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di Silvio Rossi
Nella vicenda di Lavagna, dove un ragazzo si è suicidato, buttandosi giù dal balcone, quando un’ispezione della finanza, chiamata dalla madre adottiva, sono state spese molte parole, spesso troppo in libertà.
Leggendo sui social, si possono notare migliaia di persone che "hanno capito tutto", si sentono autorizzati a giudicare, a condannare, a sottolineare ogni singola parola, ogni possibile sbaglio, il tutto decontestualizzando quanto accaduto. Nell’esigenza, non si comprende poi per quale motivo ritenuta prioritaria, di garantire il diritto umano di compiere qualunque idiozia, si è completamente annullato quello di un educatore che cerca di far crescere un ragazzo secondo i propri valori.
Anche Roberto Saviano ha parlato della vicenda. Ha spiegato come, se le droghe leggere fossero state legalizzate, la madre non avrebbe potuto chiamare la Finanza. Forse è proprio qui il cortocircuito. Non si sopporta che lo Stato, che le forze dell’ordine, si occupino di “limitare la libertà personale” di un adolescente, perché si chiede sempre che la Polizia, i Carabinieri, e le altre forze dell’ordine vadano a controllare gli altri, non noi stessi.
Nessuno tra coloro che si ergono a censori delle azioni della madre, o della Finanza, ha ammesso che tra un adulto e un adolescente i controlli devono essere diversi. Ignorare questa differenza sostanziale significa non aver capito nulla o essere ipocriti.
Nell’analisi della storia, bisogna ricordare che il ragazzo aveva 15 anni. Dalle informazioni che giungono sembra che il possesso di dieci grammi di hashish, che hanno generato il dramma, non è stato un fatto casuale. Non siamo davanti al caso di un ragazzo che, durante una festa, "si è fatto una canna" tra amici. Pare che spesso tornava a casa "sballato", "fatto", in uno stato che non vorrei giudicare, ma non mi sembra assolutamente adeguato per un ragazzo di quell'età.
Da quanto si racconta, la madre, che probabilmente avrà avuto le sue colpe, che forse non è stata in grado di trasferirgli la giusta stabilità, abbia provato più volte a farlo smettere. Ha provato con le buone, ha provato con le cattive, sicuramente, dopo i tentativi andati a vuoto, ha provato come estrema ratio a rivolgersi alle forze dell’ordine. In fondo cosa avrebbero potuto fare a un ragazzo di quell’età? Non sarebbe stato certo condannato, si sarebbe preso un bello spavento, uno di quelli che ti fa stare lontano per un po’ di tempo da certe tentazioni. Giusto il tempo di crescere, e diventare adulto per assumere scelte più consapevoli.
Parlare oggi di legalizzazione delle droghe leggere non risolve il problema. Certo, potrebbe togliere un giro d’affari alla criminalità organizzata, ma non salvaguarda gli adolescenti. Legalizzare la cannabis significa dare la possibilità di comprarla per un adulto. Certamente, ed è bene che sia così, non può essere acquistata legalmente da un minorenne. Come non può acquistare una sigaretta o un alcolico.
Criticare il comportamento della madre, significa ignorare tutte le ricerche scientifiche che hanno dimostrato la pericolosità di certe sostanze nell’età evolutiva. Sarebbe stato lo stesso se invece di hashish fosse stato whisky. Ubriacarsi, fumare uno spinello, perdere il controllo delle proprie facoltà a quindici anni, non è sano né normale. Non capirlo è grave. Ignorarlo è criminale, non fare in modo di impedirlo.