilità di riavvolgere il tempo per fotografare il momento perfetto; sfrecciare tra le strade di una città, rimanere incantati da un tramonto nel Grand Canyon, prendere il sole sulle spiagge di Miami, fare il coast to coast o semplicemente girovagare nel Dakota con la frequente e tipica pioggia scrosciante, rende il tutto estremamente emozionante e a tratti ineguagliabile. Tra le novità più succose in game spiccano due tipologie di nuovi veicoli, gli aerei e i motoscafi, innesti volti ad incrementare la varietà generale del gioco, che offrono la possibilità ai giocatori di esibirsi in evoluzioni acrobatiche passando tra un checkpoint e l’altro, opportunamente posti sui tetti dei grattacieli, oppure di muoversi sugli specchi d’acqua che attraversano le zone metropolitane a bordo di modernissime imbarcazioni. Ogni veicolo presente in The Crew 2 ha un sistema di progressione che si rifà a quanto già visto nel titolo originale, anche se qui differisce per il pretesto per gareggiare: non si avrà più a che fare con una trama poco più che abbozzata, semplicemente si verrà catapultati in una sorta di mondo di gare clandestine dove l’obiettivo sarà quello di diventare famosi a suon di followers conquistati attraverso le vittorie. Ovviamente la popolarità si otterrà tagliando per primi il traguardo, inoltre salire sul podio garantirà parti aggiuntive per personalizzare ogni veicolo al fine di renderli maggiormente performanti e appariscenti in gara. Tra le parti aggiuntive spiccano senza dubbio le estetiche come le livree colorate, i cerchioni e gli spoiler, ma sono ovviamente presenti anche tante modifiche che apportano migliorie prestazionali al proprio bolide, includendo velocità, frenata, turbo e così via. Il sistema, va detto, funziona bene e invoglia a sviluppare tutti i veicoli in proprio possesso, e se si desidera collezionarli tutti bisognerà rimboccarsi le maniche in quanto i veicoli presenti in The Crew 2 sono circa duecento.

Ovviamente, essendo il titolo Ubisoft un prodotto destinato a garantire tantissime ore di gioco, il numero e la tipologia di eventi disponibili nella mappa è ulteriormente aumentata, con gare di ogni tipo che includono decine di modalità disponibili, oltre alle sfide che popolano ulteriormente l’area e che di solito consistono nell’eseguire fotografie alla fauna locale, espedienti utili per tentare di colmare un vuoto che altrimenti sarebbe troppo evidente, vista anche la scomparsa degli inseguimenti con la polizia. Infine è bene fare un appunto al gameplay, che si rivela votato all’arcade, forse troppo. Infatti rilasciare l’acceleratore non paga quasi mai, tanto che si percepisce come rischio minore quello di impattare contro gli elementi di contorno delle ambientazioni, anche se il sistema di collisioni lascia parecchio a desiderare: capiterà spesso infatti di riuscire nell’intento di travolgere e sradicare una fermata del bus proseguendo verso il traguardo, ma capiterà anche di schiantarsi contro elementi apparentemente meno resilienti. Per quanto riguarda l’intelligenza dei bot in gara, questa purtroppo non sorprende, infatti per via di un’imprevedibilità troppo bassa, alla fine la vera sfida risulterà essere quella contro il tempo per assicurarsi ulteriori bonus a fine gara. Chiude il quadro un sonoro all’altezza, composto da musiche azzeccate e campionamenti adeguati allo scopo, migliorati ulteriormente rispetto alla discreta base sfoggiata dal prequel. Un’ultima nota, infine, va fatta per l’esperienza online: per la sua natura The Crew 2 impone di essere costantemente connessi alla rete, consentendo così di riuscire a incrociare altri giocatori intenti ad esplorare la vasta ambientazione proposta dal titolo Ubisoft. Al momento ci si può solo confrontare solo in piccole sfide riguardanti i tempi di percorrenza dei tracciati, oppure sulla velocità massima sfoggiata in quel particolare tratto di percorso, in attesa del PvP vero e proprio previsto per il mese di dicembre. Per quanto sia lodevole che il supporto post-lancio sia completamente gratuito (il season pass offre solamente l’accesso anticipato ai veicoli aggiuntivi e poco altro), risulta davvero stravagante che delle componenti fondamentali di ogni racing game (come la modalità competitiva) non siamo presenti dal giorno del lancio ed anzi rappresentino promesse per il futuro. La prima parte del titolo è strutturata come una sorta di campagna, in cui il giocatore è chiamato a visitare quattro punti nevralgici delle competizioni ad alta velocità. Guadagnando follower, popolarità e contanti è possibile sbloccare nuovi mezzi, nuove categorie di gare e nuove attività, in un percorso di crescita che sulle prime sembra ben strutturato.

Il vero problema è che il cammino che porta a diventare una star è davvero troppo breve per riuscire a tenere in piedi la produzione. In circa sette ore di gioco si saranno probabilmente affrontate tutte le competizioni principali, e resteranno le minuscole attività secondarie rappresentate da slalom, opportunità fotografiche, prove di velocità o acrobazie aeree. Quindi è bene mettere in conto che le attività end game, fattore da considerare come seconda parte del titolo, fino all’uscita del PvP in inverno sono veramente poche e poco soddisfacenti. Tirando le somme, si può dire che The Crew 2 inizia la sua corsa verso il successo con un assetto non ottimale. Mancano le modalità competitive, mancano attività secondarie spalmate in maniera uniforme sulla grande mappa di gioco, capaci di trattenere gli utenti sui server anche dopo il completamento della “carriera”. Nei prossimi mesi arriveranno nuove tipologie di veicoli e di gare, assieme al PvP ed alla riscrittura del sistema di loot. Ma per adesso? Ora il gioco si presenta come un arcade leggero, divertente e disimpegnato, senza però particolari guizzi ludici o creativi. Il suo punto di forza è la varietà: di panorami, di veicoli, di situazioni. Ma visto che il concept di base resta quello del primo capitolo, manca l’elemento di originalità a condire il tutto. Intendiamoci, The Crew 2 non è affatto un brutto gioco, diverte ed è bello da vedere, ma per chi si aspetta un racing game in stile MMO, al momento potrebbe restare deluso.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 7,5
Longevità: 7,5
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




Crash Bandicoot N.Sane Trilogy arriva anche su Xbox One, Pc e Switch

Con l’arrivo della Crash Bandicoot N.Sane Trilogy anche su Xbox One, Pc e Nintendo Switch, il “vero” Crash, quello partorito dalla mente dei programmatori californiani di Naughty Dog, ha smesso ufficialmente di essere una personaggio esclusivo delle console Sony. Il titolo infatti raccoglie i primi tre capitoli della saga, rispettivamente Crash Bandicoot, Crash Bandicoot 2: Cortex Strikes Back e Crash Bandicoot 3: Warped, con una nuova veste grafica, più moderna e meno squadrata rispetto al passato, grazie al lavoro svolto da Vicarious Visions, che si è decisamente concentrato su quella, lasciando quasi invariato tutto il resto, con i pro e i contro di vent’anni fa. Quindi, parlando di giocabilità, almeno per quel che riguarda le meccaniche, c’è ben poco da raccontare se non per i livelli Stormy Ascent e Future Tense che rappresentano qualcosa di inedito, ma non di così rivoluzionario. Le modalità in-game rimangono le medesime, così come i nemici, con il Dr. Neo Cortex come cattivone principale e ricorrente. In game, per facilitarsi la vita è meglio usare i tasti direzionali rispetto alle levette analogiche, dal momento che la maggior parte dei salti, e dei movimenti in generale, avviene in maniera bidirezionale (avanti-dietro, destra-sinistra). Altra meccanica ripresa dal titolo uscito un anno fa su ps4 è la possibilità di usare Coco Bandicoot che, soprattutto per il pubblico femminile, potrebbe rappresentare una novità gradita e al contempo dare importanza alla sorella del protagonista, che non è mai stata troppo al centro del franchise. Su Xbox One i caricamenti sono incredibilmente veloci, forse fin troppo: se da una parte ha una connotazione positiva, visto che si ottimizzano i tempi, dall’altra non permette ai giocatori di leggere i suggerimenti che vengono proposti di volta in volta. Per quel che riguardano i tip, non sempre sono fondamentali, ma per un pubblico che si approccia alla trilogia senza mai averla provata prima, forse era il caso di farli apparire qualche secondo in più.

https://www.youtube.com/watch?v=041DBnxBYPI

La versione più interessante, tra quelle rilasciate i primi di luglio è sicuramente quella per Nintendo Switch

Questo perché, come accade con tutti i giochi per la console ibrida giapponese, rende possibile fruire la trilogia in un’inedita modalità portatile. Switch alla mano, Crash Bandicoot N. Sane Trilogy è lo stesso spettacolo visivo di sempre, anche se propone una grafica meno definita e pulita rispetto a tutte le altre versioni per console e PC. In generale, i colori sono più scuri e la visuale è tendenzialmente più sporca per via dell’aliasing, visibile soprattutto in lontananza, e una leggera sfocatura che copre l’immagine. Escluse queste piccole (e forse lecite) differenze, che si notano maggiormente giocando in modalità TV, a livello prestazionale, invece, la N. Sane Trilogy per Switch si presenta nello stesso e identico modo delle altre versioni per console base (PS4 e Xbox One, quindi): il frame rate è ancorato ai 30 fps, mentre la qualità dell’opera di rimasterizzazione di Vicarious Visions resta pregevole e apprezzabilissima sia per qualità che gusto artistico. La condizione generale dell’adattamento viene ammorbidita dalla fruizione sullo splendido schermo di Nintendo Switch, che ho preferito rispetto alla modalità televisiva per due motivi: l’aspetto visivo tendenzialmente più gradevole e la possibilità di giocare in mobilità. La struttura dei livelli, che durano quasi sempre una decina abbondante di minuti, e la spensieratezza del gameplay rendono la N. Sane Trilogy perfetta anche per una partita mordi e fuggi, una situazione pressoché inedita per la maggior parte degli utenti interessati al rifacimento in alta definizione: ci sono stati, in passato, dei capitoli portatili di Crash, ma, escludendo l’emulazione su PSP e PS Vita, questo è l’unico modo per fruire i capitoli principali della saga in movimento.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, su Xbox One normale ed S la trilogia si comporta esattamente come visto e apprezzato un anno fa su PlayStation 4. I 1080p e i 30fps vengono raggiunti senza troppi problemi e, in generale, la grafica è davvero molto piacevole, però la cosa cambia nettamente su Xbox One X, dove si ha letteralmente la sensazione di essere di fronte a un’immagine più pulita e definita, addirittura più di quella che caratterizza da un anno la versione per PlayStation 4 Pro. Ovviamente la versione PC di Crash Bandicoot N. Sane Trilogy è, a ben vedere, il massimo dal punto di vista visivo, però se non si dispone di un pad, il gioco perde molto a livello di feeling, specialmente se si è degli amanti della saga che hanno avuto il piacere di giocare alle versioni originali di 20 anni fa. E’ bene dedicare qualche riga anche ai livelli bonus, Stormy Ascent, già disponibile da luglio scorso su PS4, e Future Tense, arrivato anche su console Sony proprio in concomitanza con il lancio della trilogia su PC, Xbox One e Nintendo Switch. Entrambi gli stage offrono un level design che innalza la difficoltà in maniera esponenziale e che farà davvero dannare i giocatori con salti al millimetro, piattaforme instabili e checkpoint distribuiti col contagocce. Stormy Ascent è un livello ostico pensato in origine da Naughty Dog, Future Tense è invece una trovata totalmente inedita realizzata da Vicarious Visions, che si è ispirata proprio al castello tempestoso del primo contenuto aggiuntivo per proporre la sua personalissima visione per un livello difficile di Crash. Tirando le somme, se vi state chiedendo se vale la pena di acquistare questa Crash Bandicoot N.Sane Trilogy, la nostra risposta è assolutamente sì, infatti qualora voleste rivivere o vogliate scoprire i fasti dell’eroe che ha accompagnato un po’ tutti i gamers dall’era analogica a quella digitale, basterà acquistare il titolo al prezzo di 40 euro e prepararsi a vivere ore ed ore di folle divertimento in salsa old style. Una vera chicca per tutti, un tesoro imperdibile per chi è cresciuto con i videogame del brand.

Francesco Pellegrino Lise




Microsoft, piccolo, economico e al passo coi tempi: benvenuto al tablet Surface Go

Microsoft ha annunciato il nuovo Surface Go, il tablet-laptop 2:1 più piccolo, leggero e conveniente della famiglia che coniuga la mobilità di una tavoletta con le prestazioni di un computer portatile. Il nuovo Surface Go racchiude il massimo della performance in un 10’’ di soli 8,3 mm di spessore e 522 grammi. A partire da un prezzo suggerito di 459 euro, Surface Go rappresenta il nuovo entry point della famiglia Surface, mantenendo le massime prestazioni che la caratterizzano. Il dispositivo integra un PixelSense Display personalizzato e ad alta risoluzione con un rapporto 3:2. La nuova Signature Type Cover, specificatamente progettata per questo incredibile device, e il supporto a Surface Pen, con 4.096 livelli di sensibilità alla pressione, garantiscono la migliore esperienza di digitazione, scrittura e disegno. Inoltre, Surface Go integra tutte le porte necessarie, come Surface Connect, USB-C 3.1, un jack per le cuffie e un MicroSD card reader, e prevede l’utilizzo del Mobile Mouse. Surface Go offre la migliore combinazione di performance e versatilità, design e funzionalità, per rispondere a uno stile di vita sempre più dinamico. Grazie al processore Gold Intel Pentium 4415Y di settima generazione che offre fino a 9 ore di autonomia, e alla possibilità di utilizzare le app del pacchetto Office, gli utenti potranno godere della massima produttività ovunque si trovino, a casa, in ufficio o a scuola, e persino lungo il tragitto. Ricordiamo che il nuovo Surface Go si può prenotare dal 10 luglio, anche in Italia e sarà disponibile in due configurazioni: quella da 4GB di Ram e 64 GB di memoria e la seconda da 8GB di Ram e 128 GB di stoccaggio. Per quanto riguarda i prezzi, la prima variante avrà un costo pari a 459,99 euro mentre il costo del modello più performante sarà di 619,99 euro. Surface Go sarà disponibile a partire dal 27 agosto.

Francesco Pellegrino Lise




Tutti supereroi con il videogame LEGO Gli Incredibili

Warner Bros. Interactive Entertainment, TT Games, The LEGO Group e Disney e Pixar hanno finalmente lanciato LEGO Gli Incredibili, un nuovo videogioco in cui i giocatori potranno vivere le emozionanti avventure dell’iconica famiglia dotata di superpoteri in sequenze d’azione mozzafiato tratte da entrambi i film (la seconda pellicola sarà nei cinema dal 19 settembre ndr.). I fan scopriranno tutte le straordinarie abilità di cui è dotata la famiglia Parr, e col lavoro di squadra impareranno a combinarle per creare superpoteri unici con cui aiutare i leggendari eroi ad affrontare il crimine in un vibrante mondo fatto di mattoncini e ricco di divertimento ed emozioni. LEGO Gli Incredibili è disponibile per Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One, e PC. A differenza della maggior parte dei titoli targati LEGO, Gli Incredibili proietta i giocatori all’interno di una storia che non si conosce e non si limita ad affrontare le vicende narrative del film Gli Incredibili 2, ma ritorna sulle orme del titolo originale nella seconda metà del gioco. La formula adottata da TT Gmes resta ancora una volta invariata e, sebbene qualche minuzia meccanica permette di distinguere Lego Gli Incredibili dagli altri titoli basati sull’universo dei mattoncini, l’esperienza di gioco finale resta pressoché invariata. Laddove titoli come Lego Batman o Lego Marvel’s Avengers compensano la disarmante semplicità del titolo con una varietà impressionante nel numero dei personaggi e del carico narrativo che questi portano all’interno delle storie e mini-storie presenti all’interno del mondo di gioco, Lego Gli Incredibili scopre il fianco a causa della monotonia del roster di personaggi proposti che, oltre ad essere inferiore rispetto agli altri titoli LEGO ( Soltanto 113 ), questi non rappresentano un’attrattiva sufficiente soprattutto al di fuori della cerchia della famiglia Parr. Nessuno, per esempio, ha interesse nel selezionare lo scagnozzo di turno per sperimentarne i poteri e la scarsità di alternative proposte all’interno del titolo va a braccetto con una longevità decisamente inferiore alla media dei titoli

Gli Incredibili non rappresenta dunque la migliore espressione videoludica offerta da TT Games, il titolo riesce infatti a raccontare le storie di ben due film ma la durata complessiva delle missioni principali, un totale di 12, 6 per film, non supererà le 7 ore massime. A tradire la natura semplicistica del titolo troviamo infatti un sistema di combattimento ancora incagliato nei suoi problemi di collisioni che si arrende ad un livello di sfida praticamente inesistente il tutto accompagnato da una gestione della telecamera e della prospettiva molto spesso fastidiosa. Anche il gameplay del titolo non è proprio il massimo. Durante l’intera narrazione ci si troverà molto spesso a ripetere ciclicamente le stesse azioni, livello dopo livello. Sconfiggere nemici, risolvere qualche enigma ambientale molto semplice e costruire il mezzo con cui sconfiggere il boss di turno o l’aggeggio utile a salvare la situazione. Giusto per essere onesti, alcuni enigmi sono ben realizzati e qualche battaglia con i boss è divertente da completare, però ripensando ad altri titoli della serie LEGO, come ad esempio LEGO Star Wars: Il risveglio della Forza, il ritmo della narrazione e la varietà delle azioni da svolgere sono nettamente inferiori. Terminato il capitolo iniziale, il gioco lascia i giocatori liberi di esplorare il grande HUB centrale, la città “Municiberg”, forse la parte meglio riuscita dell’intera produzione. Attraverso questa vasta area completamente esplorabile si avrà libero accesso a numerosissime missioni secondarie e a tantissimi collezionabili. Qui, oltre al poter rigiocare tutti i capitoli della trama in “Modalità libera” dando la possibilità di utilizzare tutti i personaggi sbloccati, si potranno anche affrontare le “Ondate di criminalità”, ossia delle missioni secondarie più complesse, basate su più cittadini da salvare, in cui sarà necessario liberare i diversi quartieri della città dai malvagi di turno.

Fortunatamente la presenza di tanti personaggi presi da altre serie Disney Pixar come Dory di “Alla ricerca di Nemo” o di Russell di “UP” faranno la gioi degli appassionati, inoltre, altra nota positiva, l‘intero titolo è completamente giocabile in cooperativa a schermo condiviso, quindi due amici nella stessa stanza potranno lottare fianco a fianco come dei veri compagni supereroi. Tecnicamente parlando, LEGO: Gli Incredibili resta fedele a tutta la serie di giochi targati LEGO. Per le ambientazioni TT Games regala un mondo incredibilmente bello da vedere, tutto fatto a cubetti e pieno di colori. Sfortunatamente la totale assenza di cali di frame rate non riesce a distogliere l’attenzione dalla corposa dose di pop up che su tutte le piattaforme si nota. Pollice verso anche per quanto riguarda i caricamenti, soprattutto all’inizio e al termine di ogni missione, con picchi nel loading dell’HUB principale che a volte è veramente estenuante. Per quanto riguarda l’audio, il doppiaggio, completamente in italiano, è stato realizzato da quasi tutti i doppiatori del film, ma volendosi incaponire, si avverte un leggero problema di sincro del movimento delle “labbra” con l’audio; molto spesso, soprattutto nei video, potrà capitare di vedere il personaggio muovere la bocca senza emettere alcun suono. Le musiche sono orecchiabili e riprese dal film, nonostante si riducano ad un loop infinito durante l’esplorazione. Tirando le somme, questo LEGO Gli incredibili è un titolo che non riesce a lasciare a bocca aperta, ma possiede anche qualche punto di forza. Se si considera poi che il gioco è un prodotto diretto a un target di gamers giovanissimo, tanti dei difetti sopra elencati non si noteranno e quindi, se visto in questa ottica, il prodotto potrebbe fare la gioia dei più piccini.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 7
Sonoro: 8
Gameplay: 7,5
Longevità: 7,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Super Bomberman R, il ritorno di un grande classico

A dieci anni di distanza dall’ultimo capitolo del titolo Konami, Super Bomberman R porta gli iconici omini che piazzano bombe sulle nuove piattaforme di gioco. Il titolo nato da principio come esclusiva per Nintendo Switch è arrivato recentemente anche su Xbox One, PS4 e Pc per la gioia di tutti gli appassionati della serie. Il videogame rappresenta la promessa di un meraviglioso viaggio nella memoria, all’epoca in cui Bomberman era sinonimo di frenetiche battaglie multigiocatore, seguite da convulse risate e sfottò a valanga. Super Bomberman R è caratterizzato da diverse modalità di gioco. La campagna singolo giocatore rappresenta un valore aggiunto in grado di intrattenere il giocatore anche in assenza di compagnia. Ovviamente è bene specificare che acquistare questo titolo con il solo intento di godersi la campagna singolo giocatore sarebbe uno spreco di soldi, non tanto per la qualità della stessa, quanto più perché Bomberman in generale è collocabile nel genere dei party game per antonomasia. Detto ciò, la campagna vedrà i giocatori contrapposti nei panni di uno dei classici Bomberman buoni contro cinque Bomberman malvagi capitanati dal perfido Imperatore Buggler. Ciò significa che nei vari mondi di gioco bisognerà affrontare un certo numero di livelli contro mostri “classici” per poi affrontare i boss di fine livello, i Bomberman malvagi appunto. I combattimenti contro i boss si compongono di due parti: una prima fase che consiste nell’affrontare un avversario simile ad un Bomberman, dotato di poteri particolari, ed una seconda fase in cui sarà necessario affrontare una enorme versione potenziata dello stesso avversario in campo aperto. Le missioni offrono alcuni spunti davvero interessanti, purtroppo ripresi solo in parte negli otto livelli a disposizione per le battaglie multigiocatore. La campagna di Super Bomberman R, nonostante qualche missione leggermente più difficile che potrebbe risultare più ostica del normale, fila liscia nel giro di qualche ora. È anche possibile giocare a fianco di un amico grazie alla modalità co-op. Le scene di intermezzo sono coloratissime e caratterizzate da un’animazione piacevole e di buona fattura. Il tutto inoltre è doppiato in lingua inglese a livello professionale che seppur non farà impazzire i più piccoli, dona al videogame di Konami un valore aggiunto.

Come vi dicevamo, il piatto ricco del titolo arriva quando si ha a che fare con il multiplayer, proprio a tal proposito sono presenti ben tre modalità di gioco per quanto riguarda la così detta “Modalità Battaglia”: Battaglia Multigiocatore: per 4 o 8 giocatori, Battaglia in locale: fino a 4 giocatori, Battaglia online: come suggerisce il nome, si tratta di battaglie online che a loro volta si suddividono in altre due sottocategorie, ossia: Battaglia di lega: battaglie per 4 giocatori che ci permettono di scalare le classifiche mondiali, guadagnare PB e sbloccare oggetti estetici e Battaglia libera che permette di creare stanze di gioco e unirsi ai propri amici o partecipare a una Partita Rapida. Graficamente parlando nonostante la visuale isometrica, la precisione dei titoli 2D è comunque altra cosa, l’esperienza di gioco è ugualmente divertentissima, non ci si rende conto di quanto sia assuefacente la formula di gioco fin quando non la si prova, ed è questo un messaggio per coloro che magari non avessero mai avuto modo di mettere le mani su un capitolo della serie, cosa non impossibile, visto l’oblio nel quale era stata confinata degli anni recenti; tutti gli altri sanno benissimo di cosa stiamo parlando, di intensissimi scontri, tra strategia, temerarietà ed errori, scontri che susciteranno sempre ilarità, risolvendosi in grandi esplosioni. Peccato che battagliare online sia un po’ problematico, sia nel cercare sfidanti, sia negli scontri, nei quali il lag si fa sentire, ma da quello che possiamo apprendere Konami è già al lavoro su una patch risolutiva. Esteticamente Super Bomberman R è una vera gioia per gli occhi, sfondi e personaggi sono tutti coloratissimi e le arene di gioco per quanto semplici sono sempre molto gradevoli da vedere e giocare. Tirando le somme, con questo ritorno al passato Konami ha voluto regalare ai nuovi giocatori la possibilità di godere di un titolo evergreen e soprattutto ha donato ai gamers più attempati la possibilità di rivivere le emozioni di un vero pilastro della storia dei videogames. Se si ha la possibilità di giocare in compagnia o di giocare in multiplayer online Super Bomberman R è una vera “esplosione” di divertimento. Provare per credere.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Sonoro: 8
Gameplay: 8,5
Longevità: 8
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




Tennis World Tour arriva su Pc e console

Bigben Interactive e Breakpoint lanciano su Pc, Ps4, Switch e Xbox One, Tennis World Tour, nuovo videogioco dedicato ad una delle discipline sportive più amate e praticate nel mondo. Sfortunatamente il titolo non è riuscito nell’impresa di attestarsi come uno dei migliori videogame di questo settore e adesso vi spiegheremo il perché. Lo scopo di Tennis World Tour voleva essere quello di fornire un’esperienza tennistica autentica e come mai vista prima d’ora, figlia soprattutto di un motion capture intensivo e di grande qualità. Sarebbe stata buona cosa trovarsi dinanzi a una diversificazione delle animazioni per ciascuno dei trenta professionisti riprodotti, o quantomeno un sistema di gestione delle stesse più avanzato, capace di rendere i movimenti fluidi e naturali. Invece nel titolo non esiste nulla di tutto ciò: le animazioni sono a volte imprecise e spesso mal collegate tra loro. Poco realistico e da far storcere il naso anche l’approssimativo sistema di collisioni, che a discapito di tutte le patch e le migliorie giunte in questi giorni continua a mostrare momenti di raro imbarazzo a base di palline che cambiano traiettoria a più di un metro di distanza dalla racchetta come se fossero schegge impazzite. Purtroppo il peggio però deve ancora arrivare, infatti se le imperfezioni grafiche possono dare fastidio, assolutamente insopportabile è l’atteggiamento degli avversari guidati dall’intelligenza artificiale. Questi tennisti infatti sembrano essere poco combattivi e spesso e volentieri rinunciatari, infatti, più di una volta capiterà di andare a segno con dei colpi assolutamente prevedibili e recuperabili dal proprio avversario virtuale. Questa problematica è senza dubbio figlia dalla fretta con cui il team di sviluppo ha dovuto implementare il sistema di selezione del livello di difficoltà. Fino a pochi giorni fa, tra l’altro, poteva succedere che l’avversario diventasse per qualche break una sorta di manichino inattivo senza motivo salvo poi riprendersi e trasformarsi improvvisamente in una sorta di macchina da guerra capace di annientare il giocatore in quattro e quattr’otto pochi minuti più tardi. Sebbene sul versante tecnico Tennis World Tour sembra reggersi in piedi per scommessa, il team di sviluppo ha comunque dimostrato di poter dire la sua, confezionando una modalità carriera inaspettatamente complessa e ricca di dettagli, unico vero elemento di spicco di una produzione altrimenti tutt’altro che brillante. Buona parte degli sforzi produttivi profusi dagli sviluppatori sono stati riversati nella creazione di un editor dei personaggi che fosse almeno sufficiente, di un notevole parco attrezzature che andasse a coprire tutte le necessità di ogni appassionato di tennis e, soprattutto, di una sistema di crescita del personaggio che, pur senza apportare chissà quali innovazioni al genere di riferimento, risultasse tutto sommato ben studiato e ricco di opportunità. Lo scopo di chi gioca sarà sarà fondamentalmente quello di scalare le classifiche e arrivare infine ai primi posti del ranking mondiale, sconfiggendo partita dopo partita tutti gli avversari. Facendolo sarà possibile salire di livello e potenziare quattro statistiche diverse del personaggio, comprare nuovo equipaggiamento grazie alla valuta di gioco, oppure ottenere delle particolari “carte abilità” in grado di modificare le caratteristiche del proprio tennista. Questa modalità, al netto di qualche piccola falla, è l’unica in grado di sostenere il gioco. Dal punto di vista del sonoro gli effetti sono generalmente buoni e fedeli alla realtà, peccato per il commento in game che risulta a volte estremamente ridicolo e fatto veramente male. Alcune frasi del telecronista riescono addirittura anche a far ridere per quanto risultano essere forzate e fuori luogo.

A livello di giocabilità, una volta preso il pad in mano, Tennis World Tour riesce fortunatamente, nonostante le numerose pecche elencate, a risultare piacevole. Andando oltre al primo impatto si riesce a intravedere qualche spunto interessante. Però è davvero impossibile girarci intorno: Tennis World Tour non è, e probabilmente non sarà mai, un prodotto capace di rendere pienamente felici i veri appassionati di tennis e coloro che cercano un titolo simulativo. Il gameplay di base resta infatti semplificato, a tratti persino elementare, e comunque lontano rispetto a quello delle grandi simulazioni tennistiche che erano presenti sul mercato una decina di anni fa. Come rapidamente spiegato anche nelle sessioni di allenamento, accessibili dall’apposita voce del menu principale, ogni tipologia di colpo a disposizione sarà mappata su uno dei tasti frontali del pad, con la possibilità di caricare a piacimento il tiro attraverso la pressione prolungata di uno dei tasti. Una scelta sensata e lineare, molto più di quella con cui è stato scelto di far direzionare la palla attraverso lo stick analogico sinistro, lo stesso con cui è necessario muovere il personaggio. Dopo un po’ di pratica, però, complice anche la possibilità di caricare il colpo in anticipo e mantenere la carica attiva fino a quando non si è vicini alla palla, ci si fa l’abitudine. Generalmente per abituarsi al gameplay di Tennis World Tour bastano un paio di partite e proprio questa semplicità rende la produzione un titolo fruibile da tutti, anche chi non conosce le basi di questo sport. Tirando le somme, questo Tennis World Tour, nonostante non sia un titolo realistico e nonostante non sia esente da difetti rilevanti, in linea di massima riesce a divertire, anche se gli appassionati di tennis e quei giocatori che cercano un titolo simulativo resteranno con l’amaro in bocca. A nostro avviso quindi il titolo di Bigben Interactive e Breakpoint dovrebbe essere acquistato solo da chi adora il tennis in maniera smodata o da chi cerca un titolo sportivo senza troppe pretese.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 5,5
Sonoro: 5
Gameplay: 6
Longevità: 5
VOTO FINALE: 5

 

Francesco Pellegrino Lise




Street Fighter 30th Anniversary Collection, una raccolta per veri intenditori

Era il lontano 1987 quando il primo Street Fighter fece la sua comparsa nelle sale giochi. A poco a poco il titolo divenne un vero fenomeno di culto che generò negli anni successivi tutta una serie di sequel, spin-off e cross over con altri giochi di lotta rafforzando sempre di più il brand e incidendo a colpi di successo il nome Street Fighter nell’Olimpo del gaming. La vera popolarità la serie l’acquisì però con Street Fighter II: The World Warrior, il picchiaduro 2D in grado di riscrivere le regole del genere come pochi titoli nella storia dei beat ‘em up a incontri. Cos’è che ha reso la saga di Ryu, Ken, e company così memorabile? Cosa ha spinto milioni di fan per ben trenta lunghissimi anni a combattere a colpi di Hadouken, Sonic Boom, Tiger Uppercut e tutte le altre mosse iconiche del titolo di Capcom? A tentare di dare una risposta definitiva ci pensa proprio la Street Fighter 30th Anniversary Collection, ultima compilation dedicata alla serie, che rappresenta di fatto una vera e propria antologia che racchiude i primi tre capitoli ufficiali in ogni loro variante, per un totale di ben 12 titoli differenti. Nello specifico la collezione contiene: Street Fighter (1987); Street Fighter II: The World Warrior (1991), con tutte le sue evoluzioni: Champion Edition (1992), Turbo: Hyper Fighting (1992), Super (1993) e Super Turbo (1994); i tre titoli della serie Alpha: Street Fighter Alpha (1995), Alpha 2 (1996) e Alpha 3 (1998); infine sono presenti le tre incarnazioni di Street Fighter III: New Generation (1997), 2nd Impact (1997) e 3rd Strike (1999). Il grande valore di questa raccolta risiede nel fatto che giocando ai titoli a disposizione ben presto ci si rende conto di tutte le evoluzioni compiute nel corso degli anni sul piano stilistico e su quello del gameplay, ma i veri puristi della saga siamo assolutamente certi potranno passare moltissimo tempo combattendo nelle evoluzioni del secondo capitolo, vero cuore pulsante della Collection targata Capcom. Le simulazioni delle edizioni arcade sono impeccabili e mantengono più o meno le stesse modalità dei titoli come erano in sala giochi, aggiungendo tuttavia la possibilità di una partita in locale e soprattutto la modalità online. Quest’ultima non è disponibile per tutti e dodici i videogames, ma solo per Street Fighter II: Hyper Fighting, Super Street Fighter II: Turbo, Street Fighter Alpha 3 e Street Fighter III: 3rd Strike.

Oltre alle classiche partite Classificate e Casual, la funzionalità online prevede la possibilità per quattro giocatori di entrare in una lobby, dove due di questi, in attesa del loro incontro, potranno assistere al duello degli altri due. Oltre a racchiudere i principali giochi della serie, esclusi ovviamente i recenti Street Fighter IV e V, questa collection offre svariate modalità grafiche per fruire i titoli al meglio. Tutta la sfilza di mosse tipiche delle produzioni di Capcom si possono apprezzare in modalità 4:3, come nei titoli originali, o in 16:9. Se si fruisce dell’immagine in 4:3 si può scegliere se attivare i contorni grafici o se si preferisce avere i bordi neri. I filtri grafici, che simulano i pixel del tubo catodico o dello schermo del cabinato, sono disattivabili, garantendo la sensazione di assoluta libertà di fruizione. Assieme alla possibilità di giocare online, probabilmente la parte migliore di questa Street Fighter 30th Anniversary Collection risiede nel fatto che è possibile ripercorrere alcuni dei momenti storici più importanti della serie grazie alla sezione Museo, la quale comprende una linea temporale interattiva che narra gli eventi che hanno portato il brand ad essere uno dei titoli di punta della scena picchiaduro mondiale. Inoltre in questa modalità si può ripercorrere la storia dei protagonisti, grazie all’inclusione delle intere biografie dei personaggi e si può ascoltare la colonna sonora di tutti e dodici i titoli, pezzo per pezzo. Tirando le somme, questa Street Fighter 30th Anniversary Collection rappresenta a tutti gli effetti una raccolta imperdibile per chiunque abbia almeno fatto una partita a uno dei titoli del colosso nipponico del gaming nel corso della propria vita. Però la vera forza della raccolta risiede anche nel fatto che i nuovi appassionati di videogames potranno scoprire dei veri e propri pezzi di storia, titoli che nonostante gli anni sulle loro spalle riescono sempre a divertire come il primo giorno e che sembrano non aver accusato per nulla i segni del tempo. Se a tutto questo ben di Dio si aggiunge anche il fatto che la Street Fighter 30th Anniversary Collection viene venduta a un prezzo ridotto rispetto gli standard sia su Pc che su Xbox One, Ps4 e Switch, non possedere questa raccolta sarebbe veramente un errore imperdonabile.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 9
Longevità: 9,5
VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise




Dark Souls Remastered, il capolavoro originale di Miyazaki torna in grande stile

Quando si vuole intraprendere un’opera di riedizione di un titolo che è diventato un’icona del gaming, come Dark Souls di From Software, vista l’entità dell’intervento che si vuole compiere, i rischi sono elevatissimi. Cambiare anche il più piccolo particolare in un titolo basato sull’attenzione per il dettaglio e su un simbolismo così ben strutturato può in un sol colpo demolire l’impianto originale e attirare le ire di una delle community più prolifiche e intransigenti del web. Per questo, quando From Software annunciò il ritorno del proprio capolavoro sull’attuale generazione di console, i timori dei fan più accaniti iniziarono a moltiplicarsi vistosamente. Ora che Dark Souls Remastered è finalmente realtà, possiamo dire che l’opera di Miyazaki è riuscita a resistere agli strali del tempo, segno che quando alla base di un titolo c’è un ottimo lavoro il prodotto finale è destinato a resistere. Tutto ciò che era presente nel capolavoro originale è fortunatamente ancora intatto e, nonostante il passare del tempo, l’atmosfera silenziosa, oscura e ansiogena riesce ad avere lo stesso meraviglioso effetto di sempre su chi si trova dinanzi lo schermo. È evidente fin da subito che gli sviluppatori di Virtuos, lo studio asiatico che si è occupato del porting in collaborazione con Bandai Namco, si siano concentrati unicamente sull’adattamento estetico di tutta l’esperienza. Prima ancora di iniziare a vagare per le prigioni dei non-morti ci si accorge che anche i testi e le illustrazioni hanno ora una definizione ben maggiore di quella originale, sgranata e offuscata. La risoluzione è infatti la prima protagonista del miglioramento estetico generale e moltiplica esponenzialmente la quantità di pixel a schermo. Basti pensare che viene addirittura quadruplicata su PlayStation 4 Pro, Xbox One X e PC, dove si raggiungono i 4K senza troppe difficoltà. Lo stesso trattamento è stato riservato anche per le texture, finalmente limpide nel rivestire e rappresentare armature, armi ed incantesimi, rendendo il tutto decisamente più ricco di dettagli. In un gioco che narra la sua storia anche tramite le fattezze di un oggetto o il disegno su uno scudo, questo lavoro acquisisce ancora più importanza. Tramite risoluzione e texture migliorate la definizione grafica di tutto il titolo raggiunge livelli di precisione così alta da emozionare chi ha trascorso centinaia di ore sul titolo originale. Nel particolare sono due i miglioramenti che rappresentano le novità più interessanti di Dark Souls Remastered. L’illuminazione avanzata permette finalmente alle fonti luminose di influire sull’aspetto delle texture e mostra la proiezione di ombre dinamiche molto più al passo coi tempi. Alcuni piccoli effetti grafici, come gli sprite delle anime e alcune sorgenti di luce, sono poi stati completamente tirati a nuovo. Dove però si vede il vero salto in avanti rispetto al passato è nella fluidità dell’azione di gioco, infatti, il framerate è saldamente ancorato sui sessanta frame per secondo, anche nelle. situazioni più concitate e pesanti sul motore di gioco. Per quanto riguarda la giocabilità, niente è stato cambiato e persino la risposta dei comandi è la stessa di un tempo. Il regno di Lordran svetta ancora una volta in tutta la sua maestosità, e si offre tale e quale a come era in passato.

Tutto ciò che avviene in Dark Souls non è finalizzato a causare la morte di chi gioca, ma ad indicare quali sono gli inciampi da non ripetere in futuro. Si tratta di un modo d’intendere il gaming molto comune oggi, ma che nel 2011 era in una fase di scoperta, oppure di “riscoperta” per coloro che provenivano dalla vecchia scuola a 8 e 16 bit. Si muore, si perdono tutte le anime accumulate in quella sessione e si lotta con tutte le proprie forze per non crollare nuovamente prima di aver raggiunto la zona del trapasso. L’incedere della produzione di From Software è grosso modo questo dall’inizio alla fine, intervallato dal tiepido sollievo di quei falò che simboleggiano l’oscurità verso cui sta precipitando il regno. A conti fatti, Dark Souls Remastered continua oggettivamente ad avere una sua attualità, anche al netto di due sequel che ne hanno ampliato non poco le caratteristiche e i contenuti. Chi avrà modo di avvicinarsi al primo episodio dopo aver già provato i suddetti eredi potrebbe trovarsi tra le mani un titolo più lento e macchinoso, al quale mancheranno alcune finezze introdotte solo successivamente. L’assenza iniziale del teletrasporto tra falò, un sistema di crafting eccessivamente intricato, il limite a 2 anelli, così come anche l’impossibilità di effettuare un respec: il lavoro di From Software è rimasto quell’originale diamante grezzo, dotato sì di un proprio equilibrio, ma anche piuttosto rigido se paragonato ai suoi successori. L’unico approccio possibile con una simile produzione è lo stesso che era richiesto nel 2011, pretendendo tanta umiltà, ma anche moltissima pazienza, nel tentativo di padroneggiare un gameplay molto ragionato e non sempre immediato. Se la componente visiva rappresenta sicuramente il principale fattore di novità per coloro che vorranno avvicinarsi a Dark Souls Remastered, non bisogna però tralasciare le diffuse innovazioni che ha subìto il gameplay, soprattutto per quanto riguarda il reparto online. Il titolo può infatti ora contare su server dedicati che vanno a soppiantare il vecchio e fastidioso sistema basato sul peer to peer, complice di tante situazioni surreali dovute alla discontinuità nella trasmissione dei dati tra giocatori. Una nuova base da cui partire per ricostruire un mondo fatto di segni d’evocazione, aiuti e macchie di sangue, ripopolando quello che negli ultimi anni era veramente diventato un regno abbandonato a se stesso. È lodevole inoltre notare come il team di sviluppo abbia provveduto ad inserire altri piacevoli cambiamenti al comparto multiplayer di Dark Souls, come ad esempio la possibilità di evocare direttamente un amico grazie allo stesso sistema di password già visto nel terzo capitolo. Un’introduzione che in parte snatura il senso di abbandono e di casualità che i giocatori del 2011 ricorderanno molto bene, ma che allo stesso tempo consente di godere appieno della possibilità di affrontare in cooperativa le infinite sfide delle terre dei Lord.

È stato aumentato anche il numero di invasioni possibili: un membro ospitante, tre aiutanti e due giocatori ostili, per un totale di sei non morti che possono scontrarsi contemporaneamente nello stesso match. Un’eventualità che è stata estesa anche alla modalità Arena, che ora offre anche battaglie 3v3 e un deathmatch tra 6 giocatori. Tirando le somme, presa per quello che è, questa edizione raggiunge in pieno il suo obiettivo: permettere di giocare il primo Dark Souls nella sua veste migliore. Certo, in alcuni casi il peso degli anni si fa sentire e l’aspetto spoglio, seppur definito delle ambientazioni, avrebbe forse meritato un trattamento ulteriore, ma fortunatamente nulla di tutto questo fa gridare allo scandalo o pregiudica la giocabilità del titolo. Dark Souls Remastered, insomma, è la giusta occasione per recuperare un capolavoro del recente passato se non avete avuto il piacere di giocarlo nel 2011, oppure di avventurarsi nelle terre delle anime oscure tra le storie di draghi e giganti ancora una volta ma con una veste grafica migliorata, un comparto multiplayer assolutamente di tutto rispetto e una fluidità che rende l’esperienza assolutamente incredibile. Il prezzo conveniente unito alla presenza dei contenuti aggiuntivi a nostro avviso sono la ciliegina sulla torta in più che rendono l’acquisto di Dark Souls Remastered ancora più goloso. Quindi, sia che si sia dei veterani del titolo originale, sia che ci si avvicini per la prima volta a questo capolavoro, questa riedizione merita assolutamente l’acquisto.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 9
Sonoro: 8,5
Gameplay: 8
Longevità: 9
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Fifa 18, EA celebra la coppa del mondo con il dlc gratuito “World Cup Russia”

Una grande novità è in arrivo per tutti i fan di Fifa 18. Electronic Arts, infatti, celebra il più grande torneo di calcio dell’anno con 2018 FIFA World Cup Russia, l’aggiornamento scaricabile gratuitamente da tutti i possessori del titolo calcistico di EA. L’update offre l’opportunità unica di vivere il torneo mondiale attraverso gli elementi ufficiali del titolo, come le squadre, gli stadi, le divise, gli stemmi, i palloni ufficiali e l’ambito trofeo in palio. Gli appassionati e possessori di PlayStation 4, Xbox One, Origin per PC e Nintendo Switch potranno scaricare gratuitamente il contenuto a partire dal 29 maggio. Il “World Cup Mode” aggiungerà ulteriore profondità a FIFA 18, permettendo agli appassionati di questo videogioco di cimentarsi nell’inedita modalità dedicata alla Coppa del Mondo e che promette nuove sfide e la riproduzione perfetta di quanto succederà davvero in Russia dal 14 giugno al 15 luglio prossimi. Per permettere una completa “full immersion” nell’atmosfera dei Mondiali la Electronic Arts interverrà radicalmente sul gioco, aggiungendo una miriade di dettagli. Ad esempio saranno inserite le rappresentative nazionali che si sono qualificate per la Coppa del Mondo e che invece erano assenti nel gioco, ben 12 nuove squadre provenienti da tutto il mondo. A queste si aggiungeranno nuovi palloni, nuove divise e naturalmente nuovi giocatori, mentre quelli già presenti nel gioco vedranno le proprie caratteristiche aggiornate sulla scia delle prestazioni offerte nel mondo reale.

L’aggiornamento 2018 FIFA World Cup Russia permette di scegliere una delle 32 nazionali qualificate per vivere il sogno del mondiale e scrivere la propria storia nel torneo, dalla fase a gironi alla finale di Mosca in modalità Amichevole Online e Torneo Online. Inoltre, con il Torneo FIFA World Cup Personalizzato è possibile scegliere una delle nazionali incluse in FIFA 18 per creare un torneo unico, selezionando anche nazionali non qualificate come Italia, Cile e USA. Per immergersi nelle più calde atmosfere degli stadi e cimentarsi in partite offline, da solo o con amici, è stata inclusa anche la modalità Calcio d’Inizio FIFA World Cup. Nel nuovissimo DLC saranno inoltre inclusi, riprodotti con fedeltà assoluta, i 12 stadi che ospiteranno la manifestazione, mentre anche la modalità Ultimate Team sarà aggiornata e in parte rivisitata: le carte di moltissimi calciatori saranno aggiornate per rispecchiarne i valori attuali e rendere ancor più realistico il gioco, ma non mancheranno le icone più famose nella storia dei Mondiali e un nuovissimo sistema di intesa che si baserà sulla nazionalità e sulle confederazioni di appartenenza. Naturalmente saranno presenti, insieme all’Ultimate Team, anche le ormai celebri “Sfide Creazione Rosa”, che avranno temi e premi ispirati alla Coppa del Mondo e che sicuramente allungheranno la longevità di un gioco che è già un successo e che con questo splendido aggiornamento gratuito mira ad avvicinarsi ancora di più ai cuori dei propri fan in vista dell’uscita autunnale di FIFA 19. Non resta altro che scaldare i polpastrelli in attesa di questo succosissimo dlc.

 

Francesco Pellegrino Lise