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Editoriali

Terremoto: Dio, e ora che si fa? Quando Dio non c’entra

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Tempo di lettura 3 minutiDio non c’entra. Non c’entra con gli imbrogli di chi ha costruito male, con sabbia al posto di cemento

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di Roberto Ragone

E’ sintomatico, dopo un grande dolore, cercare un colpevole a tutti i costi. Se subisci un lutto, e per esempio la morte d’un figlio è uno dei più tremendi, te la prendi con il Padreterno, per tutta la vita. Questo perché siamo una nazione che si definisce cristiana, ma che non conosce i principi fondamentali della fede che pretende di professare. Ognuno, interpellato, dice d’essere ‘credente’, ma ‘a modo suo’, perché in realtà non va sempre a messa la domenica e non osserva tutti i precetti della chiesa cattolica. I precetti. Sgombriamo subito il campo da equivoci: la fede non si realizza e non si manifesta osservando i precetti di una qualsivoglia religione.

La fede è una cosa profonda, che coinvolge l’animo umano, e implica una trasformazione interiore irreversibile. La fede cresce e si manifesta dall’interiore verso l’esteriore, e non il contrario: non è come una scelta di campo o di una squadra del cuore. La vera fede comporta una ‘conversione’, una svolta ad U nella propria vita, dal mondo verso Cristo, nell’animo. Per questo la maggior parte dei nostri connazionali è portata a colpevolizzare un’Entità Superiore della quale poco o nulla sa, né s’è peritato di conoscere: Dio, l’Onnipotente, l’Onnisciente, l’Onnipresente; Colui che è immanente e trascendente, anche se chi s’è permesso di gridarlo nelle piazze è stato messo al rogo. Ma erano altri tempi. Profferire una frase come : “Dio dove sei?” oppure “Dio dov’era?” o ancora “Dio non c’era” nell’immediatezza di un accadimento luttuoso, come il terremoto di Amatrice, dimostra che la persona che la pronuncia, con Dio non ha nulla a che fare, a dispetto della propria posizione sociale, professionale e a dispetto dei paludamenti che lo ricoprono come una divisa da ufficiale, quasi una guida, un preteso pastore di alto grado che possa guidare un gregge di fedeli. Ma se per primo il pastore non conosce Colui con il quale pretende di colloquiare, come faranno le sue pecorelle a prendere la via giusta? Purtroppo oggi, 28 agosto, tutti i giornali riportano quella frase, pronunciata pubblicamente nientemeno che da un vescovo. “Dio, e ora che si fa?”, come se Dio fosse responsabile delle morti del terremoto, e di tutte le altre morti di tutte le catastrofi che accadono nel mondo, compresi i bombardamenti in Siria e i massacri dei bambini. Tendiamo a dare la colpa delle malefatte a Dio, e a tenere per noi le buone azioni, come quelle compiute dai volontari che hanno scavato a mani nude nelle macerie per estrarre quanto più rapidamente possibile chi era rimasto sotto. Non è così. In questa occasione, come in tante altre, Dio non c’entra. Quella frase, pronunciata ad effetto, sottintende un’autorità superiore a Dio, cioè la chiesa che il vescovo rappresenta. Il volersi mettere al di sopra di Dio è senz’altro una manifestazione di un’orgoglio che viene fuori quando si mette davanti a Dio una religione piuttosto che la fede, una chiesa piuttosto che Dio stesso.

E ora, Dio, che si fa? Dopo che hai combinato questo bel disastro, come intendi riparare? Oppure non intendi riparare, lasciando agli uomini,  Tu che li dovresti amare, il compito di farlo, da soli? La verità è che Dio non c’entra. Non c’entra con gli imbrogli di chi ha costruito male, con sabbia al posto di cemento; non c’entra con chi ha lucrato sui fondi stanziati per la messa in sicurezza dei paesi; non c’entra con l’avidità dei soliti noti intrallazzatori mescolati alla politica; non c’entra con chi avrebbe dovuto vigilare che i concetti antisismici venissero applicati secondo la legge – e dove ciò è avvenuto le case sono rimaste in piedi. Non c’entra. Dio è buono. È l’unico buono, come ebbe a dire Gesù al giovane che voleva seguirlo e che Lo chiamò ‘Maestro buono’. Dovremmo tutti quanti cercare la verità, documentarci, conoscere quel Dio che pretendiamo di amare e servire, invece di lasciare ad altri il compito di parlarcene a modo loro. Ricordiamoci che Dio ha solo figli, né nipoti e né altro, e quando lasceremo questa vita – per chi si professa credente – Lo incontreremo faccia a faccia. Cerchiamo Dio personalmente, e Dio ci risponderà, come è scritto nel libro del profeta Geremia: “Mi farò trovare da voi, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore.” Allora, Dio, che si fa?