MEREDITH: ASSOLTI RAFFAELE SOLLECITO E AMANDA KNOX

di Angelo Barraco
 
La Corte di Cassazione ha assolto Raffaele Sollecito e Amanda Knox per l'omicidio di Meredith. Assoluzione per non aver commesso il fatto dopo 8 anni di processo. Sollecito in lacrime.
L'omicidio. Meredith è stata uccisa a Perugia la sera del 1 novembre del 2007. Era una studentessa inglese di 22 anni che faceva l’Erasmus in Italia ed è stata uccisa con una coltellata alla gola all’interno del proprio appartamento. Il corpo della studentessa è stato trovato un giorno dopo nella camera da letto ed era coperto da un piumone.
 
Gli arresti. La Polizia si occupa subito delle indagini. Il 6 novembre finiscono in manette Raffaele Sollecito, Patrick Lumumba e Amanda Knox. Quest’ultima, di Seattle, era la coinquilina di Meredith e studiava presso l’università di Perugia. Sollecito invece, laureato, aveva una relazione con la studentessa americana. Lumumba gestiva in pub in cui lavorava anche Amanda Knox. I soggetti si dichiarano estranei all’omicidio. Il 9 novembre viene convalidato il fermo dal gip. Il 15 novembre la svolta, vengono trovate delle tracce di dna di Meredith e di Amanda su di un coltello presente in casa Sollecito. Il 20 novembre viene scarcerato Lumumba e viene riconosciuta la sua estraneità all’omicidio, viene però arrestato Ruby Guade perché una sua impronta insanguinata viene trovata nel cuscino della stanza dove giaceva morta Meredith. Il 28 ottobre Ruby Guede viene condannato dal gup a 30 anni di reclusioni e viene disposto il processo per Amanda Knox e per Raffaele Sollecito. In data 18 gennaio 2009 ha inizio il dibattito nei confronti di Raffaele Sollecito e Amanda Knox. In data 5 dicembre la Corte d’Assise di Perugia condanna Amanda Knox a 26 anni di carcere e Raffaele Sollecito a 25 anni di carcere. La pena per Guede viene ridotta da 30 a 16 anni il 22 dicembre. Data importante quella del 4 marzo 2010, in cui vengono depositate le motivazioni della sentenza di primo grado per Amanda e Raffaele che sono “erotico, sessuale, violento”, per Guede invece le motivazioni sono “Concorse pienamente” e vengono depositate il 22 marzo.
 
Il processo d’Appello per Raffaele e Amanda. Il processo d’Appello per Knox e Sollecito i apre il 24 novembre. Il 18 dicembre la Corte d’Assise d’Appello di Perugia accoglie la richiesta di una nuova perizia sui coltelli, il 4 ottobre 2011 la Corte d’Assise assolve i due imputati per non aver commesso il fatto. Il 25 marzo 2013 il pg chiede l’annullamento dell’assoluzione. Il 26 marzo 2013 La Suprema corte annulla la sentenza e rinvia alla corte d’appello di Firenze ad un nuovo processo che si aprirà il 30 settembre 2013. Il 26 novembre vengono chiesti 30 anni per Amanda e 26 per Raffaele. Il 30 gennaio 2014; 28 anni e sei mesi ad Amanda e 25 a Raffaele. Per la Knox c’è il divieto di espatrio. Il 29 aprile vengono depositale le motivazioni della sentenza di condanna, le rispettive difese hanno fatto ricorso. Il processo in Cassazione ha inizio il 25 marzo 2015.



MARSALA: STRADE GROVIERA DALLA PERIFERIA AL CENTRO

 

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di Angelo Barraco

Marsala (TP) –  Le buche sulla strada sono la maggiore causa di incidenti per gli automobilisti. A Marsala le buche stradali sono un vero e proprio problema: il manto è bucherellato più di una groviera e i crateri diventano pericolosissimi soprattutto ogni volta che piove.

Le foto del reportage de L'Osservatore d'Italia, realizzate sia di giorno che di notte,  sono di Contrada San Silvestro, via Bue Morto ma anche la strata statale Contrada Cozzaro. Purtroppo non sono le uniche zone di Marsala in cui ci sono buche, la città ne è piena. Eppure, le leggi stradali sono severe: guida con prudenza, rispettare i limiti di velocità.

Ma la sicurezza dell’automobilista? A Marsala, dalle periferie al centro,guidare è diventato un’impresa e arrivati davanti ad una buca i dubbi si accavallano: “La evito o ci passo sopra?”. Sembra proprio che a Marsala, ogni qualvolta piove le buche si moltiplichino.

Ci sarà pur qualcuno che si occupa della manutenzione stradale? All'apparenza sembra di no, visto che nella maggior parte dei casi le buche rimangono tali per molto tempo o se vengono asfaltate, in realtà, è giusto una manciata di catrame tanto per rattoppare alla meno peggio. E questo, spesso è ancora più pericoloso perché gli incidenti non si riescono ad evitare. La curiosità di saperne di più, spingerà il nostro quotidiano ad approfondire la questione anche perché i cittadini pagano per avere dei buoni servizi.  L’automobilista che subisce un danno a causa di una buca può ancora difendersi, presentando una alle pubbliche Autorità o agli Enti preposti.




BANDA UNO BIANCA: ARRESTATO FIGLIO DI ROBERTO SAVI PER TRAFFICO DI COCAINA

di Angelo Barraco
 
Bologna –  E’ finito in manette all’aeroporto Marconi di Bologna il figlio di 31 anni di Roberto Savi. Il giovane è stato trovato con 1 chilo e 200 grammi di cocaina che teneva nascosta all’interno di un flacone di bagnoschiuma. Ad effettuare l’arresto al giovane, sono stati i finanzieri che prestavano servizio all’aeroporto, l’operazione è stata effettuata grazie ad un controllo minuzioso. Il volo con tratta Costarica – Bologna è tenuto sotto controllo dalle forze dell’ordine poiché spesso frequentato dai corrieri della droga. L’arresto è avvenuto senza avvalersi dell'aiuto di cani antidroga, ma grazie all’intuito dei militari. Il figlio di Roberto Savi non era solo a bordo, ma viaggiava con una ragazza che è risultata estranea. Gli inquirenti hanno perquisito la casa del giovane dove hanno trovato delle sostanze da taglio e 1.500 dollari in contanti. Secondo gli inquirenti quindi la droga doveva essere tagliata dove sarebbe stato possibile ricavarne almeno 3 chili. Ricordiamo che il giovane ha cambiato il suo cognome da molti anni, per cancellare i legami con il padre che, ricordiamo, è l’ex poliziotto nonché capo della Uno Bianca ed è stato condannato all’ergastolo per 24 omicidi e più di 100 feriti tra il 1987 e il 1994.



PALERMO: ANCORA FURTI DI CORRENTE ELETTRICA; QUATTRO ARRESTRI

Angelo Barraco
 
Palermo: I Carabinieri di Bagheria hanno effettuato un’operazione mirata ad individuare e bloccare il fenomeno del furto di energia elettrica che ormai si sta verificando sempre più spesso nel palermitano. I controlli sono stati effettuati presso alcune abitazioni di campagna e in zone periferiche e nel corso dei controlli sono stati tratti in arresto: Pietro Di Miceli, Giuseppa Mangione, Santino Di Miceli, Salvatore Occhipinti, tutti di Palermo. I soggetti sono stati posti agli arresti domiciliari in attesa del rito direttissimo. L’accusa contestata a tutti i soggetti è di furto di energia elettrica aggravato, Santino Di Miceli deve rispondere anche di aver realizzato un manufatto edile senza autorizzazione. Le perquisizioni hanno appurato che presso l’abitazione di Pietro Di Miceli e Giuseppa Mangione vi era stata una manomissione del contatore ENEL, rottura dei sigilli e tramite un’alterazione del circuito amperometrico la coppia aveva un abbattimento dei costi del 50% rispetto al costo reale. La coppia ha l’obbligo di dimora a Bagheria in attesa del processo. Presso l’abitazione di Santino Di Miceli invece era stato realizzato un allaccio diretto con i cavi collegati alla rete ENEL, è stato rimesso in libertà in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto. Anche Salvatore Occhipinti era allacciato direttamente alla rete ENEL ed è stato condannato, con patteggiamento, alla pena di reclusione e 150 euro di multa con pena sospesa.  



PALERMO: AI DOMICILIARI CON IL DIVIETO DI COMUNICARE, MA AVEVA 5 TELEFONINI; ARRESTATA

Angelo Barraco
 
Palermo: I Carabinieri di Palermo, in esecuzione ad un ordine di carcerazione emesso dal Tribunale Penale di Napoli hanno tratto in arresto presso il carcere “Pagliarelli” di Palermo una donna di nome Flora D’Onofrio di Napoli. I fatti risalgono allo scorso 16 febbraio, la donna aveva il divieto assoluto di comunicare con l’esterno, in realtà è stata sorpresa dai militari in possesso di cinque cellulari. Il rinvenimento è avvenuto a seguito di una perquisizione poiché i comportamenti della donna avevano destato sospetto. La persona, al di là dei familiari, non poteva comunicare con altre persone. I Carabinieri hanno informato l’Autorità Giudiziaria che ha disposto la custodia cautelare in carcere. 



LORIS STIVAL: PER IL PM VERONICA AVREBBE UCCISO IL FIGLIO DA SOLA

Redazione

Veronica Panarello non ha avuto complici e nulla lascia pensare che avesse preparato l'omicidio del figlio, il piccolo Loris Stival, il bambino di 8 anni trovato morto in un canale di scolo nei pressi della strada del vecchio mulino lo scorso novembre a Ragusa. Ne è convinta la procura di Ragusa, secondo cui "Nessuna acquisizione tale da rapportare elementi di vita personale con la nascita prima e l'evoluzione poi della volontà omicidiaria e il successivo occultamento del cadavere". Il procuratore capo di Ragusa, Carmelo Petralia ha riferito che, anche grazie alle password fornite dalla stessa Veronica, sono stati ispezionati smartphone, pc e profili dei social network della donna, del marito e del tablet di Loris.
Non sarebbero emersi particolari rilevanti dal punto di vista investigativo. Si farebbe sempre più strada quindi l'ipotesi che Veronica abbia potuto, secondo l'accusa, agire senza l'aiuto di complici. Alla domanda su una eventuale perizia psichiatrica per l'indagata, il procuratore risponde: "Noi non la possiamo chiedere ma potremmo valutare l'interessamento di un 'profiler' che definisca il profilo psicologico della signora Panarello". E' probabile la chiusura delle indagini sull'omicidio sia a giugno, dopo l'incidente probatorio. "Dalle immagini -spiega il magistrato- ci attendiamo un quadro definitivo e nitido a consolidamento del dato gia' acquisito". Ancora prima potrebbe essere dissequestrato il server che contiene le registrazioni video. "E' probabile – afferma Petralia – che verso la meta'di aprile si possa riconsegnare il server di proprieta'del Comune di Santa Croce Camerina, che conserva le immagini che nel frattempo saranno state riversate nelle copie forensi". Oltre alla madre del bambino è indagato il cacciatore che ha trovato il corpo di Loris. A giorni sarà fissata, intanto, la data dell'udienza in Cassazione per l'esame del ricoro presentato dall'avvocato di Veronica Panarello, Francesco Villardita per ottenere la scarcerazione della donna.




TRIESTE: GIOCHI GENDER A SCUOLA, IL CASO FINISCE IN PARLAMENTO

di Cinzia Marchegiani

Trieste – Ecco come nasce il progetto “Pari e Dispari” approdato in una scuola di Trieste. In un articolo datato 23 agosto 2013 sotto il titolo “Ragazze Interrotte” venivano introdotti i giochi di genere che però hanno allarmato e non poco i genitori di tutt’Italia poiché invece di insegnare a scegliere senza preconcetto, sembra che annulli proprio quelle diversità uniche al mondo e che dovrebbero essere difese e rispettate, soprattutto la figura della mamma e del papà. Nell’articolo si annunciava già due ani fa, un progetto finalizzato ad educare fin da piccoli i bambini (maschi e femmine) a sentirsi liberi di scegliere i propri giochi e il proprio modo di essere, è un'idea sensata.

Si ma che c’entra con l’annullamento dei caratteri di genere uomo e donna se per insegnare che non occorre avere ne paura e ne vergogna di ciò che si vuole scegliere occorre cancellare le proprie differenze? L’articolo in questione continua affermando:” E deve averlo pensato anche la commissione della mia Regione, che ha deciso di finanziare questo progetto, che si chiamerà ‘Pari o dispari? Il gioco del rispetto’ e che partirà quest'anno scolastico, in quattro asili pilota del Friuli Venezia Giulia, con la distribuzione di kit didattici che insegneranno ai bambini, attraverso il gioco, a superare gli stereotipi e a rispettare la differenza di genere. Così che in futuro, se un dodicenne maschio vorrà essere bravo e buono, potrà farlo senza dubitare della sua identità di maschio e allo stesso modo, se una ragazza vorrà giocare a calcetto sulla spiaggia (o spaccare la faccia a chi glielo vorrà impedire), non si sentirà sbagliata. L'ho scritto tante volte su questo blog: bisogna partire dall'educazione, dai bambini. Ma non dalle scuole medie, non dalle elementari, quando sono già tutti divisi tra rosa e azzurro. Bisogna iniziare dagli asili, scardinando in tempo gli stereotipi che vogliono le femminucce brave e i maschietti avventurosi. E quindi adesso iniziamo.” L’articolo finisce con l’annuncio che il progetto ideato vede la luce grazie a Daniela Paci, insegnante della scuola dell'infanzia, e a Lucia Beltramini, psicologa, che supportano scientificamente e professionalmente questa idea.
Ora sul sito “Il Gioco del Rispetto” si legge che la stessa Daniela Paci si è occupata dei contenuti educativi del kit e della formazione degli insegnanti, e che collabora con Enti e Associazioni del Friuli Venezia Giulia in diversi progetti di formazione e ricerca contro la violenza di genere.

IL CASO APPRODA AL PARLAMENTO
Il capogruppo leghista Massimiliano Fedriga, deputato triestino, il 10 marzo 2015 ha presentato un’interrogazione sulla discussa iniziativa del Comune di Trieste, che recepisce la sperimentazione cofinanziata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, sull’identità di genere. Fedriga chiede al ministro Giannini “se sia a conoscenza di questa iniziativa”, “se ne condivida le finalità” e se “non ritenga di intraprendere iniziative per scoraggiare il proseguimento di questo tipo di offerta scolastica, visto il malcontento dei genitori”.
Leggendo il testo dell’interrogazione emergono particolari particolarmente inquietanti su questo progetto nominato “Pari e Dispari”: “Peccato che questo gioco, in realtà, leggendo l'opuscolo informativo e il kit che vengono distribuiti nelle scuole materne, ovvero rivolti a bambini dai tre ai sei anni d'età, è palese che voglia andare a discutere, trattare e modificare il normale percorso di crescita della sessualità per i bambini. Le dico questo perché lo stesso opuscolo informativo di questo gioco del rispetto mira ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri offrendo ai bambini un punto di vista alternativo a quello tradizionale. Le chiedo, quindi, Ministro, visto che si tratta chiaramente di cercare di instillare l'ideologia gender fin dalla più tenera età, che posizione vuole assumere il suo Ministero per scoraggiare il proseguimento di iniziative di questo tipo, rivolte soprattutto a soggetti così indifesi dal punto di vista psicologico.”

La ministra dell’istruzione dell'università e della ricerca, Stefania Giannini risponde che l'iniziativa di cui lei fa menzione riguarda appunto un progetto del comune di Trieste, sulla base, però, di un'iniziativa regionale che è precedente anche nel tempo e che è stata proposta a diciotto scuole paritarie comunali dell'infanzia, sentite le famiglie e i rispettivi consigli scolastici e chiesta l'eventuale adesione: ”Io, ovviamente, ho doverosamente raccolto tutte le informazioni, sia dall'ufficio scolastico regionale, sia dai soggetti interessati. Sono in grado, quindi, di fornire alcune precisazioni di replica alla sua interrogazione. Il progetto, come lei ha detto, più specificamente si propone di fornire agli insegnanti della scuola dell'infanzia elementi teorici e strumenti pratici per operare con i bambini sui temi della parità e del contrasto alle discriminazioni e alla violenza contro le donne.” La ministra Giannini continua la sua arringa che però non lascia affatto soddisfatto l’On. Fedriga. La ministra di fatto precisa:”È un progetto che prevede formazione degli insegnanti, d'iniziativa presentata dagli stessi docenti ai rispettivi collegi, cui è poi demandata la decisione di proseguire nel percorso educativo. Quindi, una prima fase di formazione e una seconda fase di presentazione al contesto scolastico. Laddove e solo se si dovesse decidere di dare esecuzione a questo progetto, è prevista la convocazione di una riunione di tutti i genitori che potranno scegliere se aderire o meno. Ai bambini che non aderiranno al progetto, la scuola offrirà un'alternativa. Naturalmente, come sempre, questo progetto, come tutti gli altri che rientrano anche nell'autonomia educativa delle scuole sui vari temi – questo della discriminazione e della violenza contro le donne è uno dei temi su cui la scuola lavora da molto tempo – verrà sottoposto al consiglio della scuola. Pertanto, le preoccupazioni manifestate, quali il mancato coinvolgimento dei genitori e le non sufficienti garanzie offerte da chi è promotore di questo progetto, non riguardano, dai dati che sono a mia disposizione, la sfera di competenza, sia per la procedura, che per il merito, che, invece, testimonia un coinvolgimento pieno delle istituzioni e una piena facoltà, sia delle singole scuole, sia dei singoli insegnanti, sia, per ultimo, ma non da ultimo, delle singole famiglie di aderire a questo tipo di approfondimento.”

L’onorevole Fedriga replica alla Ministra Giannini e incalza decisamente facendo emergere talune responsabilità emerse da questo gioco che si vuol far passare come indolore e innocente per i piccoli bambini:”Devo dirle che le hanno mentito e da questo punto di vista c’è una responsabilità politica che le chiedo di verificare e prendere i dovuti provvedimenti. Le hanno mentito perché sono stati gli stessi genitori a dire che non sono stati informati. Il progetto, infatti, è presentato in modo generico, non andando a specificare di cosa si tratta realmente, semplicemente dicendo che è una sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.” Fedriga solleva una domanda precisa: “è una sensibilizzazione contro la violenza sulle donne dire – e cito esplicitamente il progetto – che i bambini possono esplorare i corpi dei loro compagni ascoltando il battito del cuore e che ovviamente i bambini possono riconoscere che ci sono delle differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale? È un contrasto alla violenza sulle donne presentare delle schede in questo progetto che fanno indossare e scambiarsi vestiti tra maschietti e femminucce nelle scuole materne ? È un progetto contro la violenza sulle donne quando ai bambini si chiede di invertire i giochi e, quindi, la macchinina bisogna darla alla bambina e la bambola bisogna darla al bambino ? È un progetto contro la violenza sulle donne quando nelle stesse schede si dice esplicitamente che è molto importante che l'insegnante si ponga quale figura che permetta loro di mettere da parte le cosiddette differenze di genere per una nuova visione del maschile e del femminile ?
È una lotta contro la violenza sulle donne quando si presentano delle figure dove il papà e la mamma sono raffigurati in modo identico fisicamente e, per come sono vestiti, si differenziano solo dalla lunghezza dei capelli per dire che sono la stessa cosa ?”

QUANTO COSTA INSEGNARE AI BAMBINI CHE NON OCCORRE AVERE VERGOGNA DELLE PROPRIE SCELTE?
Fedriga non ha dubbi:” Il rispetto tra i sessi si ha nel rispetto della differenza e non sì può instillare in un bambino così piccolo, con questa violenza psicologica, un'ideologia , che è costata 11 mila euro al comune di Trieste, ma costerà ben di più, dal punto di vista sociale e psicologico, a soggetti così piccoli e indifesi. Chiediamo di agire immediatamente, perché questa non è una battaglia politica: è una battaglia per i nostri figli e il futuro delle nostre comunità e società.”

Insomma emergerebbe dalle evidenze un percorso culturale travestito per corsi contro la violenza delle donne e si introduce nella scuola e soprattutto a bambini dai tre ai sei anni lo smantellamento del ruolo padre madre, che vengono visti con occhi ingenui dei bambini come due gocce d’acqua che possono fare le stesse cose…perché non lo fanno ugualmente pur conservando le proprie caratteristiche fisiche? E perché si è usato questo imprinting son dei disegni eloquenti? Dopo il genitore 1 e genitore 2 questa ad oggi sembra la strada intrapresa da un soggetto politicamente schierato che con progetti apparentemente educativi, (occorrerebbe valutarne la veridicità a lungo termine) vanno a colpire il valore della famiglia tradizionale poiché deve lasciare posto ad altre forme in evoluzione, come se per fare spazio alle nuove, occorre annullare quella naturale….
Ognuno faccia le proprie conclusioni, ma ai bambini è obbligo portare rispetto per il loro sviluppo psicologico sereno, farli entrare tramite un gioco in un mondo precostituito dai professionisti, deve sollevare le stesse riflessioni su come i bambini possano percepire questi flash… flash di foto, perché i bambini piccoli, dai tre a sei anni, acquisiscono messaggi dai disegni propinati e dai colori utilizzati, prima di tutto.
Ma soprattutto chi in realtà ci sta guadagnando utilizzando dei bambini per dei corsi che le stesse maestre con il buon senso e coscienza insegnano alla vita tutti i giorni?




CADUTI IN AFGHANISTAN: VERTICI DELLA DIFESA INDIGNATI DIFRONTE ALLA COSTITUZIONE

di Matteo La Stella

Roma – La conferenza intitolata “Afghanistan, quanto ci resta?”, organizzata martedì nella sala conferenze della regione Lazio, per mano dell'Associazione “ Caduti di guerra in tempo di pace”, è stata troncata rovinosamente dai vertici della Difesa che ne hanno determinato la brusca e inaspettata interruzione. Il generale Marco Bertolini, intervenuto in qualità di rappresentante del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Graziano, ha interrotto l'intervento dell' Avvocato Giorgio Carta, tutore legale di numerosi procedimenti riguardanti uomini in divisa, dando vita, insieme al generale Giuseppe Nicola Tota, portavoce del Capo di Stato Maggiore dell'esercito, ad una messa in scena inopportuna. Subito dopo l'interruzione inquisitoria, il definitivo forfait delle alte cariche della Difesa, è stato segnato dalla ritirata “strategica” guidata dal generale Marco Bertolini, il quale, abbandonando la seduta, è stato emulato da tutti gli altri militari gallonati presenti alla conferenza.
L'incontro, voleva essere l'ennesimo monito lanciato alle sorde istituzioni, che ormai da tempo hanno abbandonato i familiari dei caduti alla deriva in un mare di dolore e incertezza.
Degli “invitati speciali”, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Ministro degli Interni Angelino Alfano, alle ore 15:00, ora prevista per il lancio della conferenza, nemmeno l'ombra. Al loro posto una sfilata di lustrini e medaglie, puntati sulle giacche degli ufficiali e dei generali in rappresentanza dei vertici della difesa. Tra i relatori figurano invece giornalisti vicini alle vicende afghane, pronti a tirare le somme di una “missione di pace” che in 11 anni (dal 2003 al 2014) ha prodotto 54 vittime tra le fila dell'esercito fregiato dal tricolore.
 Dopo aver introdotto la tematica, intervengono i genitori di 4 caduti. Inizia Annarita Lomastro, madre del Caporal Maggiore David Tobini nonché fondatrice dell'Associazione, poi la moglie del Caporal Maggiore Capo Francesco Langella, i genitori del Caporal Maggiore Alessandro Di Lisio ed in fine i genitori del Caporal Maggiore Scelto Francesco Saverio Positano. Diverse le sorti dei loro affetti, come anche le loro storie. Ad accomunarli è il vuoto lasciato dai propri cari, la necessità di onorare i loro nomi fino alla morte e il desiderio di convincere lo stato italiano a prendersi le proprie responsabilità, perchè, come ripetono più volte-“L'Afghanistan non lo abbiamo chiesto noi”-.
 Poi inizia la “parata” militare, intervallata dagli interventi di alcuni relatori. La situazione inizia a vacillare già al termine dell'intervento del generale Giuseppe Nicola Tota, a cui la moglie del Caporal Maggiore Capo Francesco Langella domanda il motivo che impedisce ai familiari dei caduti, di recuperare il fascicolo degli stessi senza assoldare un legale a loro spese. Il generale, prendendo il centro della scena, asserisce ad alta voce, quasi urlando, che non si trova alla conferenza per dare risposte , che è una questione legale e che lo farebbe chiunque-”Per qualsiasi attività”.
L'evento, già in picchiata, raggiunge la definitiva caporetto a pochi minuti dall' inizio dell'intervento dell'Avvocato Giorgio Carta. Durante l'esposizione del suo punto di vista, evidenzia come l'intervento delle truppe italiane in Afghanistan vada a collidere con l'articolo 11 della Costituzione, che-”Ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”-.
 Quando il suo discorso tocca il bilancio della-”Guerra inutile”-, dalla platea irrompe il Generale Marco Bertolini, che arriva a definire i pensieri del legale, sebbene distanti dai suoi,-”Masturbazioni mentali”-. Con il supporto del Generale Giuseppe Nicola Tota, ne segue una sequela di urla, che cessano solo al momento della “ritirata strategica” di tutti i presenti in divisa, colpevoli di voltare ancora una volta le spalle ai familiari dei caduti in missione, che vogliono rispetto ancor prima delle risposte.




TRIESTE: I GIOCHI GENDER A SCUOLA, IL CASO FINISCE IN PARLAMENTO MA GIA’ DAL 2013 ERA STATO ANNUNCIATO DALLE STESSE IDEATRICI

Arriva al parlamento l’interrogazione del Capogruppo Lega Nord, Massimiliano Fedriga in merito al progetto già antecedentemente sperimentato con i fondi della regione Friuli Venezia Giulia, con il patrocinio della presidente Serracchiani, ossia un gioco cosiddetto del rispetto, che nelle parole mirerebbe a contrastare la violenza sulle donne, ma insegna altro. Ma la ministra del’Istruzione dell'università e della ricerca, Stefania Giannini replica… tutto normale

di Cinzia Marchegiani

Trieste – Ecco come nasce il progetto “Pari e Dispari” approdato in una scuola di Trieste. In un articolo datato 23 agosto 2013 sotto il titolo “Ragazze Interrotte” venivano introdotti i giochi di genere che però hanno allarmato e non poco i genitori di tutt’Italia poiché invece di insegnare a scegliere senza preconcetto, sembra che annulli proprio quelle diversità uniche al mondo e che dovrebbero essere difese e rispettate, soprattutto la figura della mamma e del papà. Nell’articolo si annunciava già due ani fa, un progetto finalizzato ad educare fin da piccoli i bambini (maschi e femmine) a sentirsi liberi di scegliere i propri giochi e il proprio modo di essere, è un'idea sensata.

Si ma che c’entra con l’annullamento dei caratteri di genere uomo e donna se per insegnare che non occorre avere ne paura e ne vergogna di ciò che si vuole scegliere occorre cancellare le proprie differenze? L’articolo in questione continua affermando:” E deve averlo pensato anche la commissione della mia Regione, che ha deciso di finanziare questo progetto, che si chiamerà ‘Pari o dispari? Il gioco del rispetto’ e che partirà quest'anno scolastico, in quattro asili pilota del Friuli Venezia Giulia, con la distribuzione di kit didattici che insegneranno ai bambini, attraverso il gioco, a superare gli stereotipi e a rispettare la differenza di genere. Così che in futuro, se un dodicenne maschio vorrà essere bravo e buono, potrà farlo senza dubitare della sua identità di maschio e allo stesso modo, se una ragazza vorrà giocare a calcetto sulla spiaggia (o spaccare la faccia a chi glielo vorrà impedire), non si sentirà sbagliata. L'ho scritto tante volte su questo blog: bisogna partire dall'educazione, dai bambini. Ma non dalle scuole medie, non dalle elementari, quando sono già tutti divisi tra rosa e azzurro. Bisogna iniziare dagli asili, scardinando in tempo gli stereotipi che vogliono le femminucce brave e i maschietti avventurosi. E quindi adesso iniziamo.” L’articolo finisce con l’annuncio che il progetto ideato vede la luce grazie a Daniela Paci, insegnante della scuola dell'infanzia, e a Lucia Beltramini, psicologa, che supportano scientificamente e professionalmente questa idea.
Ora sul sito “Il Gioco del Rispetto” si legge che la stessa Daniela Paci si è occupata dei contenuti educativi del kit e della formazione degli insegnanti, e che collabora con Enti e Associazioni del Friuli Venezia Giulia in diversi progetti di formazione e ricerca contro la violenza di genere.

IL CASO APPRODA AL PARLAMENTO
Il capogruppo leghista Massimiliano Fedriga, deputato triestino, il 10 marzo 2015 ha presentato un’interrogazione sulla discussa iniziativa del Comune di Trieste, che recepisce la sperimentazione cofinanziata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, sull’identità di genere. Fedriga chiede al ministro Giannini “se sia a conoscenza di questa iniziativa”, “se ne condivida le finalità” e se “non ritenga di intraprendere iniziative per scoraggiare il proseguimento di questo tipo di offerta scolastica, visto il malcontento dei genitori”.
Leggendo il testo dell’interrogazione emergono particolari particolarmente inquietanti su questo progetto nominato “Pari e Dispari”: “Peccato che questo gioco, in realtà, leggendo l'opuscolo informativo e il kit che vengono distribuiti nelle scuole materne, ovvero rivolti a bambini dai tre ai sei anni d'età, è palese che voglia andare a discutere, trattare e modificare il normale percorso di crescita della sessualità per i bambini. Le dico questo perché lo stesso opuscolo informativo di questo gioco del rispetto mira ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri offrendo ai bambini un punto di vista alternativo a quello tradizionale. Le chiedo, quindi, Ministro, visto che si tratta chiaramente di cercare di instillare l'ideologia gender fin dalla più tenera età, che posizione vuole assumere il suo Ministero per scoraggiare il proseguimento di iniziative di questo tipo, rivolte soprattutto a soggetti così indifesi dal punto di vista psicologico.”

La ministra dell’istruzione dell'università e della ricerca, Stefania Giannini risponde che l'iniziativa di cui lei fa menzione riguarda appunto un progetto del comune di Trieste, sulla base, però, di un'iniziativa regionale che è precedente anche nel tempo e che è stata proposta a diciotto scuole paritarie comunali dell'infanzia, sentite le famiglie e i rispettivi consigli scolastici e chiesta l'eventuale adesione: ”Io, ovviamente, ho doverosamente raccolto tutte le informazioni, sia dall'ufficio scolastico regionale, sia dai soggetti interessati. Sono in grado, quindi, di fornire alcune precisazioni di replica alla sua interrogazione. Il progetto, come lei ha detto, più specificamente si propone di fornire agli insegnanti della scuola dell'infanzia elementi teorici e strumenti pratici per operare con i bambini sui temi della parità e del contrasto alle discriminazioni e alla violenza contro le donne.” La ministra Giannini continua la sua arringa che però non lascia affatto soddisfatto l’On. Fedriga. La ministra di fatto precisa:”È un progetto che prevede formazione degli insegnanti, d'iniziativa presentata dagli stessi docenti ai rispettivi collegi, cui è poi demandata la decisione di proseguire nel percorso educativo. Quindi, una prima fase di formazione e una seconda fase di presentazione al contesto scolastico. Laddove e solo se si dovesse decidere di dare esecuzione a questo progetto, è prevista la convocazione di una riunione di tutti i genitori che potranno scegliere se aderire o meno. Ai bambini che non aderiranno al progetto, la scuola offrirà un'alternativa. Naturalmente, come sempre, questo progetto, come tutti gli altri che rientrano anche nell'autonomia educativa delle scuole sui vari temi – questo della discriminazione e della violenza contro le donne è uno dei temi su cui la scuola lavora da molto tempo – verrà sottoposto al consiglio della scuola. Pertanto, le preoccupazioni manifestate, quali il mancato coinvolgimento dei genitori e le non sufficienti garanzie offerte da chi è promotore di questo progetto, non riguardano, dai dati che sono a mia disposizione, la sfera di competenza, sia per la procedura, che per il merito, che, invece, testimonia un coinvolgimento pieno delle istituzioni e una piena facoltà, sia delle singole scuole, sia dei singoli insegnanti, sia, per ultimo, ma non da ultimo, delle singole famiglie di aderire a questo tipo di approfondimento.”

L’onorevole Fedriga replica alla Ministra Giannini e incalza decisamente facendo emergere talune responsabilità emerse da questo gioco che si vuol far passare come indolore e innocente per i piccoli bambini:”Devo dirle che le hanno mentito e da questo punto di vista c’è una responsabilità politica che le chiedo di verificare e prendere i dovuti provvedimenti. Le hanno mentito perché sono stati gli stessi genitori a dire che non sono stati informati. Il progetto, infatti, è presentato in modo generico, non andando a specificare di cosa si tratta realmente, semplicemente dicendo che è una sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.” Fedriga solleva una domanda precisa: “è una sensibilizzazione contro la violenza sulle donne dire – e cito esplicitamente il progetto – che i bambini possono esplorare i corpi dei loro compagni ascoltando il battito del cuore e che ovviamente i bambini possono riconoscere che ci sono delle differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale? È un contrasto alla violenza sulle donne presentare delle schede in questo progetto che fanno indossare e scambiarsi vestiti tra maschietti e femminucce nelle scuole materne ? È un progetto contro la violenza sulle donne quando ai bambini si chiede di invertire i giochi e, quindi, la macchinina bisogna darla alla bambina e la bambola bisogna darla al bambino ? È un progetto contro la violenza sulle donne quando nelle stesse schede si dice esplicitamente che è molto importante che l'insegnante si ponga quale figura che permetta loro di mettere da parte le cosiddette differenze di genere per una nuova visione del maschile e del femminile ?
È una lotta contro la violenza sulle donne quando si presentano delle figure dove il papà e la mamma sono raffigurati in modo identico fisicamente e, per come sono vestiti, si differenziano solo dalla lunghezza dei capelli per dire che sono la stessa cosa ?”

QUANTO COSTA INSEGNARE AI BAMBINI CHE NON OCCORRE AVERE VERGOGNA DELLE PROPRIE SCELTE?
Fedriga non ha dubbi:” Il rispetto tra i sessi si ha nel rispetto della differenza e non sì può instillare in un bambino così piccolo, con questa violenza psicologica, un'ideologia , che è costata 11 mila euro al comune di Trieste, ma costerà ben di più, dal punto di vista sociale e psicologico, a soggetti così piccoli e indifesi. Chiediamo di agire immediatamente, perché questa non è una battaglia politica: è una battaglia per i nostri figli e il futuro delle nostre comunità e società.”

Insomma emergerebbe dalle evidenze un percorso culturale travestito per corsi contro la violenza delle donne e si introduce nella scuola e soprattutto a bambini dai tre ai sei anni lo smantellamento del ruolo padre madre, che vengono visti con occhi ingenui dei bambini come due gocce d’acqua che possono fare le stesse cose…perché non lo fanno ugualmente pur conservando le proprie caratteristiche fisiche? E perché si è usato questo imprinting son dei disegni eloquenti? Dopo il genitore 1 e genitore 2 questa ad oggi sembra la strada intrapresa da un soggetto politicamente schierato che con progetti apparentemente educativi, (occorrerebbe valutarne la veridicità a lungo termine) vanno a colpire il valore della famiglia tradizionale poiché deve lasciare posto ad altre forme in evoluzione, come se per fare spazio alle nuove, occorre annullare quella naturale….
Ognuno faccia le proprie conclusioni, ma ai bambini è obbligo portare rispetto per il loro sviluppo psicologico sereno, farli entrare tramite un gioco in un mondo precostituito dai professionisti, deve sollevare le stesse riflessioni su come i bambini possano percepire questi flash… flash di foto, perché i bambini piccoli, dai tre a sei anni, acquisiscono messaggi dai disegni propinati e dai colori utilizzati, prima di tutto.
Ma soprattutto chi in realtà ci sta guadagnando utilizzando dei bambini per dei corsi che le stesse maestre con il buon senso e coscienza insegnano alla vita tutti i giorni?




NAPOLI: IL MERCATO DELLA CONTRAFFAZIONE NON CONOSCE CRISI

di Christian Montagna

Napoli – Un'arsenale di camicie, giubbotti, polo e accessori contraffatti è stato rinvenuto a San Giuseppe Vesuviano dalla Guardia di Finanza. Noti marchi come Burberry, Adidas, Fred Perry, K-way, Blauer, Harmont & Blaine, Dsquared e Ralph Lauren sono stati riprodotti nei laboratori napoletani per essere venduti illegalmente a prezzi molto più bassi. Nel laboratorio ispezionato dalle fiamme gialle, sono stati sequestrati duemila tabella di abbigliamento, 1300 mq di tessuto, cinque macchine ricamatrici, 1150 cucirini, un tower pc ed altri supporti informatici. Sempre nella Napoli illegale poi sono state scoperte nella zona di Poggioreale oltre 15 mila borse da viaggio in pelle con il marchio Armani naturalmente falso e due espositori con 102 orologi marcati come Rolex e Iwc. In totale, cinque persone, tra cui due cinesi, un tunisino e due italiani, sono state denunciate alla magistratura.

E' il mercato del falso che non conosce crisi quello di cui stiamo parlando: quasi sempre gestito dalla camorra, in periodi problematici come questo, sta diventando sempre più l'unica ancora di salvezza per chi alle marche proprio non vuole rinunciare. A Napoli, si sa, che il culto della moda, maschile o femminile che sia, è molto venerato: per un giovane napoletano, indossare capi firmati, anche se si fosse impossibilitati nel comprarli, è un imperativo categorico al quale non può sottrarsi e che gli consente di poter far colpo sugli altri ed essere identificato come un leader. Questioni indubbiamente di mentalità, ma qui, purtroppo, questo non è l'unico tabù. Dalle parti di piazza Garibaldi, nel piazzale antistante la stazione ferroviaria ad esempio, la griffe a prezzi stracciati diventa pane quotidiano per tutti gli ambulanti. Un evergreen che non conosce lo stop nelle vendite.

Marchi esposti in bella vista noncuranti degli agenti di polizia per strada, debordano dalle bancarelle e dai passeggini utilizzati dagli ambulanti, spesso stranieri, che, arruolati dalla malavita, si affaticano a vendere la merce. Gli acquirenti, consapevoli dell'acquisto di merce contraffatta, riescono comunque ad essere soddisfatti, purché il marchio sia evidente. Ad esempio, una scarpa Hogan che in queste zone la si trova a trenta cinque euro, in negozio è possibile pagarla anche sette volte di più. "Perché dunque non approfittarne", dicono i napoletani? Ed è così facendo che accrescono gli introiti della malavita e le zone di Napoli prese di mira diventano bazar abusivi a cielo aperto. In questa catena produttiva, il guadagno è assicurato a tutti: chi produce in fabbrica, chi cuce i marchi, chi rifinisce le scarpe, chi vende e chi controlla le zone allontanando le forze dell'ordine e i rivali. In una situazione di degrado e di scarso controllo come quella di Napoli, purtroppo sono sempre più numerose le aperture delle industrie che producono i cosiddetti tarocchi e dulcis in fundo, da poco tempo come se non bastasse, si sono stanziati anche i cinesi.
 




CASO ALDO MORO: RIVELAZIONI SHOCK DI FERDINANDO IMPOSIMATO

di Angelo Barraco

Roma – Ferdinando Imposimato, nel corso dell’udienza sul caso Moro si è rivolto alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassino dell'ex presidente Dc riferendo che i componenti dei Servizi Segreti e i componenti della Banda della Magliana si riunirono per ucciderlo.
Ferdinando Imposimato ha seguito il caso Moro sin dai primi giorni del rapimento e secondo quanto dichiara, l’uccisione del fratello nell’83 e le minacce che ha ricevuto nel corso degli anni sono legate al tentativo di fermarlo. Queste sono le testuali parole dichiarate dal senatore: “Da chi eredito' l'inchiesta ho saputo in un momento successivo che c'era stata una riunione di componenti della Banda della Magliana e di esponenti dei servizi che volevano uccidermi” continua il senatore “Dopo l'omicidio di mio fratello, nell'ottobre dell'83 ricevetti parecchie minacce, dirette anche ai miei familiari, da parte di ignoti. A quei tempi indagavo oltre che sul sequestro anche sulla banda della Magliana e fui di fatto costretto ad andare via”. Aggiunge “L'uccisione di Moro è avvenuta per mano delle Brigate Rosse, ma anche e soprattutto per il volere di Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e del sottosegretario Nicola Lettieri”, prosegue con “Se non mi fossero stati nascosti alcuni documenti li avrei incriminati per concorso in associazione per il fatto. I servizi segreti avevano scoperto dove le Br lo nascondevano, così come i carabinieri. Il generale Dalla Chiesa avrebbe voluto intervenire con i suoi uomini e la Polizia per liberarlo in tutta sicurezza, ma due giorni prima dell'uccisione ricevettero l'ordine di abbandonare il luogo attiguo a quello della prigionia”, la dichiarazione procede con “Quei politici sono responsabili anche delle stragi: da Piazza Fontana a quelle di Via D'Amelio.
 
Lo specchietto per le allodole si chiama Gladio. A Falcone e Borsellino rimprovero soltanto di non aver detto quanto sapevano, perché avevano capito e intuito tutto, tacendo per rispetto delle istituzioni. Per ucciderli Cosa Nostra ha eseguito il volere della Falange Armata, una frangia dei servizi segreti”.